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Scambio di Coppia

SCARPE ROSSE 2 parte


di 2ofquattrok
19.02.2021    |    612    |    0 8.7
"“Sei una vacca! Stasera mi svuoti le palle puttana!” Ogni volta che scopavano le loro inibizioni scivolavano via e la loro parte selvaggia usciva allo..."
Quella sera l’aveva scopata ferocemente, in preda ad una specie di brutale incoscienza. L’aveva piegata sul tavolo e le aveva tirato su il vestito fino a scoprire il culo pieno e sodo. Portava solo un perizoma e appena spostato di lato le aveva messo il cazzo nella figa già completamente bagnata e aperta.
“Scopa sta troia!” diceva lei con i denti serrati, come se fosse nel pieno di un diverbio verbale.
“Sei una vacca! Stasera mi svuoti le palle puttana!”
Ogni volta che scopavano le loro inibizioni scivolavano via e la loro parte selvaggia usciva allo scoperto, cruda, violenta. A lei piaceva sentire il desiderio morboso dell’uomo, il suo calore, la sua rabbia. Molte volte aveva fantasticato di farsi possedere in modo da sembrare una violenza carnale, di essere sbattuta da dietro con forza, che lui le prendesse i capelli mentre veniva sodomizzata.
Una volta gli aveva chiesto di sputarle addosso. “Sputami addosso porco! Fotti sta troia!”
Questo modo così primitivo di scopare era il frutto di una lenta evoluzione, lui aveva scoperto poco a poco quanto lei fosse disposta a giocare in questi termini.
Aveva ancora stampato nella testa la prima volta che, in autostrada si era piegata a succhiargli il cazzo e a segarlo nell’atto di sorpassare i camionisti.
“Lo ha fatto apposta la troia” aveva pensato “Vuole che la vedano”
Una volta un camionista aveva dato un colpo di clacson e lei era venuta con un amplesso così intenso da farla vibrare tutta.
“Cosa vuole fare con ste scarpe rosse?” pensava.
Quella sera tra il vino e la scopata feroce finirono addormentati sul divano con i loro corpi uno sull’altra aggrovigliati in una posa quasi grottesca. Si erano svegliati congelati e di corsa erano andati a letto. Si erano baciati dolcemente, scambiati parole d’amore.
Era sempre così tra loro. Un amplesso che sembrava una battaglia e dopo carezze e tenerezze a respirarsi la pelle l’un l’altra.
Spesso si era chiesto quale era la vera Moira, se quella tenera, dolce affettuosa, poetica o quella primitiva e rabbiosa dell’amplesso. Forse era tutto ciò insieme, una personalità complessa e ogni aspetto conviveva in modo armonioso.

Il raggio di sole che filtrava dalla finestra disegnava curve luminose sul suo corpo, sulle sue spalle rotonde, accarezzava i suoi capelli che sembrava li avesse pettinati con la luce. Il passerotto che ogni mattina si posava sull’albero fischiava la sua gioia di vivere. Pareva strozzarsi da un momento all’altro. E invece viveva e volava via veloce per poi tornare sempre sullo stesso ramo.
La camera sembrava appena comprata, nuova, perfetta, tutto in ordine. Strideva con il disordine che c’era in soggiorno, il tavolo pieno di piatti e bicchieri e avanzi e bottiglie e candele morte. I vestiti per terra buttati via prima dell’amplesso violento. E le scarpe rosse sul tavolo.
“Amore buongiorno”
Si era svegliata, come al solito girata di schiena, non si girava mai verso di lui la mattina. Amava svegliarsi e stare lì, ferma a guardare la finestra senza muoversi. Era un processo lento, una sorta di ricarica prima di affrontare la fatica del giorno.
“E’ ora amore, ti ricordi che devi andare in agenzia stamattina?”
“ooooo, sono in ritardo!”
Si era tirata su dal letto veloce, puntando al bagno, ma poi era tornata indietro a dargli un bacio.
Dal bagno il rumore della doccia, pensava al suo corpo nudo accarezzato dall’acqua calda, il vapore che satura tutto e diventa nebbia e disattiva lo specchio sul lavandino.
La tavoletta grafica spenta e il monitor sulla scrivania sembravano osservare tutta la scena, come a volerla trasformarla in fumetto.
“Il fumetto! Devo consegnare oggi! Adesso accendo mando tutto e poi sono libero!”
“Vado amore, scusa se non ti aiuto a sistemare in soggiorno..”
“Non ti preoccupare, ci vediamo oggi a pranzo, buon lavoro”
La porta che si chiude, i rumori che finiscono, il sole sempre lì, silenzioso si era spostato e adesso inquadrava la foto di lei sul comodino.
Si era alzato con calma, prima seduto sul letto qualche secondo, poi in piedi con lo sguardo sul mare fino a che il peschereccio usciva dalla cornice della finestra. In soggiorno odori di cibo mischiati a quello di legna bruciata, vestiti, bicchieri, candele.
“Le ha portate via le scarpe!” pensava, “Cos’ha in mente?”
L’appuntamento con Moira era fissato per le 12,30 al ristorante sulla spiaggia. Amavano andare li specialmente nel periodo di bassa stagione. Era bellissimo godersi la spiaggia vuota e mangiare avvolti da una atmosfera ovattata, senza il caos dei turisti estivi.
Scendendo le scale, sul pianerottolo, davanti alla porta dei nuovi vicini le scarpe rosse.
Le aveva messe lì perché uscendo le vedessero, ben allineate, lucide, intriganti.
“Con loro, vuole scopare con loro” pensava

Fine seconda parte
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