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Gay & Bisex

Tutto come prima


di Membro VIP di Annunci69.it maturoamodena
20.12.2017    |    14.063    |    28 9.7
"La camera, piccola ma sufficientemente attrezzata, era collegata, attraverso un vano doccia, ad un’altra praticamente gemella..."
Gli insoliti rumori della strada uniti al picchiettare della pioggia, svegliandomi, mi lasciano disorientato per qualche istante.
Poi vedo il profilo dei mobili in legno chiaro, la tenda azzurra davanti la finestra, la porta socchiusa del bagno e riconosco la camera dell’hotel.
Chiudo gli occhi e ritorno indietro con la memoria a circa trent’anni prima a quando avevo 19 anni e prendere una stanza in un collegio universitario m’era sembrata la soluzione migliore per me giovane imbranato provinciale alla sua prima uscita da casa.
La camera, piccola ma sufficientemente attrezzata, era collegata, attraverso un vano doccia, ad un’altra praticamente gemella. Quando si voleva, dei chiavistelli garantivano la privacy, ma con Lelio, il secondo inquilino, fu subito piena sintonia e così decidemmo di lasciare le porte aperte permettendo il passaggio da una camera all’altra come se fosse un unico vano.
Fisicamente ci somigliavamo molto, entrambi magri, non proprio alti,capelli quasi biondi, carnagione chiara tant’è che erano in molti a pensare fossimo fratelli.
Caratterialmente, invece, diversissimi. Tanto era estroverso e casinista lui, quanto timido e silenzioso io.
Lui usciva con i compaesani che vivevano in città, conosceva gente nuova, cambiava ragazza continuamente…io studiavo, leggevo, scrivevo poesie ed avevo nostalgia di casa.
Ma la sera quando rimanevamo soli Lelio mi parlava della sua Puglia, della sua famiglia, del suo paese nel quale tornava ogni 15 giorni. Partiva, di solito, al venerdì pomeriggio e prendeva il treno di ritorno il lunedì mattina presto per venire direttamente a lezione, cosicché io restavo due giorni interi completamente solo. Ma quando tornava mi sommergeva di taralli, di focacce, di pane d’Altamura, di olive in salamoia, di caciocavallo e mi costringeva a rimpinzarmi “mangia!” mi diceva “devi finire tutto…stai dimagrendo…non vedi che sei trasparente?...ancora un po’ di burrata e poi basta, dai!...ok se togli questa musica da suicidio e metti un po’ di disco-dance ti abbuono un tarallo”.
Il fine settimana da solo lo sfruttavo segandomi come un pazzo sfogliando riviste porno, di cui puntualmente mi liberavo prima del suo arrivo…ma quel lunedì di maggio accadde qualcosa di differente.
Mi svegliai per una risata sorda…schiusi leggermente gli occhi e nel vano della finestra lo vidi che mi guardava sorridendo…realizzai di essere nudo come un verme e lentamente cercai di coprirmi facendo finta di essere ancora addormentato…poi mi ricordai del giornale che avevo abbandonato a terra vicino il letto…l’avevo lasciato aperto sulla foto di un ragazzone peloso che si menava l’uccello e su cui m’ero segato almeno tre volte…dovevo fare sparire il corpo del reato e perciò feci finta di svegliarmi in quel momento “ciao! che ci fai qui a quest’ora? Non hai preso il solito treno?” parlavo e seduto sul bordo del letto cercavo con i piedi il giornale, ma non lo trovavo…mi piegai per guardare sotto il letto, ma non c’era “cerchi questo, maialino?” mi chiese allora Lelio sorridendo mentre mi si avvicinava mostrandomi il giornale incriminato.
Mi tirai su cercando di strappaglielo di mano, ma lui più rapido lo nascose dietro la schiena “allora è così che passi il tempo mentre non ci sono, eh?” mi allungavo con le braccia per poter arrivare a prendere l’oggetto dell’imbarazzo dimentico di essere completamente nudo e per fare questo dovevo protendermi verso di lui tentando di raggiungere la sua mano nascosta dietro la schiena…i nostri volti erano vicinissimi e all’improvviso mi poggiò un bacio fugace sulle labbra.
Rimasi pietrificato sentendomi infiammare guance e orecchie.
Feci un ulteriore timido tentativo di recuperare la rivista, ma nell’avvicinamento lui ne approfittò per un nuovo leggero bacio.
La sua espressione era strana probabilmente quanto la mia…sentivo il suo respiro sul mio viso…le sue labbra tremavano e stavolta audacemente fui io a baciarlo…la sua bocca si schiuse e sentii la sua lingua insinuarsi cercando la mia…lo lasciai fare, lo sentii sospirare mentre la pressione della sua bocca aumentava e la sua mano destra si portava dietro la mia nuca carezzandola.
I nostri corpi aderivano ed io sentivo la sua erezione nei pantaloni contro il mio corpo nudo. Non so per quanto ci scambiammo baci che progressivamente diventavano sempre più caldi, più profondi, più bagnati, più passionali, finché mi spintonò sul letto e, liberandosi velocemente dei vestiti, mi si sdraiò sopra. Mi sentivo toccare su tutto corpo, il calore della sua pelle contro la mia, avvertii la sua mano stringere il mio uccello duro…ero troppo agitato ed imbranato per fare qualcosa, ma Lelio mi prese la mano e la guidò sul suo membro eretto.
Fu una sensazione bellissima…un pezzo di carne calda, palpitante, liscia.
Non avevo il coraggio di guardare, ma mi rendevo conto che era di gran lunga più dotato di me e, dissi una cazzata “ora capisco perché i tuoi amici ti chiamano GAMBA”…gorgogliò una risata nella mia bocca dopodiché la sua lingua cominciò a scendermi sul collo, sui capezzoli, sull’addome, finché non sentii la sua bocca calda avvolgermi l’uccello.
La testa mi girava, era la prima volta in assoluto per me, ero praticamente vergine e la cosa mi provocò un tale piacere che sentii di venire dopo appena venti secondi, lo avvisai e lui lo tirò fuori di bocca e cominciò a masturbarmi deciso fino a quando non venni con lunghi e potenti schizzi. Si mise a cavalcioni su di me e venne anche lui bagnandomi il petto e il pube.
Quindi senza dire nulla si rialzò, si rivestì, prese lo zaino ed uscendo mi disse “sbrigati che è tardi, ci vediamo a lezione”.
Ero sconvolto, turbato, agitato.
Quel giorno lo rividi in facoltà, poi a mensa universitaria, ma lui era il solito confusionario che dava manate sulle spalle di tutti, corteggiava tutte le ragazze ed io mi sentivo imbarazzato e pentito per quello ch’era accaduto.
Quella sera aspettai invano che tornasse in camera, ma visto che non arrivava me ne andai a letto. Non so da quanto tempo dormissi, mi svegliai quando lo sentii infilarsi sotto il lenzuolo del mio letto e stendersi di fianco a me. Sentivo il suo corpo nudo contro il mio, il suo profumo, il suo alito sul collo. Mi passò un braccio intorno in una stretta ed infilò una gamba fra le mie…poi basta.
Stavo immobile quasi senza respirare aspettando un approccio…una parola…qualsiasi cosa. Niente. Allora mi girai verso di lui e gli dissi “noi dobbiamo parlare!” per tutta risposta mi abbracciò, mi baciò e mi disse “noi dobbiamo fare l’amore”.
Afferrandomi per i glutei mi spinse contro di lui e cominciò a muovere il bacino strofinando il suo cazzo contro il mio. Erano già entrambi duri, li impugnò tutti e due e cominciò ad andare su e giù baciandomi e leccandomi il viso. Io godevo di quella sensazione cercando di soffocare i gemiti che spontaneamente mi venivano fuori. Mi poggiò una mano sulla testa e mi spinse con fermezza verso il suo pube. Mi scontrai con un randello odoroso di desiderio, caldo contro le labbra e allora cercai di mettere in pratica quanto avevo teorizzato fino a quel momento. Dopo un paio di lappate sulla cappella lo presi in bocca stando attento ai denti, cominciai a succhiarlo più avidamente possibile, la sua mano sul capo mi aiutava a dare i movimenti giusti. Superai me stesso infilandomelo fino in gola, lo sentii mugolare…stavo andando bene. Gli accarezzavo le palle grosse e vellutate come due albicocche, sentivo i suoi sospiri ed intensificavo i succhi rumorosi “sei bravo, compà” mi diceva “continua così!” adesso ero io che conducevo il giuoco e mi sentivo orgoglioso. Di colpo si divincolò, mi mise a schiena in giù e mi saltò a cavalcioni, si puntò il mio uccello contro il buco e prese a scendere. Nella penombra gli vedevo gli occhi febbricitanti e mentre si mordeva il labbro inferiore mi faceva entrare in lui. La sua carne era calda ed umida, respirava con affanno, e scendeva lentamente ma costantemente. Quando ormai si ritrovò seduto su di me mi afferrò il viso e in pugliese mi disse “mò statte attento a non venì se nno te dogghe no sacche de mazzate”.
Mi cavalcò per almeno mezz’ora facendo cigolare il letto, dicendo frasi che non capivo, a volte si piegava su di me per baciarmi e sentivo il suo sudore gocciolarmi sul viso. Il suo membro sussultava e mi sbatteva sul ventre ogni volta che ricadeva su di me. D’improvviso s’irrigidì, urlò e contemporaneamente schizzò su di me.
Fu come se mi desse l’ok e venni anch’io dentro di lui…mai provato un orgasmo così anche perché era la mia vera prima volta.
Con un suo calzino mi ripulì e poi si sdraiò di fianco a me “mò dormiamo” disse e subito lo sentii addormentarsi.
Dopo quella notte tra di noi tutto restò uguale in pubblico.
Lui continuava a scherzare con tutti, a fare lo scemo con le ragazze, a raccontare barzellette, ma cominciò ad uscire sempre meno.
Sempre più frequentemente capitava che restasse in camera, studiavamo assieme, a volte io sdraiato a letto e lui seduto per terra con la testa poggiata su di me, oppure uno seduto e l’altro con la testa sulla gambe…pian piano cominciò ad appassionarsi alla musica che ascoltavo io sostituendo con i miei Genesis, King Crimson, Deep Purple i suoi Pooh o i Bee Gees.
Spesso era sufficiente guardarsi negli occhi perché si manifestasse il desiderio e finivamo per fare l’amore, sempre più intimamente, sempre con meno inibizioni da parte mia che ormai ero capace di prendere l’iniziativa e di fargli capire che cosa e quanto mi piacesse.
Talvolta esprimeva il desiderio di penetrarmi, ma mi rifiutavo sempre. Solo una volta stava quasi per riuscirci. Quella sera festeggiavamo il superamento di un difficile esame, diversi bicchieri di birra in pizzeria seguiti da una bottiglia di Rosso di S. Severo in camera mi avevano reso su di giri. Lelio mi spogliò e mi portò a letto e lì cominciò ad accarezzarmi stimolando tutte le zone più sensibili di me che ormai conosceva. Una volta passato per i capezzoli, le ascelle, i fianchi, forzò le cosce ad aprirsi di più: obbedirono, allargandosi quanto possibile. La mano si insinuò fra le natiche, carezzando il solco come per placarlo, senza fretta, tuffandosi - dapprima leggermente - tra di loro per passare sul buchino palpitante e poi venire a riposarsi sui riccioli dello scroto. Ad ogni nuovo passaggio le gambe si separavano con più ampiezza e le sue dita si affondavano più profondamente tra le mucose, rallentando il loro movimento, come esitando, man mano che la mia tensione cresceva...allora alla mano sostituì il suo membro che scorreva sulla parte del corpo che aveva infiammato. Sentivo di cedere, volevo cedere e la mia carne si ammorbidiva ogni volta di più tutte le volte che provava ad entrare. Dopo qualche tentativo ormai sentivo che la cappella era quasi passata e mi preparavo a prenderlo tutto ma…lui venne…imprecando per non essere riuscito a fermarsi…venne.
Non ci fu un altro momento magico come quello, ma il nostro desiderio cresceva ogni giorno ed arrivavamo a fare sesso anche tre/quattro volte nell’arco di 24 ore.
Poi l’anno accademico finì, l’estate ci portò lontani, ognuno assorbito dalla propria famiglia.
Ci telefonavamo di tanto in tanto, ci scrivevamo delle cartoline, mai un riferimento a quello che c’era stato tra di noi.
Un giorno mi telefonò piangendo che suo padre era morto all’improvviso…doveva badare alla terra, c’era un’azienda da mandare avanti…sua madre era distrutta, le sue sorelle dovevano studiare.
Lo andai a trovare. Solo adesso capisco quanto stesse soffrendo per la sua giovinezza interrotta.
Il tempo passava e le nostre telefonate si diradarono per poi cessare definitivamente, le cartoline non arrivavano più nemmeno per Natale…finché il mese scorso sulla mia pagina di Facebook ho ricevuto una richiesta d’amicizia.
Era Lelio!
Ti ricordi di me? - Certo cosa è accaduto in questi trent’anni? - Hai un figlio? Io due. - Che lavoro fai ora? - Hai ancora i riccioli biondi? - Magari! Tu dormi sempre senza mutande? - Mi dai il cellulare? - Perché non ci vediamo? - Quando? - Io sarò a Bologna in ottobre per una fiera, ho già prenotato l’hotel – E’ una buona occasione, ci sarò – E’ bello ritrovarti! – Si, è bello - .
Un movimento nel letto mi distrae dai ricordi e mi riporta alla realtà…ti vedo addormentato con le labbra imbronciate come al solito, i capelli ormai grigi ma sempre lunghi sul collo, il petto una volta glabro ora ha una leggera morbida peluria, la bestia tra le gambe è sempre la stessa…ed anche il sapore non è cambiato.
Quando sono entrato nella tua camera ieri sera mi hai abbracciato come al solito, ho sentito il tuo stesso odore…entrambi siamo rimasti magri ed uguali nonostante il passare degli anni. Mi parlavi tenendomi la mano e sentivo che tremavi, sei stato timido nel baciarmi quasi quanto me la prima volta, poi le nostre braccia si sono ritrovate, i nostri corpi riconosciuti, le nostre bocche sapevano dove andare…abbiamo fatto l’amore prima dolcemente, poi violentemente, poi audacemente, poi teneramente…quante volte abbiamo fatto l’amore stanotte?
Poi mi hai abbracciato come al solito da dietro e mi hai sussurrato all’orecchio “Non è cambiato niente…tutto è come prima…non ci perderemo più” e per la prima volta mi hai detto quello che ho sempre aspettato che mi dicessi “ti amo…ti ho sempre amato”. E ti sei addormentato.
Scendo dal letto ora, piano mi rivesto cercando di non svegliarti…ti guardo un’ultima volta ed in fretta esco dalla camera, dall’hotel…per strada…sotto la pioggia…fra la gente…nell’aria.
Sul telefono mi arriva un sms…mio figlio che mi chiede “pà, quando torni a casa?” rispondo “sto arrivando”…e poi scrivo a te “niente è più come prima…tutto cambia…ti amo anch’io, ma non si torna indietro” invio e la pioggia non fa vedere le lacrime che mi scorrono sul viso…e affretto il passo.
A casa mi stanno aspettando.
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