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Matilde, 2


di bube
24.09.2023    |    1.593    |    0 8.7
"E coi maschietti dell'oratorio ne fanno anche peggio! Perché con noi femmine devono stare attenti a non metterci incinte, loro non se la potrebbero passare..."
Matilde voleva rivedere quel posto dove da bambine andavamo a fare il bagno di nascosto, una specie di laghetto, ma più che altro un luogo dove il piccolo fiume si allargava fra sponde di canne. Non era agevole arrivarci, ma noi conoscevamo bene il luogo. Così, dopo aver arrotolato un asciugamano ciascuna, e fornite di merenda, ce ne andammo a ritrovare i 'nostri' luoghi segreti. Anch'io non ci andavo da molto tempo, e a rivederlo mi sembrò più piccolo di quel che ricordavo. Ma riuscimmo a trovare quella che chiamavamo la spiaggetta delle canne, un piccolo slargo di sabbia nascosto nel canneto. E ci sdraiammo contente a prendere il sole. Io, senza tanti complimenti, mi spogliai tutta, Matilde arrossendo riuscì a spogliarsi ma si coprì subito con l'asciugamano.
Restammo in silenzio un po'; poi mi girai verso di lei, le sorrisi: "sono felice che tu sia qui! Promettimi che verrai sempre nelle vacanze; e anche dopo, quando avrai preso i voti; mica siete suore di clausura, no?"
"No, certo; però le suore sono meno libere di andare in vacanza: possono farlo solo con l'autorizzazione della superiora, e questa viene data solo se si va dai genitori." "Ma non è giusto! Allora chi ha avuto una disgrazia come la tua, non potrà mai andare in vacanza?" "Mah, forse potrà fare un'eccezione, chi sa... Ma non pensiamoci adesso!" E girandosi verso di me mi abbracciò e mi baciò sulla bocca.
Mi baciò talmente da mettermi il fuoco addosso, e dopo poco eravamo avvinghiate a baciarci e a strofinarci una contro l'altra. Poi ci separammo a sorriderci ansimando, e lei mi disse: "ti voglio bene davvero, lo sai? Tanto che potrei innamorarmi! E se mi innamoro..."
Mi baciò ancora, poi mi sussurrò "non muoverti e stai zitta." E si chinò a baciarmi i capezzoli; a succhiarmeli, anzi, facendomi girare la testa e mugolare dal piacere. "Stai zitta, zitta" continuava a dirmi fra un succhiotto e l'altro.
Poi mi portò in paradiso. I suoi baci scesero giù dal seno al ventre, insistendo sull'ombelico, e più giù, più giù...
Non riuscivo a crederlo! Ecco la sua bocca calda, umida, sul mio pube, le sue dita a stuzzicarmi la fica, e finalmente la bocca, anzi dapprima solo la lingua, che si muoveva veloce proprio dove mi piace tanto stuzzicarmi nei miei piaceri solitari, ma questo era cento, mille volte meglio!
Cominciai a godere e non riuscivo a smettere, e lei leccava, mugolava soddisfatta, e continuò finche io, esausta, la pregai di smettere.
Dopo furono solo baci e carezze più o meno caste. E mi venne la curiosità di domandarle se loro queste cose le confessavano.
"Ma certo, cosa credi? Non sono sicura di tutte, ma io sì, mi confessavo e dicevo tutto! Se no, la confessione sarebbe stata invalida, capisci; e fare la comunione così... oddio, è un sacrilegio!"
"E il confessore, cosa vi diceva?"
"Beh, le solite cose; di non farlo più, che i peccati della carne sono brutti e più se ne fanno, più se ne vorrebbe fare; insomma, le solite cose. Solo una volta che il nostro confessore era malato, e venne uno nuovo." Fa una risatina, arrossisce. "E allora? Dai, racconta!"
Si fa pregare un po', mi fa giurare che la cosa sarebbe rimasta fra noi due.

"Era stato già un po' strano, ci aveva messe in fila a modo suo e io ero l'ultima. Comunque, da principio la solita faccenda; ma quando arrivai a confessare i miei atti impuri, non si accontentava, voleva i particolari, io mi vergognavo ma lui insisteva: figliola, diceva, se non mi dici tutto io non posso capire la gravità dei tuoi peccati e non posso assolverti. Quindi coraggio, niente falsi pudori e dimmi tutto per bene! Mi feci forza e raccontai. Più il peccato era grave, più particolari voleva conoscere: e se la mia amante mi aveva anche leccata, e se io l'avevo leccata, e dove, e come, e se avevo goduto e quanto... Alla fine mi disse, con aria severa, che non poteva darmi subito l'assoluzione perché dovevo scontare una penitenza speciale, non le solite preghiere e basta. Mi disse di seguirlo in sacristia, da lì passò per una porticina in una stanza in penombra, e chiuse la porta col chiavistello. Mi fece inginocchiare davanti a una poltrona e mi ordinò di tirare su la veste fino ai fianchi; poi mi rimproverò perché secondo lui indossavo mutandine indecenti, e me le fece tirare giù; e arrivò la penitenza: con una bacchetta mi frustò il culo, un colpo per ognuno dei peccati confessati, e nota che non calcolava un solo peccato per aver fatto l'amore con un'amica; ogni atto era un peccato. Io piangevo più per la paura che per il dolore, perché in fondo stava attento a non farmi troppo male, e quando ebbe finito mi spalmò una pomata sul culo, massaggiandola lentamente... Ormai era chiaro, quel confessore era un maiale come pochi! Godeva a farsi raccontare le nostre cose, e godeva il doppio a frustarci il culo nudo.
Poi spense la luce, si sedette sulla poltrona, e mi ordinò di prendere in mano il suo pene... E' stata la prima volta in vita mia, io i miei fratelli nudi li avevo visti cento volte, ma stavolta era diverso. Mi disse sottovoce: adesso io peccherò, e col mio peccato assorbirò tutti i tuoi, così potrai andartene da qui ripulita e assolta. Ma il mio peccato devi farmelo tu, con le tue manine sante."
Mi insegnò come fare e si fece masturbare a lungo. Io credo che l'avesse già fatto prima nel confessionale, perché mi ci volle un bel po' per farlo godere, quel maiale!"

Ascoltavo il suo racconto col fiato sospeso; non riuscivo a credere che un sacerdote potesse arrivare a tanto, e lei rideva: "sono uomini come tutti gli uomini, quindi fra loro ci sono quelli onesti, quelli così così, e infine i porci. E coi maschietti dell'oratorio ne fanno anche peggio! Perché con noi femmine devono stare attenti a non metterci incinte, loro non se la potrebbero passare liscia; ma coi ragazzini... Non mi far parlare sai! Anzi, a proposito di atti impuri: e tu, a me, niente?"
"Io a te... cosa?" Facevo la finta tonta ma lei non ci cascò. "Dai che hai capito benissimo: ieri ti ho fatta godere come mai in vita tua, me l'hai detto tu; oggi, ancora; e a me? Alla tua povera cuginetta votata alla castità?" E rideva.
"Ma io... Io non sono capace, non l'ho mai fatto..."
"E che ci vuole? E' come baciare una bocca, no? Ci somiglia anche, a una bocca, c'è perfino una specie di piccola lingua nascosta, lo sai, è lei che ci regala i più bei piaceri..."

Tanto fece e tanto disse che mi convinse. Si sdraiò aprendo le gambe e sollevando le ginocchia: tutta aperta, la sua bella fica umida che pareva palpitare... Mi chinai su di lei, comincia a baciarla a bocca chiusa, come a baciare una bocca solo teneramente, e lei sospirava, mi incitava: fammi sentire la tua linguetta amore, ti prego... Finalmente lo feci: per la prima volta in vita mia, e non sarebbe certo stata l'ultima, stavo leccandola davvero, e mi gustavo il suo sapore un po' acre, sapeva di... non so, allora mi venne in mente che sapeva d'amore; era un gusto strano ma eccitante, e in fondo era simile al mio: quante volte mi ero masturbata e poi mi era venuto in mente di assaggiare il mio miele?
Matilde sospirava, ansimava, mi incitava: "sì cuginetta, leccami così, proprio lì, lecca la fichina della suorina... Oh che brava che sei, sto per godere sai amore mio... Di più, di più... Ora sto per... Mettimi un dito nel culetto, ti prego amore, infilamelo lì...Ohhhh sì sì sìsìsìsìsìsìiiiiii!"
Godette d'improvviso, sentivo il suo liquido gocciolare dalla fica, e il suo buchino stringersi e allargarsi, e io sentivo che avrei goduto a mia volta, così le infilai la lingua nella vagina, poi gliela penetrai col pollice mentre le masturbavo il culetto velocemente, e lei godette ancora, non la finiva più: un guizzo e uno schizzo, un sospiro e un gemito, e io col suo liquore che mi impiastricciava il mento, la bocca.

Si sollevò, si girò e mi abbracciò forte forte, rideva e piangeva insieme e sussurrava frasi sconnesse. Poi si calmò e restammo a lungo abbracciate in silenzio, ad ascoltare lo sciacquio del fiumicello e il gracidare di una rana. Era il nostro piccolo paradiso terrestre segreto.

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