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Prime Esperienze

Feticismo a Burano


di AndreaCork
26.09.2019    |    2.742    |    3 9.7
"Entrambi sospirarono: il tocco di lui, prima impacciato e poi più sicuro, la fece fremere di piacere..."
Burano
“Un piano non fallisce perché è troppo ardito. A volte anzi riesce proprio per quello. Se un piano fallisce, è perché non viene studiato nei minimi dettagli che vengono lasciati al caso”.


Azzurra si era trasferita a Burano da qualche anno. Aveva coronato il suo sogno di aprire una pasticceria tutta sua. Dolcezza Azzurra l’aveva chiamata. Nel suo negozio produceva dolci buonissimi che attiravano clienti da Venezia, e gli abitanti del posto la consigliavano anche ai turisti che si fermavano a visitare la piccola isola: il suo negozio aveva un enorme successo e la sua vita andava bene, tra gli inverni rigidi e nebbiosi della laguna e le giornate estive di caldo torrido in cui i colori sgargianti delle case abbagliavano gli occhi e il sole picchiava duro come un martello. Era anche un po' chiacchierata: viveva da sola, ma ogni tanto veniva a trovarla il suo compagno. Un uomo dai capelli rasati e pieno di tatuaggi. Era un musicista, passava due o tre notti da lei, girava per le isole, sembrava vivesse di caffè nei bar della zona, chiacchierava amabilmente con le persone, scherzava sempre, leggeva il giornale, poi spariva per alcuni giorni fino al prossimo giro. Tra le persone che la andavano a trovare vi erano anche i suoi fratelli e ogni tanto, ma più raramente, le facevano visita due bei ragazzi che tra di loro parlavano spagnolo. Insomma, secondo la gente del posto Azzurra non si faceva mancare nulla anche se in realtà non dava mai scandalo con atteggiamenti sconvenienti, se non per le scollature che esibiva… e anche se poco generosamente: con i seni che si ritrovava, avrebbe potuto tranquillamente permettersi di essere molto più discinta; si limitava al massimo a mostrare le lunghe gambe: quelle sì, non le nascondeva mai. Di sicuro, non aveva mai combinato nulla con nessuno del posto, se non qualche uscita in amicizia: alla fine, la gente riconosceva che fossero affari suoi quello che combinava in camera da letto, e la lasciava stare continuando invece ad apprezzare il suo lavoro e si uoi sorrisi e i modi gentili.
Riccardo era un ragazzo del posto che divideva le sue giornate tra l’ultimo anno di scuola e le giornate con gli amici. Maggiorenne da poco, non vedeva l’ora di lasciarsi alle spalle i pensieri della scuola per iniziare a lavorare e rendersi indipendente, anche se questo avrebbe significato la fine delle estati a cazzeggiare con gli amici in cerca di turiste con cui provare ad avere avventure: sarebbe diventato adulto, e come un adulto voleva affrontare il mondo. Un bel fisico, occhi chiari, piaceva alle ragazze anche se era ancora vergine. Uno dei pochi ragazzi della sua generazione a essere vergine a diciotto anni compiuti. Viveva nello stesso cortile in cui la signora Azzurra viveva e aveva il negozio. Sua madre e la pasticcera con gli anni erano diventate amiche, passavano ore a chiacchierare. Spesso era Azzurra ad andare a trovare loro a casa, e con il tempo fu quasi naturale per Riccardo entrare anche in confidenza con la vicina di casa. Se prima la guardava come se fosse poco meno che una zia, col tempo aveva iniziato a notare il bel viso di lei e le gambe lunghe. E presto iniziò a masturbarsi pensando alla bocca di Azzurra sul suo pene durissimo, mentre le mani di lui si aggrappavano a quei seni enormi. Quando sua madre era al lavoro, Azzurra nelle afose giornate estive si fermava sulla soglia di casa aspettando qualche cliente a chiacchierare con Riccardo. Che lei indossasse comode infradito o ciabatte con la zeppa, lui trovava sexy da morire i piedi di lei, dalle unghie sempre smaltate. Il modo in cui parlando con lui sfilava le ciabatte e con i piedi si accarezzava le gambe, stanche dal lavoro: lui restava a fissare quel movimento ipnotico che lei gli regalava. Come faceva quando si fermava a parlare con sua madre, a fine giornata, sedendosi su sedie da giardino che le due donne avevano lasciato apposta nel campiello. In inverno Azzurra indossava spesso calze di nylon, che non facevano altro che aumentare in lui la voglia di annusare quei piedi e di giocarci. Era grazie a Azzurra, alla signora Azzurra, che Riccardo si era scoperto feticista dei piedi. E in cuor suo, sapeva che i primi piedi che avrebbe mai voluto baciare erano proprio quelli della signora Azzurra, la pasticcera di Burano. Guardava i piedi di tutte le donne, ma alla fine nella sua mente erano sempre quelli che tornavano a galla. Qualche volta, nelle sere estive, Azzurra e la madre di Riccardo facevano passeggiate per l’isola e lui non mancava quasi mai di unirsi a loro. Poi, quando sua madre rientrava, loro avevano iniziato a proseguire le passeggiate per conto loro, diventando amici e scambiandosi confidenze: era molto maturo per la sua età, e lei non così vecchia da non poter essere capita e ascoltata da lui… anzi, si trovava molto bene con quel ragazzo dalla mentalità così aperta, per quanto giovane. Molto meglio che con gli adulti del posto, nonostante con gli anni le fosse stato facile coltivare nuove amicizie, anche grazie al suo carattere solare. E così, quando non si vedeva la differenza tra il cielo e il mare, e solo le luci di Venezia e dei fari per le navi disegnavano la notte, tra un gelato e una birra Riccardo e Azzurra nel weekend facevano le ore piccole. Arrivati a casa, Azzurra cambiava ciabatte: sfilava quelle che usava per camminare fuori e ne indossava un altro paio che lasciava sempre sulla porta. Il ragazzo si gustava il momento, dava la buonanotte ad Azzurra e se ne tornava in camera a masturbarsi come un pazzo pensando alla sua vicina di casa, la pasticcera dei suoi sogni. Sì, era proprio la donna dei suoi sogni, e ne era un po' geloso: ogni volta che il suo compagno veniva a trovarla, sapeva che ovviamente facevano sesso insieme. Ovvio che a lui quelle visite scazzavano da morire: erano tutti momenti in cui lui non poteva chiacchierare con lei. Anche Marcello, il suo fidanzato, era simpatico e alla mano, sempre pronto a fare quattro chiacchiere o a offrirgli una birra in lattina. Sempre di notte, ovviamente. Chiacchieravano, bevevano birra, poi si salutavano. Le chiacchierate tra loro erano di altro genere rispettoa quelle che faceva con la sua vicina di casa: parlavano di musica, di arte, di vita e di cose da uomini: Marcello dava spesso consigli a Riccardo, che lo stava a sentire interessato nelle sue dissertazioni sulla vita: il musicista raccontava dei suoi viaggi, gli parlava delle città che aveva visitato, come comportarsi con le donne… e Riccardo ascoltava.
Ascoltava rapito e intanto invidiava quel tipo strano che poteva scoparsi quella donna meravigliosa e un po' in carne tutte le volte che voleva.
L’estate stava lasciando il posto alle prime giornate fresche, e Azzurra aveva ripreso a usare quelle calze di nylon color carne che a lui facevano impazzire. Non perdeva occasione per andarla a trovare in negozio e talvolta comprarsi un dolcetto: per ammirare i suoi piedi, cercava la prospettiva migliore posizionandosi in punti strategici per poter osservare quei tesori. Immaginava di affondare la faccia e il cazzo in quei piedi, immaginava il loro odore, voleva sentire l’odore di quelle ciabatte dalla suola di sughero e poi… e poi voleva prenderla e affondare tra le sue carni con il suo cazzo duro mentre con le mani si aggrappava a quei seni enormi. Gli piaceva quando lei e sua madre si sedevano nel campiello a chiacchierare e Azzurra giocava con quelle ciabatte facendole dondolare appese alle dita dei piedi. Ci impazziva, dietro quella cosa. Ci si masturbava di continuo, a quel pensiero. Le gambe di Azzurra, con calze, senza calze, in ciabatte, senza ciabatte, gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra gambe di Azzurra!!! Erano il suo pensiero fisso.
Un sabato sera di quel settembre lei uscì per i fatti suoi. E lui, spinto dalla frustrazione, decise che lo avrebbe fatto: si sarebbe preso quello che voleva, avrebbe avuto tutto per se l’odore di Azzurra, anche se solo per pochi minuti: la osservò uscire come faceva sempre, vestita di tutto punto con le ciabatte in mano, vide che le posava sull’uscio e la guardò allontanarsi. Attese che venisse il buio, per essere sicuro che lei fosse abbastanza lontana e che nessuno lo potesse vedere. Con il cazzo durissimo si avvicinò furtivo a casa di Azzurra e velocissimo, con il cuore che batteva all’impazzata, rubò quelle ciabatte dalla fibbia nera, portandole in casa senza farsi vedere da nessuno. Fu lesto a nasconderle sotto il letto e si chiuse a chiave in camera. Non gli sembrava vero: aveva le ciabatte di Azzurra tutte per lui. E ora che erano lì, a portata di mano, aveva quasi timore di toccarle, di annusarle, di giocarci: quella cosa tanto desiderata, ora in suo possesso, rendeva quasi ingombrante e ingestibile l’emozione che provava. Sapeva anche che doveva restituirle prima che lei tornasse o sarebbero stati guai. Guardò quegli oggetti: vedeva nel sughero le impronte delle dita di lei, poi le annusò: l’odore non era molto forte, ma era proprio come se lo immaginava. Sentiva il suo odore!!! Sentiva l’odore dei piedi di Azzurra!!! Sentiva l’odore dei piedi della donna dei suoi sogni!!! Tirò fuori il cazzo durissimo, lo infilò in una delle ciabatte e iniziò a scoparla piano, appoggiando la suola sui testicoli, ottenendo ancora più stimolazione. L’altra, la annusava e la adorava. “Oh Azzurra!!!” pensava… mentre in pochi secondi venne, godette di un fiotto di sperma enorme che gli sporcò la pancia e la maglietta. Non aveva mai sborrato così tanto. Mai!!! Ma non gli bastava, il cazzo era ancora duro… e ancora riprese a scopare, annusando forte con il cuore che batteva con la furia di un cavallo fuori controllo. In quel mentre sentì il campanello suonare. Chi era…? Chi poteva essere alle dieci di sera? Sua madre andò ad aprire: era Azzurra. Cazzo!!! Cazzo!!! Cazzo!!! Doveva tornare molto più tardi. Cazzo!!! E adesso??? La voce di Azzurra era alterata.
Mise via le ciabatte della vicina, si cambiò la maglietta e scese per capire la situazione.
“Oh Mariella!!! Se sapessi!!!”
“Che succede???” fece la madre di Riccardo, allarmata dal tono della vicina di casa.
“Le ciabatte!!! Mi hanno fregato le ciabatte dalla porta di casa. Ma ti sembra???” fece Azzurra, con la voce stridula dalla rabbia e dalla sorpresa.
“Son tornata prima perché mi stavo annoiando e cazzo… mi son trovata questo scherzo...”
“Eh??? Ha ha ha ha ha ha ha ha!!!” sua madre scoppià a ridere.
“Ma dai cazzo c’è da ridere???”
“Un paio di ciabatte usate, e tu ti incazzi? Ma lascia che le prendano và!!! Ma che te ne frega???”
“Ma chi cazzo è stato? E perché??? Uno scherzo? Un dispetto?”
Riccardo entrò in salotto e rise anche lui, finto come Giuda.
“Cos’è che ti hanno rubato??? Le ciabatte???” la prese in giro ridendo anche lui.
“Massì ho capito che non è niente, spero solo non sia un dispetto!!!”
“Qualche turista ubriaco ti avrò fatto uno scherzo...” sdrammatizzò Mariella.
“Bèn bèn, sarà… ma intanto mi tocca comprarne ancora…
“Massì dai sarà stato qualche ubriaco in vena di fare il cretino Azzurra, non pensarci più… non vorrai chiamare i Carabinieri per una cazzata del genere...”: Riccardo cercò di calmare le acque.
“Ma và per una cosa del genere, figurati… ma la prossima volta che succede… eh… li chiamo sì, perché allora è un dispetto… vabbè, buona notte Mariella, buona notte Riccardo...” e detto questo, Azzurra se ne andò.
Riccardo aveva il cuore a mille dalla paura di essere scoperto: chiaro che ora quelle ciabatte dovevano sparire, e avrebbe trovato un modo per liberarsene prima di finire nei guai e per il momento decise di metterle in uno scatolone di cose che avrebbe buttato a breve. Ma decise anche di annusarle ancora, e che dato che non sarebbero tornate mai più alla legittima proprietaria, avrebbero assaggiato il suo sperma molto presto: si prese una lattina di birra dal frigo e si preparò a godersela in camera sua, per festeggiare la conquista e lo scampato pericolo.


Pochi giorni dopo, un pomeriggio, Riccardo stava guardando un film al pc, nella sua scrivania. Azzurra suonò il campanello e chiese a sua madre di lui.
“Vai su in camera, non sta facendo niente… io esco che mi aspettano, ciao Azzurra...”
Mariella uscì lasciando soli Riccardo e Azzurra.
“Riccardo!!!” si annunciò lei chiamandolo.
“Vieni!!! Sono qui!!!” rispose lui, pregustando un po' della compagnia di quella donna dal seno enorme.
“Hai qualche minuto per me?”
“Dimmi!!!” fece lui volgendosi verso di lei sulla poltrona girevole.
“Devo prenotare un volo, mi aiuti a cercare quelli più economici per favore?”
“Certo ci mancherebbe!!!” fece lui, gentile.
“Dove devi andare?”
“Madrid...”
“Partenza?”
“Tra un mese e mezzo...”
“Ok, vediamo… ecco. Questo, questo, questo. Questo no, questo nemmeno. Questo è buono”. Spulciavano le proposte delle compagnie aeree e intanto chiacchieravano.
“Questo mi sta bene!!!” Azzurra scelse un volo di mattina.
“Oook… aspetta che ti fermo il posto… ritorno… vediamo… quando? Quante notti stai via?”
“Quattro notti...”
“Veeediamo… ah ecco qui… questo è buono, costa poco ma parte troppo presto… vediamo… ah ecco qui!!! Questo è perfetto… ma arrivi a Bologna...”
“Bologna… aspetta che chiamo se Marcello mi viene a prendere a Bologna...”: si alzò in piedi per telefonare e si girò. Le cadde il telefono per terra e scivolò vicino al letto di Riccardo. Azzurra si inginocchiò per raccoglierlo.
Un piano non fallisce perché è troppo ardito. A volte anzi riesce proprio per quello. Se un piano fallisce, è perché non viene studiato nei minimi dettagli che vengono lasciati al caso. E allora sono casini, e grossi.
“Scusa...” fece Azzurra rialzandosi. “E queste?” disse seccata, mettendo le sue ciabatte rubate in faccia a Riccardo.
“Un ubriaco in vena di scherzi? EH???” disse sibilante con le mani sui fianchi.
“Mi spiegheresti, per favore?”
Riccardo era ammutolito e impietrito.
“Coglione!!!” si disse. Lo sapeva che avrebbe dovuto metterle via quelle ciabatte, dopo essersi masturbato un’ora fa. “Coglione, mille volte coglione!!!” si ripetè.
“E queste macchie? Eh???” fece Azzurra indicando col dito. Cazzo. Le macchie di sperma non si erano assorbite. Che cazzo le diceva ora?
“Perchè mi hai preso le ciabatte? Aspetto una risposta...”
“Io… non posso dirtelo...”
“Se me lo dici non ti metto nei guai con tua madre. Se non me lo dici, ti sputtano, vedi tu...”
Silenzio. Mai confessare. MAI!!!
“Allora? Perchè me le hai prese?”
Silenzio. Doveva pensare a qualcosa da dire. Una balla qualunque. Pioveva e voleva evitare che si bagnassero? Impossibile. Pensare in fretta. Azzurra incazzata. Pensare. Niente: la sua mente adesso era un foglio bianco.
Azzurra iniziò a telefonare alla madre di Riccardo.
“Mariella...” disse lei, quando dall’altro capo della telefonata risposero.
“NO!!!” fece lui.
“Dimmi!!!” fece la madre di lui al telefono.
“Aspetta… io… le ho prese perché...”
“Niente Mariella scusa, mi sono sbagliata...” fece Azzurra facendo un passo indietro sulla sua decisione e chiudendo la telefonata.
Disse la verità tutta d’un fiato, d’impulso. Capì che era la cosa migliore da farsi.
“Mi piacciono i piedi delle donne, anzi mi piacciono i tuoi piedi e le ho prese per...”
“Per giocarci?” chiese lei con un tono che non prometteva niente di buono: teneva le mani sui fianchi e lo guardava con espressione torva.
“No… io…”
“Allora?”
“Le annusavo...”
“Cosa???” chiese Azzurra.
“Eh...”
“Le… annusavi???”
“S-sì…” fece lui, vergognandosi tantissimo per essere stato scoperto e abbassando lo sguardo.
“Scusami, Azzurra…” era imbarazzatissimo: sapeva che da ora in avanti lei non si sarebbe più mostrata a lui in quel modo, non si sarebbe più fatta vedere a piedi nudi da lui e di sicuro non ci sarebbero più statele chiacchierate insieme a tarda notte.
Lei scoppiò a ridere. Una risata di gusto che riempì la stanza e lui si sentì ancora più deriso.
“Vabbè… mi fa strano questo discorso, e meglio che le abbia prese tu. Almeno so che non sono vittima di scherzi… Prenotiamo questo volo, dai...” disse lei cambiando discorso e facendosi più gentile. Lui era al colmo dell’imbarazzo e cercava di evitare lo sguardo di lei. Trovarono il volo. Azzurra mise le ciabatte in borsa e fece per uscire dalla stanza, poi si voltò verso di lui.
“Cioè… Tu… mi annusavi le ciabatte? No… cioè… Questa doveva ancora succedermi…”
“Eh… lo so che è strano, ma è così...”
“Non mi era mai capitato di incontrare un feticista. Ma vabbè. Ok. Passa da me tra due ore, quando ho chiuso il negozio… dobbiamo fare quattro chiacchiere, io e te...” disse lei con una decisione che non ammetteva repliche.
“Va bene...”: era sicuro che si sarebbe preso una ramanzina da Azzurra e si sentiva coglione come non mai. Furono le ore più lunghe della sua vita e le passò in preda a mille ansie. Cosa sarebbe successo? Come avrebbe dovuto comportarsi? E cosa dire? Come rispondere? Gli veniva quasi da piangere per il casino in cui si era cacciato con tutte le scarpe. Appena lei chiuse il negozio, lui uscì di casa. Disse a sua madre che Azzurra lo aveva invitato a cena per ringraziarlo del favore del pomeriggio e si presentò da lei, che lo accolse indossando proprio le ciabatte che lui le aveva rubato e delle bellissime calze grigie.
“Vieni, entra...” gli disse, facendosi da parte.
Lui entrò timidamente e la seguì nel salotto. Lei si sedette sul divano, accavallando le gambe.
“Siediti qui vicino a me...”: Riccardo non riusciva a staccare gli occhi dalle sue gambe, dai piedi che entravano e uscivano dalle ciabatte e dall’elastico delle calze che ogni tanto faceva capolino dal vestito da casa di lei. Era ovvio che sarebbe stato prontissimo a prenderla in quel momento: il cazzo era durissimo e controllava a stento la voglia di toccarla, ma aveva una paura folle di cosa lo stava aspettando.
“Forse facevi meglio a chiedermele queste ciabatte… magari te le davo anche se mi inventavi una scusa qualunque sai? Cosa ti costava?”: lui non sapeva davvero cosa rispondere.
“Che poi… scusa sai… ma… sono usate… puzzano di sicuro...”
“Eh appunto!!!” avrebbe voluto rispondere lui, ma riuscì solamente a stringere le spalle e a spingere in avanti il mento, come a dire: “E che cazzo ci posso fare io???”
“Ma trovarti una ragazza? Con tutte quelle che ci sono in giro...”
Altra timida e imbarazzata scrollata di spalle.
Azzurra sfilò le ciabatte e mise i piedi sul divano, rivolti verso di lui. Non pensò nemmeno a quello che fece e agli effetti che ottenne mettendo le sue dita a pochi centimetri dalle gambe di lui.
“Cosa ti piace dei miei piedi, al punto da spingerti a rubarmi le ciabatte?” chiese lei, accarezzandosi le piante e sistemando la punta della calza.
“Eh… son belli...” riuscì a dire Riccardo.
“Boh se lo dici tu… io non capisco… fammi capire...”
“Mi piace come… giochi con le ciabatte… quando le togli e le rimetti… quando porti le calze di nylon… lo adoro… scusami se ti ho imbarazzata...”: confessandosi in quel modo, scoprì di avere un coraggio che non avrebbe mai immaginato.
“Imbarazzata? Al massimo mi hai incuriosita… Ma come ti piace? Così?” disse lei rimettendo le ciabatte e urtandolo con i piedi: accavallò le gambe, fece dondolare un piede ipnotizzandolo con i suoi movimenti.
“Oppure così...”: si mise in piedi davanti a lui e iniziò a infilare e sfilare di continuo il piede dalle ciabatte. Incrociò poi le gambe e un piede si staccò dalla ciabatta facendogli vedere l’arco plantare in tutto il suo splendore.
“Sì, così!!! E anche come prima quando eri seduta!!!”
“E ti viene voglia di annusarmi le ciabatte così?”
“Anche i piedi, ok? Mi piace annusare i piedi delle donne ok?”: era esasperato da quella situazione: non capiva se lei lo prendesse in giro o se fosse davvero solo curiosa. Di sicuro lo stava eccitando in maniera pazzesca. Avrebbe voluto infilareil suo cazzo vergine dentro di lei ora. Prenderla sul divano e sentire com’era scopare quella donna favolosa e sexy nella sua semplicità.
“E quindi ti piacciono anche le calze… magari nere… queste sono grigie però...”
“No, nere no. Color carne o grigie come queste. Nere non mi piacciono. E mi piace il dettaglio della punta rinforzata. Mi piacerebbe da morire, sì… potere annusare i piedi a una donna ma non ne ho il coraggio. Non ho nemmeno una donna… vedi tu… e poi… chi è quella ragazza di oggi che porta le calze di nylon? Oggi portano tutte quei maledetti calzini di cotone che fanno schifo, oppure non portano nemmeno quelli e vanno in giro a gambe nude… cazzo… è uno schifo...” si sfogò lui. Lei si sedette su una sedia di fronte a lui e gli agitava piano i piedi davanti al viso.
“Dimmi ancora di questa cosa...”
“Sono vergine, ok? Non ho mai fatto nulla con una ragazza...”
“Questo lo so...”
“Pensa te... sono vergine… e secondo te ho mai avuto il coraggio di chiedere a una ragazza di farmi giocare con i suoi piedi, cazzo??? Che me ne vergogno da morire di questa cosa… E scusami davvero se ti ho rubato le ciabatte ok? Ma non ce la facevo più e avevo troppa voglia di annusare il tuo odore. Scusami cazzo scusami!!!”: era sincero e abbattuto dalla sua voglia di una donna e soprattutto dalla voglia di Azzurra, voglie che sapeva non sarebbe mai riuscito a soddisfare. O per lo meno, quella di una donna sì, ma la voglia di Azzurra… decisamente non era nemmeno il caso di pensarci.
“Facciamo una cosa...”: lei si sedette sul divano di fianco a lui e accavallò una gamba.
“Non mi è mai successo davvero di trovare un feticista. Tu sei imbarazzato e io curiosa. Fammi vedere come hai fatto, forza!!!”.
“Scusa???” disse lui, incredulo.
“Sì. Ti offro l’occasione di annusarmi i piedi e le ciabatte… uno scambio. La tua voglia per la mia curiosità: mi hai incuriosito tantissimo”.
Il cazzo gli divenne ancora più duro.
“Ma lo sai che effetto mi fa… adesso lo sai e poi… non mi vuoi più vedere…”
“Maaa vaaa!!! Per una cosa così? Non mi hai offeso sai? Dai… lo vuoi fare per me o no? O devo mettertela io questa ciabatta in faccia? Voglio sentire cosa si prova… o devo dire tutto a tua madre?” fece lei.
“Oh no no no per carità lo faccio!!!”
“E allora giù in ginocchio, e divertiti prima che ci ripensi...”
Riccardo non credeva a quanto gli stava succedendo: Azzurra, la donna dei suoi sogni, gli chiedeva di giocare coni suoi piedi… si mise in ginocchio sul tappeto e le sfilò la ciabatta sfiorando con le dita il piede fasciato dalla calza sottile: sentì il calore del piede di lei. Già così sarebbe potuto venire con due colpi di mano, se si fosse masturbato. Portò la ciabatta al viso e inspirò, prima piano e poi profondamente assaporando l’odore di Azzurra, misto al sughero della suola. Era forte, evidentemente le calze erano usate. Annusò ancora e cercò lo sguardo di lei: ora lui era eccitatissimo e lei lievemente imbarazzata.
“Puzzano?” gli chiese.
“...sì… un po'...”
“Scusami...”
“Oh no, mi piace tantissimo!!!” rispose, sfiorandosi il pene attraverso i jeans, continuando ad annusare con maggiore decisione.
“Ora fammi sentire che mi annusi i piedi...”
Riccardo avvicinò il viso ai piedi di Azzurra e quelli sì che puzzavano.
“Le calze… sono usate?”
“Eh sì le ho portate tutto il giorno… scusa se puzzano...”
“Azzurra… hmmm… sono buonissime… insomma hai un odore buonissimo...” fece lui.
“Scusa… è forte...”: era lei a scusarsi ora.
“Ma no!!! Noi feticisti cerchiamo queste cose apposta!!! Ci piace un sacco!!!”
“Se lo dici tu… però in effetti è bella la sensazione sai? Penso che non sarà l’ultima volta che lo faccio!!!”: lui sperò che lei intendesse farlo giocare ancora con i suoi piedi in futuro.
“Ora però annusa che mi piace, dai… forza… visto che piace anche a te...”: lui non se lo fece ripetere e si perdette nei piedi di lei. Si accarezzava il cazzo duro e annusava e baciava timidamente quei piedi dalle unghie smaltate di rosso e dalla pelle indurita dagli anni di lavoro in piedi. Se li godeva alla grande quei piedi. E sapeva che razza di sega si sarebbe fatto appena a casa da solo.
“Bravo… annusa...”
“Impari in fretta eh?” disse lui, ringalluzzito dal regalo e dall’eccitazione.
“Zitto e obbedisci...”: questo ordine lo fece impazzire ancora di più e osò toccarle le gambe: le accerezzò fino alla coscia. Lei non disse nulla, anzi tirò fuori il telefono e iniziò a giocare. Le mani di lui toccavano le gambe di Azzurra, le labbra le baciavano per poi tornare ai piedi. Andò avanti per una buona mezz’ora così, finché lei mise via il telefono e lo fermò.
“In piedi”. Lui obbedì.
“Dunque sei eccitato?” In realtà anche lei iniziava a eccitarsi, anche se si domandava il perché.
“Eh… sì...”: lei puntò lo sguardo sul rigonfiamento in mezzo alle gambe di Riccardo, appena nascosto dal tessuto dei jeans.
“Vediamo...”
“Cosa???” lui quasi fece un salto.
“Vediamo quanto sei eccitato… forza!!! Tiralo fuori!!!”
“Ma...” non si era aspettato niente del genere e non sapeva come comportarsi.
“Tira fuori il cazzo, forza!!! Cosa devo fare? Devo dire tutto a tua madre?”: Azzurra fece per alzarsi in piedi.
“No no no no no!!!”: Riccardo, con titubanza, aprì i jeans e tirò fuori il pene durissimo.
“Ah però!!! Non scherziamo qui, eh?” fece lei, osservando l’erezione di lui. Lo toccò e tirò indietro la pelle che ricopriva il glande.
“Bell’attrezzo davvero…” osservò lei, iniziando a muovere su e giù la mano. Riccardo iniziava a sentire piacere, un piacere mai provato, dato che mai una donna o una ragazza erano andate così avanti con lui.
“Con un così bel cazzo, tu sei vergine???”
“Eh… sì...”: a questa ammissione, quasi di colpevolezza, lei rise così di gusto che lui si sentì umiliato, al punto che il cazzo perse l’erezione e andò subito a riposo.
Lui si vergognò da morire per la figura fatta e Azzurra se ne accorse, diventando subito più gentile.
“Ma nooo!!! Non ti devi vergognare sai? È normale essere vergini alla tua età… guarda… adesso lo facciamo subito tornare duro… ok?”
Riccardo era nella confusione più totale: non sapeva come comportarsi, come reagire, cosa aspettarsi, cosa dire. Non capiva niente di quella situazione nata per un gioco segreto tutto suo, e che si stava evolvendo in un modo che lui non riusciva a prevedere.
“Allora? Vuoi che lo facciamo tornare duro?”
“Hm… sì…” disse solamente lui.
Azzurra lo prese in bocca, così, da molle. Lo succhiò due secondi e sentì che era pulito. Lo leccò mentre lo teneva tra le labbra e con piacere se lo sentì crescere nella bocca fino a diventare quasi invadente. Iniziò a muoversi avanti e indietro e a inondarlo di saliva, accarezzandolo dolcemente con le labbra morbide e la lingua, aiutandosi con la mano.
“Allora? Ti piace fartelo succhiare?”
Riccardo era in estasi totale: stando in piedi si gustava tutta la visione: il viso di lei sul suo cazzo, la sua scollatura che ad ogni movimento faceva intravvedere il seno enorme di lei, i suoi piedi con le ciabatte che lo facevano impazzire.
“Sììì ti prego fallo ancora...”: non avrebbe potuto trovare una donna migliore per il suo primo pompino. E se lo godeva tutto. L’amica di famiglia, sulla quale aveva consumato tante seghe, gli stava facendo il suo primo pompino!!! E Azzurra lo accontentò, fermandosi ogni tanto, per fargli dei complimenti:
“Oh… senti com’è duro? Mamma che bel cazzo che hai… è anche buono da succhiare…”; anche lei si stava divertendo: non aveva mai toccato un cazzo vergine, e si stava godendo anche lei quell’esperienza.
“Adesso la Azzurra ti fa un regalo…” e così dicendo si scoprì i seni, abbassando la maglia e il reggiseno. Riccardo era impazzito di eccitazione nel vedere quelle tettone enormi ballare mentre lei succhiava il suo cazzo durissimo, ma dopo dieci minuti di lavoro lei si fermò:
“Basta… mi fa male la bocca… siediti qui vicino a me...”: Riccardo si sedette e Azzurra mise una gamba su quelle di Riccardo. Lui la accarezzò soffermandosi sul piede, Azzurra gli prese in mano il cazzo e i loro visi erano vicinissimi finché si baciarono. Le lingue giocavano, le labbra si mordicchiavano e lui, preso da un istinto irrefrenabile, le toccò i seni e le baci il collo. Entrambi sospirarono: il tocco di lui, prima impacciato e poi più sicuro, la fece fremere di piacere.
“Toccami… prendi confidenza con il mio corpo… impara a toccare una donna, ragazzino...” disse lei. Non si riconosceva in quello che stava dicendo e soprattutto facendo: stava tradendo il suo compagno con il figlio della sua amica. Ma il lago di piacere che aveva in mezzo alle gambe, il torrente di voglia che aveva, la spinse a non fermarsi. La sua mano andava più veloce sul cazzo di lui, seguendo il ritmo dei sospiri di Riccardo che non smetteva di inebriarsi dell’odore della pelle di lei. Le accarezzava le gambe, i capelli, i seni e finalmente trovò il coraggio di mettere le mani anche sulle mutandine di lei: Azzurra aprì subito le gambe.
“Sì, toccami anche lì… coraggio… non aver paura...”: Riccardo toccò appena la vagina bagnatissima di Azzurra, che sussultò di voglia. Si alzò in piedi e si alzò la gonna, togliendo le mutandine di pizzo.
Mise un piede sul divano e con le mani si divaricò le labbra contornate di pelo nero. “Ecco… questa è una figa...” fece lei. “Guardala…”: Riccardo si avvicinò col viso. Ne sentì l’odore e restò shockato, ma subito ne fu attratto. Azzurra si penetrò col dito, e togliendolo i suoi umori fecero un filo denso fino al clitoride. Pose il dito intriso in faccia a lui.
“Succhia...” ordinò. Riccardo ripulì il dito di Azzurra.
“Bravo...”: si sedette di nuovo e aprì le gambe. “Ora vieni qui, e leccami… dammi piacere… forza ragazzino… impara a fare impazzire una donna, forza!!!”
Lui non se lo fece ripetere: si avvicinò a lei e seguì quello che lei gli ordinava di fare: come toccarla, come baciarla, come e dove leccarla… e se la cavava anche piuttosto bene, a giudicare da come sospirava lei.
“Lecca lì lì lì lì lì non fermarti cosììì!!!” ordinò Azzurra quando lui trovò il clitoride durissimo: Riccardo continuò a fare come disse lei, finché se ne venne con un orgasmo che la fece urlare.
“Bravooo!!!” gli disse, respirando a fatica.
“Sei riuscito a farmi godere con la bocca!!! Bravissimo Riccardo!!!”: lui era contentissimo di sé: l’odore della vagina lo avevano lasciato di sasso perché non avrebbe mai saputo cosa aspettarsi, ma di sicuro da quel momento poteva dichiararsi innamorato della fica. Aveva capito che non avrebbe più potuto rimanere senza.
“Adesso la Azzurra ti apre le porte della felicità… spogliati...”
“Vuoi che… sto per...” fece per chiedere Riccardo.
“Stai zitto, e spogliati...”
Aveva capito che stava per perdere la verginità ma ancora non sapeva cosa dire. Allora stette zitto e si spogliò. Azzurra no, non lo fece: restò così, con la gonna e la maglia atttillata, le calze e le ciabatte, a gambe aperte, seduta sul divano. Si mise più comoda, sfilò solo le ciabatte e alzò le gambe. Con le mani si divaricò ancora la vagina, toccandosi il clitoride.
“Entra… coraggio… scopa la Azzurra… forza...”
Lui aveva il battito a mille. Aveva sempre pensato che avrebbe perso la verginità con una ragazza qualunque, tanto per poter dire di avere scopato, e invece stava per farlo con quella donna meravigliosa che lui desiderava da così tanto tempo… si avvicinò a lei inginocchiandosi per terra.
“Dai… non avere paura...”: aveva paura, invece. Dei mille racconti che si facevano tra amici inesperti: “sentirai male, ti si romperà il filetto sotto alla cappella… perderai sangue… non sentirai piacere ma solo male...”: aveva paura. Ma piano piano lo strofinò contro il clitoride di Azzurra e subito, al contatto con la vagina bagnata, iniziò a sentire un caldo piacere. Anche lei sentì un brivido di piacere correrle dalla vagina alla base del collo. Lui voleva godersi il momento ed eistò a entrare proprio per quello. Strofinò ancora e Azzurra socchiuse le labbra. Si guardavano negli occhi e quelli di lei lo imploravano di entrare. Voleva essere presa, scopata, sbattuta da quel ragazzino inesperto ma che senza alcuna ragione l’aveva fatta eccitare così tanto. Voleva giocare e fare l’amore con lui.
Riccardo strofinò ancora il glande su di lei e poi si decise: entrò. Piano, lentamente, quasi con solennità, ma deciso. Entrò in lei. Non sentì male. Non si ruppe alcun filetto. Sentì caldo. Calore. Bagnato. Carne elastica e bagnatissima di lei che si stringeva intorno al suo cazzo duro. Lei sospirò di piacere sentendosi riempita di quel cazzo certamente non enorme ma duro e dalla forma perfetta. Lui non si mosse. Lei si toccava il clitoride. Lui la guardava negli occhi, preda di un tumulto di sensazioni.
Non era più vergine, dunque. Era entrato in una donna. E gli piaceva? Sì!!! Provava piacere? No… o poco… strano… ma sentiva bene il cazzo durissimo pulsare… con una mano le toccava i seni e con l’altra le accarezzava le labbra semichiuse cercnado la lingua di lei. Sentiva l’odore dei suoi piedi e iniziò a muoversi, finalmente. Iniziò a scoparla davvero, seguendo l’istinto animale che guida un uomo che penetra una donna. La scopò e iniziò davvero a provare il piacere che gli era sempre stato descritto. E in pochi secondi Azzurra iniziò a godere nuovamente. E pure lui. Venne. Godette dentro di lei senza riuscire a controllarsi. Riempì Azzurra di sperma dopo pochi colpi: subitp pensò di averla offesa con la sua velocità, non voleva essere egoista: questo sapeva bene di non doverlo essere. E si scusò subito. Ma Azzurra lo tranquillizzò dicendogli che era normalissimo essere tanto eccitati la prima volta. Era ancora dentro di lei, il cazzo ancora mezzo duro. Uscì e vide il suo sperma colare dalla vagina di lei. La osservò, vide che pulsava di piacere mentre si masturbava. Decise di prenderla ancora. Entrò.
“Heyyy!!! Ci hai preso gusto eh?” fece lei, piacevolmente sorpresa.
Lui impazziva di piacere ora, e stava piano piano imparando a gestirlo. Riusciva a scoparla e a darle piacere, ed era contentissimo quando vide che lei raggiungeva l’orgasmo con i colpi del suo cazzo. Lui avendo appena goduto riusciva ad avere più resistenza, e riuscì a gustarsi meglio il momento. Si baciarono mentre scopavano, scopavano e facevano l’amore.
“Godi ragazzino, godi ancora...” ordinò lei, abbracciata a lui. Godeva Azzurra, stringendolo a se per sentirlo meglio. Lui si tirò indietro: sapeva cosa voleva per godere ancora. E si mise in faccia i piedi di lei. Sentiva il loro odore forte e lo respirava a pieni polmoni. E venne ancora, nuovamente dentro di lei, per poi crollare sul divano, esausto dal piacere e dall’eccitazione che Azzurra gli aveva regalato.
“Bravo, sei stato proprio bravo!!!” fece lei baciandogli le labbra e rivestendosi.
“Davvero?” lui aveva il cuore che batteva all’impazzata al pensiero di quanto gli era appena successo.
“Sì anche se su alcune cose ci dobbiamo ancora lavorare… sei stato davvero bravissimo!!! Ma ora rivestiti e vai a casa che tua madre mi ha appena scritto per chiedermi se sei qui da me...”
Lui si rivestì di malavoglia e fece per tornare e aprì la porta di casa di Azzurra mentre il sole era ormai tramontato.
“Sabato sera… vieni qui a cena da me. È un ordine, ragazzino!!!” fece lei.
“Va bene...” disse lui, uscendo nel campiello ormai buio. I colori delle case si vedevano appena e della laguna di Venezia si vedevano solo le luci dei fari.
“Ti aspetto… ciabatte e calze… tutte da annusare per te… buona notte Riccardo… e non farti troppe seghe ok?”
“Buona notte Azzurra...” fece lui, dandole un tenero bacio sulle labbra, andando a casa, per la sua prima cena da uomo. Non da ragazzino vergine.
Fine.
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