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Lui & Lei

Ripicca o rancore? 1


di geniodirazza
15.12.2023    |    1.872    |    1 9.6
"Col trascorrere del tempo, frenai le mie intemperanze sessuali; venuto meno l’oggetto del mio rancore, mi risultavano eccessive le libertà che pretendevo di..."
Si verificò e mi esplose davanti agli occhi, con tutta la violenza del caso, la cosa che mi sembrava più improbabile, che mio marito Demetrio, un quarantacinquenne dirigente d’azienda ben inserito, che aveva vissuto serenamente con me venticinque anni, di cui venti di matrimonio, perdesse la testa per una giovane; la persona coinvolta era una cameriera venticinquenne del bar che frequentavamo coi nostri amici, alla quale lui non aveva mai dato troppa importanza.
Il video che in tempo reale le amiche mi fecero arrivare sul telefonino riprendeva il mio consorte che, recatosi nel bagno del bar, vi attendeva per poco la ragazza, una brunetta peperina assai ben fatta e attraente nei modi e nei punti giusti; quando lei arrivò, si chiusero in un bagno delle donne; ovviamente, le pettegole mie amiche si precipitarono a riprendere tutta la vicenda, dalla parete di separazione tra due box, che non arrivava fino al soffitto.
I due si strinsero in un bacio tentacolare e le mani di lui si fiondarono immediatamente sul culo rotondo e dolce della ragazza, che palparono a lungo e lussuriosamente; quando dopo poco, data la precarietà del posto, i due si staccarono, fu lei ad aggredire decisamente la cerniera del pantalone che scese rapidamente mettendo a nudo il cazzo nodoso e grosso di mio marito; accosciata a terra, lei prese la mazza a due mani, una per i coglioni, e lo succhiò a lungo; lui la spinse contro il muro.
Piegata a pecorina, lei si lasciò riempire la figa dalla notevole mazza e i suoi gemiti di piacere si levarono presto alti nel bagno; la scopata non andò per le lunghe, perché dovevano sbrigarsi a liberare il locale; Demetrio, che era un autentico fulmine di guerra e amava anche, talvolta, la sveltina improvvisata, ci mise poco a sbatterla come un fuscello, considerata la diversa stazza dei due, e grugnì proprio come un maiale mentre sborrava abbondantemente in figa; si ricomposero e uscirono.
Quando rientrò a casa con la faccia serafica dell’angioletto, gli sbattei contro il naso la registrazione; guardò e chiese cosa pensassi di fare, separarci o discutere l’eventuale contropartita.
“Non ho nessuna intenzione di divorziare; ti sei scopato una giovane donna; adesso io mi cerco un uomo più giovane di me e ci scopo alla faccia tua; saremo pari e dimenticheremo l’episodio.”
Detto fatto, cominciai a stimolare un mio collega trentenne che a lungo mi aveva corteggiato; quando fu chiaro che avremmo scopato, mi saltò il ghiribizzo di appesantire la punizione; proposi al giovane di venire quella sera a cena a casa mia, dove ci saremmo sbizzarriti un poco nel mio letto; mi chiese cosa avrei fatto con mio marito; istigata da un diavoletto tentatore, gli risposi che lo avei costretto a starci a guardare, per punirlo di avermi tradito per primo.
Alla chiusura dell’ufficio, mi recai col collega a casa e preparai la cena per tre; quando mio marito arrivò, restò basito di fronte alla presenza terza, di cui intuì immediatamente l’obiettivo; con un aplomb che solo lui sapeva avere, si adeguò alla situazione e cenò in silenzio con noi senza battere ciglio nemmeno davanti alle chiare manifestazioni di libidine che non risparmiavo al malcapitato; quando, a fine cena, mi portai il giovane incamera, obbligai Demetrio ad accodarsi.
Gli imposi di sedersi su una poltrona ai piedi del letto; seduta sul bordo, afferrai il giovane e gli sfilai pantaloni e boxer; il cazzo duro e lungo emerse immediatamente e si rizzò davanti ai miei occhi; cominciai la fellazione più appassionata che avessi mai praticato e intanto guardavo irridente negli occhi mio marito che soffriva la situazione ma era costretto dall’accordo fatto ad accettare la situazione, anche se la contropartita era assai più pesante ed offensiva di una sveltina.
Dopo averlo leccato e succhiato a lungo, feci penetrare il cazzo in gola, fino a soffocarmi, e lo feci girare nella bocca assaporandolo in ogni centimetro di pelle; quando fui stanca della fellazione, mi stesi supina sul letto e tirai la sua testa sulla figa a farmi succhiare; il volto tirato di Demetrio e il suo sguardo feroce dicevano con chiarezza che non accettava affatto una scopata così lunga e articolata per una semplice sveltina in bagno; ma ancora reggeva l’umiliazione.
Quando, esausta dopo un numero infinito di sborrate, mi distesi al centro del letto e tirai su di me il maschio occasionale, il contatto del cazzo con la figa mi fece urlare di lussuria; sentii la mazza attraversare il canale vaginale e sbattere sull’utero con violenza; il mio amante era evidentemente sovreccitato a desiderava godere presto; mi cavalcò per un tempo che a me apparve anche troppo breve e mi versò nell’utero una lava di sborra.
Mentre ci rilassavamo soddisfatti supini sul letto, guardai ancora mio marito inferocito; desideravo farmi scopare ancora, forse nel culo; ma, in un attimo di resipiscenza, mi resi conto che stavo superando tutti i limiti che la pazienza poteva sopportare e decisi di fare qualcosa per rimediare o almeno tamponare il danno; quando il giovane si fu ripreso dal languore della prima scopata, me lo feci venire addosso e presi in bocca il cazzo con lui seduto sulla mia testa.
Per pareggiare il conto con mio marito, lo invitai a gesti a sdraiarsi supino sotto di me; gli montai addosso e mi impalai sul cazzo duro e ritto come un obelisco; intanto, succhiavo il cazzo dell’altro; presa da un raptus di libidine gli feci cenno di andarmi dietro e di incularmi; eseguì prontamente e, mentre mi scopavo mio marito da sopra, alla cavallerizza, mi piegai al massimo su di lui, per farmi leccare le tette, e intanto spingevo indietro il culo; l’altro mi penetrò a freddo, senza lubrificante.
Era per me un’emozione straordinaria; non avevo mai provato tanto piacere in una scopata come in quella occasione, con due cazzi di notevole possanza che mi riempivano il ventre, dalla figa e dal culo; scopai col massimo gusto e i due cercarono di armonizzarsi per tenere lo stesso ritmo e sborrare contemporaneamente; fummo in tre, alla fine, ad esplodere in urla disumane di piacere mentre la sborra mi riempiva contemporaneamente l’intestino e l’utero.
Si staccarono delicatamente da me e Demetrio si allontanò dalla camera, forse esasperato dalla mia esibizione straordinaria; non me ne curai anche perché lo avevo visto e sentito godere con gioia insieme all’altro; in sua assenza, continuai a succhiare, leccare e masturbare il cazzo del giovane e mi feci riempire ancora la figa in una nuova scopata che non concluse con una sborrata, che sarebbe stata la terza in poco più di un’ora.
Quando fu andato via; mi trovai faccia a faccia con un marito esasperato e feroce; mi chiese se avere strafatto nella scopata mi avesse placato per la presunta offesa di una semplice sveltina; gli contestai che era stato lui a sbagliare per primo e doveva pagare lo scotto, quale che fosse quello che decidevo; aggiunsi che non avevo solo io scopato con lo sconosciuto; anche lui aveva partecipato e aveva goduto della mia performance.
La mia conclusione era quindi che lui fosse un inconscio cornuto contento, forse un tantino o del tutto slave; la scopata col collega era stata un modo ulteriore, per lui, di offendermi; quindi, avrei continuato a scopare col collega quante volte mi fosse piaciuto, in sua presenza o in assenza, come lui avrebbe scelto; se la cosa non gli garbava, andasse con dio; era chiaro che, infuriato come un toro, gettava fumo dal naso; ma un quarto di secolo di vita comune pesava troppo sulla decisione.
Da quella sera, furono molte le occasioni in cui mi portai quel collega, o altri compagni di avventure, a casa o in un albergo ad ore e ci scopai, ma senza mio marito; lui ormai era nauseato della mia reazione smodata per un momento di debolezza; ma la mia tigna si caricava di se stessa; ero certa che fosse un cuckold e che lo negasse solo per orgoglio; se lui non abbassava la cresta dell’arroganza e non si piegava alle mie imposizioni, ero pronta a distruggere il matrimonio.
Cominciai anche a praticare sesso occasionale nel bagno del bar che frequentavo, quasi in spregio a lui che lo aveva fatto per primo; presto diventai famigerata e facevano la fila per un pompino, una scopata o un’inculata; avevo perso il lume della ragione e qualunque cosa sarebbe stata lecita, nella mia logica personale, pur di umiliare e mortificare mio marito al quale in realtà invidiavo soprattutto il ruolo superiore che aveva nella stessa azienda.
Comparve all’improvviso, nel panorama dei frequentatori del un bar, un soggetto nuovo, particolarmente interessante, che brillava per la ricchezza ostentata con garbo, per l’auto sportiva e per gli accessori di lusso, dagli abiti alle scarpe, dall’orologio alle catenine; lo sentii chiamare Loris ma non cercai di approfondire oltre; mi auguravo solo che la mazza fosse all’altezza del resto.
Gli venni presentato, forse perché aveva sollecitato lui l’incontro e, in breve, fui in auto con lui diretti poco fuori città, ad una villa nel verde del tutto congrua col personaggio; neanche ricordavo le chiacchiere di approccio, interessata com’ero a studiarmi il maschio dal quale mi aspettavo un pomeriggio di sesso coi fuochi d’artificio; l’esordio fu felice, un bacio sensuale lungo e appassionato che mi eccitò molto, aiutata anche dalla mazza, molto promettente, che picchiava sulla figa.
Quando entrammo nella enorme camera da letto, rimasi per un attimo sorpresa e perplessa; in fila ai lati del letto, quattro ragazzi della stessa sua età attendevano, nudi con cazzi da venti e più centimetri ritti dal ventre, come se fossero stati convocati appositamente; guardai interrogativamente Loris; lui con aria sorniona disse che aveva pensato a una sorpresa, conoscendo le mie abitudini e i gusti; se non ero d’accordo potevamo continuare da soli.
La figa ormai era in ebollizione e per niente al mondo avrebbe rinunciato a quel banchetto con cinque portate che veniva graziosamente offerto; affrontai i cinque stalloni in ordine, deliziandoli con una sega da manuale; poi li masturbai ancora prendendone due per volta, uno per mano; passai a succhiarli e mi sbizzarrii, prima con i cinque in fila, uno per volta, poi in giochi più complessi con due cazzi in bocca e due in mano; Loris intanto mi faceva impazzire col cunnilinguo.
Mentre scopavamo, qualcuno accese un cannone di erba buona e lo fece passare in giro; qualcun altro sciolse delle pasticche in una bottiglia di whisky e offrì dei bicchierini in giro; la tensione salì di colpo e mi sentii parecchio euforica; liberata dalle inibizioni, mi scatenai nel sesso più ardito e libero che potevo; in breve, mi trovai a perdermi quasi tra cazzi da succhiare, da masturbare, da prendere in figa o nel culo.
Cominciarono con lo scoparmi in figa, ordinatamente uno per volta, mentre gli altri si rifacevano con le mani, con la bocca, con i seni; qualcuno azzardò un dito nel culo; di fronte alla reazione positiva, cominciarono con l’inculata in serie; il retto fu pieno di cazzo per un paio d’ore e tutti vi versarono la sborrata più densa e saporita; mentre godevo senza remore né riserve, Loris propose agli altri una nuova soluzione; fece stendere il primo supino sul letto e mi invitò a montarlo alla cavallerizza.
Mentre eravamo profondamente avvinti, mi spinse per le spalle e mi inculò; fece segno agli altri di occupare la bocca o una mano; mi scoparono in cinque contemporaneamente; ordinatamente, si diedero il turno, scopando ciascuno una volta in un buco o facendosi masturbare; quando erano ormai al limite della resistenza, invitai tutti a sborrare sul corpo illividito; in un attimo mi trovai completamente ricoperta di sperma che gemevo, godevo e invitavo tutti a montarmi senza problemi.
Per quattro ore, dal primo pomeriggio alla cena, mi scoparono come non ci dovesse essere un domani; mi sentivo in paradiso, all’idea di avere tante prove di gradimento da ragazzi giovanissimi e destinati forse a compagne assai più fresche; neanche mi sfiorava il dubbio che, per ragazzi come quelli, la milf disposta a fare le più ignobili porcate fosse l’ideale di un sesso che nessuno avrebbe mai più concesso loro, per quante amanti avrebbero avuto in futuro.
I ragazzi si ritirarono per svuotamento delle energie; io perché mi dolevano tutte le membra, per lo sforzo di reggere l’urto di mazze così forti per un intero pomeriggio; passai sotto la doccia minuti di corroborante dolcezza, mi rivestii e attesi che Loris si rimettesse anche lui in ordine, dopo tutti gli altri, per accompagnarmi in auto fino al bar dove mi aveva presa a bordo; non avemmo bisogno di dirci altro.
Rientrai nell’abitazione con qualche perplessità; per fortuna, avevo già fatto la doccia e me la risparmiai nel bagno di casa; la cucina era stranamente deserta; qualche dubbio di avere esagerato si affacciò, ma lo ricacciai caparbiamente indietro; ero convinta di avere agito in libertà e coerenza, se quell’imbecille di mio marito non voleva capire, i problemi erano solo suoi; andai a letto direttamente, quasi senza cena, e rinviai ogni chiarimento all’indomani.
Ma non ci furono chiarimenti e, in qualche modo, non ci fu nemmeno un indomani; in azienda, di Demetrio sembravano essersi perdute le tracce; un avvertimento passato di bocca in bocca per tutti i reparti indicava solo che ‘il dottore era stato incaricato di altre competenze’ ma nessuno sapeva di cosa si trattasse e dove fosse finito; degli amici, nessuno aveva notizie utili; il numero del telefonino risultava addirittura inesistente; insomma, Demetrio era diventato di colpo solo un ricordo tra amici.
La ‘sparizione’ risultò permanete ed effettiva; nei cinque anni successivi; le uniche notizie pervenutemi furono quelle del tribunale che mi avvertiva di una pratica per la separazione legale avviata da Giorgio, un avvocato amico di Demetrio, al quale tutti i recapiti facevano riferimento; naturalmente, non diceva una sillaba sul domicilio di mio marito e fu assolutamente inutile che urlassi e sbraitassi, piangessi e mi disperassi; non mi restò che ridurre il mio tenore di vita.
Col trascorrere del tempo, frenai le mie intemperanze sessuali; venuto meno l’oggetto del mio rancore, mi risultavano eccessive le libertà che pretendevo di prendermi e che alla fine diventavano solo speciosi alibi per farmi sbattere come un tappetino da individui di scarsa qualità; dopo alcuni mesi di intemperanze inutili, ‘tirai i remi in barca’ e cercai di adeguare la ricerca a bisogni più reali come ad esempio un compagno su cui fare aggio per un vita migliore
In quei fatidici cinque anni riuscii ad imbastire anche un paio di relazioni interessanti; ma i soggetti incontrati si rivelarono alla fine così piccoli, deboli e inconsistenti che mi risultò più opportuno rinunciare a qualche agio in più per non vendere corpo e anima ad individui senza spessore; anche le scopate occasionali finirono per risultare ginnastica ripetitiva e inconcludente; molto meglio allora curare qualche rapporto di amicizia e di scopata con soggetti interessanti anche se rari da incontrare.
In una festa in cui si celebravano le eccellenze cittadine in tutti i campi feci l’incontro che forse avevo sognato senza rendermene conto; tra i premiati figurava, come consulente aziendale, anche mio marito, anzi ormai ex perché da anni separati anche se non avevamo mai parlato di divorzio; la notizia, che appresi all’ultimo momento, mi mise in grande agitazione e sperai che quella sera avremmo almeno parlato.
Quando la folla dei convenuti, dopo la consegna dei diplomi, sciamò per l’ampia sala del ricevimento, cercai in tutti i modi di accostarmi ed entrare in contatto con lui o col gruppo in cui si muoveva; la sensazione che tutte le donne presenti volessero contattarlo, alcune con l‘intento aperto di concupirlo, mi assalì immediata e mi turbò molto, considerato con quali motivazioni ottuse lo avevo costretto ad un esilio forse dorato, come testimoniava il successo raggiunto nel lavoro, ma comunque doloroso.
L’avevo appena ‘catturato’ e ci guardavamo quasi impacciati, quando si avvicinò a noi, con fare deciso, Marilena una vecchia amica di cui mi ero quasi dimenticata, e parlò freneticamente.
“Scusami, Olga; so che avete bisogno di parlare e non vorrei essere qui a disturbarvi; ma ho da comunicare al tuo ex marito una cosa assai importante ... Demetrio, scusami se sono brusca ma non posso fare altrimenti ... Mio marito mi ha chiesto di tornare insieme e io vorrei provarci ancora, perché la separazione non mi ha del tutto convinta ... “
“Lena, per me non ci sarebbero problemi, se tu desideri riprovarci dopo quello che mi hai raccontato ... “
“Demetrio, non credi che anche noi potremmo riprovarci?”
“Olga, ti prego di non intervenire a sproposito ... Lena, che farai di nostro figlio, se torni con Giuliano?”
“Temo che dovrò affidarlo ai Servizi Sociali, se non puoi prenderlo tu ... “
“Cazzo, hai un figlio con Marilena?”
“Si, Olga, è così; ha poco più di un mese e sono disorientato; non so se lo affiderebbero ad un padre legittimo ma separato ... “
“Purtroppo, Giuliano ha posto come condizione pregiudiziale che ‘il bastardo’, come lo definisce lui, resti fuori dalla nostra vita! Se devo scegliere tra il bambino e il matrimonio, non posso fare altro. Non riesci ad inventarti qualcosa che salvi capra e cavoli? In fondo, ‘il bastardo’ è tuo figlio, lo abbiamo dichiarato alla nascita ed è stato legittimato da te ... ”
“Lo so che è mio figlio; ma non sono esperto in queste cose e devo rifletterci un attimo ... “
“Demetrio, non devi riflettere. Non è un semplice sillogismo, bada; ma una verità di vita vissuta. Tu sei il padre legittimo di questo bambino; sei sposato con me e, cinque anni dopo, non abbiamo chiesto divorzio; quindi sono ancora la tua legittima moglie e per la legge anche legittima madre, non genetica, di tuo figlio. Ti prego di ascoltarmi con calma e di credermi; non è un sillogismo; è la verità di una donna che ha sbagliato molto e che ha perso due pilastri della sua esistenza.
Ho distrutto l’amore che provavi per me e il nostro matrimonio; ma per quello c’è ancora un margine, perché basta che dichiariamo di tornare insieme e siamo di nuovo una famiglia; è quello che vuole fare Marilena con Giuliano e che tu potresti fare con me; se non ti interesso più come moglie o come amante, non c’è problema; torniamo insieme e io faccio solo la tata a tuo, anzi a nostro figlio a quel punto.
Bada che non te lo chiedo per opportunismo, ma perché ho bisogno di sostituire almeno uno di quei pilastri, se voglio che la mia vita abbia un senso; ti sto chiedendo di aiutarmi ad avere un motivo per esistere e per far crescere tuo figlio con una mamma, puttana se vuoi, ma come tutte le mamme pronta a svenarsi per lui; è l’unico percorso di vita che mi resta! Ti ripeto che non ti chiederò né amore né sesso, non ti impedirò di avere tutte le amanti che vorrai e non sarò più arrogante e puttana come prima. Ma ti prego di riflettere che forse è la soluzione che cercate.”
“Olga, lo sai che chi si scotta con l’acqua calda ha paura anche della fredda; mi chiedi di annullare di colpo anni di corna e di esilio; ti appelli ad un istinto materno che non ti conosco e ad un bambino di cui non sai niente; come faccio a crederti?”
“Demetrio, lo dici nello stesso verbo; con la fede; con un atto che ti serva a recuperare tuo figlio e a tentare di ricostruire una facciata di matrimonio; se non senti più niente per me, va benissimo; ma cerca di capire che io voglio avere un riferimento per vivere e tu un sistema per rimanere padre; non ho avuto il buonsenso e la dignità di darti un figlio quando potevo; ora non sono più in grado perché ho forzato troppo e le ovaie non hanno resistito.
Tu hai bisogno di una risposta per dire a Marilena che tuo figlio resterà con te, che lei non dovrà accettare capestri per vederlo ogni tanto o forse per non vederlo più; a casa nostra sarebbe sempre la benvenuta e, se va male con Giuliano, può ancora riprenderti; se avete un figlio, avete dovuto per forza amarvi molto; ed io so a mie spese quanto amore sai dare tu; se sei concorde con me, saremo cinque persone felici, io, tu, il bimbo che sarà nostro figlio, la madre genetica e suo marito. Ci pensi?”
“Stavolta non è né tigna né arroganza né provvisorietà; pare proprio che te la sia studiata, questa cosa che ti è piovuta dal cielo al momento giusto. Lena, è chiaro che il discorso di Olga calza perfettamente; parla con Veronica; è Assistente Sociale e lavora per il Tribunale; fatti guidare da lei e risolviamo così; io torno con mia moglie anche se la odio e il figlio rimane nostro finché moriremo; se Olga ha detto la verità, anche lei se ne avvantaggerà; mi dispiace perderti ma è per la tua serenità.”
“Marilena, mi dici dov’è il bambino? Demetrio, mi dai le chiavi della nostra casa? Vorrei ricominciare a camminare, con cautela ma con determinazione; ce la metterò tutta, ti prego di credermi!”
Ci fermammo un poco a parlare, io e il mio ex marito, che mi consegnò le chiavi che aveva recuperato da Marilena, mi illustrò alcune modifiche portate nella casa che per vent’anni avevo vissuto con lui, mi spiegò dove e come trovare gli attrezzi per la poppata e il bagnetto nonché i cambi necessari a suo figlio, che diventava quasi legittimamente nostro figlio e mi suggerì di andare a casa, dove la baby sitter si occupava di tenerlo mentre loro non c’erano.
Lo feci con gioia autentica e mi precipitai all’indirizzo che conoscevo benissimo; rimasi interdetta e incantata davanti al batuffolo rosa di delicatezza e di amore che era quel figlio, oggetto di tante discussioni e, forse, di contrattazioni tra padre legittimo, madre naturale, padre negazionista e madre putativa ma abusiva; la dolcezza del viso di lui addormentato era lo spettacolo più dolce che avrei potuto sperare, l’unica immagine per la quale poteva valere anche la rinuncia a tante presunzioni.
Lasciai libera la ragazza con l’intesa che l’avrei interpellata ogni volta che ne avessi avuto necessità, considerato che, come la avvertii, riprendevo il mio posto in quella casa e sarei stata la sua referente primaria; sembrò accogliere con soddisfazione la notizia, forse perché conosceva il problema posto da Giuliano e temeva per la sorte del piccolo che spesso le veniva affidato; fu affettuosa mentre mi salutava e il cuore mi si aprì alla speranza; forse potevo ancora recuperare qualcosa dal cambio.
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