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Lui & Lei

Superare ogni limite


di geniodirazza
11.10.2023    |    5.962    |    0 9.6
"Entrarono in un locale di sesso ardito, vi incontrò quattro operai, dell’azienda dove lavorava suo marito, che lei stessa aveva invitato; le spiegarono che..."
Avevano trascorso quasi tutta la vita insieme, Bruno e Cloe; agli inizi, il gap della differenza di età ebbe peso perché, nella fanciullezza fino all’adolescenza, cinque anni di differenza possono anche essere tanti; ma, appena lei fu sedicenne e lui ventunenne, le esperienze sessuali fatte insieme contribuirono ad unirli profondamente, fu quasi ineluttabile arrivare al matrimonio, quando lei aveva vent’anni, e a dieci anni di vita insieme con grande soddisfazione di entrambi.
Subito dopo, però, si affacciarono i primi desideri di trasgressione e Bruno trovò opportuno e giusto concordare alcuni punti chiave sui quali però Cloe esitava molto; lui infatti mirava a rapporti convenuti e concordati per dare sale ad un sesso che dava cenni di stanchezza; lei invece aveva di mira un sesso più libero, svincolato dal controllo che il marito inevitabilmente finiva per esercitare su di lei facendola sentire tiranneggiata; comunque, si avventurarono in alcune prove sperimentali.
La prima occasione venne in occasione di un viaggio di ritorno da una cena consumata in una località lontana da casa con amici di sempre; durante la serata, lei si era evidentemente eccitata soprattutto per la corte di un giovane commensale che l’aveva tampinata tutta la sera; nel ristorante tutto era rimasto sospeso nell’aria; ma, intrapresa la strada del ritorno, lei fu presa dalle caldane e gli chiese di scopare subito; alla prima area di parcheggio, gli impose di sostare; capì che voleva sfogarsi.
Fermatosi in un angolo buio, tirò indietro il sedile e la sdraiò, lei aprì il vestito scoprendo tutto il corpo, si distese e gli impose di farle il ditalino più bello che fosse capace di realizzare; era il suo modo di scaricare la tensione che aveva accumulato; con gli occhi e con la mente si era caricata al massimo; ora voleva che la facesse godere ad ogni costo, forse anche scopandola in macchina; naturalmente fu felicissimo di prestarsi; si abbassò sui seni, afferrò un capezzolo e cominciò a succhiare, lei gemette ed urlò più volte.
Bruno aveva bloccato per prudenza gli sportelli; gli automobilisti in sosta nella stessa area, richiamati dalle urla, si dovettero limitare ad assistere alla masturbazione che le fece per un tempo lunghissimo; ebbe modo di vedere che alcuni avevano tirato fuori il cazzo e si masturbavano con gusto, davanti allo spettacolo delle tette di lei offerte alla bocca, al ventre piatto e delicato, alla figa nuda, rorida e tumida, che aggredì immediatamente con due dita.
Cloe godé da pazzi e si dimenava tutta sul sedile offrendo uno spettacolo di lussuria indimenticabile; in un momento di sosta, accese persino la luce interna per offrire intero lo spettacolo del suo godimento; il cazzo doleva nelle mutande di lui; quando vide la bazza, lei allungò una mano e ve la appoggiò; la sentì che gli sussurrava, come se potessero sentirli, ma in realtà solo per caricare di sensualità la frase.
“Non fare niente qui; lasciami sfogare tutta intera la mia voglia di esibirmi; a casa ti farò andare in paradiso; mi potrai sfondare come vuoi; per ora fammi godere ed offri lo spettacolo migliore ai guardoni!”
Si abbassò con la testa sulla figa intenzionato a leccarla profondamente; lo prese per i capelli e lo tirò indietro.
“Così li privi dello spettacolo della mia figa che sborra; continua con la mano e succhiami i capezzoli!”
Cloe non chiedeva; ordinava; e lui eseguiva supinamente; spostò la testa su un capezzolo; infilò due dita nella figa che era un fiume di orgasmi ed afferrò il clitoride; la masturbò come sapeva fare benissimo e lei cominciò a gemere; quando strinse il clitoride fra le dita e lo sfregò con energia, sapeva che avrebbe sborrato con forza; lanciò un urlo quasi ferino e sentirono quattro sborrate spiaccicarsi contro i vetri dell’automobile.
Aprì gli occhi e si rese conto che almeno sei maschi stavano intorno all’auto e si godevano il suo piacere; lo guardò sorniona e lo invitò con lo sguardo a proseguire; le succhiò alternativamente i capezzoli; sentiva che l’orgasmo si era attenuato e riprese a perlustrare la vagina con indice e medio; portò il pollice sul clitoride; la doppia masturbazione, vaginale e clitoridea, ebbe presto effetto; cominciò a gemere con sempre più forza e, quando esplose, l’annunciò col solito grido da vittima sacrale; gli schizzi di sborra contro l’auto si moltiplicarono; prese coscienza che stava esagerando; si ricoprì col vestito, rimise a posto il sedile e gli impose di ripartire.
Quella prima esperienza galvanizzò la donna che cominciò a pensare seriamente a creare l’occasione per qualche trasgressione più chiara e, possibilmente, solitaria; Bruno, che aveva colto il senso delle mire di lei agì con più finezza e, avendo sentito parlare dei particolari talenti di un ‘massaggiatore a domicilio’, fece in modo da far trovare a Cloe un depliant nella posta; la curiosità scattò immediata e, dopo un giorno, fu lei stessa a mettersi in contatto.
Poiché Bruno lo aveva preavvertito, si comportò nella maniera più professionale e fu Cloe a chiedergli di fare alcune sedute di massaggio, in casa, alla presenza di suo marito; l’altro le indicò gli oggetti di cui avrebbe avuto bisogno, tra cui camici igienici di carta e un tappetino per yoga, fissarono il primo incontro per la serata di tre giorni dopo; se a lui stava bene, si poteva fermare a cena.
Alberto, il massaggiatore, puntualmente alle sette si presentò a casa; salutò Paola e le diede immediatamente del tu creando già un’atmosfera amicale, lei gli fece vedere le cose che aveva procurato; stesero per terra il tappetino, lui la invitò ad andare in bagno, denudarsi completamente e tornare con indosso solo il camice di carta, aperto sulla schiena; fece la stessa cosa in cucina e Bruno ebbe occasione di vedere il cazzo, più o meno della sua taglia; si dedicò a preparare dei cocktail.
Passò il primo quarto d’ora sopra di lei, seduta per terra, a massaggiarle le spalle; l’operazione era decisamente professionale e lei avvertì i benefici effetti che la fecero rilassare notevolmente; Bruno stava a guardare e ammirava la grande abilità con cui lui lasciava scivolare le mani verso il seno che spesso stringeva; i capezzoli che si rizzavano erano il segnale che lei stava eccitandosi; non colse se aveva già capito, ma vide che si abbandonava alle carezze sempre più ardite con un’espressione di intenso piacere.
Quando un lungo sospiro denunciò che aveva raggiunto un orgasmo, lui le chiese di stendersi bocconi sul tappetino perché doveva lavorare sulla schiena; lei lo fece, obbediente, e lui cominciò a massaggiare da sopra a sotto avvicinandosi sempre più al culo meraviglioso; aprì il camice e tutta la schiena, fino ai piedi; fu nuda, il massaggio si fece carezza e si concentrò tutto sulle natiche e sullo spacco interno; era chiaro che stava titillando ano e figa.
Cloe non fece una grinza e accolse con goduria le mani che le manipolavano le chiappe, il perineo e la figa; fece cenno al marito di andare davanti a lei; aprì la patta, tirò fuori il cazzo e lo portò in bocca; Alberto, intanto, si era sdraiato tutto su di lei e le aveva piantato il cazzo fra le natiche; chiarito che stavano per scopare, lui la sollevò carponi e le passò il cazzo a spatola tra figa e culo; lei, che aveva perso ogni inibizione, allungò una mano e diresse la mazza alla figa.
Si penetrò fino in fondo e scaricò l’urlo di goduria sul cazzo che teneva in bocca; il trip era cominciato e lei ora si preoccupava solo del suo piacere; il massaggiatore la montava delicatamente e lentamente, quasi con metodo, e le strappava violenti orgasmi che la facevano sussultare in tutto il corpo; guardava Bruno con aria interrogativa, l’altro gli fece segno di sì e scaricò una fiumana di sborra in figa a Cloe che rispose con urla continue, tutte soffocate dal cazzo che continuava a tenere in bocca.
Lui si alzò, usò dei fazzolettini per asciugarsi e per darli a lei che si tamponò la figa; andò in bagno e tornò dopo poco sempre in camice e assai più lieta.
“Mi hai rilassato i muscoli esterni e quelli interni; è stato solo l’aperitivo; adesso si cena, poi si riprende ... in camera però!”
La cena scivolò elegante, disinvolta e surreale coi due coperti dal camice aperto sulla schiena e lui col cazzo fuori dal pantalone; in realtà, si cibarono solo per passarsi bocconi, baciarsi a tre e bere dallo stesso bicchiere; il vino aiutò Cloe che diventò sempre più disinvolta e disponibile.
Naturalmente, la donna smaniava adesso dalla voglia di tornare ad essere la grande protagonista; la novità della situazione la prese e la spinse al limite estremo; si stese supina, a gambe larghe, e guidò la testa del massaggiatore alla figa; Bruno aveva accettato subito Alberto perché aveva la prerogativa imprescindibile della testa rasata; dall’espressione di Cloe si capiva che era il massimo della goduria, per lei, carezzare quella testa mentre la lingua di lui svariava con grande efficacia nella figa, stimolando il clitoride e scatenandole orgasmi.
Si stava godendo al massimo una situazione evidentemente spesso immaginata, sognata, pregustata; lo teneva bloccato per la nuca e si faceva divorare la figa finché lui non fu costretto a liberarsi di forza; stava per montarle addosso per scoparla alla missionaria, ma Cloe aveva altro per la testa; voleva assaggiare il nuovo cazzo in tutti i modi; lo spinse supino e si stese su di lui finché la mazza non le sparì in gola.
Carponi sopra di lui, espose il culo e la figa e Bruno ne approfittò; le andò dietro e le infilo il cazzo in figa, con forza, quasi a farglielo sentire come nuovo; gemette un poco poi si dedicò al pompino mettendo in atto una lunga esperienza maturata col marito; lui sentiva che l’altro se la godeva tutta, afferrandole le tette e torturando i capezzoli, carezzandole la schiena fino alle natiche che afferrava e stringeva; il medio della destra forzava il buchetto per tastarne l’apertura e si capiva che voleva incularla.
Bruno evitava di sborrare per mantenersi attivo a lungo; sfilò il cazzo dalla figa e spostò la cappella al buco del culo; riuscì ad incularla senza sforzo; qualche piccola interruzione perché le faceva male servì solo ad eccitare di più Alberto che la chiavava in bocca e sborrò una seconda volta, direttamente in gola; lei ingoiò devotamente e si passò la lingua sulle labbra, felice; il marito esplose in una ricca sborrata che le scaricò nel retto e si abbatté su di lei, sazio.
Si sganciò e li liberò del suo peso; anche loro si staccarono e si distesero sul letto; per un certo tempo si scambiarono carezze e titillamenti; i cazzi tornarono su rapidamente, sollecitati da lei con le mani e con la bocca che svariava da mazza a mazza; uno sguardo d’intesa con la moglie suggerì a Bruno di affrettare i tempi della conclusione; non era neppure necessario inventarsi qualcosa per rendere epica la scopata.
Si stese supino a cazzo ritto e Cloe andò ad impalarsi a cavallerizza su di lui; si piegò a baciarlo e a farsi succhiare le tette; per farlo, protesse il culo indietro; fece segno ad Alberto di approfittare; lui accostò il cazzo al buchetto dilatato dalla recente inculata e spinse con determinazione ma con garbo; la mazza scivolò dentro e la sentì strusciare sulla sua attraverso il leggero velo che separa il retto dalla vagina; il movimento eccitò contemporaneamente entrambi.
La scoparono a lungo in doppia e per Cloe fu un’emozione nuova ed indicibile, sentirsi per la prima volta riempita davanti e dietro, da due cazzi che le piacevano; fu lei stessa, attivando tutto il sistema muscolare, a stimolarli fino a strappare dai coglioni due sborrate eccezionali che si scaricarono nel suo ventre dai due fori; si sganciò da entrambi e corse in bagno a svuotarsi della sborra accumulata.
Dopo l’intrigante esperienza col massaggiatore, sembrava che Cloe fosse temporaneamente sazia di trasgressioni; non era vero perché aveva segretamente intrecciato relazioni adulterine che soddisfacevano il suo bisogno di dominare il marito al quale cominciava ad attribuire caratteri di cuckold e, forse, di omosessuale che non esistevano in nessuna logica; lui, sempre preoccupato di fornirle occasioni per trasgredire insieme, organizzò una seduta di car sex.
Suggerì alla moglie di adottare un abbigliamento idoneo, senza intimo e con un abitino agile e da non risparmiare, nel caso la scopata si rivelasse più aggressiva del previsto; l’appuntamento era per le dieci di sera, nella parte meno frequentata e più buia dell’area di parcheggio scelta; arrivarono con una decina di minuti di anticipo e fino all’ultimo chiese a Cloe se era sicura di volerlo fare; ormai però ci aveva preso gusto, a farsi scopare in posti strani e non intendeva recedere.
Quando il ragazzo arrivò con la sua auto, li notò e lampeggiò come concordato; risposero allo stesso modo e l’altro andò a parcheggiare a fianco; scesero dalla macchina e si fermarono accanto alle portiere anteriori, da ciascun lato; lui notò subito la figura splendida di Paola e si avvicinò con un largo sorriso, che rivelava il gradimento della donna; non sarebbe stato strano che avesse temuto il classico bidone e la realtà lo avesse sorpreso molto piacevolmente.
Senza quasi degnare di un’occhiata il marito, si diresse deciso a lei e l’avvolse in un abbraccio di grande passione; Bruno notò che il cazzo gli si era gonfiato nei pantaloni e che lo spingeva diretto contro la figa di lei che, anche se non poteva verificarlo, stava forse già sbrodolando, come segnalava nettamente l’espressione beata del viso; capì che sua moglie stava per partire per la tangente e che avrebbe gestito il suo piacere come voleva.
L’altro le passò le mani con frenesia su tutto il corpo; quando si rese conto che non portava intimo e che l’abito poteva essere sfilato senza problemi, infilò le mani sotto la veste e la accarezzò tutta mentre continuava a baciarla appassionatamente; si intuiva che non solo le aveva palpato i seni e titillato i capezzoli, ma che l’aveva anche masturbata sapientemente e le aveva provocato almeno due orgasmi, quanti erano stati gli urli lanciati.
Non dava nessun segno di richiedere la partecipazione del marito, d’altronde quasi impossibile, nella posizione in cui si erano fermati, proprio davanti al muso del Suv; lui le alzò il vestito, la sollevò per le anche e la fece sedere sul cofano dell’auto; la spinse indietro e le sollevò le gambe; sfilò il cazzo dal pantalone e la infilò in un solo violento colpo; lei urlava, ma di piacere più che di dolore; l’altro la pompò a lungo picchiando forte contro l’inguine, finché sborrarono, con un grugnito, lui, e con un urlo, lei.
Quando lui uscì dalla figa, lei rimise i piedi a terra, prese dei fazzoletti e raccolse la sborra che le scorreva tra le cosce; si spostarono nell’auto e andarono a sistemarsi sul sedile posteriore; non c’era posto per Bruno e gli toccò sedersi al volante e stare a guardare i due che si sistemavano a sessantanove e si leccavano con golosità i sessi; lei quasi si soffocava per fare entrare in bocca il cazzo di lui lungo e robusto; lui svariava tra figa e culo con lingua e dita.
Andarono avanti per un bel po’, tra urla, gemiti e frasi smozzicate; a lui toccò il compito di stare a guardare; fece buon viso a cattivo gioco e stette zitto; quando si furono saziati abbondantemente di cazzo, figa, culo e tette, finalmente si sedettero come per rilassarsi; erano mezzo nudi e lui si sedette al centro del sedile portandosi lei sulle ginocchia; Cloe prese la borsa per prelevare il gel; poi se lo spalmò sopra e dentro il culo, ne passò a lui che unse il cazzo e dopo poco lei si sollevò al massimo, manovrò con la mano fra le cosce e si calò lentamente urlando di piacere mentre il cazzo le sprofondava nell’intestino.
Dal sedile, girandosi, suo marito aveva in faccia il viso di lei stravolto dal piacere; gli venne spontanea un’aria interrogativa; con atteggiamento irrisorio gli comunicò che l’aveva tutto in culo; il ragazzo chiese se il cornuto avesse qualcosa in contrario; contrasse le mascelle, guardò brutto Cloe e stette ancora zitto; se la inculò a lungo, portandola su e giù per i fianchi, finché sborrarono insieme; si pulirono coi fazzolettini e lui si riassestò.
A Bruno l’atteggiamento di sua moglie non era andato affatto a genio; passarono settimane di freddo totale; non le rivolgeva la parola che a monosillabi e per lo stretto indispensabile; Cloe sembrava quasi non essersi accorta di come il ragazzo avesse umiliato suo marito e lo avesse offeso; era fin troppo chiaro che ormai solo i fremiti della sua figa le interessavano.
Nella sua conoscenza provvisoria e raccogliticcia, lei aveva sentito di luoghi particolari, club privè e simili, dove si poteva fare sesso libero; gliene parlò, invitandolo pregiudizialmente a dimenticare i motivi di rancore, perché aveva coscienza che in un mondo tanto difficile forse non avrebbe saputo muoversi; gli chiese, in nome dell’amore che professava, se se la sentisse di accompagnarla in un’ultima avventura, come se non ci fossero stati screzi e incomprensioni.
Andarono al club ’Arcobaleno’ in una città distante qualche chilometro; il locale era ufficialmente un circolo sociale per il tempo libero; in realtà nascondeva una ben organizzata struttura per il sesso libero; presero la tessera prevista, pagarono la tariffa ed entrarono; si era vestita come in occasione dell’incontro di carsex, per essere immediatamente disponibile a scopare col primo che le piacesse.
Entrarono in un locale di sesso ardito, vi incontrò quattro operai, dell’azienda dove lavorava suo marito, che lei stessa aveva invitato; le spiegarono che in quella sala si sperimentavano le cose più osé; si accordarono per eseguire una certa manovra; aveva deciso di giocarsi la carta definitiva; se andava male, era certo che lui la cacciava; se andava bene, dimostrava pubblicamente che era omosessuale; sapeva che l’azzardo era pericoloso, ma giocava sull’amore per averla vinta contro la sua normale infallibilità.
Non appena il letto si liberò, prese per mano un nero con una mazza enorme e lo portò a sdraiarsi supino, chiamò a se Bruno e si impalò su quel bastone; lo invitò a incularla come aveva già fatto altre volte; la lubrificò per bene ed eseguì; mentre era impegnato a picchiare nel culo, con l’altro cazzo in figa, uno dei quattro si accostò; unse il retto di Bruno e lo inculò di colpo; lui urlò; lei gli impose di tacere; se l’amava, accettasse la prova; lo trattenevano a forza, lei e l’altro.
“Sei una troia; mi hai tirato lo scherzo più terribile che potevi; stai affossando il matrimonio; resteranno solo macerie, dopo questa serata.”
“Sta zitto, frocio; si vede chiaro che ti piace; ora finalmente sei costretto ad ammettere che sei gay.”
“Ti giuro che non voglio avere più a che fare con te, se non temessi di finire in galera, stai certa che ti ammazzerei!”
“E intanto ti lasci inculare e mi fai godere con questa vittoria più di qualunque cazzo!”
I quattro si alternarono ordinatamente nel culo di Bruno e lei godette soprattutto del personale trionfo perché vedeva finalmente il suo ‘tiranno’ schiavizzato da maschi indifferenti ai rapporti sociali, anzi felici di umiliare un dirigente nel loro posto di lavoro; quando l’ultimo ebbe sborrato nell’intestino del marito, si ricomposero e andarono via; lui non pronunciò verbo per tutto il percorso; arrivati a casa, la scaricò davanti al portone e proseguì per destinazione ignota; lei non se ne curò; salì, si rilassò con una doccia e, fresca e pulita come un neonato, si mise a letto; dopo poco, ronfava serenamente.
Nella settimana successiva, il cielo sembrò caderle sulle spalle; le carte di credito vennero rifiutate; in banca, scoprì che le spese di casa ora erano a suo carico; Bruno era sparito e aveva trasferito i suoi conti; si vide presto con l’acqua alla gola; ma, un poco per tigna, un poco per timore di brutte reazioni, non cercò di contattare il marito; era sempre certa che sarebbe stato lui a farsi vivo, ad arrendersi e a confessarsi felice di essere suo slave.
La convocazione di uno studio legale la sorprese parecchio; per fortuna sapeva che vi lavorava Nicoletta, una sua amica; l’avvocato che l’aveva convocata era suo marito; nello studio del legale, le venne posta davanti una domanda di separazione consensuale; si rifiutò categoricamente di firmarla; l’amica la prese da parte e si confidarono; lei avrebbe voluto affrontare suo marito e sbattergli in faccia le sue presunte colpe di omosessuale nascosto; l’altra la bloccò.
“Cloe, stai sbagliando tutto; mio marito ha un dossier assai ampio da cui risulta che hai speso soldi di tuo marito per prodotti di bellezza, niente di utile; addirittura ci sono ricevute per pranzi a cui non poteva essere presente e testimonianze che ci andavi con amanti; anche regali per i tuoi stalloni hai comprato; questo è furto.”
“Non potevo usare liberamente i soldi di mio marito?”
“Non per fargli le corna; poi c’è lo stupro a cui l’hai sottoposto; ci sono testimonianze di quello che hai fatto; sei messa male; sappi che lo studio rappresenta Bruno e tu devi trovarti un avvocato, perché in tribunale solo gli avvocati possono parlare; se vai a lite con questi elementi, perdi tutto, anche la camicia ... “
“Tu non puoi rappresentarmi?”
“Io faccio parte dello studio che rappresenta il tuo avversario ... “
Non riuscì a continuare perché era entrato Giovanni, altro avvocato dello studio, ma penalista mentre Vittorio e Nicoletta erano civilisti; salutò tutti con affetto; Vittorio gli chiese come andassero le cose; raccontò che gli è stato sottoposto, pro bono, il caso di quattro giovani massacrati da naziskin in motocicletta, a colpi di scarpe militari, i famigerati anfibi; c’erano molti sospetti ma i casi di gruppi estremi come quello non si verificavano più da anni e appariva tutto confuso.
La notizia sembrò avere sconvolto Cloe; intanto, sollecitato da Vittorio, Giovanni raccontò che intanto stava difendendo un emerito malfattore, a cui venivano attribuite almeno una ventina di morti; il tipo, soprannominato ‘il macellaio’, pareva che fosse un sicario prezzolato che accettava ‘contratti’; riceveva solo una foto e una scheda del bersaglio, uccideva e incassava il pattuito; si parlava di prezzi variabili da mille a cinquantamila euro, secondo l’importanza del bersaglio.
La difesa non era difficile perché il soggetto era molto furbo; non aveva legami coi morti, nessuna relazione con gli eventi ed ogni volta risultava essere altrove; lui sapeva che era sicuramente colpevole, ma per deontologia professionale doveva difenderlo e sapeva che sarebbe tornato ad ammazzare non appena qualcuno avesse avuto bisogno di liberarsi di persone scomode, di qualsiasi natura; guardò con intenzione a Cloe; Nicoletta le diede di gomito e lei colse che anche Bruno avrebbe potuto ricorrere a quello strumento.
“Giovanni, conosci i nomi dei quattro massacrati di cui parlavi?”
Glieli disse e lei adesso tremò sul serio; erano i quattro che avevano stuprato suo marito in accordo con lei; Nicoletta la vide vacillare e le chiese cosa le succedesse; si rivolse a Vittorio e gli chiese se poteva ottenere da suo marito, anzi ormai ex, qualche piccolo vantaggio, in cambio della firma sull’istanza di separazione; poteva parlargli e sentire, ma doveva precisare la richiesta.
“Se si riprende la casa, finisco alla Caritas o sotto i ponti; col mio stipendio, poi, arrivo a stento a fine mese; può concedermi una piccola integrazione finché non mi rimpannuccio un poco?”
Mentre l’altro telefonava a Bruno, Nicoletta le chiese cosa avesse determinato il cambio improvviso di atteggiamento; le confessò che il ‘suo’ Bruno, da ragazzo, faceva parte di una banda di naziskin che ‘si divertiva’ a picchiare la gente a calci con anfibi militari; una volta che, a calci, avevano mandato in coma un coetaneo, aveva avuto una crisi di coscienza, ne aveva parlato con lei, e da quel momento era diventato addirittura il ‘tre volte buono’ che tutti conoscevano.
Lei aveva approfittato di quella bontà per imporre la sua arroganza; sapere che i quattro operai che avevano umiliato Bruno erano stati vittime di un assalto molto simile a quelli che faceva suo marito da ragazzo, le faceva temere che si fosse svegliato in lui l’istinto sanguinario che aveva cancellato prima di essere messo alle strette; anche l’ipotesi di vendicarsi assoldando un sicario non era da escludere perché, in caso di processo in tribunale, poteva chiedere la metà dei beni di suo marito.
Rischiare la pelle e farla rischiare ai parenti, perché le faide familiari ancora esistevano, purtroppo, non era l’ideale, solo per qualche prurito di figa male interpretato; preferiva arrendersi e cerare di strappare il massimo vantaggio possibile; Bruno sembrò tornato il ‘tre volte buono’ a cui si era abituato; le concedeva la metà del valore dell’appartamento, che riscattava cedendole un miniappartamento che aveva nella prima periferia della città; le assegnava duecento euro al mese di contributo.
Accennava anche che sperava che trovasse chi la mantenesse, senza distribuire in giro una figa ormai svalutata; il contributo sarebbe cessato non appena avesse guadagno abbastanza o trovato un convivente che le consentisse una borghese vita dignitosa, se ne era capace; della ‘separazione in casa’ a cui lei aveva fatto cenno come ipotesi praticabile, neanche a parlarne; firmò e andò via decisamente sconfitta e un poco meno presuntuosa.
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