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Gay & Bisex

Gita scolastica 1


di michiamanotu
17.03.2018    |    24.787    |    10 9.6
"Faceva male, ma faceva anche incredibilmente salire la mia eccitazione..."
Era un giorno di Aprile, eravamo sul pullman. Gli schiamazzi della mia classe erano insopportabili, il mio pranzo si era completamente schiacciato nello zaino e nessuno si accorgeva del fatto che tra le mie gambe un’erezione incontrollabile pulsava fiera. Niente di strano, come al solito, anche in quell’occasione, la gita del quinto liceo, non riuscivo minimamente a provare interesse per i miei compagni di classe, per quel mucchio di sgallettati urlanti che mi stavano alle spalle mentre sedevo da solo in uno dei primi posti del pullman. Accanto a me nessuno. I miei occhi focalizzati su una sola figura: il professor Luca. In piedi nel corridoio dell’autobus, appoggiato con il braccio destro ad uno dei sedili del bus, intento a parlare con un altra prof a cui si era avvicinato diversi minuti prima, non poteva immaginare di avere addosso lo sguardo lascivo di uno dei suoi alunni. L’osservazione del suo corpo mi rendeva incredibilmente eccitato, spesso in classe mi trovavo a dover nascondere improvvise erezioni come quella che stavo avendo in quel momento. Non era colpa mia, da sempre il mio corpo reagiva soltanto alla vista di maschi simili al mio prof: più grandi, con le spalle larghe e possenti, un po’ di pancia, i capelli brizzolati ed un comportamento gentile e paterno. Lui in particolare era diventato l’oggetto del mio desiderio dopo una serie di avvenimenti insoliti e segnali che c’erano stati fra di noi. Innanzitutto un giorno durante l’intervallo mi beccò a scarabocchiare un uomo nudo e vagamente deforme su uno stralcio di carta. Mi fece una faccia scherzosamente scioccata. Il suo viso era molto espressivo ed incorniciato da una folta barba scura. Doveva essere stato un giovane desideratissimo a vent'anni, visti i suoi tratti gradevoli e il fisico ancora muscoloso ma non più allenato con la stessa intensità. Tuttavia io lo preferivo così, più maturo, coi capelli brizzolati e una leggera stempiatura, col volto segnato da qualche rughetta ma con gli occhi di chi ha esperienza alle spalle. Quell’esperienza di cui volevo disperatamente far parte anch’io. La vista di quella smorfia mi aveva messo in allerta, ma dopo che si avvicinò, sporgendosi verso il disegno per guardare meglio cosa stavo facendo, iniziammo a dialogare. Gli spiegai che amavo il disegno e l’arte, in particolare la secessione viennese. Nel frattempo mi colpì l’odore del suo corpo da vicino. Non capivo se si trattasse più di profumo o dell’essenza della sua pelle, ma fu una delle cose che mi rimase più in mente di quel momento.
“Ogni tanto faccio questi schizzi ispirati agli autoritratti di Schiele”, continuai a spiegare, arrossendo un po’.
“Beh, un giorno potresti regalarmi una copia d’artista, che ne pensi?” Mi aveva detto, giocando. Non capiva molto di arte, era più ferrato sulla storia, materia che insegnava con grande passione.
“Certo, e lei potrebbe mettermi un bel voto alla prossima interrogazione!” Risposi trovando il coraggio di fare una battuta di rimando.
Sorrise e si congedò.
Il cuore mi batteva martellante nel petto.
Qualche mese dopo, smanettando su un app gay, avevo chattato con un uomo, 43 anni, la stessa età del prof Luca, nessuna foto riconoscibile, soltanto l’immagine di un favoloso corpo da daddy, massiccio e villoso. Mi approcciai e parlammo di come il mio desiderio di incontrare carnalmente per la prima volta un uomo della sua età fosse ormai incontenibile in me. Gli raccontai delle mie perversioni, del mio desiderio di essere sottomesso. Nella mia piccola città era comune non mettere foto riconoscibili sui social gay, per paura che si spargesse la voce riguardo la propria omosessualità o bisessualità, quindi per me non era strano essere il primo a dover mandare fotografie per ottenerle in cambio. Lo feci senza problemi anche con lui. In quel momento si era creata una bella discussione, per quanto a sfondo sessuale, e mi sentii di mandargli anche delle foto molto esplicite del mio corpo, soprattutto del lato b. Se dovessi descrivere il mio corpo secondo le categorie del mondo gay, credo che sarei una lontra, mediamente peloso ma magro e abbastanza maschile nei modi. Tuttavia il mio culetto sodo e curato, sebbene ancora vergine, e le mie posizioni in quelle foto, tradivano la mia indole passiva. Contro ogni mia aspettativa il confronto finì con una risposta lapidaria da parte sua: “Stai attento a chi mostri il culetto, Schiele.”
Sussultai e non ebbi più il coraggio di scrivere niente. Dentro di me sapevo già, ma non riuscivo a credere che potesse essere vero.
Da quel giorno avevo sentito sempre più il suo sguardo su di me. Non aveva cambiato comportamento, né in positivo, né in negativo, mentre io ero evidentemente imbarazzato ogni volta che dovevo confrontarmi con lui, mentre nei momenti di calma lo guardavo con ancor più acceso desiderio. Tuttavia nulla di particolarmente rilevante era successo fino alla gita.

Qualche ora dopo arrivammo in albergo. Dovevamo decidere la divisione delle stanze e i tre prof che ci accompagnavano ci spiegarono che, essendo in totale 17 maschi, ed avendo l’albergo a disposizione solo doppie o quadruple, era impossibile sistemarci tutti fra compagni: uno di noi doveva condividere una doppia con uno dei prof. Entrai in ansia: era ovvio che io sarei stato il diciassettesimo alunno scartato. Non avevo praticamente un solo amico in quella classe. Poco dopo le mie aspettative vennero confermate dai compagni che avevano già formato le loro camere e, sebbene da un lato fossi contento di non dover sopportare nessuno di loro durante quelle notti, iniziai a sperare che non scegliessero il prof Luca come mio compagno di stanza. Certo, avrei avuto l’occasione di parlargli, forse addirittura di vederlo nudo, ma sapevo che mi sarei tradito a stargli così vicino, sapevo che avrei dimostrato le mie emozioni in maniera troppo evidente, che sarebbe potuta finire in disastro. Rimasi sconvolto quando fu lui stesso ad intervenire rivolgendosi con tranquillità ai suoi colleghi.
“Dai, vado io col ragazzo”.
Ero spaventato, ma al contempo profondamente lusingato. Erano state poche le prove effettive che quel gioco di sguardi che si svolgeva fra di noi in quei mesi non fosse soltanto un enorme paranoia nella mia testa da diciannovenne ingenuo. E invece con quella propensione mi aveva quasi dato una conferma. Mi sentii elettrizzato. Il sorriso che mi fece dopo accentuava ulteriormente quella sensazione.

Entrammo in camera e accendemmo la luce, poi sistemammo i nostri bagagli e decidemmo quale letto ci spettava. Al risveglio Non ci furono molte parole, solo qualche scambio sul programma della serata, poi lui entrò in bagno per fare una doccia. Ero deluso dal fatto che fosse entrato completamente vestito, precludendomi la vista del suo corpo nudo. Speravo che si togliesse in camera almeno la camicia azzurra con le maniche svoltate che sognavo di strappargli via coi denti dal pomeriggio sul pullman. E invece no: si era anche portato il cambio in bagno. Uscì poco dopo e lanciò distrattamente gli abiti che si era tolto prima sul suo letto, poi mi disse che se volevo era il mio turno di usare la doccia. Dopo si mise a sedere sul letto e tirò fuori un libro dalla valigia, iniziando a leggere. Era così affascinante vederlo intento su quelle pagine. Avrei voluto stirarmi su di lui e poggiare la mia testa sul suo petto possente, avvertendo sulle mie guance la folta peluria vagamente visibile attraverso il tessuto bianco della camicia che si era messo dopo la doccia. Avrei voluto prendere quella posizione e mantenerla fino alla fine del libro, godendomi ogni leggero fruscio delle pagine che girava. La paura che avevo provato prima nella hall dell’albergo aveva lasciato spazio al puro desiderio. Decisi di fare qualcosa che potesse smuovere la situazione. Senza dire niente mi alzai e iniziai a spogliarmi. Gli davo le spalle, non potevo sapere se lui mi stesse guardando o no, ma ero sicuro che avrebbe almeno dato un’occhiata. Arrivato alle mutande mi curai di toglierle lentamente, scoprendo piano piano il culetto sodo e rotondo, così da fargli capire che desideravo che mi guardasse, che quel gesto non era casuale. Restai fermo qualche secondo dopo averle sfilate. Poi girai un po' la testa, per cercare di captare la sua reazione. Il suo sguardo fisso sul libro. Si era appena voltato? O non aveva mai distolto lo sguardo da quelle pagine? Non indugiai ulteriormente ed entrai in bagno, poi nella doccia. Quando uscii lui era già fuori dalla stanza.

Andammo nel ristorante dell’albergo per la cena, poi a dormire. Come in ogni gita del liceo che si rispetti, ci portarono in discoteca, avvisandoci di goderci la serata, poiché quella era l’unica uscita serale prevista per tutto il viaggio. Mi annoiai da morire com’era prevedibile, alcuni miei compagni invece finirono per scopare nei bagni della discoteca. Qualcuno esagerò con i drink e visto che un paio di ragazzi si erano sentiti male prima della fine della serata uno dei prof, che stavano seduti in disparte facendosi gli affari propri, decise di riportarli in albergo. Mi accodai fingendo un mal di testa: non volevo più stare in quel posto in cui mi sentivo a disagio e per di più sotto gli occhi del prof Luca.

Arrivato in camera ebbi un attimo di sconforto. Il prof non aveva reagito a nessuno dei miei input. Forse era davvero tutto nella mia testa, forse la paura che lui scoprisse i miei sentimenti provata quel pomeriggio durante la divisione delle camera era il sentimento più razionale che avessi avuto. Nella piccola stanza che quella notte avrei condiviso con lui i due letti non erano poi così lontani, ma nemmeno vicini come avrei voluto. Il mio era il più vicino alla porta e lo avevo subito raggiunto dando le spalle al suo. Quando mi voltai notai qualcosa che nel giro di qualche secondo mi fece fremere di eccitazione. I vestiti del prof, indossati per un giorno intero durante il viaggio, appallottolati sul letto. L’erezione fu immediata, la mia reazione incontrollabile. Mi alzai e lentamente mi avvicinai a quel mucchio di abiti. Li presi fra le mani, li avvicinai al naso e avvertii un vago rimasuglio dell’odore che mesi prima mi aveva sorpreso tra i banchi di scuola. Come fossi in trance le mie azioni si susseguirono veloci ma metodiche: selezionai fra quei vestiti usati la camicia e le mutande, li misi sul cuscino, mi tolsi tutti i vestiti e mi tuffai fra le coperte del suo letto. Sebbene fosse stato lì per poco, mentre facevo la doccia, mi sembrava di avvertire il suo odore anche sul cuscino e sul lenzuolo. Mi avvolsi la faccia con la sua camicia, avvertendo finalmente più forte l’aroma che stavo ricercando con ossessività. Mentre le mie mani spingevano la camicia avanti e indietro sulla mia faccia e sul mio corpo, il mio cazzo era in fiamme e mi muovevo con foga fra quelle coperte perché strusciasse contro il tessuto delle coperte provocandomi piacere. Non potevo assolutamente andare a toccarlo con le mani, quelle erano impegnate sui suoi vestiti. E solo su quelli dovevano rimanere concentrate. Avendo perso ogni freno inibitorio finii per cacciare il mio naso anche nella zona corrispondente alle ascelle, dove l’odore si acuiva e si miscelava all’inevitabile retrogusto di sudore, ma non provai alcun sentimento negativo per questo: ogni cosa che aveva a che fare con quell’uomo mi mandava in estasi, anche i suoi odori più intimi, che nessuno avrebbe voluto sentire. Quando finii con la camicia e passai alle mutande non riuscii a non portare la mano sul cazzo e ad iniziare a masturbarmi. Quello era dunque il profumo del pisello dell’uomo che bramavo più di ogni altra cosa? Alcuni non lo avrebbero definito profumo, forse, ma io si. Era l’odore che mi aveva causato le reazioni più forti in vita mia. Mentre mi crogiolavo in quella situazione realizzai che prima o poi il prof sarebbe tornato e che dovevo darmi un contegno. Mi tolsi la mano dal cazzo e rimasi fermo un attimo, con le mutande ancora appiccicate al viso. Pensai che non mi importava. Pensai che quel desiderio era troppo forte, troppo violento. Pensai che volevo che lui mi trovasse lì. Che mi sarei fatto trovare lì, chi se ne importava di cosa sarebbe successo. Mi avrebbe rimproverato? Forse. Lo avrebbe detto a qualcuno? No, non pensavo potesse mai farlo. Per quanto poco ci avessi parlato dentro di me sapevo che di quell’uomo mi potevo fidare. Non gli avrei detto mai a parole cosa sentivo per lui, quindi la mia unica chance era impedirmi di uscire da quel letto e far si che lui mi scoprisse.

Passò almeno un’ora. Il cuore mi batteva sempre più forte e la paura aumentava, ma non avevo intenzione di spostarmi da lì. Il mio cazzo era ancora duro, mi faceva quasi male. Finalmente la porta si aprì. Pensai di morire. Lui si avvicinò e vide tutto, non disse niente. Mi spinsi su e mi sedetti sul letto, guardandolo. Lui mi guardava di rimando. Scuoteva la testa. Il mio sguardo diventava sempre più implorante, ma lui continuava ancora a scuoterla.
“Lo capisci che non posso?” Mi disse con voce sommessa.
Allora era vero. Mi voleva. Una parte di lui mi voleva. L’erezione diventò ancor più poderosa.
“Perché allora si è offerto di stare con me in camera?” Chiesi.
Lo avevo messo in difficoltà.
“Perché una parte di me vuole cedere”, ammise.
“Prof, la prego… ceda”, dissi scostando le lenzuola e scoprendo del tutto il mio corpo, erezione compresa. La sua camicia stropicciata giaceva su una delle mie gambe, le sue mutande fra le mie mani tremanti.
“Che hai fatto?” Chiese.
Non risposi. Lui si avvicinò, si sedette accanto a me, mi mise una mano sotto il mento e spinse il mio volto contro il suo. Ci baciammo a lungo, prima dolcemente, poi sempre più volgarmente, avvinghiando le nostre lingue ancora e ancora. Mi prese in braccio sollevandomi per le gambe, le nostre bocche ancora incollate. le mie braccia attorno al suo collo. Mi depositò sull'altro letto. Ero seduto all’altezza della sua patta.
“Sbottona”, ordinò.
Iniziai a farlo e mentre armeggiavo con la cintura lui si tolse la camicia. Vidi il suo busto villoso e possente dal basso. Combaciava con quello che avevo visto tempo prima in foto e da quel momento non ci furono più dubbi. Sapeva tutto. Sapeva persino che quella era la mia prima volta in assoluto.
Tirai finalmente fuori il suo cazzo già barzotto. Era grosso e venoso, pieno di peli sul pube. Iniziai a succhiarlo. Mi alternavo fra l’asta e le palle, senza dargli respiro. Ero affamato di quella verga, l’avevo voluta per troppo tempo per non godermela a pieno. Il prof sembrava apprezzare molto e mi incitava a proseguire.
Improvvisamente lo tirò fuori e mi fissò.
“A terra” disse.
Obbedii e mi misi ai suoi piedi, a quattro zampe. Mi poggiò un piede sulla faccia e fui costretto a leccare. Poi lo portò a terra. Mi abbassai con lui e continuai il lavoro. Ogni tanto lo guardavo in viso per trovare il suo sguardo compiaciuto, che mi riempiva di gioia ed eccitazione. Stare lì ai suoi piedi, sotto di lui che mi guardava dall’alto mi faceva impazzire. Ero tutto suo, completamente sottomesso al suo corpo virile e maturo e alla sua perversione.
Quando fu soddisfatto mi fece alzare e, sedendosi sul letto mi ordinò di sdraiarmi sulle sue gambe. Inizialmente non capivo, poi ebbi un sussulto. Durante quella chat gli avevo raccontato anche di uno dei miei più grandi desideri sessuali. Si ricordava tutto allora! Mascherando la mia felicità feci quello che mi chiedeva. Il primo schiaffone che ricevetti sul culo mi confermò tutto. Il secondo, il terzo, il quarto e tutti gli altri non tardarono a farsi sentire e mi mandarono in paradiso: quante volte avevo sognato di trovarmi tutto nudo sulle sue gambe in aula a scuola e di essere sculacciato fino ad avere il culetto rosso e dolorante? Troppe. Ma niente poteva eguagliare quella situazione di intimità: farmi quello che avevo descritto in chat sottintendeva una sua attenzione nei mie confronti. In quel momento ogni sculacciata era un atto di sottomissione, ma era anche un bacio, una carezza. Faceva male, ma faceva anche incredibilmente salire la mia eccitazione. Quando il mio lato b fu totalmente rosso entrambi sapevamo che era il momento dell’atto finale. Mi alzai. Lui seduto dal letto mi guardò dall’alto in basso.
“Sei bellissimo” mi disse, “e sei tutto mio”.
Mi tuffai su di lui e lo baciai.
Entrambi eravamo consci del fatto che di lì a poco sarei davvero stato suo, in qualche modo per sempre.
“Prima mi ha guardato?” Gli chiesi. Paradossalmente una parte di me voleva ancora conferme del fatto che non fosse tutto un sogno.
“Prima quando?” Mi chiese, non capendo a cosa mi riferissi.
“Quando mi sono spogliato per te, prima di entrare in doccia. Mi hai guardato?” La mia voce si spezzò quasi.
Fece una leggera risata.
“Certo che ti ho guardato, cucciolo”, mi disse, “come vedi non sono stato capace di resistere alle tue provocazioni”.
Gli sorrisi, arrossendo. Dopo mi prese di forza e mi fece sdraiare sul letto. Leccò il buchetto a lungo. Sentivo la sua barba pizzicare sulla pelle di quel punto così intimo e non potevo che amare quella sensazione. Purtroppo nessuno dei due aveva il lubrificante con se, ma non ce ne curammo. Entrò dentro di me, si prese la mia verginità e mi scopò a lungo lo stesso. Ero a novanta sul letto, con lui che mi cingeva da dietro col cazzo tutto dentro di me. Ad un certo punto mi abbracciò forte, mi bacio sulla nuca e sussurrò: “sei la mia troia”, poi riprese a scoparmi forte, mentre con una mano mi afferrò il cazzo e inizio a masturbarmi.
“Si, sono la sua troia...” sussurrai in balia dei suoi colpi.
Venni, sborrando sul mio cuscino. Poco dopo, fra versi animaleschi, venne anche lui, dentro di me.
Restammo fermi, mentre lui mi abbracciava da dietro. Il buchetto mi bruciava tanto, ma ero totalmente soddisfatto di avergli dato il mio corpo.
Fu lui a rompere il silenzio.
“Non puoi dormire in questo letto”.
Mi fece strada verso il suo. Ci stringemmo per entrarci entrambi e ci addormentammo nudi. Mi tenne stretto a se tutta la notte, come se volesse recuperare il tempo perso. Io non riuscii a chiudere occhio fino all’alba, tanto ero inebriato dalla situazione: il suo corpo così vicino al mio, il suo respiro forte su di me, il suo seme che colava pian piano fuori dal mio buchetto.
Ero felice.
Ma cosa sarebbe successo l’indomani?
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