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Gay & Bisex

Il Compagno Di Stanza Esibizionista - Parte 2


di The_southparker
13.09.2021    |    9.982    |    19 9.5
"Lasciai aperta la tenda della doccia, misi la testa sotto il getto e lasciai che l'acqua mi scivolasse addosso..."
[Questa é la seconda parte di un racconto erotico che parla di esibizionismo. Non sono descritti dei rapporti sessuali. Se vi piace il genere, leggetelo pure! :)]

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Passarono alcune settimane ed entrambi tornammo a casa per le vacanze di Natale. Pensai che ci saremmo rivisti direttamente a Gennaio, forse ci saremmo scambiati gli auguri di Natale. Invece ci sentimmo tutti i giorni e spesso Ivan mi videochiamava. Ovviamente era nudo, ed io coglievo l’occasione per farli degli screenshot. Mi parlava di università, oppure mi raccontava della sua famiglia, di cosa stesse facendo. Mentre ci parlavamo, a volte si menava l’uccello.

Raccolsi diversi scatti di lui: del suo pisello, del suo culo. Ma anche del suo viso, mentre rideva, mentre mi guardava. Mi venne naturale farlo. Pensare a lui mi metteva di buon umore. Sorridevo quando trovavo nei miei appunti ritrovavo dei disegnini fatti da Ivan, dei piccoli piselli stilizzati. Oppure quando mi mandava delle foto del suo uccello con sopra i flitri di Snapchat. Gli piaceva fare questi scherzi cretini. Ed io mi sentivo bene con lui.

Il giorno di Natale mi videochiamò. Mi disse: “Guarda!”, e mi mostrò il suo pisello, al quale aveva messo un cappellino di Babbo Natale. Ridemmo insieme. Ovviamente l’uccello era ben eretto. Durante la nostra conversazione, se lo menò per tutto il tempo. Alla fine schizzò in chiamata con me. Si ripulì le dita come sempre, leccando tutto il suo sperma, e nel farlo mi disse: “Buon Natale!”.

Rientrati nello studentato, io ed Ivan eravamo sempre più in confidenza e mi resi conto che lui ormai occupava la maggior parte del mio tempo e della mia mente. Eravamo quasi sempre insieme. Grazie a lui, riuscii anche a legare con alcuni colleghi di Università, e qualche volta organizzavamo delle uscite di gruppo.

Una sera andammo ad una festa di laurea. Non conoscevo bene il laureato, Ivan naturalmente sì, ma decisi comunque di accompagnarlo. Presi la mia macchina. Ovviamente lui si abbassò i pantaloni appena entrato in macchina, ancora prima di mettersi la cintura di sicurezza. “Tieni, togli il freno a mano!”, disse, toccando il suo uccello che si stava già indurendo. Ridemmo.

Mi venne in mente che il suo comportamento era diverso quando c’erano altre persone. La prima volta che uscimmo con alcuni amici, tra cui i ragazzi che fecero il progetto con lui al pc, non cercò di denudarsi, né tirò fuori il pisello. Se in macchina eravamo solo noi due, Ivan faceva il suo solito spettacolino. Se invece c’era anche qualcun altro dei nostri amici, non faceva nulla. Pensai che fosse un comportamento strano per un esibizionista.

Partimmo diretti al locale. Si era messo addosso una maglietta assurda, con sopra la foto degli Hanson ma con la scritta “Nirvana”. “Ma che razza di maglietta ti sei messo?!”, gli dissi, prendendolo in giro. “Beh, se non ti piace la tolgo…”, disse. Si slacciò la cintura, sfilò la maglietta, e la buttò sul sedile di dietro. Adesso era praticamente nudo, accanto a me, mentre si menava l’uccello.

“Tu sei fuori di testa!”, gli dissi, “vedi che tra 10 minuti arriviamo!”. “Ok, allora mi dò da fare!”, rispose. Iniziò ad aumentare il ritmo, pompando velocemente con la mano destra. Con la coda dell’occhio cercavo di guardarlo senza distrarmi troppo. Per fortuna in strada non c’era troppa gente.

All’improvviso, mise in bocca l’indice della mano sinistra e lo insalivò per bene. Aprì le gambe, sollevò il culo e infilò il dito nel buchetto. Cazzo. Non avevo mai vissuto niente di più eccitante. Iniziai ad accarezzarmi il pisello mentre guidavo, sentivo che la mia cappella era bagnata di presperma.

Ivan chiuse gli occhi, emise un lamento, e iniziò a contorcersi leggermente mentre continuava a menarsi il cazzo. Vedevo i muscoli tesi delle sue gambe, la cappella turgida e bagnata. Poi all’improvviso, iniziò a gemere rumorosamente e venne. Gli schizzi di sborra lo colpirono sul petto e sul viso mentre con il dito continuava a stimolarsi la prostata.

Quella scena era troppo per me e non potevo resistere. Mentre Ivan scaricava il suo carico, mi venni nelle mutande, cercando di far finta di niente. Poi parcheggiai la macchina in una viuzza vicino al locale, mentre Ivan strizzava le ultime gocce di sperma dal suo uccello e ingoiava tutta la sua sborra, come sempre.

Vidi che stava riprendendo la sua maglietta e gli dissi: “Se entri così nel locale sicuramente farai colpo!”. Si infilò la maglietta e sogghignando mi rispose: “Beh direi che ho già fatto colpo…”, indicando con lo sguardo il mio pacco. “Tieni, pulisciti!”, aggiunse, lanciandomi un pacco di fazzolettini, “Ma la prossima volta caccialo fuori, pollo!”. Cosa diavolo era appena successo? Arrossii, presi un fazzolettino e lo infilai nelle mutande per ripulirmi.

Uscimmo dall’auto ed entrammo nel locale. Quella sera mischiammo birra e superalcolici, e a fine serata eravamo sbronzi. Nessuno di noi due poteva guidare in quello stato, ma non volevamo nemmeno spendere soldi per un taxi. Visto che era solo mezz’ora di strada, decidemmo di tornare allo studentato a piedi, nonostante piovesse. Avrei ripreso l’auto il giorno dopo.

A metà strada la mia vescica si fece sentire. Dissi a Ivan che dovevo trovare un McDonald's o qualcosa del genere perché me la stavo facendo sotto. Rise, dicendo che non c’era bisogno, visto che potevo pisciare dove volevo. Indicò delle aiuole a bordo strada e mi disse di farla lì. Non l’avevo mai pisciato all’aperto, sono sempre stato piuttosto riservato. Tirai fuori il mio uccello e rimasi lì, davanti al cespuglio, dondolandomi sui talloni. Non ci riuscivo.

Ivan rimase a guardarmi per un po' mentre avevo il pisello in mano, poi disse: “Okay, piscio anche io, vediamo se ti aiuta”. Si slacciò i pantaloni e tirò fuori il suo cazzo, lo puntò verso l’aiuola e iniziò a urinare. Rimasi ipnotizzato dal suo cazzo, come sempre. Complice l’alcool, restai immobile a fissarlo. Se ne accorse, si fermò e disse: “Okay, non continuo a pisciare finché non lo fai anche tu!”. Mi lasciai andare. Dal mio pisello partì un getto di urina improvviso, che quasi non colpì Ivan. “Ma che fai, mi pisci addosso?”, disse spostandosi, e per ripicca cercò di colpirmi anche lui.

Ubriaco com’era a malapena riusciva a camminare, e invece di colpire me riuscì solo a bagnare i suoi stessi pantaloni. Del resto, neanche io feci di meglio. Cercando di allontanarmi da lui, indietreggiai e misi un piede in una pozzanghera enorme, insozzandomi il pantalone di fango.

Ivan guardò i suoi pantaloni, poi i miei, e iniziò a ridere. Eravamo entrambi ubriachi, con ancora il cazzo di fuori, con i pantaloni sporchi. Iniziai a ridere anche io. Avevamo le lacrime agli occhi dalle risate. Non credo di aver mai vissuto un momento così intenso di complicità.

Alla fine fui il primo a rimettere apposto il mio cazzo nei pantaloni sporchi. Poi lo guardai mentre si ingegnava per trovare un modo di chiudere la zip senza sporcarsi le mani di piscio. In quel momento mi vennero in mente le scommesse che faceva con i suoi compagni di scuola. Le parole vennero fuori da sole, senza pensarci troppo. “Scommetto che non puoi toglierti i pantaloni e rientrare nel dormitorio nudo dalla vita in giù!”.

Non avrebbe mai accettato, sarebbe stato troppo estremo anche per lui. Tuttavia solo all’idea il mio cazzo si stava già intostando. “Che cosa scommetti?”, mi rispose, guardandomi con interesse. “50 euro!”. E chi ce li aveva 50 euro? Era la prima cifra che mi venne in mente. D’altronde pensai che non l’avrebbe fatto comunque.

“Va bene”, rispose, e passandomi il suo cellulare e il suo portafogli aggiunse: “Prendi”. Fece scivolare i pantaloni lungo i fianchi, finché non toccarono terra. Poi con un po’ di fatica, li sfilò completamente, facendo passare prima il piede destro, poi il sinistro. Ed eccolo lì, Ivan, nudo per strada, con addosso solo una maglietta, le calze e le scarpe.

Mi guardò fisso negli occhi. “Andiamo!”, mi disse. Lasciò i pantaloni lì a terra, per strada. Ero sbalordito. Ero sicuro che quello che stesse facendo fosse estremo anche per lui. Pensai che fosse un porco, e nonostante la pioggia fredda mi sentivo avvampare. Il mio cazzo esplodeva nelle mutande.

Anche il suo cazzo era duro come il marmo. Non provò nemmeno a nascondere l’erezione con la maglietta. Decise di camminare fiero, a cazzo dritto, fino al dormitorio. Ed io ero lì accanto a lui. Vedevo le gocce di pioggia accarezzargli la pelle, la maglietta attaccarsi al suo corpo, mettendogli in evidenza i pettorali. Aveva la pelle d’oca, ma nonostante questo durante la strada parlava con me come se niente fosse.

“È il momento di fare una foto, non credi?”, mi disse all’improvviso. Cazzo, mi aveva scoperto! Eppure pensavo di essere stato discreto… “Come?”, gli risposi con aria innocente. Divenni rosso in volto. “Dai, fammi una foto adesso. Sono nudo dalla vita in giù, per strada, a cazzo duro”.

Senza dire nulla, presi il telefono. Mi guardò, mise le mani sui fianchi e si fece scattare delle foto. Gli feci anche un video, in verità. Poi ci passò accanto anche una macchina, con a bordo dei ragazzi più o meno della nostra età. Quei tizi si misero ad acclamarlo, fischiando e strombazzando il clacson. Lui di tutta risposta li salutava con la mano.

Alla fine tornammo al dormitorio, bagnati di pioggia. Il portiere non c’era, era impegnato a fare dei giri di controllo, e quindi riuscimmo a rientrare senza farci scoprire. Appena rientrati in stanza, Ivan si denudò completamente, come sempre. Io mi sedetti sulla sedia e mi abbassai per togliermi le scarpe. Mi si piazzò davanti.

“Umberto è arrivato il momento!”, mi disse. Il suo cazzo ondeggiava davanti alla mia faccia, a 20 cm da me. “Come?”, risposi io ingenuamente. Ero ancora tramortito dall’alcool. Guardavo il suo uccello e mi resi conto che lo desideravo. Volevo toccarlo, stringerlo tra le mie mani, ma tremavo dalla paura.

“Mi devi 50 euro!”, disse tendendo la mano. Feci finta di frugare nelle tasche dei pantaloni, nel portafogli, poi lo guardai in faccia e dissi: “Credevo di averli, ma ho finito i soldi. Te li do appena i miei mi fanno un bonifico”. Cambiò espressione. “No, un patto è un patto! 50 euro subito… oppure dovrai fare qualcosa per me”. “Cosa?”, gli risposi.

Non sapevo dove voleva andare a parare. In quel momento pensavo solo al suo uccello. Pensai comunque che pur di risparmiarmi 50 euro sarebbe andata bene qualunque cosa. “Sì, non so ancora cosa, non so ancora quando, ma prima o poi ti chiederò ti fare qualcosa per me e tu sarai obbligato a farlo. Siamo d’accordo?”, mi domandò.

Il suo inguine era a pochi centimetri dalla mia faccia e non riuscivo a staccare gli occhi dal suo cazzo, dalle sue palle grosse, dai suoi ispidi peli pubici neri. Dopo un momento o due annui con la testa e mi resi conto che lo stavo fissando. “Va bene”, dissi. Forse voleva che gli facessi il bucato, che pulissi la stanza, oppure che gli passassi gli appunti, che ne so.

“Bene! Andiamo a farci una doccia adesso!”. Mi alzai, quasi urtando Ivan, “Sì, siamo tutti bagnati! Inizia ad andare, ci incontriamo in bagno”, gli risposi. All'improvviso non volevo che Ivan mi vedesse nudo. Il mio cazzo si stava intostando di nuovo e non volevo che pensasse che fossi gay.

“Ma che dici? Spogliati, prendi gli accappatoi e andiamo”. Rimase lì a guardarmi dritto negli occhi mentre lo diceva. Aveva un fare autoritario. Non avevo scelta. Forse l’alcool aveva allentato un po' le mie inibizioni, forse il suo ascendente su di me era sempre più forte, ma senza obiettare mi tolsi la maglietta e con un unico movimento veloce anche i pantaloni e le mutande.

Arrossii quando mi alzai in piedi e mi resi conto che il mio uccello stava diventando completamente duro. Abbassai le mani per coprirmi l'inguine, ma Ivan me le tirò via dicendo: “Che c’è, ti vergogni? Togli quelle mani!”.

Iniziò a ridere e sorrisi anche io. Arrossii di nuovo e misi le mani lungo i fianchi, mostrandomi al mio compagno di stanza nudo e con l’uccello completamente eretto. “Hai un bel cazzo!”, commentò. Poi si voltò, afferrò il suo accappatoio, se lo mise sulla spalla, e aprì la porta della stanza. “Andiamo?”.

Indossai il mio accappatoio stringendolo bene in vita, presi la roba per la doccia e lo seguii. Ivan uscì nel corridoio e camminò col culo e il cazzo al vento diretto ai bagni. Io ero dietro di lui, guardando il suo culo muscoloso contrarsi e distendersi mentre camminava.

Lo osservai con attenzione, partendo dai muscoli della schiena e poi giù fino ai fianchi, seguendo la scia di peli che sul culo si scurivano e si raggruppavano attorno al buco. Cazzo, mi stavo arrapando guardando il culo del mio compagno di stanza!

Arrivammo al bagno, che a quell’ora era deserto. Le docce erano in comune, separate tra loro da delle tende. Ivan prese quella più in fondo, sul lato destro della stanza, ed io l'ultima a sinistra. Eravamo uno di fronte all’altro.

Entrò in doccia, aprì l'acqua, e lasciò la tenda aperta. Entrai anche io nella mia e rimasi in piedi, fissandolo per un po'. Credo che se ne accorse, perché rimase fermo sotto il getto d’acqua ad occhi chiusi, senza muoversi. Lasciò che l'acqua scorresse lungo il suo corpo, cadendo a cascata sul suo uccello.

Decisi di fare anche io lo stesso. Lasciai aperta la tenda della doccia, misi la testa sotto il getto e lasciai che l'acqua mi scivolasse addosso. Ero già arrapato dalla situazione, stordito dall’alcool, e senza pensarci allungai la mano per menarmi il cazzo, godendomi la sensazione.

All’improvviso mi ricordai che la tenda della doccia era aperta. Aprii gli occhi e Ivan mi stava fissando. Era in piedi di fronte a me, e si stava masturbando anche lui. Non appena i nostri sguardi si incrociarono, mi sorrise.

Era scattato qualcosa. Rimasi lì di fronte a Ivan, a masturbarmi, mentre ci fissavamo. Eravamo come sincronizzati: il nostro ritmo era all’unisono, io mi accarezzavo le palle e lui lo faceva, lui si strizzava il capezzolo e io facevo lo stesso.

Ci stavamo stimolando allo stesso modo. Qualunque cosa facesse uno, subito dopo lo faceva anche l'altro. La situazione era davvero eccitante. Era come guardarsi allo specchio, solo che dall’altra parte c’era Ivan e non il mio riflesso. Ci stavamo masturbando l'uno per l'altro.

Il ritmo aumentò. Chiudemmo gli occhi nello stesso momento, e sentii i gemiti di Ivan. Aprii subito gli occhi e lo vidi mentre aveva degli spasmi di piacere. A quel punto mi lasciai andare, ansimai pesantemente e iniziai a schizzare. Anche Ivan iniziò a sborrare, e quando lo guardai in faccia, notai che il suo sguardo era rivolto sul mio cazzo, che ancora eruttava sperma. Io mi ero goduto l’immagine di lui che schizzava per me, ed anche lui aveva fatto lo stesso.

Continuai a menarmelo, finché il mio cazzo diventò troppo sensibile e dovetti fermarmi. Ivan fece lo stesso. Diede un’ultima scrollata al cazzo, mi guardò dicendo: “Cazzo è stato grandioso!”. Arrossii di nuovo, e iniziai a lavarmi. Non riuscii a staccare gli occhi da lui. Lui si insaponava, si risciacquava, ed io ero lì a fissarlo. Mi asciugai, mentre lo guardavo asciugarsi. Poi mi avvolsi nel mio accappatoio, mentre lui mise di nuovo l’accappatoio sulla spalla e tornammo nella nostra stanza.

Lì, come se nulla fosse successo, Ivan si buttò sul letto e si mise a dormire. Indossai dei boxer e una maglietta, mi misi anche io sul letto e provai a leggere qualcosa. Ero confuso, dall’alcool, da quello che avevamo fatto. Mi sentivo su una giostra, ma porca puttana come era stato eccitante!

Mi addormentai. Sognai Ivan nudo, che pisciava, che si masturbava, e non so cos'altro. Nella mia mente c’era solo Ivan. Mi svegliai la mattina dopo e lui era addormentato sopra le sue coperte, ovviamente nudo, con un'erezione mattutina. Lo guardai per un po'. Poi mi alzai, mi vestii e uscii per fare colazione e andare a lezione. Prima di uscire, mi venne istintivo fargli una carezza sulla testa.
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