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Gay & Bisex

Il calciatore e il professore


di The_southparker
16.07.2021    |    24.910    |    31 9.4
"Aveva il naso pronunciato e le mani grandi..."
Salvatore era seduto nel mio ufficio, di fronte alla mia scrivania. Non ho mai capito perché gli studenti scelgano sempre di venire cinque minuti prima della fine dell’orario di ricevimento.

Buttai lo sguardo sul mio panino, che mi aspettava vicino alla borsa. Avevo fame, e l'ultima cosa che avrei voluto fare era passare la pausa pranzo a spiegare a un calciatore il perché sarebbe stato bocciato al mio esame.

L’ateneo privato presso il quale esercitavo aveva una lunga tradizione calcistica. La squadra universitaria vinceva diverse competizioni locali e spesso i giocatori ricevevano un trattamento di favore al momento di sostenere gli esami.

Gli altri professori chiudevano spesso un occhio, se non due, ma non io. Io ero intransigente. Calciatore o no, se l’esame andava male, per me era una stroncatura.

E al momento della bocciatura, la conversazione andava sempre nello stesso modo, almeno con i calciatori. Inizialmente il ragazzo in questione avrebbe cercato di spiegare che in realtà non era da bocciare, che ero stato io ad aver commesso un errore.

Poi mi avrebbe confessato di aver davvero bisogno di passare questo esame, e che avrebbe fatto qualunque cosa per recuperare: un orale aggiuntivo, delle tesine extra, e così via.

Al mio rifiuto, avrebbe fatto la vittima accusandomi di prenderlo di mira e di odiare i membri della squadra universitaria di calcio. In realtà ne sono un grande sostenitore, e lo dimostra il mio ufficio, pieno di targhe commemorative e foto con la squadra.

Non appena avesse realizzato che ero un amico degli allenatori e del direttore sportivo, l’avrebbe piantata lì e se ne sarebbe andato. O almeno, gli altri calciatori facevano così, solitamente.

Guardai il riflesso di Salvatore nello schermo del mio computer. Era alto un metro e novanta, con i capelli castani corti e gli occhi color ghiaccio. Aveva il naso pronunciato e le mani grandi.

L'avevo già visto in campo, e sapevo che sotto i suoi vestiti c'era un corpo massiccio e muscoloso. Oggi indossava l'uniforme ufficiale, e sopra la maglietta una felpa con il logo universitario.

“Cazzo”, ho pensato, “questo ragazzo è un toro!”. Mi presi un secondo per riacquistare la mia compostezza, poi dissi: “Salvatore, il tuo compito non è stato sufficiente. Anche venendoti incontro, non potrei mai metterti 18. Il compito non vale neanche 15 punti!”.

“Ho bisogno di superare questo esame… Se non lo passo dovrò ripetere l’anno... Per un cazzo di esame... scusi professore, non è per sminuire il suo esame, è che senza questi crediti non posso iscrivermi al secondo anno... mia madre mi ucciderà...”.

Perlomeno si era scusato. In quel momento avevo il coltello dalla parte del manico e farmi incazzare non lo avrebbe di certo aiutato a convincermi. Non che avesse qualche speranza, ovviamente. Ora dovevo solo aspettare che seguisse il solito copione.

“Farò di tutto per superare questo esame. La prego, mi dia una tesina extra, qualsiasi cosa...”. Eccolo lì. La mia mente vagava mentre Salvatore snocciolava il suo discorso appassionato. Abbassai lo sguardo, cercando di osservare le sue gambe senza che se ne accorgesse.

Aveva i polpacci muscolosi, e le gambe ricoperte da una bella peluria nera. Mentre mi stiracchiavo innocentemente, ho dato un’occhiata al suo pacco. La cosa bella dei pantaloncini bianchi della squadra è che mostrano tutto. E lui non indossava nemmeno biancheria intima.

Riuscivo a distinguere la forma della cappella e due rigonfiamenti che immaginavo essere le sue palle. Tornai a guardare il suo viso proprio mentre stava finendo. Stava ancora fissando il vuoto.

Ora era il momento del mio solito discorso. Non appena iniziai a parlare, Salvatore si stiracchiò sulla sedia dell'ufficio, sollevando un po' la maglietta e grattandosi il ventre. I suoi addominali erano perfetti, e belli pelosi.

Cercai di mantenere il contatto visivo, ma la sua mano ha continuato a muoversi verso il basso. Stava abbassando la banda elastica dei pantaloncini, e si stava grattando molto al di sotto dell'ombelico.

Ormai lo stavo fissando platealmente. Penso di aver visto la base del suo cazzo mentre scendeva con la mano. Avevo impostato il pilota automatico, mi resi conto di non sapere nemmeno cosa stessi dicendo. Incespicai nelle mie parole mentre mi avvicinavo alla mia scrivania, arrossendo.

Cosa diavolo stava succedendo? Mi voltai di nuovo verso di lui e gli dissi: “Quindi... uh... come stavo dicendo, non c'è niente che io possa fare, mi dispiace”. Mi sedetti.

“Ho capito…” disse mentre iniziava ad alzarsi. “Sì”, pensai, “e adesso vai fuori di qui!”. Anche se in quel momento non pensavo più al mio panino. Sentivo nei boxer crescere la mia erezione.

Salvatore invece di andarsene, si avvicinò alla porta del mio studio e la chiuse a chiave. Si voltò, e vidi che il rigonfiamento nei suoi pantaloncini stava crescendo. Invece di sedersi di nuovo, si avvicinò a me.

Rimase in piedi, a 20 centimetri da me, con il suo pacco proprio davanti alla mia faccia. Il suo uccello si stava intostando, e lui era abbastanza vicino da permettermi di intravedere addirittura le vene della sua asta pulsare.

Salvatore aggiunse: “Forse possiamo risolvere la cosa in un altro modo…”. “Salvatore, non posso”, gli risposi. “Certo che puoi… e so che lo vuoi” ribatté indicando con lo sguardo il mio cazzo, che si ergeva spudorato nei miei pantaloni eleganti.

“Andiamo, Prof. Un uomo attraente come te e uno stallone come me… Possiamo divertirci e risolvere questo problema”. Mi aveva appena definito attraente, dandomi anche del tu.

Pensai che stesse solo facendo leva sul mio ego, ma una parte di me sperava che quel pezzo di maschio mi considerasse davvero attraente. Avevo 45 anni, ed ero solo al mio secondo anno da professore universitario.

Ci tenevo alla forma fisica, il mio corpo era tonico e avevo la barba corta e curata, perfettamente regolata sulle guance. Le mie origini mediterranee erano evidenti, visti i miei occhi e capelli castani, leggermente brizzolati in realtà, così come la barba.

“Salvatore...” balbettai. Fece scivolare di colpo i pantaloncini lungo le sue gambe, fino a farli toccare il pavimento. Avevo ragione, non indossava biancheria intima. Il suo cazzo scattò in alto, completamente eretto, proprio davanti al mio viso.

Era un bel cazzo, non esageratamente lungo, ma sicuramente uno dei più larghi che avessi mai visto, se non il più largo. Era leggermente curvato verso l’alto. La cappella e le palle erano molto grosse. Notai anche una gocciolina di presperma sulla punta. Ero totalmente ipnotizzato dal suo cazzo.

Riuscivo sentire l'odore del suo bagnoschiuma, era come se si fosse appena fatto la doccia. In quel momento desideravo solo mettermi in ginocchio e succhiarlo. La mia mente vagava immaginando di assaporare il suo cazzo nella mia bocca.

La mano grande e forte di Salvatore mi toccò la spalla, e uscii di scatto dal mio stato di trance. Mi alzai dalla sedia, e assunsi un’aria seria e minacciosa. “Salvatore, non posso farlo… non posso perdere il mio lavoro. Adesso devi proprio uscire, fuori di qui!”.

“Sicuro? Stai perdendo l’occasione di succhiare un cazzo come questo”, rispose, sbattendo il cazzo duro sulla sua mano destra, come se fosse un manganello. Mi guardava con un sorriso arrogante, come a volermi sfidare.

“Vuoi davvero che me ne vada?”. Annuii. “Ok, sei tu a perderci”. Si tirò su i pantaloncini ed uscii dal mio ufficio. Circa trenta secondi dopo aver sentito la porta chiudersi schizzai un copioso carico di sperma nel cestino della carta.

*****

Qualche ora dopo, mentre tornavo a casa, ero davvero fiero di me stesso. Negli ultimi due anni, molte studentesse mi avevano fatto delle avance per convincermi a promuoverle. La più audace si era persino proposta di succhiarmi il cazzo, ma essendo io gay al 100% sono sempre stato immune al loro fascino.

Mi ero sempre chiesto se fossi stato in grado di resistere invece alle avance di un ragazzo, ci ero riuscito. “È stata la scelta giusta”, pensai.

Fare sesso con uno studente era off-limits. Non solo mi avrebbe fatto perdere quel lavoro se le cose fossero andate male, ma sicuramente non ne avrei mai più trovato un altro in ambito accademico. Le voci girano.

Vivo in campagna e mentre percorrevo il vialetto di casa notai un'auto parcheggiata davanti al mio garage. Ho scelto di vivere in una zona isolata, lontano dalla città. Strano che ci fosse qualcuno.

Mentre mi avvicinavo, vidi Salvatore seduto sulla mia veranda che accarezzava il mio labrador nero, Gunner. Un ottimo cane da guardia, devo dire.

Non appena scesi dalla macchina, Salvatore esclamò: “Mi chiedevo quando saresti tornato a casa”. “Salvatore cosa diavolo ci fai qui? Come fai a sapere dove abito?”.

“È un piccolo paese, Prof. Tutti sanno tutto di tutti”. Poi grattandosi la testa e guardando verso terra continuò: “Senti, stavo ripensando a prima, nel tuo studio… e niente, mi è diventato duro di nuovo”.

E infine alzando lo sguardo e fissandomi negli occhi, con un ghigno arrogante, concluse: “Visto che sei tu che mi hai fatto arrapare, adesso te ne deve occupare tu”. Mise una mano sul pacco, agguantandolo da sopra i pantaloncini.

Mi avvicinai alla porta d’ingresso, e quindi a Salvatore, e dissi semplicemente: “Vai a casa”. Salvatore fece uno scatto e si frappose tra me e la porta, impedendomi di entrare. Mentre mi avvicinavo a lui, afferrò la mia mano e se la infilò nei pantaloncini.

Le mie dita accarezzarono il suo pube villoso, poi il suo cazzo ancora non del tutto eretto, poi le sue palle. “Accarezzale”, mi sussurrò all'orecchio. Cedetti e feci scivolare le mie dita sotto le sue palle. Erano belle grosse e calde. Misi la mano a coppa e le soppesai dolcemente, come erano pesanti!

Il suo inguine era un po' sudato, e sentivo il calore del suo corpo. Iniziai a pensare alla quantità enorme di sperma che potevano contenere quei due grossi coglioni. Salvatore sospirò e sentii il suo respiro caldo accarezzarmi il viso.

Smise di trattenere la mia mano, ed io la lasciai lì, nei suoi pantaloni. Poi mi prese per il mento e girò il mio viso verso un campo vuoto a circa un km da casa mia. “Vedi lì, quel pino, là infondo? È lì che ti fotterò, Prof. Ti sfonderò il culo proprio lì!”.

Il ragazzo ci sapeva fare. Il modo in cui mi guardava e il suo fare autoritario mi eccitavano. Le mie difese stavano per cedere. “Entriamo in casa e parliamone, Salvatore”.

Slacciò pantaloncini e li lasciò cadere a terra. Si sedette quindi sul gradino davanti alla porta e allargò le gambe. “Prima devi pagare pedaggio. Succhialo!”.

Mi inginocchiai e guardai quel ben di Dio. Il suo cazzo largo era dritto e sbatteva contro la sua felpa, le sue palle erano appese e toccavano il gradino. Non potevo resistere.

Aprii la bocca e ci infilai il suo uccello, orami duro come una roccia. Feci appena in tempo a dare una leccata veloce al prepuzio, che Salvatore mi afferrò per il mento e spostò il mio viso più in basso. “Prima i coglioni”.

Iniziai allora a leccare le sue palle. Feci scorrere la lingua su ciascuna di loro, sollevando la sacca con la bocca. Salvatore mise entrambe le mani ai lati della mia testa e iniziò a dirigere la mia bocca. Spinse la mia faccia verso il suo inguine, e io leccai il suo pisello partendo dalla base.

Affondai la faccia nel suo pube, leccai ogni centimetro del suo cazzo e delle sue palle come se fosse manna dal cielo. Sembrava piacergli molto e mi tenne lì per qualche minuto.

Poi disse: “È ora di leccarmi anche il buco del culo”. E nel farlo piegò la schiena all’indietro, sdraiandosi sul gradino, dandomi accesso al suo ano. Mi tuffai.

Passai la lingua tra il suo buco del culo e le sue palle, facendo attenzione a ficcarla il più profondamente possibile nella sua fessura. Salvatore gemette ad alta voce. Assaporai l'odore di maschio di quello stallone, mentre leccavo il suo perineo.

Improvvisamente mi tirò via, prendendomi per il mento, mi guardò negli occhi e disse: “Vuoi il mio cazzo?”. Annuii. “Dimmi che lo vuoi”. “Voglio il tuo cazzo, Salvatore”, gli risposi. “Bene, adesso assaggia il mio presperma”.

Guardai la punta del suo uccello ed era lucida. Un rigolo di presperma scendeva lungo l’asta. Mi sono sporto in avanti e l’ho assaggiato. Il gusto era strano, un misto di dolce e salato. Poi l’ho leccato di nuovo.

“Ti piace?”, mi chiese. Annuii di nuovo. “Bene, allora leccami per bene la cappella”. Con la sua mano ha abbassato il prepuzio, esponendo completamente il glande, rosso e lucido.

Feci scorrere la lingua tutta attorno alla sua cappella, ripulendolo da cima a fondo. Ingoiai ogni singola goccia di presperma, succhiando avidamente la fessura del suo glande.

Salvatore si agitava e gemeva: era pronto a schizzare. Avevo il mio cazzo così duro da farmi male nei pantaloni. Aprii la cerniera e lo tirai fuori.

“Bravo”, mi disse Salvatore: “Masturbati mentre me lo succhi”. Non avevo certo bisogno di essere spronato ulteriormente. Mi masturbavo come un forsennato mentre succhiavo il cazzo di Salvatore. Dio mio, volevo il suo sperma nella mia bocca più di ogni altra cosa al mondo.

Leccai il glande ancora per un po’, poi andai più a fondo, prendendo tutto il cazzo nella mia gola. Giusto un paio di succhiate, e Salvatore ansimò: “Eccolo che arriva!”. Ma con mio dispiacere lo tirò fuori dalla mia bocca.

Il primo fiotto mi colpì sul naso. Poi altri quattro schizzi densi mi imbrattarono il viso e i capelli. Quando sentii lo sperma caldo colpirmi la faccia, mi lasciai andare e sborrai sul gradino.

Finiti gli schizzi, mi tuffai di nuovo sul suo cazzo e ingoiai avidamente lo sperma rimasto. Lo tenni in bocca per qualche secondo prima di inghiottirlo, era delizioso.

Nel vedermi, Salvatore commentò: “Che bravo ragazzo”. Poi strofinò la sua mano sul mio viso, assicurandosi che ogni centimetro della mia faccia fosse coperto dal suo sperma.

Mise la sua mano imbrattata di sborra davanti alla mia bocca, ordinandomi di ripulirla. Obbedii volentieri, succhiando ogni dito e infilando la lingua in ogni piega della sua mano.

Quando ebbi finito, Salvatore si alzò e disse: “Ora possiamo entrare”. Entrati in casa mia, Salvatore mi guardò sogghignando: “Prof, sei così eccitante con la faccia ricoperta della mia sborra!”.

“Sì, beh… vado in bagno e pulirmi”, gli risposi. Guardandomi allo specchio di sentivo una troia. Prima di lavarmi la faccia, non resistetti e leccai un altro po’ di sperma. Mi stava diventando di nuovo duro, ma scacciai quei pensieri peccaminosi dalla mia testa e tornai in soggiorno.

Dovevo trovare un modo per sbarazzarmi di Salvatore. Il pompino sui gradini è stato fenomenale, ma doveva finire lì, prima che la situazione degenerasse. Salvatore si era accomodato sul mio divano a guardare un canale sportivo. Si era tolto la felpa e indossava una canotta bianca.

Le sue braccia, forse la parte più bella di lui, erano finalmente visibili. Aveva due braccia toniche e robuste, e due spalle belle possenti. Mi sedetti su una sedia di fronte a lui, ammirando brevemente il suo pacco un’ultima volta. Da lì a poco l’avrei buttato fuori di casa.

Salvatore distolse lo sguardo dallo schermo e disse “Prof, non sono uno stronzo, non voglio ricattarti o altro. Per l’esame…“. Lo fermai: “Ti metterò 18, Salvatore. Ci siamo divertiti e mi è piaciuto molto. Solo che capirai che…”. Stavolta fu lui a interrompermi.

“Vieni qui”, disse indicando il cuscino accanto a lui sul divano. Mi avvicinai e mi sedetti. “Comunque era vero quando ho detto che mi hai fatto arrappare”, affermò fissandomi negli occhi. Risposi con un timido grazie.

Guardammo il canale di sport per un po’, senza dirci quasi niente. Il sole stava per tramontare. Nella mia testa si avvicendavano tanti pensieri. Forse con Salvatore poteva nascere qualcosa? Magari potevamo scopare ancora? Lo eccitavo davvero?

Probabilmente si è solo approfittato di me per l’esame, e poi rivedersi sarebbe stato un male per me. Stare con uno studente, anche dopo la fine dei corsi, avrebbe generato uno scandalo e posto fine alla mia carriera. Finito il programma in TV, all'improvviso Salvatore si alzò dal divano.

“Bene” disse, accarezzandomi la gamba, “hai del lubrificante?”. “Lubrificante? Per cosa?”. “Te l'ho detto prima, voglio sfondarti il culo là fuori, sotto quell'albero. Io sono già pronto, ma ho pensato che forse è meglio prendere un po' di lubrificante prima di uscire”.

“Vuoi scopare fuori?”, gli risposi, mettendo un po’ troppa enfasi sulla parola “fuori”. Ero stordito. “Mi hai appena leccato il cazzo sui gradini di casa tua, in pieno giorno… E adesso che è quasi buio ti tiri indietro?”.

Aveva ragione. Vivevo in campagna, nessuno poteva vederci. Entrai in camera da letto e afferrai il lubrificante. Il cuore mi batteva a mille.

Tornato in soggiorno, Salvatore era lì con un’enorme erezione nei pantaloni. “Spogliati qui!” mi chiese con fare autoritario. Non esitai un minuto. Mi tolsi la maglietta e lasciai cadere i jeans, rimanendo con i boxer e le scarpe.

“No, completamente. Devi uscire di casa tutto nudo”. Tolsi anche il resto e mi avvicinai a lui, che invece era ancora vestito. “Come ho detto prima, sei eccitante”, esclamò accarezzandomi il petto.

Mi allenavo tutti i giorni e i pettorali erano la parte del mio corpo di cui andavo più orgoglioso. Afferrò un pettorale, si chinò e diede un morsetto il capezzolo.

“Voglio scoparti come un animale… sentire il tuo culo aprirsi mentre ti sfondo…”, disse mentre giocava con il capezzolo. Spinsi il mio cazzo sulla sua coscia, strofinandolo lentamente.

Salvatore iniziò a mordicchiarmi il lobo dell'orecchio. Mi afferrò il culo con entrambe le mani e lo soppesò. Iniziò a massaggiarmi i glutei con le sue grandi mani, poi passò al buco del culo. Si bagnò le dita e iniziò a giocare con la mia fessura, premendole lentamente, ma con forza.

Stava preparando il mio culo ad aprirsi per lui. Infilò un dito, poi un secondo. Quando mi sentì gemere dal piacere disse: “Adesso andiamo fuori”. Mi mise un braccio intorno alla spalla e mi condusse all’esterno.

Lui era ancora vestito, io completamente nudo, con il cazzo in tiro. È vero che abitavo in campagna, ma se fosse passato qualcuno? Nella radura l’erba era bassa, e l’unico albero presente era il famoso pino. Sarebbe stato impossibile nascondermi.

Attraversavamo il campo, diretti al pino che gli piaceva tanto. Una volta arrivati, si inginocchiò e mi fece cenno di avvicinarmi. Allungò la mano e afferrò il mio cazzo. Lo prese in bocca e con dei movimenti fluidi scese fino alla base, facendo su e giù. Dopo un po’, esclamò: “Hai un bel cazzo, Prof. Ora però girati”.

Mi girai, e lui iniziò a leccare il mio buchetto. La sua lingua roteava attorno al mio buco per alcuni secondi, poi spingeva dentro il suo indice. “Ci penso io a te, Prof. Vedrai come sarà bello essere sfondati... come una puttana”.

Mi fotteva con il dito, e per tutto il tempo mi diceva quanto mi avrebbe fatto sentire bene. “Che troia che eri oggi con la mia sborra tutta sul viso. Lo so che sei corso in bagno perché la volevi ingoiare tutta”.

Era vero. Mi stava facendo sentire la sua troia. A un certo punto prese il lubrificante e iniziò a ungermi per bene l’ano. Mentre giocava con il mio culo con le sue dita, continuava ad incitarmi con le parole.

Diceva: “Prof, com’è caldo e accogliente questo buco”, “Non vedo l’ora di metterci il cazzo”, “Te lo slabbro quel buco, Prof. Ma hai visto come è largo il mio uccello?”. Cazzo come ero eccitato, e poi aveva ragione. Il suo cazzo era decisamente largo.

Salvatore si alzò e lasciò cadere i pantaloncini a terra. Il suo cazzo era completamente eretto, il prepuzio si era ritirato e la cappella svettava lucida verso l’alto. “Adesso succhialo, vedi com’è bagnato di presperma!”.

Lo presi subito in bocca, spingendo la testa fino alla base del suo cazzo. In quel momento pensai che avrei potuto succhiare quel cazzo per sempre. Cercai di spingerlo più in fondo possibile, fino quasi a strozzarmi.

Mi lanciò il lubrificante. “Lubrificalo per bene. Non voglio farti del male”, mi disse. Avevo il culo unto, pronto per lui. E avevo già succhiato per bene ogni centimetro del suo cazzo. “No, non c’è bisogno”, gli risposi, “è già lubrificato così”.

Mi prese per le spalle e mi fece voltare. Sentii il suo uccello spingere contro il mio ano. “Prof, Lo vuoi? Vuoi il mio cazzo dentro di te?” mi chiese. “Dio, Salvatore. Ti prego, scopami!”.

E finalmente iniziò a penetrarmi. Il culo mi bruciava un po' mentre si muoveva dentro di me, ma ero troppo eccitato. Grazie al lubrificante che Salvatore mi aveva messo prima, l’inculata iniziale è stata semplice, ma man mano che spingeva più in fondo sentivo un po’ di attrito.

“Sto entrando fino in fondo...”, disse. Continuò a spingere. Sentivo le mie viscere muoversi ed accogliere il suo cazzo grosso. Ed alla fine sentii finalmente il suo corpo spingere contro il mio culo.

Si chinò su di me, avvolgendomi con le braccia e accarezzandomi l’addome. Il suo viso era proprio accanto al mio. “Adesso è tutto dentro, Prof. Lo senti il mio grosso cazzo dentro di te?”.

“Sì,” gemetti. Mi sentivo così pieno. Il mio uccello eretto stava rimbalzando su e giù al ritmo dell’inculata. Accarezzò il mio corpo e con la mano afferrò il mio cazzo duro. Iniziò a menarmelo. “Ora che è tutto dentro cosa ti piace? Come lo vuoi il mio cazzo?”.

“Sfondami, Salvatore. Scopami forte”. Tirò fuori il cazzo e lo fece scivolare dentro lentamente. “Sicuro di non volerlo sentire piano… che ti penetra dolcemente…in questo modo…”.

Non volevo gentilezze. Volevo solo che mi facesse sentire una puttana, che mi sfondasse. “Spaccami il culo Salvatore, sfondami!”. “Hai ragione. È così che si scopa una troia all’aperto” rispose, tirando fuori tutto il cazzo e sbattendomelo di colpo dentro fino in fondo.

Lo fece almeno dieci volte, poi passò a colpi più brevi e ad un ritmo veloce e costante. Mi segava il cazzo e mentre mi sussurrava all'orecchio: “Ti piace essere inculato da uno stallone come me? Ti piace sentire il mio cazzo nel tuo buco sfondato?”. Riuscivo solo a balbettare di sì mentre mi stantuffava il culo.

Mi tirò per i capelli, spostando la mia testa verso il cielo. “Guarda le stelle, Prof. È bellissimo scoparti sotto le stelle. Mi fai sentire un animale”. Aumentò ancora il ritmo.

“Oh Cristo, Salvatore...”. Era l’unica cosa che mi venne in mente. Il suo cazzo stava ancora entrando e uscendo dal mio culo. Giuro, riuscivo a sentire ogni vena del suo cazzo. Sentivo l'erba sfregare sulle mie ginocchia, l’addome peloso di Salvatore contro la mia schiena. Il suo corpo era così possente.

Mi abbracciò e mise tutto il suo peso su di me. Passò a incularmi con colpi ancora più veloci. Accompagnò la mia testa verso la sua e iniziò a baciarmi. Mi staccai dal bacio e ansimai: “Sei uno stallone, Salvatore. Sei una bestia. Sborrami nel culo, riempimi!”.

“Che puttana che sei, Prof. Sei la mia puttana. Ora ti schizzo dentro”. Si mise in piedi, e si poggiò alla mia schiena. Iniziò a incularmi come un forsennato. “Eccolo che arriva”. Ficcò tutto il suo cazzo in profondità dentro di me, e iniziò a gemere come un animale mentre mi riempiva il culo.

Urlava sul serio mentre mi sparava il suo sperma caldo nel culo. Non potevo resistere, e mi menai il cazzo giusto un paio di volte prima di schizzare sull’erba. Poi mi accasciai a terra.

Anche Salvatore crollò su di me, con il suo cazzo ancora duro e conficcato nel mio culo. La sensazione del suo corpo pesante che giaceva sopra il mio era bellissima, i nostri respiri erano sincronizzati.

Entrambi stavamo godendo di quella sensazione di relax che viene dopo un orgasmo. Non so quanto tempo passò, forse un minuto o due, prima che Salvatore tirasse fuori il cazzo e si alzasse.

“E' stato pazzesco”, disse mentre mi alzavo. “Davvero, la scopata più eccitante di sempre. Che culo accogliente che hai, Prof”. Mormorai un grazie mentre fissavo il suo corpo caldo e luccicante di sudore. Era scuramente il ragazzo più massiccio con cui fossi mai stato.

“Devo andare”, disse. Si infilò i pantaloncini e la canotta. Poi si avvicinò e afferrò con la mano il mio cazzo, strizzandolo per far uscire l'ultima goccia di sperma. La raccolse con un dito, se lo portò alla bocca e lo leccò.

“Mmm… la prossima volta ne voglio di più”, mi disse, facendo l’occhiolino. “Alla prossima, Prof!”. Si allontanò e si diresse verso la sua macchina. Lo seguii con lo sguardo, mentre percorreva il vialetto. Mi lasciò lì nel campo, nudo, e la sua sborra che mi colava dal culo.

Ritornai a casa. Entrato in soggiorno, vidi la felpa di Salvatore stesa sul divano. L’aveva dimenticata lì. Questo significava una cosa sola. Prima o poi ci saremmo rivisti per potergliela restituire.
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