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Gay & Bisex

Servizio NCC con sevizie – Parte 1


di Darkdaddy
09.04.2022    |    11.613    |    15 9.0
"Cercammo di salutarlo in maniera composta, pur essendo palese la nostra ubriacatura, e scoppiammo subito a ridere come dei matti, appoggiandoci l’uno..."
Attenzione: le scene descritte in questo racconto potrebbero urtare la vostra sensibilità. Se vi ritenete sensibili, non proseguite.

Coi miei due migliori amici intendevo festeggiare la maturità appena conclusa, e ci sembrò un’ottima idea iniziare con un fine settimana nella casa al mare dei genitori di Nicola, preludio alle vacanze in barca nell’Egeo.
Matteo, Nicola ed io partimmo alla volta del litorale il venerdì a metà mattinata, arrivando diretti in spiaggia per prendere un po’ di colore. Ogni quindici minuti passavano delle ragazze a distribuire flyer per i locali in zona, e decidemmo di farci un giro quella sera stessa, sbocciando champagne come se piovesse in ogni locale visitato. Incontrammo varie tipe, alcune per un giro di limoni durante qualche ballo, altre per un giro in giostra in spiaggia, nonostante l’alcohol, altre ancora per un festino privato nell’appartamento.
Ci svegliammo nella tarda mattinata di sabato, piuttosto provati e bisognosi di qualche pastiglia per il mal di testa, e decidemmo di fare tavolo alla discoteca più figa della zona. Per evitarci possibili rotture con la pula, noleggiammo un’auto con conducente, nonostante distasse solo una manciata di kilometri dall’appartamento: visto il probabile tasso alcolico da record, preferimmo agire in maniera responsabile.
Nicola, il muscoloso del trio, si era messo una camicia bianca, attillata sui muscoli, che evidenziava i suoi bicipiti, i suoi pettorali e i suoi deltoidi, grazie ai suoi allenamenti da ironman. Dall’alto dei suoi 185 centimetri di altezza, coi capelli castani mossi e un filo di barba, faceva sempre impazzire qualunque figa gli capitasse a tiro.
Matteo, capelli biondi lunghi ed occhi azzurri, era il nostro fighetto: usciva in giacca e camicia fin dai sedici anni, e le frasi di Nietzsche e Schopenhauer imparate a memoria catturavano l’attenzione delle tipe, che pensavano di trovarsi davanti uno bello e profondo.
Infine, io, Davide, ero quello più normale: capelli neri ricci, occhi scuri, tennista piuttosto bravo, le conquistavo con la simpatia e col sorriso.
La serata fu semplicemente spaziale: avevamo prenotato un tavolo su una pedana vicino al dj, ed era un via vai di fighe e di bottiglie, tanto che perdemmo il conto sia delle une che delle altre, tanto che pure il conto fu spaziale. Pagò tutto Nicola con la carta di credito di suo padre, un avvocato molto noto in tutta la regione.
Riuscimmo ad individuare subito la macchina, un van Mercedes nero, e l’autista, un signore rasato sui cinquant’anni, in completo anch’esso nero, con camicia bianca aperta sul petto.
Cercammo di salutarlo in maniera composta, pur essendo palese la nostra ubriacatura, e scoppiammo subito a ridere come dei matti, appoggiandoci l’uno sull’altro per tenerci in piedi.
“Signori, noto con piacere che vi siete divertiti un bel po’ stanotte, eh!”.
Signori?! A noi?! Ridemmo ancora più forte, da farci venire le lacrime.
“Sì, ma la notte è giouvaineee”, biascicò Nicola.
“Allora se volete continuare il divertimento, vi posso portare ad un after non distante da qui… che ne dite? Ovviamente rimarrò a vostra disposizione per riportarvi a casa”.
Ci guardammo e scoppiammo nuovamente a ridere, dicendoci che quella era davvero una serata di riscaldamento pre-Grecia.
“Sìììì! Andiamooo!!!”, gridammo all’unisono.
“Bene… salite pure signori.”
Ci sedemmo tutti e tre sulla prima fila di sedute posteriori, e non appena si chiuse la porta automatica l’autista partì a gran velocità verso la festa successiva.
I vetri erano oscurati per cui faticavamo a capire la direzione verso cui stava guidando: appoggiai la testa sulla spalla di Nicola, e mi addormentai senza accorgermene.
“Signori, siamo arrivati a destinazione. Vi prego di scendere, facendo attenzione a non cadere”.
L’apertura della porta ci inondò di una fortissima luce al neon, che i nostri occhi fecero fatica ad affrontare. Scendemmo lentamente, sia per la sbornia altamente in circolo, sia per l’incapacità di mettere a fuoco lo spazio circostante.
Appena usciti dall’auto, sentii qualcosa premuto sulla mia bocca e poi fu il buio totale.
Quando riaprii gli occhi, la testa penzolante verso il basso, mi ritrovai completamente nudo, ricoperto di sudore, con le caviglie legate a delle catene fissate al pavimento, e le braccia rivolte in alto, coi polsi legati ad altre catene che pendevano dal soffitto. Era uno stanzone enorme, tipico dei capannoni industriali, con le luci al neon fortissime a creare un effetto giorno.
Di fronte a me, in una disposizione triangolare, c’erano anche Nicola e Matteo, ancora incoscienti, ma nelle mie stesse condizioni. Cercai di urlare ma mi accorsi che avevo qualcosa in bocca che mi impediva di emettere dei suoni. Sentivo caldissimo: ero madido di sudore, e le gocce scendevano copiose sulla mia fronte.
All’improvviso mi si parò davanti qualcuno: indossava solo un camice da medico, e portava una maschera da diavolo, rossa con spruzzi di nero, e le corna lunghe e nere. In mano aveva uno smartphone.
“Mmm… mmm!! Mmm… MMM!!!”. Era tutto quello che potevo dire per urlare la mia disperazione, per chiedergli aiuto, per sapere cosa ci stesse succedendo.
“Signori, voi siete l’anima della festa, e l’anima della festa non dorme finché la festa non finisce. Rimanete svegli, e godetevi il momento. Ed ora, cominciamo il gioco.”
Entrarono altri finti medici, con la maschera da diavolo: erano una decina, di varie altezze e forme. Si disposero a cerchio di fronte a noi tre, dandosi di gomito forse per la visione di tanta bellezza e giovinezza.
Nel frattempo, anche Matteo e Nicola si erano svegliati, e si agitavano come dannati facendo scuotere gli anelli di acciaio delle catene, schizzando gocce di sudore per terra.
Una musica di sottofondo cominciò a suonare; dopo le prima battute, la riconobbi: era la quinta sinfonia di Mahler.
I finti medici si tolsero i camici, e li lanciarono dietro le nostre spalle. Rivelarono dei corpi variegati, alcuni decisamente obesi – in particolari quelli bassi di statura – altri quasi ossuti, e uno solo muscoloso. I loro cazzi, pur flaccidi, sembravano lunghi o grossi, o entrambe le cose. E questo mi fece paura.
Tre uomini alti, uno magro e gli altri due con la pancia, si disposero attorno a Matteo, che teneva gli occhi chiusi e singhiozzava. Cominciarono a giocare coi suoi capelli biondi, accarezzandogli il volto, scendendo lungo il suo corpo glabro e soffermandosi sul suo culo a lungo, forse facendo quello che gli altri stavano facendo a Nicola.
Tre uomini non molto alti, decisamente sovrappeso e molto pelosi, anche sulla schiena, si avvicinarono a Nicola, Cominciarono a toccarlo ovunque, dagli addominali ai bicipiti, ai pettorali, e poi dai quadricipiti al culo, che esplorarono con delle dita, o almeno così me la immaginai, dato che Nicola si agitava impazzito senza potersi muovere, e si potevano udire i loro sghignazzi di soddisfazione.
Altri tre uomini, della mia stessa altezza, di corporatura normale, si misero uno davanti a me, uno dietro di me, ed uno alla mia destra, tutti e tre prendendomi i ricci e stendendoli, per poi scendere con un dito fino al mio culo, dove entrarono a turno, aiutati dal sudore che emetteva il mio corpo. Sentivo i loro cazzoni, ormai duri, sbattere contro le mie gambe, e quello al mio fianco si stava strusciando contro la mia coscia, facendomi sentire bene la consistenza del suo membro.
“Ora che avete fatto conoscenza, vi allieveremo dal caldo opprimente facendovi bere una bibita rinfrescante”. Doveva aver parlato il decimo uomo, quello muscoloso, rimasto al centro della scena.
Ci rimossero la gag ball – ecco cosa avevo in bocca – e ci forzarono un imbuto in bocca, con la testa all’indietro, facendoci ingoiare quello che mi sembrava tè freddo. Ci tolsero l’imbuto e ci lasciarono la bocca libera, ma nessuno dei tre ebbe il coraggio di parlare o di urlare.
“Tra poco sentirete ancora più caldo, poiché il liquido che avete appena bevuto sprigionerà la vostra voglia repressa e vi permetterà di essere finalmente voi stessi, forse solo per questa notte, o per tutta la vostra vita”.
Droga, ecco cosa c’era nel tè! Stavo per urlare quando uno dei tre mi prese per la gola, strozzandomi l’urlo sul nascere. Non ci fu bisogno di tenermi bloccato a lungo: poco dopo, mi sentii pervadere da un tale senso di euforia e di libidine, che un sorriso inconsapevole comparve sul mio volto.
“Ora sarete liberati dalle catene, e messi su un materasso dietro di voi. Buon divertimento”, disse l’uomo muscoloso, che sembrava interpretare la parte del presentatore della serata. L’inconscio mi diceva di averlo già visto, ma non riuscivo a capire dove e quando. Accese lo smartphone, selezionò la videocamera, e cominciò a riprendere.
Una volta divincolati, ci fecero sedere sui materassini, mentre gli uomini rimanevano in piedi.

Cominciarono con Matteo. Lo liberarono e lo fecero mettere a quattro zampe sul materasso, con le gambe divaricate e la bocca aperta. Uno cominciò a tirargli i capelli per tenergli alta la testa, mentre un altro gli infilò il cazzo barzotto in bocca, spingendolo tutto dentro, per poi darsi il cambio. Il terzo si mise a leccargli il culo, dapprima lunghe slinguate dal perineo al solco intergluteo, poi sullo sfintere, penetrandolo con la lingua, infine infilandoci il dito indice della mano destra in alternanza con la lingua.
Matteo non reagiva a tutto ciò: era un automa in balìa di quei tre.
Si lubrificarono i loro cazzi, che si stavano indurendo, evidenziandone la lunghezza, di uno spessore piuttosto importante. Misero del lubrificante anche dentro il culo di Matteo, massaggiandolo all’esterno, di modo da rendere tutta l’area ben idratata.
Di colpo, uno glielo infilò nel culo, scopandolo come un forsennato per circa cinque minuti; si sfilò, e prese il suo posto un altro, facendo altrettanto; infine, lo inculò anche il terzo, quello magro, che passò cinque minuti ad entrare completamente nel culo di Matteo, e a uscirne, in gran velocità.
Matteo aveva gli occhi spenti, come se non sentisse nulla: biondo, con gli occhi azzurri, completamente glabro, sembrava davvero un angelo corrotto dal demonio.
Continuarono questa alternanza di scopate da cinque minuti ciascuno, finché non cominciarono a sborrare nel culo di Matteo copiosamente, uno dopo l’altro, riempiendolo di sborra calda, che colava fuori dal buco, cadendo sul materasso.
Lo alzarono e lo fecero sedere su una sedia, dove c’era un dildo nero, di almeno venti centimetri, con un diametro di circa otto, su cui versarono del lubrificante. Gli legarono i polsi dietro la schiena, e le caviglie alle gambe della sedia, mentre il dildo entrava lentamente dentro il suo culo.
Quando fu completamente seduto, Matteo emise un suono soffocato, quasi un lamento. Si potevano vedere i coglioni del dildo sotto i suoi, e le sue pupille erano dilatate forse tanto quanto il suo deretano.
I tre uomini pisciarono a turno dentro la bocca di Matteo, reclinando la sua testa, così da fargli ingoiare tutto quel piscio.
“Signori, vi annuncio che il primo gioco è stato superato egregiamente! Ora passeremo al secondo, che mi auguro vi divertirà tanto quanto il primo”.

P.S. Vi ricordo che, essendo un racconto, fatti e persone sono puramente frutto della mia fantasia.
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