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incesto

Sonnambulismo


di Isaac
14.08.2019    |    15.771    |    6 8.6
"O almeno così credevo: "che cosa stai facendo?" mi chiese lei perplessa, giunta di soppiatto alle mie spalle..."
Un presagio di ciò che sarebbe successo lo ebbi a 6 o 8 anni, ero stato troppo a lungo col capo scoperto in spiaggia senza bagnarmi e presi un colpo di sole; subito mi portarono a casa e la guardia medica prescrisse che stessi a letto, al buio, a riposare.

Verso metà pomeriggio mi svegliai in stato confusionale; in casa regnava il silenzio, mi alzai e uscii dalla cameretta scalzo, subito venni infastidito e abbacinato dalla luce diurna e feci per rientrare ma venni attirato dalla porta socchiusa della camera matrimoniale, mi avvicinai cautamente e guardai dalla fessura.

L'interno era in penombra, rischiarato fiocamente dalle lame di luce che filtravano dalle tapparelle; vidi due sagome scure, appena delineate, come in un distico. RiconobbI mio padre, seduto sul letto, e mia madre inginocchiata con la testa tra le gambe di lui, i due sembravano non muoversi; non capivo che cosa stesse succedendo ma avvertii d'essere dinanzi a un mistero profano e mi scostai con la fronte imperlata di sudore, riguadagnando silenziosamente il mio giaciglio dove praticamente svenni per il capogiro.

Non pensai alla cosa per qualche anno, sin quando non divenni adolescente; nel frattempo mia madre era andata incontro a dei fenomeni depressivi e a esaurimenti nervosi mai diagnosticati, superati in qualche modo o, perlomeno, gestiti; concorrevano al suo stato anche l'anaffettività, il comportamento quasi autistico di mio padre e tutta una serie di preoccupazioni familiari, tra lutti e intemperanze di una delle mie sorelle.

Ancora venne l'estate, per combinazione quell'anno riprendemmo in affitto l'appartamento di dieci anni prima; ero un adolescente timido e introverso, pingue, piagnucoloso, pieno di fisime e inibizioni.

Con la più perfetta buona fede mia madre aveva commesso una serie di errori pedagogici da protofemminista, inculcandomi un rispetto reverenziale esagerato nei confronti delle donne, inducendomi a pensare che le pulsioni sessuali del maschio verso di loro, le mie, fossero istinti predatori bassi e degradanti mentre, di converso, era esageratamente liberale, sin quasi all'induzione al libertinaggio, con le mie sorelle che infatti erano molto popolari in spiaggia.

Un pomeriggio rivissi il ricordo di dieci anni prima effettuando una strana pantomima: mi stesi sul lettino dove ancora dormivo, mi alzai silenziosamente, percorsi con circospezione il breve tratto di corridoio sino a giungere alla porta socchiusa della camera da letto; rivivendo il tutto come in una sequenza onirica accostai il viso alla fessura per scrutare l'interno fiocamente illuminato e socchiusi gli occhi reimmaginandomi la scena.

Ovviamente non c'era nessuno: mio padre era ancora in città per lavoro e ci avrebbe raggiunti solo da lì a due settimane, le sorelle erano in spiaggia, mia madre in terrazza su di una sdraio che sfogliava una rivista fumando.

O almeno così credevo: "che cosa stai facendo?" mi chiese lei perplessa, giunta di soppiatto alle mie spalle. Trasalii e mi voltai verso di lei pentendomene subito, ero infatti preda d'una vistosa erezione, malamente trattenuta dal costume di lycra. Farfugliai una scusa e tornai in camera sentendo il peso del suo sguardo sulle mie spalle.

Quella notte presi sonno tardi, le sorelle avrebbero fatto la nottata in spiaggia tra falò, cocomeri, schitarrate ed effusioni; ebbi diversi incubi, destandomi e addormentandomi più volte finché mi acquietai.

Era notte fonda quando mi svegliai avvertendo una presenza: illuminata dalla luna piena, con un'espressione catatonica in volto e le palpebre socchiuse stava mia madre, in piedi accanto al mio letto, completamente nuda.

Era ancora una bella donna, poco più che quarantenne, bruna, procace, tornita, i seni generosi, i fianchi larghi e il pube lussureggiante; ammantata di luce siderea e in quella posa ieratica pareva una divinità ancestrale.

Non dissi nulla restando a contemplarla indeciso se stessi sognando o vivendo per davvero quella situazione surreale, una parte di me, però, decise di esprimere il proprio compiacimento e questa vibrazione dovette pervenire alla dea incombente sopra di me: senza schiudere le palpebre mi si inginocchiò accanto e con gesti fluidi mi sfilò gli slip scoprendo la mia scalpitante e parossistica eccitazione.

Una mano della dea scorse lungo la mia coscia sino al membro che carezzò voluttuosamente con la punta delle dita più e più volte prima di impugnarlo con soave fermezza e cominciare a percorrerlo armonicamente, poi la dea si chinò in avanti, sentii l'onda dei suoi capelli sfiorarmi le gambe e il ventre prima che un abisso di calore e umida morbidezza mi inghiottisse strappandomi un rauco grido. Non resistetti a quelle lusinghe e poco dopo avvertii il flusso magmatico farsi strada nel mio membro infuocato ed erompere come una colata lavica nella bocca della dea. Ripetute scariche mi folgorarono mentre venivo travolto dalle ondate di piacere ma la dea, quasi del tutto immobile, mi teneva avvinto a sé con la sola imposizione delle mani sul mio ventre fino a che non mi rilassai, esausto.

La bocca della dea liberò il prigioniero sconfitto e lei fece per stendermisi addosso. I suoi capelli mi solleticavano ovunque, i seni trionfanti dai capezzoli turgidi disegnavano misteriosi arabeschi sulla mia pelle, la sua bocca mi percorreva alla ricerca dei meridiani del piacere soffermandosi sulla mia e conquistandola con inesorabile dolcezza.

Bastarono pochi minuti di quel rituale perché la mia giovane età riprendesse il sopravvento, senza mai schiudere gli occhi la dea salì su di me a cavalcioni, indirizzò con la mano il mio membro paonazzo sul pertugio bagnato al centro della sua natura lussureggiante e vi affondò lentamente schiudendomi vertigini di piacere inimmaginabili.

Guardavo la dea cavalcarmi lentamente, ipnotizzato dal dondolio ritmico dei suoi seni, contemporaneamente la vedevo riflessa nello specchio a parete dietro di lei, le piante dei piedi arcuate dagli spasmi, le morbide, emisferiche, nivee natiche così contrastanti la flessuosa schiena abbronzata, i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle ondeggiando anch'essi.

Di nuovo non potei resistere a lungo a quella danza della pioggia e trasfigurai ancora più intensamente di prima, mentre l'essenza midollare mi veniva risucchiata copiosa nel corpo della dea. Ancora con gli occhi chiusi e un enigmatico sorriso in volto la dea rallentò la sua cavalcata su di me sin quasi a fermarsi, vidi la bocca schiudersi e tra i denti madreperlacei guizzare la lingua per leccarsi le labbra, poi si disgiunse da me, esitò qualche istante a mezz'aria per il tempo necessario a che il mio piacere colasse fuori di lei, rigandole l'interno delle cosce e perdendosi tra le lenzuola.

Si rimise in piedi, stavolta rivolta allo specchio ma sempre con gli occhi chiusi, stette così un istante portandosi le mani ai seni eppoi si allontanò, reimmergendosi nell'oscurità della casa silenziosa da cui era venuta.

Ancora tramortito feci appena in tempo a guardare un'ultima volta la luna piena, prima di cadere in un sonno profondo.
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