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Gay & Bisex

Rosa Parks


di Isaac
06.10.2016    |    10.604    |    4 8.9
"L'odore di spezie e di maschio mi inebriò, il cuore mi pulsava nelle orecchie come i tamburi di un rito ancestrale, il sapore albuminoso di quell'enorme e..."
Non avevo mai fatto prima di allora lunghi viaggi in autobus. prediligendo l'auto, il treno o l'aereo, ma le difficoltà economiche in cui mi dibattevo in quel periodo mi indussero alla scelta più economica per quel viaggio che dovevo intraprendere.

L'andata andò molto bene ma il rientro dovetti anticiparlo e così in luogo del posto che m'era stato assegnato all'acquisto, in fase di cambio mi diedero l'unico rimasto libero, in ultima fila.

Scoprii, così, una realtà impensabile: anche in Italia, oggi, si invera una sorta di segregazione razziale per cui agli stranieri, segnatamente di colore, più o men casualmente vengono assegnati i posti più in fondo di modo da tenerli tutti assieme e distanti dalla clientela autoctona; stando tra loro capii anche perché: alcuni di loro erano piuttosto malmessi, disposti scompostamente sui sedili in certe pose da carrozza ferroviaria di terza classe anni '70 e insomma, una signora si sarebbe potuta sentire a disagio tra loro; anche l'atmosfera risentiva della distanza culturale, quegli abiti impregnati nel migliore dei casi di sentori di cucina esotica e così via.

Mi apprestai così, mestamente, a trascorrere una notte insonne e invece, poco dopo la partenza, esauritasi la batteria dello smartphone cercai di stendermi alla meno peggio ed a chiudere gli occhi, come peraltro facevano tutti i miei compagni di viaggio.

Accanto a me c'era un ragazzo di colore vestito con una tunica damascata, zuccotto e infradito, uno di quei ragazzi alti e statuari che si vedono ciondolare per le strade, ma con una sua dignitas tradizionale, nonostante la giovane età; l'incarnato era di un ebano profondissimo e uniforme, il viso completamente glabro; stava con le gambe protese sotto al sedile anteriore, le mani congiunte e gli occhi chiusi, apparentemente addormentato come gli altri suoi compatrioti dei posti vicini.

Ad un certo punto la mia attenzione fu attirata da un movimento che mi parve di scorgere nella penombra, alla fioca luce delle file di led che correvano lungo il corridoio dell'autobus addormentato: sotto la stoffa damascata, come il balenio d'un pesce sotto il pelo dell'acqua, qualcosa s'era mosso a livello dell'inguine del nero adone addormentato; rimasi a guardare e quel sussulto si ripetè, poi cominciò a crescere e nel giro di pochi secondi il rilievo barzotto che si intuiva poco prima si trasformò in una poderosa erezione, evidentemente non trattenuta da alcun tipo di indumento intimo.

Rimasi col cuore in gola, ipnotizzato da quella apparizione fantasmagorica, ora la forza non trattenuta dell'arco si esercitava in sussulti che lo facevano sembrare animato di vita propria; volsi lo sguardo verso il viso del ragazzo e scoprii che mi stava guardando, distolsi lo sguardo divenendo paonazzo, poi lo guardai nuovamente negli occhi, a lungo, mentre più sotto continuava la danza del serpente tentatore.

Esitante allungai una mano e lo sfiorai con la punta delle dita attraverso la stoffa, al tocco si irrigidì istantaneamente e si protese ancora più di prima, scesi con la mano lungo la coscia muscolosa sino al bordo della veste, infilai la mano sotto quella e risalii lentamente; incontrai dapprima i sodi e turgidi testicoli, poi la base dell'asta che percorsi con le dita sino al glande. Al tatto avvertii che era circonciso e la cosa mi emozionò ancora di più, non avendone mai visto, e tantomeno toccato, uno.

Nella quiete del viaggio alzai il vestito e liberai il demone dalla sua coltre di stoffa, una bellissima verga perfettamente nera e liscia, piantata su di un pube depilato, una gioia per gli occhi e una tentazione irresistibile per la gola; lo guardai negli occhi percependo un cenno di assenso, così mi chinai schiudendo le labbra per accogliere quella nodosa delizia di cioccolata fondente. L'odore di spezie e di maschio mi inebriò, il cuore mi pulsava nelle orecchie come i tamburi di un rito ancestrale, il sapore albuminoso di quell'enorme e durissimo cazzo mi causò una salivazione intensissima ed in men che non si dica cominciai a spompinarlo con delirante devozione

Andai avanti così per diversi minuti, nessuno sembrava essersi accorto di niente, il rumore dell'autobus copriva quelli osceni provenienti dalla mia bocca allagata e i misurati sospiri del mio compagno, poi sentii la sua mano elegante percorrere la mia schiena e arrivare alla vita, cercando di incunearsi nel bordo dei calzoni. Essendo estate indossavo dei bermuda tenuti in vita da un elastico, così la mano serpeggiante ne ebbe presto ragione, le sue lunghe dita si incunearono nel solco delle natiche e con decisione la falange del medio si fece strada nel mio sfintere palpitante, seguita ben presto da tutto il dito.

Il godimento che mi diede quel dito nel culo mi indusse a smettere un attimo, restai con gli occhi socchiusi e la bocca ansimante, continuando ad impugnare il tronchetto della felicità coperto d'una densa e spessa coltre di umori; capii che cosa voleva facessi: con rapidi gesti mi sfilai bermuda e mutande e gli salii sopra, faccia a faccia, poggiando il suo glande sul mio buchino non abituato a quei calibri ma che avevo umettato con un po' del liquore che mi riempiva la bocca. Lentamente mi lasciai scivolare su di lui e, complice le vibrazioni dell'autobus, in pochi istanti lo accolsi tutto dentro di me.

Non potevo crederci: completamente piantato nel culo avevo un enorme cazzo d'ebano e la cosa, anziché darmi dolore, mi dava degli spasmi nella pancia tali da dover mordermi le labbra per non gemere. Iniziai dapprima lentamente, poi più velocemente, a fare su e giù lungo quella verga smisurata, ad ogni affondo sentivo il glande schiacciarmi la prostata dandomi una scossa di piacere e il mio ano dilatarsi ancor di più, senza opporre alcuna resistenza allo scorrere di quell'ariete così abbondantemente lubrificato.

Venni così in pochi minuti, eiaculando a mia volta e bagnando i ventri di entrambi, ma non mi fermai e, poco dopo, lo sentii inarcarsi, ghermirmi con le dita le natiche e liberarsi dentro di me con un ruggito soffocato. Giurerei di aver avvertito il potente getto di seme bagnarmi le viscere, come un'inondazione, e trafilare dal mio culo slabbrato perdendosi in rivoli tra i suoi testicoli e nell'imbottitura dei sedili... mi sfilai da lui non appena avvertii che stava perdendo consistenza e golosamente ricominciai a leccarlo e succhiarlo per recuperare tutta la sua preziosa ambra dal totem detumescente, con la lingua ripassai l'inguine e i testicoli, arrivando sino al perineo.

Non smisi sino a che non si rilassò del tutto, poi gli riabbassai il vestito e cercai di ricompormi in qualche modo, sebbene dal mio culo dilatato ancora stillasse la liquida testimonianza del suo piacere; mi rimisi a sedere, godendomi il lieve bruciore del mio sfintere violato e cullato dai sussulti del viaggio mi addormentai.

Quando mi risvegliai, all'arrivo, il mio principe non c'era più, in effetti non c'era più nessuno di loro, ero rimasto solo in fondo all'autobus; doveva essere sceso ad una fermata precedente, al suo posto un'enorme chiazza bagnata sul sedile, mi chinai ad annusarla riconoscendo il suo odore che cercai di imprimermi nella memoria strofinandoci sopra il naso e la bocca come avevo visto fare alle volpi.

Da allora viaggio spesso in pullman e chiedo sempre un posto in fondo adducendo una rara forma di mal d'autobus che è, in realtà, mal d'Africa...
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