Racconti Erotici > trans > CODICE BIANCO
trans

CODICE BIANCO


di La_Lilla
11.12.2022    |    14.253    |    25 9.7
"Lui non fa una piega, questa volta..."
Quel sabato sera ero a casa perché degli amici mi avevano tirato buca. Mi annoiavo, sul divano, a guardare le solite stupide trasmissioni televisive, così decisi di vestirmi e uscire per andare a bermi una birra. Non sono una bevitrice. Anzi, praticamente non bevo mai. Ma ogni tanto mi piace concedermi uno svago, soprattutto quando sono da sola. Mi preparo indossando della lingerie sotto i Jeans e il maglioncino. Calzo le mie Adidas e mi do una spazzolata ai capelli ed esco.
Quando vado nei pub, da sola, in genere non esco en femme. Spesso mi tocca sopportare stupidi commenti di gente ignorante, omofoba, che mi addita e ridacchia. Quindi preferisco evitare. Però indosso sotto gli abiti da uomo, giusto per tenermi pronta in caso un’occasione si facesse avanti.
Spesso, in realtà, non accade proprio nulla. Non quella sera.
Arrivata al pub, mi siedo al banco e subito si avvicina uno dei banconieri chiedendomi cosa prendo. Opto per una birra rossa, da mezzo. Lui fa un cenno con la testa e se ne va. Dopo cinque minuti ritorna con la mia bella mezza pinta e la appoggia al bancone.
“Ecco qua”, mi dice. “Fanno otto euro”.
Pago con carta e comincio subito a sorseggiare la mia birra.
Mi guardo intorno. C’è parecchia gente seduta. Coppiette. Tavolate di amici. Sono le dieci di sera ma alcuni sembrano già abbastanza alticci.
Io continuo a ingurgitare la mia birra e apro Facebook.
A metà bicchiere, però, avverto uno strano fastidio allo stomaco, che subito si trasforma in un bruciore intenso. Spaventata mi alzo e vado in bagno, pensando che la birra ghiacciata mi abbia in qualche modo creato una leggera congestione intestinale. Niente di tutto questo, me ne rendo conto subito. Intanto il bruciore cresceva e l’ansia cominciava a salire.
La mia ansia era motivata dal fatto che, anni prima, mi ero procurata un’ulcera intestinale, e temevo che fosse qualcosa di simile.
Senza pensarci sopra due volte sono uscita dal pub, salita in macchina e recata al pronto soccorso.
Alla guardiola trovo un’infermiera che mi chiede che cos’ho. Sono quasi le undici di sera e la sua domanda è del tutto motivata.
“Forti dolori allo stomaco. Temo un’ulcera”.
Mi guarda con un misto di pena e compatimento dandomi un codice bianco.
Subito mi siedo nel reparto e resto in attesa che il dolore diminuisca. So già che dovrò aspettare delle ore prima di entrare e poter essere visitata. Nella sala d’attesa ci sono una quindicina di persone: temo un po’ tutte in codice bianco.
Mi metto l’anima in pace ed attendo.
Già verso mezzanotte, andando in bagno a fare pipì, le cose sembravano migliorare. Forse era stata soltanto una leggera congestione. Ma orami che ero lì era meglio andare a fondo della questione, non si poteva mai sapere.
Verso l’una e un quarto sento il mio nome e mi fanno entrare nell’ambulatorio. I sintomi sono pressoché scomparsi e spiego la situazione al medico. Lui mi dice che sono fortunata perché quella sera è di turno il gastroenterologo.
“Con questa carta può presentarsi al secondo piano. Si fa visitare e poi torna qui e me la riporta”, mi dice.
“D’accordo”, dico. “Molto gentile”.
Mi sono avviata all’ascensore, l’ho richiamato e sono salita.
Il reparto di gastroenterologia, come del resto il Pronto Soccorso, si trovava in un’ala distaccata dalla zona degenza, quindi nei corridoi regnava un silenzio assoluto.
Non incontro nessuno fino alla porta del reparto. Mi avvicino, busso, e qualcuno all’interno mi dice di entrare.
Sono entrata e mi sono trovata di fronte a un medico in camice bianco, piuttosto tarchiato, di età imprecisata, che mi ha chiesto subito che problemi avevo.
“Ho avvertito delle fitte lancinanti allo stomaco qualche ora fa, anche se ora per fortuna va meglio”.
“Mi scusi, ma lei si reca al Pronto Soccorso per un mal di stomaco?”.
“No, non è questo… Vede, ho sofferto per un’ulcera, qualche anno fa…”.
“Ah, okay, capisco. Temo che la sua sia ipocondria”.
“Non sono ipocondriaco”, dico.
“Questo è quello che dicono tutti gli ipocondriaci che visito. In ogni modo, si stenda sul lettino, che la visito”.
Un po’ nervosa per come mi aveva trattata, mi sdraio, a pancia insù, sul lettino.
Il medico si avvicina e mi chiede di abbassare leggermente i pantaloni e alzare il maglione.
Ecco, in situazioni come questa, al alcuni sembrerà strano, ma mi rendo conto o, meglio, mi torna in mente che sono en femme, solo nell’esatto momento in cui devo spogliarmi. Sono talmente abituata ad indossare lingerie, che anche quando esco al maschile non mi ricordo di averla sotto. Ma a quel punto che altro potevo fare? Mica potevo dirgli: no, guardi, mi sento meglio. Non serve la visita. Mi avrebbe presa a male parole, e giustamente. Così ho abbassato i jeans e alzato leggermente il maglione.
“No, no, li tiri più giù”, mi dice il gastroenterologo. “Fin sotto l’ombelico”.
Costretta a fare come richiesto, abbasso ancora i pantaloni, scoprendo il perizoma essenziale.
Il gastroenterologo rimane un attimo di stucco e l’unica cosa che dice è:
“Non si preoccupi, la privacy qui all Ospedale è massima”.
Tranquillizzata, inizia a tastarmi l’addome.
“Adesso avrei bisogno che piegasse le gambe”, mi dice.
Io ci provo ma i jeans attillati non me lo consentono.
“Li levi”, mi fa lui.
Li tolgo, esibendo le mie calze a rete autoreggenti.
Lui non fa una piega, questa volta. Io piego le gambe e lui inizia a toccarmi lo stomaco, spingendo con forza due dita appena sotto lo sterno.
“Non c’è gonfiore”, fa. “Credo si sia trattato di un episodio senza importanza”.
In quel momento è arrivato un infermiere.
“Che c’è di nuovo qui”, chiede al medico.
“Il sign..ore avvertiva delle fitte all’addome”.
L’infermiere mi osserva bene.
“Però”, commenta, “sembra roba costosa”, riferendosi alla mia lingerie.
“Macché”, dico io, “la compro su Amazon”.
Il medico, per nulla interessato alla conversazione, mi chiede di girarmi per controllare i reni.
Mi metto a pancia in giù e lui comincia a toccarmi la schiena scendendo giù piano piano fino vicino ai glutei.
Intanto l’infermiere si è posizionato davanti al lettino. Io ho un caldo incredibile, perché la situazione mi sta stranamente scaldando, e mi libero del maglione, mostrando il mio corpetto con pizzo.
Mentre il gastroenterologo mi tasta i reni, io ho lo sguardo giusto ad altezza uccello dell’infermiere, e noto che sotto i pantaloni verdi il cazzo ha formato un interessante protuberanza.
L’infermiere avrà poco più di quarant’anni. È un bel tipo, con un sorriso acceso.
“Direi che anche i reni sono a posto”, sentenzia il medico.
Ovviamente la situazione si è surriscaldata. Lo sappiamo tutti e tre. Il primo a mettere le cose in chiaro è l’infermiere.
“Io non ce la faccio più”, dice, rivolgendosi al gastroenterologo.
“In effetti”, sorride l’altro.
È un attimo, e l’infermiere abbassa di scatto i pantaloni insieme ai boxer: salta fuori un cazzo di diciotto centimetri almeno che oscilla su e giù due, tre volte prima di fermarsi in posizione orizzontale. Ha uno di quei cazzi grossi e pesanti che faticano a star su ritti a causa della gravità.
“Io proverei con una terapia d’urto”, dice al gastroenterologo. “Cosa suggerisce lei”.
“Penso possa andare benissimo”.
L’infermiere si avvicina al lettino, io mi faccio un po’ avanti, e me lo sbatte in bocca. Inizia a scoparmela velocemente, tanto che sono costretta a fermalo perché, in quella posizione, la saliva mi sta soffocando.
Frattanto il medico ha iniziato a scostare il filo del perizoma e a ispezionare il mio buchetto.
“A questo punto vale la pena dare una controllatina anche all’ano”, dice.
“Direi proprio”, lo asseconda l’infermiere mentre continua a fare avanti e indietro nella mia bocca.
Sento entrare un dito.
“Mmmm”, fa il medico, “uno non basta, mi sa”.
Ora ne sento due, infilati dentro completamente. Sono talmente eccitata che sbrodolo come una cagna.
“Io proverei con tre per ispezionare più a fondo”, gli suggerisce l’infermiere mentre mi tiene ferma la testa.
Entra anche i terzo dito.
“Direi che la caverna anale è bella aperta”, commenta il gastroenterologo.
“Pronta per la seconda terapia d’urto”, fa l’infermiere sfilando il cazzo dalla mia bocca.
“Sì”, fa il medico, “proviamo subito”.
“Siete due spiritosoni, voi”, dico io tirandomi su e mettendomi a sedere. Ho la bocca piena di saliva che schiuma e mi scivola giù lungo il collo fino al corpetto.
“No”, fa l’infermiere, “siamo professionisti. E ora mettiti in piedi e piegati sul lettino, appoggiando la pancia”.
Intanto anche il gastroenterologo si è tirato giù i pantaloni. Ha l’uccello semi moscio e comincia a segarsi.
Io mi sistemo con la pancia sul lettino e l’infermiere, dopo essersi incappucciato, mi viene dietro.
“Come dice che sia meglio procedere”, chiede l’infermiere al medico, “sbattuto dentro in un colpo solo fino alle palle, o gradualmente”.
L’altro finge di pensare.
“Direi tutto dentro in un colpo, visto che è già allargato”.
“Lo pensavo anche io”.
Io mi preparo alla botta. Sento la punta del cazzo appoggiarsi al mio ano. Bum! Avverto una fitta che dura qualche secondo, ma non posso astenermi da cacciare un urlo. Del resto l’infermiere ha un cazzo quasi over size e dentro tutto in un colpo è proprio qualcosa di doloroso.
“È entrato bene”, dice il Medico. “Come previsto”.
Intanto l’infermiere inizia a pomparmi. Sembra non stancarsi mai. Fa dentro e fuori come un ossesso. Io dopo un po’ ho un orgasmo anale seguito da una fuoriuscita di sborra dalla pisella mica male. Sono tutta bagnata come una troia, e lui non la smette di aprirmi il culo con il suo grosso cazzo.
A un certo punto chiede il cambio, e si fa avanti il gastroenterologo, sbattendomelo dentro. Lui mi lavora più lentamente, dando dei colpi energici solo quando la verga è quasi tutta dentro.
“Scommetto che quando avremo finito con la cura, qui, uscirai a prenderne altri, stanotte”, mi dice l’infermiere.
“Può essere”, faccio io, con la voce rotta sotto i colpi del medico.
“Perche sei…”, fa lui.
“Una puttana”, dico.
“Esatto”.
Il dottore, mentre mi lavora il culo, mi chiede:
“Sta avendo effetto la cura?”.
“Sì”, rispondo godendo come una troia, “mi sento molto meglio”.
“E non è ancora finita. Manca la medicina finale”, aggiunge l’infermiere.
“Assicuriamoci però che stia funzionando”, fa il gastroenterologo fermandosi e chiedendomi di voltarmi. “Mettiti di schiena e allarga le gambe”.
Eseguo. Ormai sono entrata della parte della paziente troia.
Il dottore mi scosta il perizoma. Lo tasta.
“Mmmm”, fa, “è pieno. Funziona, sì”.
“Guarda quanto liquido è uscito da quel clito”, dice l’infermiere avvicinandosi e sbattendoci il suo cazzone sopra. “Questo è un cazzo, vedi?”.
“Sì, ed è saporitissimo”, gli dico io.
“Che dice”, dottore, “ancora un po’ di terapia via bocca. Doppia questa volta?”.
“Sa che se va avanti così la promuovo medico?”.
I due ridono. Il gioco diverte tutti e rido anche io, giusto il tempo di scendere dal lettino e sedermi sui miei polpacci, e ho i due cazzi in bocca.
“Faticano ad entrare, però”, osserva l’infermiere.
Io tossico e ho un potente conato.
“Lo spinga più in fondo, come sto facendo io. Sta facendo effetto”, suggerisce il medico.
Ho la bocca spalancata e i due cazzi in bocca che spingono nelle guance.
Me la scopano per un po’. Poi il medico dà il via alla medicina finale.
“Scenda pure e si sieda su quella sedia”, indicandomela.
Vado e mi siedo.
“Questa medicina è ciò che ci vuole per curare definitivamente problemi gastrici”, mentre si sega. “Ci vuole un attimo, apra bene la bocca”, fa. Un attimo dopo, mi sborra in bocca: quattro fiotti, che ingoio avidamente.
“Anche qui ci vuole doppia dose, però”, dice il medico avvicinandosi e svuotando le palle nella mia bocca. “Ora mandi pure giù. Dopo si sentirà sicuramente meglio”.
Poi entrambi si tirano su i pantaloni. L’infermiere sparisce dietro una porta scorrevole, mentre il gastroenterologo si siede alla sua scrivania e comincia a compilare una carta.
“Ecco”, mi fa mentre io mi rivesto, “consegni pure questa al Pronto Soccorso qui sotto. C’è da pagare il ticket”.
“La ringrazio”, dico.
“Si figuri”, fa lui, “è stato un piacere aiutarla”.
Esco con i mio foglio in mano e scendo con l’ascensore.
Sono circa le due del mattino e il Pronto Soccorso è semideserto. Quando mi vede, l’infermiere con cui avevo parlato all’inizio, mezzo assonnato, mi dice che posso entrare. Gli consegno il foglio.
“Qui il medico le consiglia di assumere fermenti lattici”, mi dice battendo sui tasti del computer.
“Ah, okay”, faccio io. “La doppia dose della medicina me l’ha già somministrata”, aggiungo.
“Lansoprazolo?”.
“Sì, liquido, però”, dico ridendo sotto i baffi.
L’infermiere alza gli occhi e mi guarda in modo un po’ strano.
“Perché, aveva anche problemi di deglutizione?”.
“No no. Ho mandato giù tutto alla grande”, continuo, trattenendo le risate.
“Non capisco”, fa. “Qui non ha scritto niente”, facendosi pensieroso. “Be’, in ogni modo, si sente meglio?”.
“Direi proprio di sì”.
“Bene. Ecco, questa è la carta. Il ticket può pagarlo nelle torrette all’uscita, buonanotte”.
Saluto, mi reco alle torrette, pago ed esco.
“Ho lasciato mezzo bicchiere di birra al pub”, penso, “ma ho recuperato due belle sborrate”. E, famelica, mi sono incamminata verso la macchina.







Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.7
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per CODICE BIANCO:

Altri Racconti Erotici in trans:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni