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TRE GIORNI IN SPA (Giorno secondo)


di La_Lilla
01.10.2022    |    4.140    |    3 9.6
"Lei esegue senza fiatare, restando in autoreggenti..."
Verso sera eravamo entrambe un po’ stanche, così abbiamo cenato velocemente al buffet e siamo andate nella nostra camera e ci siamo preparate per andare a letto. Dirò che non era la prima volta che io e Lina dormivamo assieme. Era successo altre volte. Però in nessuna di quelle occasioni, e nemmeno in questa, successe qualcosa tra noi. Eravamo amiche di giochi e amiche di vita, però non trovavamo divertimento nel fare sesso tra noi, a meno che in mezzo non ci fosse un bel maschione. Così anche quella sera ci salutammo prima di dormire e spegnemmo la luce.
Io al mattino mi sveglio sempre tardi: è una mia abitudine, forse sbagliata, ne sono convinta, ma proprio non riesco a svegliarmi prima delle nove e mezza, dieci, mentre Lina, Lina è mattiniera: alle sette era già in piedi, pronta a fare colazione e a uscire.
Quella mattina mi sono svegliata appunto più tardi del solito (ero proprio stanca), verso le dieci e mezza, mi sono fatta una doccia e ho cominciato a vestirmi per scendere e fare colazione. Quando ero quasi pronta e, davanti allo specchio, mi davo gli ultimi colpi di cipria, sono uscita dal bagno e, con mia sorpresa, noto che nella camera c’è un uomo di colore, alto almeno un metro e novanta, con due larghe spalle muscolose, una specie di armadio, che stava appallottolando coperte e lenzuola e le stava infilando dentro un sacchetto di plastica. Ho capito all’istante che si trattava di uno degli uomini di servizio pulitura che ritirava lenzuola e asciugamani e, sempre nel medesimo istante, prima ancora che si accorgesse della mia presenza, ho controllato l’orologio digitale appeso al muro e ho visto che erano già le undici e dieci e sapevo che alle undici bisognava lasciar libera la camera; inoltre in quel frangente ho immaginato che Lina quasi sicuramente si fosse dimenticata di mettere fuori dalla porta, attaccato alla maniglia, il cartello “do not disturb”, quindi la frittata era fatta: l’addetto al ritiro della biancheria non poteva sapere che io fossi ancora in camera.
Non sapendo che fare né come comportarmi ho fatto solo il classico suono gutturale, tipo un colpo di tosse.
L’inserviente si è girato di scatto e, appena mi ha vista, ha cominciato subito a scusarsi, a dirmi che credeva che la camera fosse libera, che, come avevo immaginato, non c’era il cartello appeso fuori ecc. ecc.
La cosa buffa e piccante della situazione è che io non mi ero ancora messo il vestito, perché in genere è l’ultima cosa che metto prima di uscire per paura di sporcarlo con i trucchi. In sostanza ero in perizoma, reggicalze e calze. Sopra avevo un corpetto trasparente, imbottito.
L’uomo stava per uscire, scusandosi ancora, quando io continuavo a ripetergli che non doveva affatto preoccuparsi. Che non ero dispiaciuta che mi avesse vista in déshabillé, anzi.
La cosa lo tranquillizzò.
“Non essere imbarazzato”, gli dico. “In fin dei conti non è successo niente... per adesso”, ho aggiunto.
Lui mi ha guardata fisso un secondo.
“Be’, se la metti così”, fa. “Sei una visione piuttosto eccitante. Sei trav, vero?”.
“Si tesoro”, gli dico.
“Però, figa”, fa facendo il giro del letto e avvicinandosi a me.
“Scommetto”, gli dico, “che qualcosa qua si sta muovendo”, mettendogli la mano sulla patta.
Da notare che io sono alta poco più di un metro e settantadue, e davanti a me avevo un bestione di un metro e novanta, almeno, con due braccia grosse quanto le mie braccia, che se mi avesse stretta forte tra esse mi avrebbe come minimo stritolata.
In mezzo alle gambe aveva un lungo bastone già duro, lo sentivo.
“Se vuoi controllare di persona”, dice lui.
Gli ho aperto la patta lentamente e ci ho infilato dentro la mano, mentre lui continuava a fissarmi. Era un bel ragazzone, sopra i trent’anni, come ho detto muscoloso e robusto, tutto pelato, pelle scura, di origini africane.
L’ho tastato: come immaginavo: una verga enorme.
Così ho cominciato a slacciargli la cintura e gli ho abbassato i pantaloni. Portava un paio di boxer grigi, attillati. Il cazzo ci stava scoppiando dentro e il rigonfiamento saliva su verso sinistra fin quasi al limite del fianco. A occhio e croce sopra i ventidue centimetri di asta.
Ora non restava che godersi la salsiccia ripiena. Gli tirai giù i boxer: saltò fuori di botto, penzolando verso il basso per il peso.
Era quel genere di cazzone che puoi prendere con due mani.
Lo sollevo e me lo ficco in bocca. Mi entra circa per metà della lunghezza; ho la bocca completamente aperta e lui con il bacino spinge in avanti in modo da farmelo apprezzare fino in gola, ma ho un conato, anche se a lui pare non interessare perché continua a spingere, e allora io mi ritraggo un po’, senza riuscirci perché adesso mi tiene la testa e mi costringe a tenerlo dentro; sento che sto diventando viola in viso e sto per soffocare, ma appena prima che accada questo, lui estrae il cazzo dalla mia bocca e me lo sbatte in faccia due, tre volte mentre lo guardo con uno sguardo adorante.
In quel momento suona il mio cellulare. Butto l’occhio e vedo che è Lina. Voglio fare la bastarda e richiedo una videochiamata. Accetta e appena mi vede mi chiede cosa sto facendo e se mi muovo a scendere. Io le rispondo che sono impegnata e giro la fotocamera inquadrando il cazzone dell’inserviente.
“Con chi stai facendo la troia?”, mi chiede.
“È il tipo che porta via la biancheria”, faccio.
“Aspetta”, mi dice, “cinque minuti e arrivo”.
Metto giù e lo guardo. Il cazzo non è calato di un millimetro.
“Abbiamo compagnia”, gli dico.
“Bene”, fa lui, “vi apro il culo a tutte e due”.
“Mmmm”, faccio io. “Guarda che siamo già belle aperte”.
“Staremo a vedere”, continua lui, ficcandomi di nuovo il cazzo in bocca.
Quando arriva Lina il ragazzo mi sta sbattendo di nuovo il cazzo in faccia.
“Wow”, fa Lina, alzandosi subito il vestito.
Il tipo la guarda e le dice di levarsi le mutandine. Lei esegue senza fiatare, restando in autoreggenti. La pisella di Lina mi piace un sacco, è piccolissima, anche più piccola della mia, che quando mi travesto quasi scompare.
Il ragazzo si avvicina a lei e incomincia a sbattergli il cazzone sulla sua pisellina. Lina sembra gradire. Subito dopo gira e la piega in avanti, si sputa su una mano e comincia ad aprirgli il buco infilandoci tre dita. Poi mi chiede di avvicinarmi e mettermi sotto di lui; prima però cerco i profilattici, dovrei averne di extra large, li trovo nella borsa. La sua idea è sollevarla prendendola da sotto le cosce, facendole tenere le gambe piegate, e penetrarla in piedi mentre la tiene in braccio, praticamente. Quando la tira su Lina emette un urlo di piacere; poi sotto afferro il cazzo dell’africano, lo gommo e lo punto sul buchetto umido di Lina… il cazzo comincia a entrare dentro di lei. Grida due volte, finché, piano piano, non riesce a penetrarla quasi completamente. La sento gemere come una cagna mentre con le braccia la tira su e giù, scopandola così, sollevata. Io, intanto, da sotto, inizio a leccare i coglioni durissimi di lui, e la cosa sembra infoiarlo ancora di più, tanto che inizia a sbattere con ancor più foga Lina che non la smette più di strillare dal piacere e, suppongo, anche dal dolore.
“Zitta, puttana”, gli dice lui.
Lei però non ce la fa a stare zitta. Le fa troppo male quel palo nel culo, penso.
A un certo punto la butta (sarebbe meglio dire lancia) sul letto e mi dice di tenerle aperto il buco. Io apro le chiappe di Lina e tengo spalancata la caverna che si è formata. Le ha proprio sfondato il culo.
“Abbassati e infila la lingua nel culo, troia”, mi dice, “avanti”.
Faccio come mi dice infilando la lingua nel culetto di Lina; la lingua mi entra praticamente tutta, da quanto è aperto lo sfintere.
Lina ha già avuto più di un orgasmo, immagino, e ora miagola come una gatta in calore, mentre io gioco con la lingua dentro il suo buco.
Intanto l’inserviente, da dietro, me lo sbatte dentro, mica tanto lentamente, tanto che sento un dolore fitto alla spina dorsale, quasi me l’avesse spezzata. Strillo anch’io.
“Muta, troia, adesso vediamo se non rompo il tuo culo”, e inizia a stantuffare dando dei colpi secchi, decisi, tanto da sentire lo schiocco delle palle sulle mie chiappe, segno che è dentro tutto, infatti sento un dolore nella parte bassa dell’addome. Ho un orgasmo immediato che mi inzacchera il perizoma.
Va avanti a pomparmi il culo, mentre io continuo a leccare il buchetto di Lina che, nel frattempo, inizia a chiudersi lentamente. Prima che ciò accada mi tira su da dietro e mi mette a novanta sul letto; lo stesso fa con Lina. Poi a turno ci sfonda i culi di nuovo. Una decina di colpi da una parte, una decina dall’altra. Ormai siamo così aperte che la verga entra ed esce comodamente. Vengo di nuovo, potentemente, e mentre mi sfonda sento cedermi le ginocchia e inizio a roteare indietro gli occhi. Lina se ne accorge e mi schiaffeggia: “Stai per svenire”, mi fa. “Non hai mangiato niente stamattina?”. Ma l’africano non sembra curarsene più di tanto e continua a cavalcarmi il culo cercando di venire il prima possibile, ma è resistente, e non sembra essere ancora pronto a svuotare, nonostante sia già più di mezz’ora che ci lavora i culi. Però a un certo punto pare voler accelerare le operazioni e ci dice di girarci e avvicinarci. Lo facciamo mentre lui si alza in piedi sul letto, si leva il preservativo e inizia a segarsi velocemente. Dopo cinque minuti di sega, con me e Lina in attesa del succo, se ne viene battezzandoci con cinque spruzzate. La sua sborra va a finire un po’ ovunque: in faccia, sui vestiti, sulla pisella di Lina, sulle cosce…
Il tipo scende dal letto, a quel punto, e cerca i boxer e i pantaloni. Io e Lina, distese sul letto, ci guardiamo. Lui si riveste e controlla il cellulare. Fila fuori in un attimo.
“Be’”, le faccio, “è cominciata bene la giornata”.
“Mi ha sfondata”, fa lei, “letteralmente. Pensavo di finire all’ospedale, ‘stavolta’”.
“A chi lo dici”, ribatto io.





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