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IL PADRONE CALDAISTA


di La_Lilla
18.10.2022    |    8.806    |    11 10.0
"Comunque ci siamo divertiti, dai..."
Verso la fine di settembre arriva sempre il signore che controlla che la caldaia sia a posto e pronta a partire per l’inverno. In genere fa una revisione veloce, non essendo molto vecchia. La mia è in terrazzo, dentro uno scaffale, e quindi ha raramente delle problematiche.
La visita è programmata, quindi uno o due giorni prima del suo arrivo mi chiama, ci mettiamo d’accordo sull’orario e la cosa è fatta.
L’anno scorso ho cambiato ditta di manutenzione ed è venuto un caldaista nuovo. Quello di prima era un ragazzo gentile, ma acerbo, di poche parole. Anche questo non parlava molto, però aveva charme da vendere.
Ovviamente l’ultima volta che è venuto non mi ha trovata en femme. Anche se credo gli fosse venuto qualche dubbio sulla mia vita privata, perché avevo lasciato tre perizomi stesi sullo stendino, quel giorno. Certo, potevano essere della mia fidanzata, o di chiunque, però la cosa era un po’ ambigua.
In ogni modo io ero sorprendentemente attratta da lui. Un uomo grande e grosso, penso sopra i cinquant’anni, con i capelli cortissimi e una folta barba. Aveva una voce roca e intensa ed era un tipo sbrigativo.
Dunque eravamo proprio alla fine di settembre e verso le quattro del pomeriggio mi chiama. Gli dico che può passare tranquillamente il giorno seguente, verso quest’ora.

Ebbene, ho passato tutta la mattinata del giorno dopo in uno stato di eccitazione fuori dal comune, ricordo. Da un lato ero ben propensa a travestirmi e a fargli, come dire, una sorpresa, dall’altro non sapevo se mi avrebbe riconosciuta veramente (magari poteva scambiarmi proprio per una mia probabile fidanzata, chi può dirlo), dall’altro ero parecchio titubante, e mi chiedevo se era il caso di azzardare tanto con lui. Era probabile che non mi riconoscesse trav. Del resto l’ultima volta avevamo fatto due parole in croce perché si era messo subito al lavoro e, una volta finito, era scappato via di corsa dicendo che aveva un’altra chiamata urgente. Be’, pensavo tra me e me, se non mi riconosce forse è anche meglio, dopotutto potrei fingermi proprio la fidanzata trav dell’altro. Ero sempre io, ovvio, l’altro, ma lui che ne sapeva?
E insomma, andò a finire che mi feci coraggio e lo aspettai travestita. Mi ero messa un vestito attillato, con le spalle scoperte, rosa, e scarpe col tacco. Avevo scelto un intimo con culotte trasparenti che tenevano il culo ben scoperto e calze autoreggenti bianche. Quando mi sono guardata allo specchio, la reazione che ho avuto è stata: “Mi scoperei anche io”, davvero.
Alle quattro del pomeriggio, puntualissimo, suona il campanello. Apro la porta e aspetto che salga le scale. Ho il cuore che batte a mille e sono già leggermente bagnata. Lascio la porta socchiusa e attendo che chieda permesso ed entra stando a qualche metro di distanza.
Arriva, e, come previsto, chiede “permesso”.
“Entra pure”, gli dico.
Entra e mi vede.
“Buongiorno signora”, dice, “o signorina, non so”, sorridendo.
“Va benissimo signorina”, dico io ridendo a mia volta.
“Le è stato detto che…”, inizia.
“Certo, certo”, lo interrompo subito, “che deve fare la manutenzione della caldaia”. Adesso ho capito che non mi ha riconosciuto. “Guardi, è lì fuori”, gli dico, indicandogli il punto.
“Sì, sì”, fa lui, “mi ricordo. Ero già venuto qui”, e si avvia verso il terrazzo passandomi davanti.
Poi, a un tratto, si volta e mi dice:
“Come è elegante. Sta uscendo?”.
“Ehmm”, sbiascico io, “no, no. In realtà sono appena tornata”.
“Ah, bene”, fa lui, “quindi ho tutto il tempo”.
Sì, sì, volevo dirgli, hai tutto il tempo di fare di me quello che vuoi. Ma mi sono morsa la lingua.
Poi è uscito in terrazzo e si è messo al lavoro.
Mentre armeggia con i suoi attrezzi io, in salotto, giochicchio con il cellulare.
“Senta”, fa a un certo punto, “può venire un secondo, se non le dispiace?”.
“Certo”, gli dico alzandomi e avvicinandomi alla vetrata.
“Scusi se la disturbo, ma potrebbe darmi una mano con questo sportellino? Se me lo tiene alzato con un dito”, mostrandomi come, “mentre svito questo bullone, mi farebbe un gran piacere, sennò mi ricade sempre sopra e ci metto una vita”.
“Sì”, gli dico, accucciandomi e mettendo il dito nel punto esatto in cui mi ha indicato.
“Deve essersi rotto il perno che le teneva bloccato”.
“Fa niente, mica sono problemi, questi”.
Il caldaista comincia a svitare il bullone con la sua chiave. Siamo molto vicini e io, ripeto, sono accucciata e con il vestito corto che è salito un bel po’ sui fianchi. Sto a cosce scoperte, insomma, e credo che mi si intravedano anche le mutandine.
Io fisso il punto in cui sta lavorando, non lui. Ma so che guarda sotto, me lo sento. Così allargo leggermente le gambe. Non molto, ma tanto da consentirgli un bel upskirt.
Appena finisce di svitare il bullone ci alziamo e mi ringrazia per l’aiuto e subito dopo mi chiede se sono fidanzata (con me stessa, praticamente).
“Non proprio fidanzata”, gli dico, prendendolo in giro.
“Ah, capisco. Convivete”, dice lui passando a svitare un altro pannello.
“Sì, ecco. Conviviamo”, mento di nuovo. “Perché me lo chiede?”.
“Non lo so”, dice lui. “Ho come l’impressione che lei stia cercando di sedurmi o provocarmi, o sbaglio”.
“Perché mai. Cosa glielo fa pensare?”, chiedo fingendomi stizzita.
“Bo’, non lo so a dire il vero. Ma un attimo fa, quando era accucciata ha allargato le gambe di proposito o non se ne è resa conto”.
“Ah”, continuo io con la recita, “non so, mi coglie alla sprovvista. In ogni modo ho le mutandine. Mica vedeva qualcosa”.
“Sì sì, ho visto che indossa le mutandine”, dice lui prendendo un’altra chiave inglese e uno straccio. “Mi domandavo solo cosa ne pensasse il suo fid… cioè quello che sta con lei; non vorrei mai che arrivasse, sa. I casini sono all’ordine del giorno”.
Sono già qua, in realtà, volevo dirgli, ma ho detto solo: “Torna la prossima settimana. In ogni caso, non ci sono problemi”.
“Ah, okay”, fa lui, “buono a sapersi”, ora sta controllando alcuni tubi. “Perché sa, se provocato posso diventare piuttosto brutale”, aggiunge.
È ovvio che è stra eccitato e non vede l’ora di mettermi il cazzo ovunque. Ma quel “brutale” un po’ mi eccitava e un po’ mi impauriva.
“In che senso”, gli chiedo.
“Eh”, fa, “nel senso che sono un soggetto dominante. Non so se ci capiamo”.
“A letto?”.
“Sì, certo, nel sesso. Perché è questo quello di cui stiamo parlando, no?”, precisa.
Sorrido.
“Be’, vediamo che sai fare”, lo provoco definitivamente.
Così lui, di punto in bianco mi prende in braccio e mi porta dentro. Praticamente mi getta sul divano e poi mi tira su il vestito. Mette una mano sulle mie culotte e me le strappa via come se fossero un pezzo di carta.
“Via queste, troia!”, dice.
Con una mano mi prende una gamba e me la alza, mentre con l’altra inizia a ispezionarmi il buchetto.
“Bisogna romperlo bene questo culo, puttana! L’ho capito subito che eri una puttana, appena ho aperto la porta. Anzi, lo sapevo già, quando ti ho visto l’altra volta”.
Segno che aveva capito tutto, in realtà.
“Adesso”, continua, “vai a prendere un dildo. Sicuro che un scrofa come te ne ha a più di uno”.
Io, senza dire niente, con la pisella già sgocciolante, sono corsa a prendere i miei due dildo.
“Ecco”, fa, “questo a ventosa va bene”, prendendolo dalle mie mani e infilandomelo in bocca. “Insalivalo bene, razza di troia”.
Me lo sbatte dentro fino in gola e come sempre ho un conato.
“Dentro, troia, e non vomitare”.
Cerco di farlo scendere in gola, ma i conati purtroppo riornano.
“Ok, brava, mettilo a terra, adesso, e sieditici sopra, vacca”.
Faccio come mi ordina. Attacco la ventosa al pavimento e mi siedo sopra al fallo realistico.
“Se-du-ta fino in fondo”, scandisce, “lo devi sentire in pancia, troia”.
Mi siedo fino in fondo, fino a toccare il pavimento con le chiappe. Non è la prima vola che lo infilo tutto, ovviamente, ma in questa situazione sento che potrei anche avere un orgasmo subito.
Lui intanto incomincia a levarsi i pantaloni. Poi si abbassa le mutande: spunta fuori un cazzo depilato già duro. Ha due palle grosse come due mandarini.
“Belle”, gli dico.
“Muta e succhiale, invece, puttana”.
Le prendo in bocca e inizio a succhiargliele, mentre lui si sega.
“Voglio sentire bene la lingua sulle palle, capito?”.
Cerco di fare come mi dice, ma sono davvero grosse e mi stanno a malapena in bocca.
“Così, troia, così, brava e salta, salta su quel cazzo, scopati quel culo”.
Faccio su e giù mentre gli succhio le palle.
“Veloce, veloce… Guarda la pisella, sta scomparendo. È diventata un clito che sbrodola. Dillo cosa sei”.
“Sono una troiaaaaa”, urlo.
“Più forte. Devono sentirlo tutti cosa sei”.
“Sono una troiaaaaaa urlo ancora di forte”.
Quando sono ultra eccitata per me il mondo intorno scompare e faccio cose di cui, a volte, mi pento. In quel momento non pensavo ai vicini, volevo solo soddisfare quel porco che mi piaceva tanto. Solo che il giorno dopo, incontrando qualcuno, avrei dovuto nascondere l’imbarazzo. E non era facile.
Poi lui ha preso del nastro adesivo che aveva nella cassetta e mi ha legato i polsi dietro la schiena.
“Così non rischiamo che mi tocchi il cazzo o la tue pisella”, e ha iniziato a scoparmi la bocca in maniera a dir poco brutale, afferrandomi per la nuca e spingendomi la testa con forza verso il cazzo.
Dalla bocca mi usciva un sacco di saliva che mi colava giù per il collo e il petto e a un certo punto ho addirittura vomitato, credo, mentre lui mi diceva che dovevo prenderlo tutto in bocca fino alle palle e che non avrebbe smesso finché non ci fossi riuscita.
Non so come, ma il cazzo mi è entrato tutto, e quasi sentivo di essere sul punto di soffocare.
“Eri diventata tutta rossa in viso, troia”, fa.
Sorrido. Sempre per provocarlo. Il gioco mi ha fatto già avere un piccolo orgasmo che si è tradotto in una colatina di sborra finita a terra.
Quando se ne accorge mi dice:
“Raccogliola con le dita e leccale”.
Lo faccio volentieri perché vado ghiotta anche del mio seme.
“Puttana”, fa lui.
Poi mi tira su e mi sbatte di nuovo sul divano. Ha il cazzo duro come un palo mi allarga le gambe e me le solleva e me lo sbatte dentro con prepotenza.
“Ci naviga dentro, svuota cazzi che non sei altro”.
Mi scopa il culo velocemente per dieci minuti, assestandomi colpi decisi, mentre continua a chiamarmi puttana e troia.
“Domani girerai con l’assorbente, puttana, te lo assicuro”, mi dice.
Ho un altro orgasmo di culo.
“Il mio cazzo però non basta”, fa, afferrando i due dildo.
“Girati, troia”, intima.
Mi giro e mi metto in ginocchio sul divano. Lui comincia ad assestarmi schiaffi decisi sulle chiappe. Grido a ogni colpo.
“Zitta, deve diventare viola, ‘sto culo da troia”.
E continua a schiaffeggiarmelo.
Subito dopo prende i due dilo e li avvicina tenendoli stretti in pugno. Lo vedo perché mi volto un attimo.
“Ecco, questi due insieme soddisfano una troia come te”, mi dice, iniziando a infilarmeli.
Appena entrano, avverto un certo dolore, strillo.
“Muta”, fa lui, “te li sbatto dentro”.
E comincia a infilarmeli. Quando sono dentro a metà, comincia a fare su e giù. Io non riesco a non gridare dal piacere misto al dolore e vengo come una troia.
“Stai squartando, puttana?”.
“Siiii”, grido.
Un fiotto di liquido denso mi esce dalla pisella, lentamente, mentre lui mi fotte con i due dildo. Ho come un mancamento.
Lui mi libera le mani e mi dice di tenerli dentro mentre finisce di scoparmi la bocca.
Ho un altro orgasmo, mentre me lo infila in bocca e comincia a stantuffarmela.
“Ecco il tuo latte, mignotta”, fa, “apri bene la bocca”.
Se ne viene in tre gittate, calde.
“Mandala giù”, fa.
Eseguo e gli mostro la bocca vuota, mentre vengo per l’ultima volta.
“Anche la tua, prendila con la mano, e mandala giù, troia”.
L’ultima venuta la raccolgo in mano. La lecco e la mando giù. Intanto i due dildo sono schizzati fuori dallo sfintere e caduti a terra.
Lui mi allaga il buco e mi dice: “Adesso è bello aperto, troia. Dovrebbe essere sempre così”.
Poi mi chiede se può andare in bagno. Gli dico di fare come a casa sua mentre cerco di riprendermi.
Esce si riveste e mi dice che la caldaia è a posto.
Lo guardo mentre riavvita tutto e raccoglie le sue cose.
“Alla prossima”, mi fa.
“Spero”, gli dico mentre sta per uscire, “non il settembre prossimo, ma prima”.
Lui fa uno strano sorriso.
“Non credo”, fa. “Sono sposato e sono sempre in giro con questo lavoro. Comunque ci siamo divertiti, dai. L’importante è quello”.
“Sei bravo nel tuo ruolo di padrone”.
“E hai visto solo un dieci per cento”, mi fa, lasciandomi a bocca aperta e andandosene.
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