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La signora Carmen e mia madre 2


di aipiedi
12.12.2022    |    782    |    1 7.0
"Qualffi della mamma mi eccitavano non poco..."

Nel frattempo, all’Università avevo conosciuto una ragazza toscana che si era trasferita a Milano insieme ai genitori. Il padre era un solerte funzionario di banca, un carrierista che aveva ricevuto una promozione, ma doveva dirigere un’agenzia della sua banca che aveva avuto dei problemi. La madre era ancora una bella donna, Patrizia le assomigliava parecchio. Spesso mi trattenevo a cena a casa loro. Ero diventato quasi uno della famiglia. Mi trattavano con famigliarità appunto ma io, educato com’ero, davo ai genitori di Patrizia del lei e loro invece del tu. Un pomeriggio arrivai a casa loro alle tre come d’accordo con Patrizia, ma lei non c’era. Sumamma mi aveva detto era dovuta uscire perché era la damigella d’onore di sua cugina che fra poco si sposava e la doveva aiutare a sceglier il vestito da sposa. Lo sapevo già. Patrizia diciannovenne era molto eccitata a fare la damigella per la cugina poco più grande.
Nunzia (la madre di Patrizia) mi chiese se avessi voluto fermarmi lo stesso a farle un po’ di compagnia. Era una donna purtroppo molto sola, da poco a Milano non aveva allacciato amicizie. Le risposi che mi fermavo volentieri.
– Ti pare possibile che una donna come me- dicendo questo metteva in mostra il suo corpo rigoglioso ed eccitante. Debba essere trascurata dal marito che pensa soprattutto alla carriera? -
- Certo. Non capisco come certi uomini possano trascurare delle donne belle come lei. –
- Grazie Giulio, sei galante. Scusa se te lo chiedo ma stai con mia figlia? -
Ero imbarazzato ma le risposi che eravamo amici.
- Come non sei stato a letto con lei? -
- Nooo! Solo qualche bacetto. –
- Con la lingua? Che bello i lingua in bocca. -
- Che discorsi mi fa, signora? -
- Signora? Sono forse una vecchia? Guardami. -Dicendo questo si era alzata mettendo di nuovo in mostra il suo splendido corpo in una posa sexy. Era una Patrizia con vent’anni e sette o otto chili in più. Per me molto più gnocca della figlia stessa.
- È splendida si…Nunzia. –
- Ragazzino, dammi del tu. Prendi un caffè? Abbiamo la macchinetta come al bar. – All’epoca c’erano già ma non diffuse come oggi.
- Volentieri. -
- Vado un attimo in cucina, ma tu aspettami qui. –
E chi si muove di qui? Pensai. Nunzia stava solo flirtando o… O pensai.
Poco dopo arrivò in sala una bellissima donna che indossava un bichini ridottissimo che valorizzava le sue forme rigogliose.
- Mi vedi, ragazzino? Che ne dici? Apprezzi la mercanzia? Aspetta, guarda. – E si tolse il reggiseno. – Che ne dici delle mie tette? Tutta roba naturale, tocca.
Infoiato mi avvicinai le toccai i seni esuberanti, le torsi i capezzoli. Che figa! O meglio che tettone! Mi misi a succhiarle a spalmarmele sul viso. Lui era divenuto di marmo. Lo estrassi, lei lo guardò vogliosa. Glielo misi fra le tette fino ad arrivare alla sua bocca golosa, poi prese a succhiarmelo come un’idrovora. Cazzo che sensazioni! La vita vale la
pena di essere vissuta per momenti come questo. Ci accoppammo come
due animali, infoiati, vogliosi, senza remore. Lei mi graffiava la schiena, io le mordevo i capezzoli. Quando la montai prese a schiaffeggiarmi. Poi la misi in una posizione con cui potevo penetrarla e nel contempo leccarle i piedi, deliziosi e saporiti con un leggero aroma del cuoio delle scarpe. Ci trasferimmo in camera da letto dove la nostra tenzon d’amore ( o meglio di sesso) continuò in un furioso sessantanove. Poi lei da sola si concentrò sul mi cazzo in un pompino mozzafiato fino a farmi venire, uscii dalla sua bocca e le inondai le tette col mio sperma che poi la porca mi costrinse a leccare.
- Ragazzino, niente male! Debbo dire che mi hai soddisfatto. –
Uscì nuda dal lettone, prese la sua borsetta, estrasse il portafoglio e mi diede una banconota da centomila lire. Ero stupito. Mi spiegò che l’eccitava l’idea di pagare il suo giovane amante, poi a me studente avrebbero fatto comodo.
- Certo che mi fanno comodo. Posso invitare tua figlia al ristorante per esempio. –
- A tale proposito ti pregherei che i tuoi rapporti con lei fossero SOLO amichevoli. Non sono gelosa, con altre puoi fare quello che vuoi, non siamo fidanzati. Ma farlo con mia figlia credo sarebbe di cattivo gusto, inopportuno. Non ti pare? -
- Certo Nunzia. Anzi eviterò persino di baciarla. Se insiste le dirò che ho una fidanzata a cui sono fedele. O magari un fidanzato. -
Nunzia si mise a ridere. Che bella risata. M’invitò a rivestirmi, perché da un momento all’altro poteva sopraggiungere la fig
La storia con Nunzia andò avanti per un bel po’. Non m’importava che avesse una quindicina (o più) di anni di me. Oltre a fare del gran sesso, ci facevamo compagnia, ridevamo, ogni tanto un cinema, spesso a cena fuori in ristoranti decentrati per non fare incontri spiacevoli. Una volta trovammo un amico del marito con la sua squinzia. Tutti facemmo finta di non conoscerci e l’amico non era tanto amico da rischiare di sputtanarsi parlando al marito di Nunzia di noi.
Una sera in cui avevo bevuto troppo chiamai Nunzia Carmela, il nome di mia madre. Lei volle sapere chi fosse Carmela, glielo dissi e confessai anche l’insana attrazione che provavo per la mia genitrice. L’avevo stupito, ma anche eccitato. Eravamo in una trattoria del pavese. Senza pretese, ma si magnava bene, innaffiando il cibo con i vini frizzanti e secchi dell’Oltrepò. Nunzia mi guardò ammiccando dicendo di seguirla in bagno dopo un paio di minuti. Mi fece entrare con lei nell’angusto bagnetto un po’ lurido e la presi, lei appoggiata sul lavandino. Non riuscii a venire. Ve l’ho detto ci metto molto. Tornammo a tavola, mangiammo i ravioli ai funghi e ordinammo il secondo, dicendo al cameriere che uscivamo, ma saremmo tornati per mangiare il secondo. Pensandomi sarebbe un ottimo espediente per mangiare antipasto, primo, bere vino, non pagare, andare in un’altra trattoria e fare lo stesso col secondo. Poi ordinare frutta, o formaggio e/o dolce e squagliarsi. I miei compagni d’Università facevano il fughino come lo chiamavano al ristorante, ma di corsa tutti insieme alla fine dell’intero pasto come in una commedia dei fratelli Giuffrè. In un luogo appartato, eravamo in piena campagna ci accoppiammo con fatica nell’agusto abitacolo delle Mini Cooper di Nunzia, rimpiangendo lo spazio della Lancia Thema di mia madre che a volte usavo. Ci pulimmo con dei fazzolettini umidificati che la previdente Nunzia aveva in auto. Le proposi di non tornare al ristorante. Non accettò, secondo lei non era giusto e poi era benestante. Il costo di mezzo pasto non avrebbe influito nel suo budget mensile. Le chiesi cosa sarebbe successo se avesse divorziato. Mi rispose che sarebbero stai cazzi, ma avrebbe avuto un congruo assegno mensile dei cosiddetti alimenti. Per la figlia che era maggiorenne avrebbe scelto di sicuro di stare con lei. Il padre l’annoiava proprio e aveva meno libertà stando da lui. Nunzia mi chiese di parlarmi della mia attrazione per mia madre e di mostrarmi delle foto. A quell’epoca si potevano già farle con molti telefonini, anche col mio e ne avevo anche qualcuna osé che mostrai alla mia amante: Ammirò le generose forme della mia genitrice. Mi confessò anche che le piaceva e che avrebbe saputo come farla godere.
- Sei stata anche con delle donne? –
- Naturalmente e mi piace anche, specialmente se sono sottomesse. Adesso mi vedo con una. Non ti ho proposto di incontrarla insieme perché a lei piacciono solo le donne. –
Mi mostrò le foto di una giovane ninfetta con il culo arrossato dalle sculacciate. Mi disse che lei era molto masochista, instancabile leccapiedi e con lei ci dava dentro parecchio. Potevamo combinare un incontro con mia madre aveva già l’idea di come fare. Da un amico si sarebbe fatta prestare un ufficio. Avrei detto a mia madre di lavorarci in prova. Avrei aggiunto che la titolare, una donna bella e importante, voleva conoscerla, magari le avrebbe proposto un impiego partime. (Mia madre era contabile). Poi ci avrebbe pensato lei a sedurla. Infine sarei entrato io in ufficio e avrei partecipato al partouze.
Mi sembrava una idea bellissima, ma avevo i miei dubbi sulla riuscita del diabolico piano.
Quella sera avevo bevuto parecchio. Sotto i fumi dell’alcol aderii al folle piano di Carmen che oltre a essere una porca perversa godeva nell’escogitare sempre nuovi intrighi. Mia madre fu lieta di accettare l’invito della mia sedicente principale. Io, come convenuto, arrivai nell’ufficio prestatole da una sua amica in tempo per verle fare sesso lesbico fra mia madre e Carmen. Fingendomi indignato avevo schiaffeggiato la mamma e l’avevo ingroppata. Lei ormai eccitata si lasciava fare, godeva la porca nell’amplesso con me coiadiuvato dalla calda Carmen che ci leccavche volta tentavo un qualche goffo approccio sempre respinto anche con violenza. E gli schiaa e succhiava. Non so per quanto durò il tutto, certo non moltissimo, ma sufficiente perché io inondassi col mio seme la mia genitrice. Dopo il furioso amplesso mia madre era esterrefatta e sconvolta. Si fece accompagnare a casa e mi intimò perentoria che quello che era successo non doveva mai più avvenire e non ne avremmo mai parlato. Non potei fare altro che attenermi ai suoi dettati. Qualffi della mamma mi eccitavano non poco. Anche Carmen non aveva più voluto far sesso con me. Invece mia madre aveva accettato di lavorare per lei. In realtà era diventata la sua schiava. Lo seppi molto tempo dopo che la diabolica Carmen la ricattava. Aveva filmato l’amplesso incestuoso e se mamma non si fosse adeguata ai suoi voleri le aveva promesso che l’avrebbe divulgato. Non so fino a che punto mamma fosse vittima. È chiaro che il rapporto di dipendenza con quella perfida virago l’accitava e quando costei ne ebbe abbastnza di lei e la scaricò dall’oggi al domani ne fu dispiaciuta e si trovò senza lavoro, senza a mante, in rotta col figlio, ma con un certo gruzzoletto dovuto alla buonuscita ricevuto da Carmen. Inoltre mamma, passionale, porca, ma avveduta nei diversi mesi di relazione era riuscita a racimolare altro denaro.



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