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Un club familiare pt.1


di tongue81
23.01.2023    |    14.471    |    0 9.7
"Pian pianino, il branco iniziò a disgregarsi, ognuno divenne cacciatore o preda a seconda delle occasioni, aumentando e diminuendo di numero più e più volte..."
Il matrimonio di Damiano, scapolone impenitente, andava festeggiato a dovere con una festa di addio al celibato davvero importante: purtroppo, essendo ormai tutti padri di famiglia tranne il novello ma stagionato sposo, fu impossibile organizzare il solito viaggio all'estero, considerate le esigue disponibilità dei partecipanti.

Dopo una cena luculliana, ci dirigemmo verso un club privee abbastanza noto in zona, frequentato da una platea selezionata e di alto livello, data la scrematura che veniva fatta all'ingresso.

Optammo per un arrivo in grande stile: minibus con autista, così da evitare problemi con la stradale in caso di eccessi alcolici, abito scuro per tutti tranne per il festeggiato, vestito in varie nuance di bianco per sottolineare il suo ruolo, e tante, forse troppe, consumazioni pre-acquistate.

Cesare, che del locale era frequentatore abituale, durante il percorso ci catechizzò a dovere, ripentendo una litania che in breve divenne il mantra della nottata: "Non puntate le cameriere ma le clienti!"

In effetti, appena arrivati, era evidente che la nomea di essere molto frequentato era meritata: le tre sale erano brulicanti di coppie, gruppi di amici e amiche, singoli e singole, tutti vestiti in modo elegante e tutti con il volto coperto da una maschera che davvero rendeva difficile identificare chi fosse il tuo interlocutore e questa condizione valeva per tutti, tranne che il povero Damiano.

A differenza di altri locali simili, nella sala bar gli approcci erano alquanto soft, nessuna scena volgare o spinta mentre nelle rimanenti l'atmosfera si riscaldava maggiormente ma senza alcun scenario a tinte particolarmente forti: insomma, le sale erano il terreno di caccia per poi banchettare con la preda nelle stanze private adiacenti, al massimo si poteva consumare un breve antipasto nelle nicchie dove si trovavano divanetti discreti e poco in vista.

Quando la serata entrò nel vivo, l'atmosfera divenne satura di erotismo e disinibizione: da bravi amici, pensammo innanzitutto al futuro sposino, somministrandogli dosi appropriate di gin lemon e di tequila, così da portarlo al punto giusto per godere appieno di una signora molto prosperosa che fu oggetto delle sue attenzioni, ricambiate senza alcun indugio per tutta la prima parte della serata e anche successivamente, quando li vedemmo allontanarsi lascivi verso le stanze. Pian pianino, il branco iniziò a disgregarsi, ognuno divenne cacciatore o preda a seconda delle occasioni, aumentando e diminuendo di numero più e più volte.

Ovviamente, anche io mi diedi fare, girai un po' tra i divani alla ricerca di situazioni intriganti e dopo un po' mi gettai nella pista, dove venni attirato da una ragazza che ballava in modo estremamente sensuale. In quella baraonda di donne e uomini, la vidi ergersi al di sopra della massa grazie ad una figura slanciata, ad un seno nè grande nè piccolo ma molto proporzionato alla sua figura ma soprattutto per un fondoschiena da urlo, un mandolino alto, sodo e carnoso, frutto presumibilmente di una intensa attività di squat, che attirava gli sguardi e le attenzioni di molti uomini come il polline con le api.

Attesi il momento giusto e mi fiondai verso di lei, azzardando anche qualche passo di bachata e benedicendo le lezioni prese un paio di anni prima per assecondare i desideri di mia moglie: vuoi per l'impegno a seguirla nel ritmo, vuoi per l'approccio meno aggressivo, vuoi per mia discreta prestanza fisica, riuscii ad entrare nelle sue grazie, ad iniziare un vorticoso gioco sensuale di sfioramenti, carezze e strusciamenti che lasciavamo chiaramente intendere come sarebbe proseguita la conoscenza.

"Non ti muovi male per essere così vigoroso." mi sussurrò all'orecchio
"Carino avermi dato del vigoroso e non dell'orso grosso ed impacciato!"
"Non mi riferivo alla tua stazza ma a quella del tuo amichetto..." rispose accarezzandomi la patta con molta grazia, come fosse il gesto più naturale del mondo.

Andammo al bar per uno shot di tequila sale e limone, facendo molta attenzione a farle sentire costantemente la mia erezione, cercando sempre di puntare verso quelle natiche di marmo, così perfette e sinuose da far invidia anche agli scultori della Grecia classica.
Ne ordinai ben quattro, cosicché potessimo consumare i primi due al bancone e i successivi in un tavolino in penombra, giusto preambolo per iniziare un nuovo tipo di danza.

Ci sedemmo e subito le sue gambe furono a contatto con le mie, iniziammo a chiacchierare scambiando battutine sempre più disinibite e dettate dalla crescente eccitazione: le mie mani iniziarono ad esplorare le belle gambe, risalendo lentamente dalle ginocchia fino ai fianchi, sentendo la morbidezza della stoffa del vestito, indugiando sul pizzo delle balze delle autoreggenti fino ad afferrare con le punte delle dita l'elastico dello slip.

Ci ritrovammo così, l'una sopra l'altro, intenti all'esplorazione dei nostri corpi, mossi dall'istinto primordiale del desiderio sessuale, di prendere possesso della fisicità e dei sensi della persona che ti è di fronte.

Saggiai la sua eccitazione, trovai la stoffa degli slip già calda e pervasa dai suoi umori, stuzzicai i capezzoli venendo decisamente meravigliato dalle dimensione delle sue tette mentre lei, famelica, liberò il mio bastone per accoglierlo tra le sue labbra.

La sconosciuta mascherata iniziò a succhiarmi il cazzo con una passione e una voracità fuori dal comune, un'interpretazione magistrale della nobile arte della fellatio con una devozione quasi nei confronti del cazzo quale strumento di piacere. Mi feci travolgere dal suo impeto, provai a farla rallentare ma tra quella strana melodia di risucchi, gemiti e respiri affannati, riuscii a distinguere chiaramente la sua richiesta di venire travolta dal mio sperma.

La assecondai, mi abbandonai ai suoi desideri e sborrai in modo abbondante, schizzandole il petto, le labbra e la maschera che celava il suo viso ai miei occhi: alzò lo sguardo, vide il mio petto nudo e trasalì: "Giovanni?" disse con voce tremante, manco avesse visto un fantasma. Sollevò il travestimento con un movimento lento, quasi fosse impaurita dallo svelare il suo volto.

Mantenendo gli occhi fissi sul tatuaggio presente sul mio petto, rilevò il suo viso stravolto e porco di sperma: "Cazzoooo... Vittoria?"

[Continua]
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