Racconti Erotici > Lui & Lei > In tua assenza tutto è attesa
Lui & Lei

In tua assenza tutto è attesa


di Membro VIP di Annunci69.it Occhidimare12
30.01.2023    |    282    |    9 9.3
"Il mistero delle donne che forse hanno timore di gettarsi completamente in un mondo composito, cinico e controverso da cui rischiano sempre di essere tritate..."
FUORI TEMPO E FUORI DAL TEMPO

Andrea era sempre fuori sincrono. Con me sbagliava sempre i tempi. Quando avevo voglia di lui non mi calcolava. Rispondeva in ritardo ai miei messaggi. Talvolta con un tono di sufficienza che mi indisponeva notevolmente, fino ad arrivare spesso ad irritarmi, a tal punto che la mia insolita e inspiegabile rabbia mi spingeva a cancellare le nostre chat e a bloccarlo per intere settimane o mesi. Era, la mia, un’esigenza di sospendere il fiume di parole con cui mi obiettava ogni piccola cosa per gelosia, senso di possesso o semplice paura di perdere la presa su di me come su una preda infida e sfuggente.
Tutte le volte che gli ormoni si accendevano in lui, invece, lo scenario cambiava visibilmente; mi cercava ossessivamente come se gli mancasse l’aria e stesse soffocando dal desiderio. Era spasmodico. A tratti spavaldo e l’attimo dopo tenero e insicuro da implorarmi di rimanere e di non perderci mai.
Appariva come un bambino disorientato e quando versava in questo stato mi chiedeva cose inquietanti come: “Allattami!”, “Sputami”, “Schiaffeggiami”, “Puniscimi”.
Un’indole strana che forse a me troppo strana, purtroppo, non appariva. Ero stata dieci anni con un narcisista patologico e certi tratti della sua personalità li riconoscevo ora nella controversa figura di questo ragazzo, sicuro professionalmente quanto instabile e irrisolto nelle proprie relazioni personali. Non ne concludeva nessuna. Non ne godeva di qualcuna. Teneva in piedi tanti rapporti ma di fatto era solo e incompreso. O meglio, incomprensibile.
Litigavamo spesso. Troppo. Come non era mai avvenuto prima con nessuno. Nemmeno con il mio ex narcisista, dal carattere più introverso e meno aggressivo. Con Andrea mi si tappava la vena e davo di matto. Ci specchiavamo nei nostri rispettivi disagi esistenziali. Fuori controllo come mai prima, per nessuna situazione, per nessuna ragione, tanto che paradossalmente la pazza, la carnefice sembravo io. Mi induceva a scusarmi sistematicamente, quando quello che attaccava e offendeva era, invece, stato lui. L’intento manipolatorio dopo un po’ fu chiaro poiché ogni donna, che si sia sventuratamente relazionata a lungo con un narcisista, sa bene che quando un uomo tende a spostare l’attenzione sulla reazione più che a centrarsi sull’azione da cui essa è stata originata, pratica una sottile manipolazione psicologica che negli anni svuota portando anche la persona più equilibrata a perdere fiducia in se stessa e negli altri.
Io vivo senza sapere ogni giorno che giorno sia, ogni ora che ora sia, ogni minuto che minuto sia. Non è necessario. Mi sono liberata di tante inutili convenzioni. Navigo a vista orientandomi con le stelle e con le folate d’amore che ogni tanto mi arrivano. Qualcuna più intensa altre meno.
Con Andrea, all'opposto, anzi più precisamente senza di lui, tutto era diventato attesa. Immobile, faticosa e spossante sospensione dalla realtà. Riconoscevo in lui la capacità di coinvolgermi non solo nell’eros ma nel pensiero che si fermava come un orologio a cui fossero state tolte le pile. L’unico a cui non raccontavo nulla di me, di chi fossi o di cosa facessi. Non volevo scoprirmi perché avrei potuto prestare il fianco ad un massacro psicologico che fiutavo ormai a mille miglia di distanza. Quelli criptici come lui sono pericolosi per quelle audaci e limpide come me. Sono agli antipodi. La nemesi. Una condanna. Insieme eravamo sempre fuori tempo e fuori dal tempo. Dal tempo ordinario, per ritagliarci una parentesi intensa di straordinario piacere e di aspra intensità.

UNO TRA MIGLIAIA

Quando mi iscrissi sul sito per curiosità e per imparare ad esplorare terreni nuovi e parecchio variegati, Andrea fu tra i primi a contattarmi in chat. La prima volta, si era presentato semplicemente. Come piace a me, senza giri di parole, troppi complimenti o trabocchetti inutili. Privo di cerimonie tipiche di un sito di incontri. Sicuro e diretto mettendoci subito la faccia.
“Ciao, sei bellissima, io sono Andrea” allegando una foto di lui sorridente. Giovane ma non giovanissimo. Un trentasettenne affermato nel proprio lavoro e di buona famiglia. Capelli biondi sempre impomatati e pettinati all’indietro, gli occhi di cielo allungati come mandorle nude. Un sorriso splendido dai denti bianchissimi come perle, e con gli incisivi leggermente sovrapposti da cui riceveva un’aria innocua e bambina. Un aspetto curato, rassicurante, da pacato impiegato di banca, ligio al dovere ma dal cui sguardo, a tratti, solo a tratti, traspariva
un'attitudine da despota licenzioso come pochi altri. Quel binomio attrae oggi le ragazze, attirate dallo status sociale e dall’algida bellezza di una pseudo perfezione che, a un occhio di donna più grande, è solo un urticante perfettinismo da scoperchiare. Quanto di più lontano dai miei ormai cristallizzati gusti e dal mio granitico ideale invece di maschio selvaggio e sgangherato, più prossimo ad un musicista demoniaco o a un poeta squattrinato e idealista che a un affidabile burocrate conformista.
Trovo da sempre più affascinante un uomo spontaneo, rude, selvatico, pericoloso, coerente negli errori ma con un animo nobile che si appalesa solo ai suoi simili. In sintesi mi fido più di un apparente cattivo che di un apparente buono.
Andrea era, all’inizio, una piacevole distrazione e una costante sfida allo smascheramento. Un gioco lento di scacchi per dare all’altro scacco e smacco.
Lui mi aveva scritto più volte, nel canale comunicativo privato, in cui da subito ci eravamo rifugiati, che potevo essere una ventata di novità, l’aria fresca da respirare dopo una rottura per lui dolorosa. Una donna sua. Solo sua.
Non volevo affatto esserlo. Non voglio e non vorrò mai assumermi la responsabilità di guarire nessuno dalle proprie paranoie amorose o esistenziali causate da altre e antecedenti compagne. Ho rinunciato alle mie certezze per essere libera. Libera da inganni e dalle responsabilità di accudimento di chicchessia. Un uomo deluso è materiale fragile, da maneggiare con cura. Qualcuno che ti risucchia nei suoi problemi e ti sfinisce. Un vampiro psicologico che si approvvigiona delle tue risorse. Ti ritrovi a fare la crocerossina che mobilita le proprie risorse psico-fisiche per l’altro, quell’altro incapace di amare, di rispettare e persino di scopare bene. Il narciso scopa con se stesso. È il principe dell’autoerotismo. Nessuno più di sé stesso sa toccarlo o eccitarlo nella giusta maniera, fino a quando incontra te che magicamente gli metti in moto tutte le fantasie e lo fai sentire libero e mai giudicato, perché “tu sei speciale, una donna unica che comprende e accetta la diversità”. Ogni donna realizzata, sicura di sé e forte, prima o poi, incontra un narcisista intenzionato consciamente o inconsciamente, a seconda dei livelli del proprio disturbo patologico di personalità, a indebolire, svalutare, distruggere, destrutturare solo allo scopo di alimentare il proprio sé grandioso. Il proprio diabolico e smisurato ego.
Per quasi un anno non ci incontrammo mai. Ero diventata la regina del sexting. Pratica in cui mi impegnavo davvero tanto, in modo quasi maniacale. Ideavo per lui spettacoli privati a tema. Creavo atmosfere fantastiche con abiti e oggetti ispirati a storie antiche di cavalieri e streghe, a film, libri, al burlesque… a cui, da unico spettatore, assisteva concentrato ed infiammato dagli stimoli visivi e sonori. Quel momento, dopo le 18.00, di ogni giovedì, in cui era imbottigliato per ore nel traffico di ritorno dal lavoro, lo esaltava. Lo intrappolava nelle voglie irrefrenabili. “Mi fai uscire pazzo letteralmente. Sei una droga, cazzo! Mi devo fermare alla prossima piazzola di sosta. Non posso guidare in questo stato!”. Tante volte era capitato che gli inviassi foto in autoreggenti e tacchi che lo costringevano a rifugiarsi in bagno per dominare la sua bestiolina che stimolata anche con la foto di mezza tetta si animava come un indomabile drago sputafuoco. Una domenica era in spiaggia. Gli inviai la foto dei miei piedi inguainati dal nylon di un collant, in estate. Ebbe una reazione spropositata. Ingovernabile. Si mise in macchina e tornò a casa, fermandosi ad ogni foto sotto un pino dell’Appia antica tentando di imbrigliare il cavallo nero che dai pantaloncini estivi tentava di trovare il suo libero pascolo. Avrei potuto avere un uomo al minuto, stando ai costanti e quotidiani contatti di A69; non solo, anche nella realtà avevo sempre e interessanti opportunità da me puntualmente disattese proprio da quando avevo conosciuto “inbanca23”. Perché tra migliaia di contatti avessi scelto lui, mi è ancora del tutto oscuro. Perché tra tante proposte concrete accettassi solo di accennare ad un erotismo virtuale è un mistero. Il mistero delle donne che forse hanno timore di gettarsi completamente in un mondo composito, cinico e controverso da cui rischiano sempre di essere tritate senza pietà. Quella virtualità spinta mi faceva da training. Da allenamento. Dovevo preparami, corazzarmi, addestrarmi al distacco, a non affezionarmi mai a nessuno. Neanche al tipo più bello, intelligente e “giusto” che ogni giorno mi si fosse presentato e che puntualmente mi si presentava per indurmi in tentazione. Fui forte e fedele a un fantasma. Ancorata a una storia crudele e irreale. Intangibile ma, bisogna ammetterlo, nel bene e nel male terribilmente coinvolgente.

L’INCONTRO

Non eravamo mai pronti per incontrarci. Una volta mancava lui, altre, mille volte, mancavo io. Mi faceva paura stropicciare dal vivo quella tensione emotiva e fisica che ci teneva connessi a distanza, come in una danza di nere bisce che si seducevano e si tenevano unite ma a prudente distanza di sicurezza.
Fu una sera di gennaio del nuovo anno appena entrato che ci fornì le coordinate spazio-temporali precise per un appuntamento reale. Un lunedì di nebbia e pioggerella fine che batteva sui finestrini, ci incontrammo a metà strada come avevamo sempre immaginato che avvenisse diventando progressivamente, quel pensiero, una vera ossessione per entrambi. Parcheggiammo in un giardino pubblico a ridosso di una schiera di villette tutte uguali, appena tratteggiate in bianco e nero come in un fumetto di Diabolik. Un muro di cemento grigio, sormontava l’unico orizzonte urbano disponibile. Mi affiancai sulla destra della sua macchina. Scese e velocemente salì sulla mia guardandosi attorno furtivo. Un lampione illuminava l’oscurità del crepuscolo peccaminoso che stava per sobillare l’atmosfera di perfetta clandestinità di un tipico, quanto banale, carsex tra abituali amanti. Che amanti in verità non erano ancora effettivamente mai stati.
Entrò e si sedette senza guardarmi ma appoggiando il telefono sul cruscotto. Ci salutammo appena. Mi chiese il permesso per tirarselo fuori, subito. Glielo accordai come in realtà avevo già fatto per messaggio poco prima, quando durante il tragitto avevamo scandito i chilometri con il racconto di emozioni, sensazioni e fantasie da concretizzare non appena ci fossimo visti. Lo trasse fuori dai pantaloni. Era già duro e dritto. Nervoso e più grande di come appariva in videochat. Non volevo alcun convenevole. Nessun gesto o azione superflua, dopo un anno di immagini e discorsi gettati in rete, non lo avrei retto un minuto di più. Era arrivato il momento del dunque, della fisicità che tanto ci mancava e che tanto manca oggi, in generale. Mi tirò fuori le tette dal reggiseno di pizzo e vi si avventò sopra con avidità primitiva. Completai l’operazione liberandole della morsa del ferretto. Sentivo le sue dita fredde strizzare i capezzoli e ruotarli come per sintonizzare una stazione radio imprendibile. Presi il suo caldo obelisco tra le mani inanellate, senza la paura di fargli male. Inconsciamente volevamo farcene a vicenda.
“Siamo degli animali. Solo così piace a noi, vero? Vero?” chiese con voce rotta.
“Tu sei un animale, io mi adeguo a te” risposi sussurrando.
“Dimmelo ancora, ti prego. Dimmelo sempre!” mi disse.
“Sei un porco!” proseguii con tono categorico e liberatorio.
“Il tuo porco?” domandò.
“No, un porco a caso e basta” risposi continuando a segarlo con decisione ma con tocco morbido. Non da forsennata, per intenderci. Anelli e bracciali scandivano il tempo sincopato del su e giù delle dita, incollate al suo membro sempre più rigonfio.
Sentivo la sua voglia crescere, inarrestabile e con essa germogliava, anche dal vivo, la nostra indescrivibile e alchemica intesa. Quel feeling raro che anche in chat, alla visione del mio seno nudo muoversi nella cam, fissa sul corpo e che ormai avevo imparato ad orientare con la perfezione di un regista di gialli, lo faceva indurire e durare molto poco. Eruttava di continuo come un vulcano troppo a lungo quiescente. Inondando tutti i luoghi da cui mi videochiamava. Ora eravamo lì. Occhi negli occhi. Mani nelle mani, in un corpo a corpo da guerrieri impavidi e imprevedibili.
Io, a dir la verità, non ero eccitata, ero più euforica, frastornata, fuori giri. In un obnubilante spazio onirico mio.
Non mi sentivo bagnata e custodivo gelosamente serrato il mio pertugio. Chiudevo le gambe mentre le sue mani smaniose sfioravano le mie autoreggenti velatissime. Tolsi le scarpe. Nere di raso con tacco dodici, elegantissime.
“Voglio riempirle di me!” disse.
Le gettai nel sedile di dietro per precauzione. Lontane dalla sua voglia di marchiare il territorio come un gatto in amore.
“Le mie scarpe sono sacre e non possono raccogliere il seme di uno stronzo. Mai. C’è un limite a tutto!” gli sussurrai avvicinandomi al suo orecchio e sfiorandogli il collo con la lingua. Avvertii il suo brivido incontrollato e repentino all’ascolto delle mie parole di velluto seppur non compiacenti. Il tono era suadente e languido come quello di una strega che prepara la sua pozione di veleno.
Mi porse il labbro superiore. Lo evitai voltando il viso e rifiutando il suo primo bacio.
Mi strinse le mani come non volesse perdere il contatto con le mie, in quel contesto di confusione dei sensi e ricercando in esse un orientamento più preciso di quello della pioggia, che sghemba batteva sui vetri, più forte e più forte ancora, come il ritmo che saliva con l’intensità dei nostri scambi continui di sguardi, di pelle, di calore, di viscere, di parole forti.
Mi porse la bocca come l’acqua da una brocca. Lo evitai di nuovo. Per un po’. Solo per un po’. Dopo invece ci calamitammo la lingua come quella di due iguane inestricabili, per ore.
Mi ersi su di lui. Mi sentivo un monumento in una piazza vuota. Afferrò i miei capezzoli come un coccodrillo che privo di braccia spezzetta la sua preda sbattendola da una parte all’altra mulinando la testa. Lo accarezzai con veemenza ciondolando la sua testa tra le mani come priva di un perno. Era plasmabile. Senza difese. Vulnerabile. Ci stavamo gradualmente esponendo, senza scudo alcuno. Abbandonando l’aggressività ma non la veemenza. Fervidi, palpitanti, impazienti, folli.
“Fammi quello che vuoi. Sono tuo!” ripeteva.
Non risposi.
“Dimmi che non mi lascerai mai!”.
Non risposi.
“Tu sei innamorata un po’ di me?”.
Non risposi.
Feci cenno di no con il capo e tornando al posto del conducente lo guardai per la prima volta veramente negli occhi, velati di una strana e autentica malinconia, senza dire una parola.
“Non voglio questa atmosfera stucchevole e romantica. Voglio solo il tuo coso” gli dissi con aria sibillina.
“Voglio esserti dentro” disse spostandosi su di me.
“Non puoi! Ho il ciclo!” risposi.
Se ne accertò spostando la gonna e scostando le mutandine nere nelle quali aderiva un salvaslip.
“Ti voglio!” tuonò.
“No, non voglio!”. Lo ricacciai al suo posto spingendo con forza il petto lontano da me.
Era disorientato. Mite, calmo e vacillante.
Mi tuffai tra le sue gambe.
“Non sono innamorata di te ma del tuo cazzo!” dissi guardandolo da sotto.
Con sua sorpresa lo leccai come un gelato dai gusti dolci e acri. Succhiai il suo glande avidamente come sapevo che lo avrebbe fatto delirare.
“Vomitami!” disse, mentre sentiva il rumoreggiare della mia gola che si abbatteva sul pene facendo in esso risalire e scendere lo sperma.
“Non voglio venire. Voglio che duri più a lungo possibile” dichiarò.
“Dammi la tua saliva, la voglio in bocca” disse.
“Non te la meriti” risposi, sputandogli con impeto sulla cappella umida come quella di un fungo annaffiato dalla pioggia d’autunno.
Sotto quel nubifragio di sputi rabbiosi e spudorati esplose in un tripudio di urla che ero abituata ad ascoltare solo durante la videochat e che lì, piantate nel mio orecchio, quasi mi impaurirono.
Ci tenemmo abbracciati e ci dicemmo cose bellissime. A lungo.
Tornai a casa ebbra di nulla e di tutto.

APPARTENERSI E NON POSSEDERSI

Quell’incontro reale, troppo a lungo rimandato, avvenne perché qualche settimana prima gli avevo comunicato che avrei interrotto la nostra “relazione virtuale”.
“Starai frequentando qualcuno, allora!” scrisse con tono provocatorio.
“Sì, esatto. Mi vedo con qualcuno e non mi sembra affatto sano per noi e corretto nei suoi confronti, prolungare questo stillicidio di foto e videochat che non sono appaganti e che non ci portano da nessuna parte!” risposi stizzita.
“Dove lo hai incontrato?” chiese.
“Non sono affari tuoi!” replicai.
“Rispondimi, cazzo!” mi intimò.
“Ciao, Andrea. Buona fortuna. Concentrati sulla tua ragazza invece di disperdere le energie con me!” gli consigliai amichevolmente.
Si era presentato come un uomo libero ma libero, scoprii dopo, che non era. Lo accettai solo perché mi parve che quella lunga storia, seppur ancora in essere, avesse poco da riservare a lui e a lei, in termini di erotismo e sorpresa. Non era comunque in alcun modo un mio problema conoscere ogni dettaglio della sua vita privata. Non è opportuno né interessante conoscere troppo delle persone con cui si condivida il semplice sesso. L’erotismo ha i suoi codici che l’amore non rispetterebbe. Essendo per statuto più impertinente.
In fondo, non mi sarei appropriata di niente che non fosse già appartenente all’oblio inesorabile della loro estraneità.
In un mondo cinico come quello di oggi dovremmo tutti imparare a coltivare il senso di appartenenza e liberarci finalmente di “sentimenti tossici” quali il senso del possesso, la gelosia, l’indifferenza passivo aggressiva, il silenzio punitivo e tutto ciò che appartenga a un modo di fare autoreferenziale e narcisistico. L’amore, che oggi è osteggiato e bistrattato, non li necessita e, a ben guardare, neppure la passione che, sebbene si nutra di vivacità e approcci più “violenti”, non è mai violenza ma impetuosità, istinto animalesco ma non ferino. Vitalità improvvisa, vita! Eppure molti, troppi decidono di consacrare la propria esistenza ad una prigionia votata al disamore. Quel disamore che nonostante tutto diventa l’unica certezza della loro vita. Io non amo le certezze. E ad un’esistenza falsa e senza passione preferisco il subbuglio, il turbinio, il vortice potente di un solo attimo di ardore.

LEALTÀ

Tornati a casa mi scrisse che era stato molto felice. Che avremmo dovuto vederci quanto prima. Che voleva appartenere ai miei pensieri più ricorrenti e non uscirne mai.
Fu carino come solo lui sapeva essere quando si guadagnava da me qualche certezza in più di quelle che ero solitamente disposta ad elargirgli. Lo sentii vicino, in un autentico quanto dichiarato e manifesto deliquio.
Una settimana dopo notai che ossessivamente visitava il mio profilo sul sito dove non ci eravamo più “controllati” a vicenda da immemore tempo. La piccola icona, che ritraeva il suo sguardo equoreo, era lì visibile come non mai. Lessi per pura casualità un loveback nuovo. Il suo unico feedback, in verità. Recente. Si stava accertando che lo vedessi evidentemente, dato il sospetto, copioso e inconsueto numero di visite alla mia pagina. Aveva incontrato una ragazza. Bionda e molto comune. Quanto di più distante da quello che aveva sempre detto di preferire. De gustibus non disputandum est. Non mi soprese la scelta della donna, né l’incontro fugace avvenuto e dichiarato nei rispettivi feedback ma la tempistica scelta, del tutto inopportuna. Voleva forse vendicarsi di essere stato allontanato mesi prima per un altro e che a mia volta avevo quasi subito lasciato? Avevo commesso il terribile errore di dichiarargli che durante quella frequentazione mi era mancata la nostra stramba presenza a distanza. Proprio quando avevo optato per un rapporto vero, con un uomo stupendo in carne ed ossa e di cui ogni giorno potevo respirare l’essenza, mi mancava Andrea. Mi sentivo vuota. Avevo paura. La stessa paura in cui era confinato lui e che mi aveva fatto pesare.
“Te ne vai, lasciandomi così solo. Non ci hai pensato un istante ad andartene!” scrisse con il consueto tono vittimistico.
“Me ne vado da dove, esattamente?” chiesi attonita. Non mi rispose.
Quella non risposta me la portai dietro come un fardello di sensi di colpa che mi costrinse a rinunciare alla relazione con un uomo bello, intelligente, tenero e reale come Andrea non sarebbe mai stato.
Non fu la sua pseudo infedeltà che mi turbò ma la mancanza di lealtà. Il sentirsi vicini e appartenenti in quell’unico incontro e scoprirsi invece più lontani di sempre. Ho sempre perdonato i tradimenti, che sono solo impulsi incontrollabili del corpo che necessita di attenzione e calore ma non posso in alcun modo tollerare la slealtà verso una complicità identitaria che proprio quando diventa più concreta e forte si manifesta anzi come fumosa e mistificata. Lo bloccai ovunque e non volli più sentirlo o rivederlo.
Mi ricercò in ogni modo sui social che mai avevamo usato prima. Non mi ebbe più. Questo causò probabilmente più dolore a lui che a me perché quando assaggi una donna che ti intriga all’inverosimile e non puoi più averla, il rimpianto ti rimane come un sigillo di stupidità addosso. Il vuoto inaspettato lasciato da un desiderio irrealizzato, se non per una piccola parte, ti si inchioda al cervello e non solo a quello… per sempre.


Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.3
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per In tua assenza tutto è attesa:

Altri Racconti Erotici in Lui & Lei:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni