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Una perfetta punizione


di Membro VIP di Annunci69.it Occhidimare12
10.07.2023    |    910    |    24 8.5
"Se poi ti dico puttana, t'ncazzi! Che carattere oh..."
"Misses" era solo un altro dei nomi in codice che Lara aveva avuto o che si era data nella sua vita. Qualcuno sul sito leggeva in modo errato e l'associava subito alla "mistress" dominante dei rapporti tra dominatori e sottomessi slave, nel sesso, giocato con i ruoli assegnati. Una mattina d'estate si era svegliata di buonumore e dopo la consueta e temprante doccia fredda, anzi freddissima in ogni stagione, si era messa a leggere notifiche vecchie di mesi, durante i quali di certo non aveva pensato o avuto modo di entrare su un sito di incontri. I lunghi capelli castano scuro, lisci come la seta, che difficilmente poteva tenere sciolti, sventolavano al venticello del mattino, sulla terrazza panoramica che dava sullo splendido mare di Sicilia. I genitori erano felicissimi di poterla riabbracciare e di riaverla qualche giorno a casa, per coccolarla ancora come quando era bambina. Una bella bambina aggraziata e dolce, dai lunghi boccoli dorati che durante i saggi di danza classica le venivano raccolti in un elegante chignon ornato con tanto di diadema luccicante. L'orgoglio di una famiglia benestante, i cui valori erano rispecchiati in Lara, in ogni campo, nello studio, nella danza, nell'arte e nello sport, era riposto, proprio come eredità morale di genitori, entrambi magistrati, in quell'unica figlia avuta in tarda età. La vita borghese di Lara, non più adolescente ma ragazza, sembrava già stata chiaramente delineata dalle aspettative di mamma e papà. La vita però, come ben si sa, gioca spesso a sparigliare le carte, rendendo il futuro più incerto e di sicuro più eccitante di come venga vanamente predeterminato dagli esseri umani. Una mattina si era risvegliata diciottenne, con i capelli scuri e il seno abbondante. "Quello shampoo maledetto! È colpa di quello shampoo! Oh la mia bambina non è più bionda! Povera biedda mia". Quelle parole disperate urlate da mamma Rosalia, riguardo un cambiamento che più che fisico pareva essere di status sociale, scossero profondamente l'indole femminea di Lara mettendola in guardia circa ogni piccolo abuso psicologico che, sin da piccine, le donne subiscono dalle stesse donne, in ambito famigliare. Fu qualche giorno dopo che annunciò, al parentato riunito per il compleanno del padre Tano, un importante e stravolgente cambiamento di vita. Scorrendo le notifiche notò che tutti erano stati gentili nel commentare il suo profilo, in verità molto scarno, ma da cui trasparivano gambe tornite e spalle abbronzate perfettamente definite.
Solo un tizio dal nick "porco69" le aveva scritto più o meno sempre la stessa cosa: ci sei, puttana? Che fai, puttana? Non rispondi, puttana? Ogni sorta di interrogazione, con il soggetto fisso era declinato in "puttana". Mille complimenti, non scuotono tanto l'orgoglio di una donna, quanto un singolo e unico insulto: puttana! Che se poi l'uomo può essere additato da una varietà di vocaboli come stronzo, idiota, stupido, bastardo, coglione, porco... non si comprende bene perché la donna sempre puttana debba, invece, essere definita! Nel traffico, a casa, nel lavoro, nel letto. A Lara, che si era concessa tre giorni di riposo, salì il sangue agli occhi nel giro di un nano secondo. Dopo qualche ricerca al portatile, imbracciò il suo zaino di sopravvivenza e con la moto parcheggiata nel garage, da tempo ferma, partì. Un paio di sgasate rumorose e scomparve tra la polvere del viale costeggiato da alte palme. La destinazione segnalata dal suo GPS la raggiunse dopo cinque faticose ore di viaggio. La fatica, però, non l'aveva mai spaventata o fatta desistere da qualche personale intento. Una strada di montagna, nella macchia mediterranea verdazzurra, si acciambellava come un boa attorno alla rocciosa parete dell'Appennino, per poi finalmente svelare all'occhio dell'avventore, una sorta di altopiano fiorito con migliaia di declinazioni policromatiche che dal magenta viravano armoniosamente al lilla e infine al giallo. Lara si fermò a bere e a rinfrescare le mani e le braccia al fontanile dove, di lì a qualche metro, una mandria di bovi ruminava il proprio tempo estivo masticando calura e scacciando mosche a colpi di coda. Poco lontano una chiesetta diroccata, dalla facciata color miele, fregiata di rampicanti selvatici, mostrava le crepe della propria instabile struttura, sorretta ormai probabilmente dalle sole grate di acciaio alle finestre e dalle chiavi di ferro, tipiche delle costruzioni del Centro Italia, soggetto a sismi frequenti. Lara percorse ancora qualche chilometro addentrandosi nella fitta vegetazione e poi, d'un tratto, spense la moto posteggiandola a mano silenziosamente sotto l'ombra di un'enorme quercia dal fusto centenario che nel tempo aveva riversato ghiande sul terreno stratificato. Il sole di agosto era arrogante, e sin lassù, in quel posto di montagna dimenticato da Dio ma non dal Wi-Fi, inoculava raggi in ogni cosa. Lara si guardò intorno e con passo felino si avvicinò alla casa in pietra, completamente isolata da qualsiasi forma di coabitazione comunitaria. Con decisione bussò alla porta sferrando tre colpi secchi con il piede destro, racchiuso in un rigido anfibio di pelle nera. Ad aprire la porticina grezza e cigolante, realizzata con tavolacce rigate di spicciola falegnameria da cantiere, fu proprio colui che nella mente di Lara aveva fatto scattare un meccanismo di assalto al nemico repentino e brutale. Un modesto esemplare di maschio villoso, dalle braghe color tortora e la canottiera bianca, intrisa di sudore. Seminudo e non più alto di un metro e sessantacinque; dai capelli lunghi e scomposti color castagna, come appena tinti sulla fronte bassa e crespa aveva subito sgranato gli occhi neri nel vedere lì 'una femmina'. Un visibile effetto untuoso intrideva, a vista, il viso rosso scottato di sole e la barba brizzolata, da cui peli bianchi più lunghi sormontavano peli più scuri. "Salve, c'è un computer attaccato ad un router, qui? Posso usarlo gentilmente? Mi sono persa!" disse Lara. Il tizio la squadrò da cima a fondo. "Che sei una militara perduta?" chiese ridendo con aria di sfottò. "Sì, brutto coglione, zotico! Sono un militare. E lo sai quale è la mia missione oggi? Far saltare in aria gli stronzi come te!". Contestualmente all'interessante presentazione di se stessa, Lara come una furia, aveva repentinamente ritorto con forza bestiale il braccio del tizio dietro la propria schiena scivolosa e, ricacciatolo a sedere su una seggiola pesante, lo aveva incaprettato alla stessa senza che questi si potesse muovere. Tutto era avvenuto nel giro di pochi secondi in cui allo sventurato, lo spirito sessista appena accennato, era costato il trattamento che i militari riservano ai nemici che devono far parlare. "Senti un po', 'porco69' sei tu che ti diverti, dietro ad una tastiera, a insultare le donne chiamandole puttane? Eh? Su su, dimmi un po'" chiese Lara curiosa sedendosi sul tavolo dinanzi all'incaprettato. "Di puttana io conosco mia moglie che mi ha lasciato. La troia schifosa se n'è andata col postino!" rispose Vito. "Ah ma allora è tutto chiaro. Povero porcellino abbandonato. Tua moglie ti ha rifiutato e tu ti senti in diritto di offendere il genere femminile, giusto? Ma come non comprenderla santa donna? Chi resisterebbe con un troglodita simile? Eh, dimmi dimmi... Che poi autodefinirti porco è anche troppo lusinghiero, immagino. Diciamo un cinghialetto sottosviluppato e sfigato, piuttosto! Perché hai scritto ripetutamente a 'misses' definendola puttana. La conosci, forse, merda che non sei altro?" chiese Lara girandogli intorno, sfilandosi la giacca mimetica e scoprendo sotto la canotta nera, un bel paio di tette rotonde. "Non la conosco ma la voglio conoscere perché è puttana!" rispose Vito con voce meccanica e sgradevole. "Ancora? Ancora insisti? Sciacquati questa fogna di bocca prima di offendere una donna!" urlò Lara, abituata a impartire ordini agli uomini di cui era composto il reggimento da lei comandato. Vito fu costretto a tracannare un secchio di acqua calda, pronto per abbeverare le galline posto fuori la porta di casa. "Devi affogare, schifoso subumano!". Lara era abituata a missioni nel deserto. A sparare, fuggire, catturare, torturare e sopravvivere ad ogni condizione. Anche alla più proibitiva. "Sai cosa mi scoccia, insulso psiconano? Che io abbia dovuto scomodarmi durante le vacanze per venire a punire una merda simile, invece di godermi il riposo che merito! Che merito, cazzo. Hai capito infame digitale?". Intanto la notte era scesa. Lara si mise al computer e scrisse un messaggio di scuse a tutte le donne che in chat Vito aveva apostrofato con termini quali: puttana, troia, maiala, vacca, zoccola... facenti parte del tipico campionario da maschio impotente nascosto dietro uno schermo e non solo dietro ad uno schermo. "Voglio vedere la tua patata!" disse Vito risvegliandosi da un breve momento di appisolamento. "Uhm, te lo sei meritato, pensi?" chiese Lara sarcasticamente. "Certo, ancora non ti ho detto mai puttana" rispose ironizzando. "Cazzo ma questo davvero non capisce. Senti, bifolco che non sei altro! Qui la devi smettere di fare il gradasso con me se non vuoi che ti ficchi direttamente nel deretano quella lingua di pelle che ti ritrovi come membro" minacciò Lara. "Cosa devo fare con uno sputo umano come te? Ti faccio saltare in aria con questa? Ti sparo in mezzo alle palle con questo? O ti ficco a mo' di spiedo questo nel vermicello che hai là sotto?". Lara elencandogli le possibili sevizie che avrebbe potuto praticargli aveva mostrava a Vito una piccola bomba a mano, una pistola e un pugnale. Più che spaventato, però, l'incorreggibile esemplare di maschio ridotto, sembrava essere entusiasmato dall' eventuale attuazione di quelle pratiche belliche illustrate che lo eccitavano. La notte per Vito trascorse senza cibo e senza possibilità di muoversi. Lara si addormentò su un vecchio materasso appoggiato direttamente sul pavimento in cotto. Il pastore non chiuse occhio e solo nell'immaginare le sue dita corte e pelose stringere i capezzoli aguzzi di Lara, venne copiosamente nei pantaloni. "Puttana, mi hai fatto venire senza farmi vedere la patata!" urlò durante il forte orgasmo, contorcendosi come una fetta di pancetta sulla brace. All'alba Lara andò fuori a respirare aria fresca. Il sole era ancora tiepido e la montagna, dalle verdi cime appuntite, sembrava disegnata da un pittore svizzero. Si spogliò e si lavò fuori, vicino al roseto, gettandosi, sul viso dai tratti orientali e sul corpo tonico, più secchi d'acqua fredda addosso. Vito osservandola dalla finestra ebbe un'erezione. Più precisamente si svegliò ancora eccitato dai suoi turpi pensieri notturni. "Oh bella, io c'ho fame. Scioglimi su, così appena arriva il latte facciamo una bella colazione montanara!" disse Vito. "Bella, lo dici a tua sorella. Zitto e muto!" ribatté Lara". Ma non so come ti chiami. Se poi ti dico puttana, t'ncazzi! Che carattere oh. Ma non scopate all'esercito? Non te lo fanno l'alzabandiera i militari? Sei bella ma troppo 'ncazzata. C'hanno paura, ve'?". Vito non fece in tempo a terminare la frase che Lara gli sferrò un destro rovesciato sui denti che iniziarono copiosamente a sanguinare. "Permesso, Vitaccio, ci sei?" la voce femminile di Eva sorprese Lara. "Fermati lì, chi sei? Qualificati" urlò massaggiandosi la mano che aveva colpito il suo prigioniero indomito. "Sono Eva, sua figlia. Perché lo hai picchiato?" chiese la ragazza, piccola e flessuosa come un giunco, sistemandosi la lunga treccia rossa e appoggiando una brocca di latte sulla vecchia madia. "Tuo padre è un maiale! Mi dispiace dirtelo!" affermò in modo perentorio Lara. "Ma io lo so già. È un vero porco. E sai quale sarebbe la vera punizione per lui?" domandò Eva. "Quale?" chiese Lara. "Questa! Vieni..." replicò la giovane sospingendo dolcemente Lara sul tavolo dinanzi a Vito. "Distenditi, ti faccio vedere" disse ancora la ragazza infilando una mano nei pantaloni mimetici di Lara e poi nelle sue mutandine nere. Le due ragazze a lungo si baciarono e si leccarono a vicenda i seni generosi, nonché bagnatissime le fighette, mostrandole, con un certo compiacimento, al vecchio immobilizzato, il quale, in preda allo spasmo della ripetuta eccitazione inappagata, non poté fare a meno di urlare, indispettito: "Puttaneeeee!".
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