Racconti Erotici > bdsm > Come sono diventata piu' Cagna e Puttana 2
bdsm

Come sono diventata piu' Cagna e Puttana 2


di Membro VIP di Annunci69.it pamyzi1
07.09.2020    |    10.470    |    4 9.6
"Per non cadere Martina si ritrovò a quattro zampe..."
.................................La contessa era anche una donna brillante e acuta. Affrontava con padronanza qualunque argomento, prediligendo un linguaggio diretto. Il marito in prevalenza ascoltava. A un certo punto Leonardi, approfittando di una pausa, fece un annuncio.
– Stasera vi presenterò una cameriera un po’ particolare ‘ disse ‘ nel senso che non è proprio una cameriera. In realtà è la figlia di un mio amico che vive qui in villa da qualche tempo.
Impallidii vistosamente. Non era difficile immaginare che il cavaliere si riferisse a mia figlia. Temetti che l’avrebbe presentata a loro come tale. Ma per fortuna presto capii che non aveva intenzione di svelare il nostro legame filiale.
– Se è la figlia di un tuo amico, come mai stasera ci fa da cameriera? ‘ chiese la contessa incuriosita.
– Non per mancanza di personale ‘ scherzò Leonardi ‘ la verità è che questo mio amico mi ha fatto una richiesta un po’ particolare. Lui ha sempre sofferto la sregolatezza della figlia. In casa non è mai stato capace di farsi rispettare veramente, d’impartirle un’educazione rigorosa. Allora ha pensato di punirla facendole passare l’estate qui a studiare e a lavorare, anche nella speranza che con il mio carattere più deciso del suo io riesca a darle finalmente un po’ della disciplina che le manca.
La naturalezza con cui Leonardi mentiva era impressionante. Capii com’era arrivato dov’era.
– E finora hai raggiunto dei buoni risultati con lei? ‘ domandò la contessa con una punta di malizia.
– Si ‘ affermò Leonardi ‘ anche se per ottenerli credo di essere andato un po’ al di là del mio mandato.
– In che senso? ‘ chiese la contessa, stuzzicata da quel discorso.
– Nel senso che non ho tardato a rendermi conto che l’educazione di Martina, si chiama così questa ragazza, per essere efficace avrebbe dovuto coinvolgere ogni aspetto della sua personalità, compresa la sfera sessuale.
– Ahh! ‘ esclamò la contessa ‘ Ora comincio a capire. Povera ragazzina caduta nelle tue grinfie! E povero il papino sprovveduto che te l’ha messa in mano! A meno che non conosca i tuoi gusti ‘ aggiunse la contessa dopo una breve pausa ‘ nel qual caso però è un bel depravato!
Restai impassibile, ma dentro di me stavo per sprofondare dalla vergogna.
– No ‘ replicò Leonardi ‘ forse il mio amico aveva intuito qualcosa, ma non poteva immaginare. E neanch’io per la verità, molte cose sono venute da sé.
– Sentiamo un po’ ‘ chiese la contessa sempre più interessata ‘ quali sarebbero queste pratiche educative a sfondo sessuale a cui questa ragazzina inerme è dovuta sottostare?
– Beh ‘ rispose Leonardi ‘ innanzitutto l’ho affidata a Julius, il mio negretto.
– La invidio allora ‘ replicò la contessa guardando il marito.
– Ho pensato che Julius avrebbe avuto i giusti argomenti per educarla a fondo ‘ aggiunse Leonardi.
– E quali profondità ha dovuto educare Julius? ‘ domandò ironica la contessa.
– Soprattutto quelle posteriori. E’ da circa un mese che ho dato a Julius l’incarico d’incularla ogni mattina appena si sveglia. Anzi, per maggiore comodità dormono insieme. Credo che Julius non abbia mai svolto un compito così di buon grado. Ogni mattina al risveglio Martina riceve la sua dose di cazzo nel culo. E devo dire che in un mese la cosa ha dato i suoi frutti. Julius è stato così bravo nel suo lavoro che ora anche in posizione di riposo l’ano di Martina è sempre un po’ dilatato. Più della fica senz’altro, che è ancora bella stretta e ‘ aggiungerei ‘ tale deve restare.
– Quindi Julius ha allargato l’ano di Martina per sempre! ‘ sentenziò la contessa.
– Si ‘ confermò Leonardi ‘ e non posso dire che mi dispiaccia. Il mio scopo era lasciarle addosso un segno, come un marchio inciso nella carne. E adesso quel marchio è la forma del pene di Julius scolpita nell’ano.
– A me sembra incredibile! ‘ intervenne Riccardo con evidente scetticismo ‘ Il tessuto lì è particolarmente elastico. Come può essersi allargato in modo definitivo?
– In una certa misura è possibile ‘ rispose Leonardi infastidito da quell’incredulità ‘ E in ogni caso, se ne vuoi la prova, non hai che da attendere qualche minuto. Martina sarà qui tra poco.
Queste parole mi gelarono il sangue. Non riuscivo a immaginare di dover assistere a quel tipo di controllo.
– E a quali altre esperienze educative l’hai sottoposta? ‘ incalzò la contessa.
– Tante. Per esempio, ho cercato d’insegnarle che le cose non cadono dal cielo, ma bisogna guadagnarsele. I ragazzi di oggi non ci sono più abituati. Vivono come parassiti della loro paghetta settimanale. Per cui ho fatto un piccolo esperimento. Ho detto a Martina che per 24 ore avrebbe mangiato e bevuto solo ciò che sarebbe riuscita a procurarsi con le sue sole forze, ovviamente senza comprare nulla e senza prendere nulla in casa. Lei ha accettato. Allora l’ho accompagnata a piedi di buon mattino a pescare al lago qui vicino. Il patto prevedeva che non avrebbe potuto usare nulla che possa essere acquistato in un negozio, per cui l’ho aiutata a costruirsi una specie di lenza rudimentale da usare assieme a mosche e vermi trovati lì intorno come esca. Martina si è data subito da fare, ha mostrato tanta buona volontà, ma è stato tutto inutile. Nonostante i miei consigli in un’intera giornata non è riuscita a prendere neanche un piccolo pesce. La sera al ritorno a casa era stanca e affamata. E soprattutto aveva sete, voleva rinunciare alla prova. Ma io le ho risposto che non sarebbe stato possibile, perché una cosa ancora più importante della prova era capire che i patti si mantengono fino in fondo.
– Povera piccola! – Esclamo’ la contessa.
– Si – prosegui’ Leonardi – L’ho vista affranta. Si è messa sul letto a piangere.
– Non ti facevo cosi’ crudele – interruppe di nuovo la contessa con un velo d’ipocrisia.
– Infatti mi sono impietosito – replico’ Leonardi – Ho chiamato qui sei amici fidati e ho detto a Martina: ‘senti, ormai è tardi per uscire a cercare qualcosa da mangiare o da bere senza poter spendere soldi. L’unica possibilità che ti resta, se vuoi dissetarti un po’, è di far godere i miei amici e di bere il loro sperma’. Martina dapprima ha esitato, ma poi la sete ha avuto la meglio. Li ha eccitati, toccandosi davanti a loro e li ha fatti venire tutti e sei in bocca, qualcuno anche due volte. Quando sono andati via era stanca, ma almeno si era reidratata. Prima di metterla a letto io e Julius abbiamo pensato che durante la notte avrebbe potuto avere ancora sete. Allora abbiamo sborrato anche noi in un bicchiere e gliel’abbiamo lasciato sul comodino. E abbiamo fatto bene, perché la mattina dopo era vuoto.
Mentre Leonardi terminava il suo lungo racconto apparve una figura sulla soglia della stanza. Era proprio Martina, vestita da perfetta cameriera. O, più precisamente, com’è vestita una cameriera nell’immaginario erotico maschile. Indossava un abitino nero corto con una scollatura molto generosa, che dietro le lasciava completamente scoperta la schiena. Sul davanti il vestitino era completato da un grembiulino bianco in pizzo chiuso dietro da un grosso fiocco. Il grembiulino era coordinato con un collarino e un cerchietto ferma capelli, entrambi con una piccola balza in pizzo bianco avente il medesimo disegno. Sotto Martina indossava delle calze autoreggenti nere a maglia piuttosto larga e delle eleganti scarpe a tacco alto. La gonna del vestito era così corta da terminare al di sopra dell’orlo delle calze. Nel vederla così stavo per sentirmi male.
– Ohh! ‘ esclamò Leonardi ‘ Ecco qui la nostra Martina. Vieni, ti presento i miei ospiti, stavamo giusto parlando di te. La contessa Eleonora S. e suo marito Riccardo. Guido invece già lo conosci.
– Molto lieta ‘ disse Martina avvicinandosi alla coppia.
– Il cavaliere ci stava dicendo che qui ti stai trovando bene ‘ disse la contessa carezzandole una guancia.
– Si ‘ rispose Martina ‘ in questi due mesi mi sento molto cresciuta. E anche molto cambiata.
– Bene ‘ intervenne Leonardi ‘ questo vuol dire che tuo padre in fondo non ha avuto una cattiva idea a volerti qui o sbaglio?
– Si, infatti ‘ confermò Martina ‘ gli sono molto grata per avermi condotta qui dove ho imparato tanto. Molto più di quello che avrei mai immaginato d’imparare.
– Ottimamente ‘ replicò Leonardi ‘ allora adesso vedi di dimostrare a tutti noi che tra tante cose hai appreso anche come si serve una cena in modo perfetto. Forza, accomodiamoci!
Ci sedemmo attorno a un grande tavolo sontuosamente imbandito. Martina sparì in cucina per rientrare poco dopo con una zuppa di verdure e crostini che doveva fungere da antipasto. Iniziammo a mangiare di gusto. Martina era in piedi, pronta a versare da bere all’occorrenza. Eravamo circa a metà della zuppa quando Leonardi riprese la parola.
– Riccardo! ‘ esclamò ‘ A proposito, ma tu non dovevi controllare quella cosa?
Riccardo restò in silenzio, senza capire. Poi dovette ricordarsi di aver manifestato la propria incredulità sul cambiamento indotto da Julius al buchetto posteriore di Martina, perché accennò a un lieve sorriso.
– Scusa Martina, sii gentile, avvicinati un attimo a Riccardo per cortesia. I dubbi amletici è sempre meglio scioglierli al più presto.
Martina s’accostò al marito della contessa, il quale però restò immobile.
– Su! ‘ lo esortò Leonardi ‘ Non dovrebbe essere difficile fare questa verifica. Non preoccuparti, lei è sempre disponibile a soddisfare le curiosità. Non è vero? ‘ chiese rivolto a Martina.
– Si ‘ rispose Martina ‘ sono abituata ormai.
Riccardo allora prese coraggio e le carezzò una coscia. Poi risalì pian piano verso l’alto. Presto la sua mano scomparve sotto la gonna. Nella stanza regnava il silenzio. Dopo un tempo che apparve infinito esclamò.
– E’ incredibilmente liscia! Sia davanti che dietro!
– Si! ‘ confermò Leonardi con malcelato orgoglio ‘ Radersi è il suo rito mattutino. è la prima cosa che fa.
– Anzi la seconda ‘ si corresse ‘ perché la prima già la sapete.
– Però, Riccardo ‘ proseguì Leonardi con tono di ammonimento ‘ non mi sembra questo ciò che dovevi controllare.
– Hai ragione ‘ disse Riccardo ‘ Provvedo subito!
Il marito della contessa continuò la sua esplorazione. Nella sala calò di nuovo il silenzio. Per tenersi meglio in equilibrio Martina aveva appoggiato le punte delle dita delle mani sul tavolo, divaricando leggermente le cosce. Teneva gli occhi fissi sul tavolo, ma sul suo volto s’intravedevano i segni di un turbamento represso. Avrei voluto avere la forza di distogliere lo sguardo da quella scena, ma mi era impossibile. Fu Riccardo a prendere nuovamente la parola.
– E’ fantastico! ‘ disse ‘ Ora le ho inserito tre dita nell’ano e non avverto ancora quasi nessuna resistenza. Caspita, ma non l’hai fatta allargare, l’hai fatta sfondare!
Leonardi sorrise accondiscendente. Poi però precisò.
– Non è del tutto esatto. è stata dilatata, certo, ma la totale mancanza di resistenza che stai avvertendo non è dovuta solo a questo. Il suo ano non ha perso la capacità di contrarsi. Semplicemente l’ho educata a non farlo. Il fatto è che tutte le donne d’istinto stringono il sederino quando si cerca di penetrarlo. E solo dopo molti sforzi si abituano ad accettare di essere invase senza protestare. Ora questo può essere senz’altro piacevole, perché è eccitante assistere a questa lenta trasformazione dei loro orifizi. Ma in un certo senso io lo trovo un po’ offensivo, almeno per quello che secondo me la donna dovrebbe trasmettere all’uomo con il suo corpo. Allora le ho insegnato a non serrarsi. Può farlo, se vuole, ma solo dopo che quello che deve entrare è già entrato. C’è una bella differenza! In questo modo è come se anziché dire al maschio non voglio che entri, gli comunicasse non voglio che esci.
Mentre Leonardi parlava, Riccardo ispezionava il sedere di Martina con crescente impegno. Ormai i movimenti di quella mano che roteava senza sosta nel culo di mia figlia erano evidenti nonostante lo schermo della gonna. All’improvvisò la contessa si girò verso il marito e lo rimproverò.
– Caro ‘ sbottò ‘ non vorrai mica passare tutta la serata a esplorare il culo di questa puttanella spero! Su, togli la mano di lì e va a lavarti! La zuppa si sta raffreddando!
Riccardo obbedì, leggermente rosso in volto. Uscì dalla stanza insieme a Martina che lo accompagnò per indicargli il bagno.
– Non essere gelosa ‘ disse Leonardi rivolgendosi alla contessa.
– Non è un fatto di gelosia ‘ replicò la contessa ‘ si vede benissimo che mio marito non desidera altro che riempirla di sperma. E mi sta anche bene ‘ aggiunse ‘ ma devo concedergliela io. E soprattutto prima deve soddisfare me.
Quella frase mi rimbalzò nelle orecchie come una frustata. Avevo messo in conto che Riccardo avrebbe potuto provare un interesse per Martina, ma mi auguravo che la contessa l’avrebbe tenuto a freno. Ora invece capivo che la contessa pretendeva solo la sua parte. Il senso di quella cena si stava rivelando in tutta la sua perversione. Martina era il bocconcino da dare in pasto a quella coppia di porci e io il convitato di pietra condannato ad assistere alla degradazione di mia figlia.
Poco dopo Riccardo e Martina rientrarono in sala. Finimmo di mangiare la zuppa. Con puntuale professionalità Martina riportò in cucina i piatti vuoti e servì il primo. Una lasagnetta estiva di verdurine fresche, deliziosa già dall’aspetto. Leonardi cosparse la sua porzione di abbondante formaggio. Ma quando addentò il primo boccone, sbatté il pugno sul tavolo con una smorfia di disgusto.
– Martina! ‘ urlò ‘ questo non è parmigiano, è pecorino! Cosa ti salta in mente!
– Chiedo scusa ‘ disse Martina visibilmente imbarazzata ‘ devo aver sbagliato formaggiera. Ora rimedio subito.
Martina uscì dalla sala e tornò con un’altra formaggiera e un’altra porzione di lasagne. Sostituì il piatto di Leonardi e fece per avviarsi di nuovo in cucina.
– Dove stai andando? ‘ la bloccò Leonardi, afferrandola per un braccio.
– In’in cucina ‘ rispose Martina, che non capiva in cos’altro stesse sbagliando ‘ Porto via la porzione con il pecorino.
Ah! ‘ esclamò Leonardi, senza mollare la presa ‘ E una volta in cucina che fine farà questa lasagnetta negletta?
– Non so ‘ rispose Martina interdetta ‘ se nessuno la vuole credo che sarà gettata via.
Leonardi la guardò severo.
– Vieni qua! ‘ ordinò, tirandole il braccio.
La presa forte di Leonardi costrinse Martina ad abbassarsi. Si accoccolò.
– No ‘ disse Leonardi spazientito ‘ Non così! Devi metterti composta.
Quello che vidi allora mi lasciò di stucco. Senza fiatare Martina s’inginocchiò, allineando perfettamente i talloni sotto ciascuno dei glutei. Le punte dei tacchi a spillo si conficcarono impietose nella tenera carne delle natiche. Martina teneva la schiena dritta, il capo chino e le braccia lungo i fianchi, senza lasciar trapelare alcun disagio per la scomodità di quella postura.
– Martina! ‘ l’apostrofò Leonardi carezzandole i capelli in modo paterno ‘ Non te l’ho mai detto e forse neppure le altre persone qui presenti lo sanno, ma io vengo da una famiglia molto povera. E come tutti quelli che dal basso riescono a sfondare porto sempre dentro di me l’orgoglio delle mie origini.
– In casa eravamo in tanti ‘ proseguì Leonardi ‘ e per il cibo, che era sempre insufficiente, vi era un rispetto sacro. Mi ricordo che un giorno stavo giocando nella stalla. Mio padre era lì a lavorare. Io avevo in mano una fetta di pane che addentavo ogni tanto. A un certo punto il pane mi cadde di mano proprio accanto allo sterco di una mucca. Io guardai schifato il pezzo di pane che giaceva lì per terra e mi girai, riprendendo a giocare. Allora mio padre s’alzò, si avvicinò a me e mi tirò un ceffone fortissimo. Mi fece mettere in ginocchio tirandomi per un orecchio e mi disse: ‘mangia!’. Io mangiai.
Quando Leonardi smise di parlare mia figlia lo guardò impaurita. Senza aggiungere altro lui prese dal tavolo il piatto con la lasagna incriminata e lo poggiò a terra davanti a Martina. Poi le afferrò i capelli e le spinse la testa in avanti verso il piatto. Per non cadere Martina si ritrovò a quattro zampe.
– Mangia anche tu! ‘ disse perentorio ‘ E senza usare le mani. Solo con la bocca.
Leonardi teneva Martina per i capelli a pochi centimetri dalla lasagna. Mia figlia esitava, perché non sapeva come fare e da dove cominciare. Allora Leonardi esercitò una pressione ulteriore sulla sua testa, fino a farle affondare il naso nella pietanza. Istintivamente Martina spalancò la bocca e addentò la lasagna con un gran morso.
– Brava! ‘ esclamò Leonardi ‘ Ora sta bene attenta, perché io ti lascio i capelli. Ma tu devi continuare finché non avrai finito.
Martina si mise all’opera. Mangiare una lasagna in quel modo non era affatto facile. Gli occhi di tutti si concentrarono su di lei, che s’industriava a tranciare gli strati di lasagna con i denti e a rincorrere le polpettine che sgusciavano fuori dal piatto. Tutti eravamo attratti da quello spettacolo ammantato da un fine educativo all’apparenza nobile, ma che celava il gusto di ammirare una giovane fanciulla nutrirsi come una cagna affamata. Martina continuò senza fermarsi. Quando terminò di masticare l’ultimo boccone Leonardi le indicò il piatto. Mia figlia capì. Senza protestare si mise a leccarlo con dovizia, ripulendolo dai residui di cibo finché non tornò lindo al punto da essere indistinguibile da uno pulito.
– Bene! ‘ disse Leonardi ‘ ora alzati, prendi il piatto e va’ in cucina a lavarti il viso.
Martina eseguì.
– Di questo passo non avrai più bisogno della lavastoviglie ‘ esclamò la contessa Eleonora visibilmente elettrizzata.
Leonardi le sorrise. Poi si rivolse a me con uno sguardo beffardo e penetrante. Avvertii i suoi occhi che mi dicevano “guarda come ho ridotto tua figlia!”.
Quando Martina rientrò in sala l’eccitazione era palpabile. La mia dolce figlia si posizionò in piedi dietro di noi in attesa che finissimo di mangiare. A un tratto il tovagliolo della contessa cadde a terra, finendo sotto il tavolo. Prima ancora che la contessa avesse il tempo di chiedere a Martina di raccoglierlo, mia figlia s’infilò sotto per raccattarlo. Lo porse alla contessa, la quale lo poggiò in grembo. Poi Martina fece per uscire da sotto il tavolo, ma la contessa la bloccò.
– Aspetta un attimo ‘ disse ‘ già che sei lì fammi un altro piccolo favore. Mentre mangiavo la lasagna, mi è caduta una goccia di sugo sul piede. Proprio lì vedi, tra la striscia di pelle del sandalo e le ultime dita. Puoi togliermela per cortesia?
Allora Martina, sempre restando sotto il tavolo, allungò una mano per prendere il tovagliolo che la contessa aveva posato in grembo. Ma questa, intuendo le sue intenzioni, glielo strappò di mano in modo secco.
– Non vorrai usare questo! ‘ disse la contessa adirata ‘ Secondo te poi dovrei pulire la bocca sul tovagliolo usato per nettare una scarpa! Tra l’altro non è adatto, perché la macchia di sugo si è già seccata, quindi per toglierla bene ci vuole qualcosa di umido.
– Prendo un fazzolettino imbevuto allora ‘ disse Martina.
– Non è necessario che ti scomodi ‘ replicò la contessa ‘ Sotto il tavolo c’è già qualcosa di umido, idoneo allo scopo.
Martina guardò la contessa con aria interrogativa.
– Ma è la tua lingua, sciocchina! ‘ esclamò ‘ Prima sei stata molto brava con il piatto. Quindi la tua lingua andrà benissimo.
Dalla posizione in cui ero non potevo vedere mia figlia e non volevo alzare la tovaglia per guardarla. Ma capii che dovette rimanere interdetta perché la contessa la incalzò.
– Forza! ‘ disse ‘ Datti da fare senza tante storie. E ringrazia che la goccia mi è caduta sul piede, perché se fosse finita a terra e per errore l’avessi calpestata, ora avresti dovuto leccare il pavimento e la suola.
La durezza di quelle parole e il tono imperioso della contessa non lasciarono a Martina nessuna possibilità di sottrarsi a quell’umiliante richiesta. Ed infatti qualche attimo dopo lo sguardo soddisfatto della contessa evidenziò che Martina stava eseguendo i suoi ordini. Mia figlia ripulì per bene la scarpa e la parte nuda del piede e leccò anche oltre la zona sporca di cibo. Nel frattempo la contessa aveva iniziato a toccarsi, strofinandosi il pube al di sopra della stoffa del vestito.
– Mmm…come sei brava Martina! ‘ esclamò emettendo dei leggeri mugolii ‘ Hai davvero una bella lingua. Sarebbe un autentico delitto sprecarla per un piede. C’è un altro posticino, un po’ più recondito, che ha molto più bisogno di lei.
Nel dire questo la contessa s’alzò la gonna con un gesto deciso, si sfilò le mutandine e spalancò le cosce davanti al viso di Martina. Poi, con ostentata spavalderia, si divaricò le labbra della vagina con le dita di entrambe le mani. Il suo sesso era umido e roseo.
– Vieni Martina ‘ ansimò la contessa ‘ fammi sentire quant’è docile e calda la tua linguetta qui dentro!
Martina avanzò a quattro zampe verso la vagina della contessa. Vidi congiungersi due meravigliose bocche, rese ancor più sensuali dall’incontro delle loro diversità. Martina aveva completamente perso il controllo. Leccava e suggeva come una cagnetta vogliosa. La contessa afferrò la testa di Martina per tenerla ferma mentre le strusciava la fica contro il viso con veemenza. In quel modo Martina aveva enormi difficoltà a respirare, ma questo alla contessa sembrava non interessare affatto, concentrata com’era sul proprio personale godimento.
– Questa puttanella mi sta facendo impazzire! ‘ disse ‘ Nessuno mi aveva mai leccato così in profondità.
– Ci credo! ‘ intervenne Leonardi ‘ In questi mesi la lingua di Martina ha imparato a fare di tutto. è stata abituata a infilarsi ovunque, tracciando itinerari inconfessabili.
Queste parole eccitarono ancor più la contessa, nonché il marito, che non riuscendo a contenersi estrasse il cazzo eretto dai pantaloni. La contessa emetteva degli urletti ritmici e strozzati. Era il segno che stava per raggiungere l’orgasmo. Martina accelerò sapientemente i movimenti della lingua. La contessa non resistette. Il suo pube fu squassato da violenti sussulti. Era venuta. La lingua di Martina non si fermò, ma si fece lenta e morbida per assecondare quel nuovo stadio del piacere, senza disdegnare di aspirare gli umori sgorganti dal corpo della contessa, la quale giaceva inerte con la testa riversa all’indietro. Rimase così per qualche minuto. Poi, ripreso il controllo, chiese a Martina di alzarsi in piedi e di spogliarsi. Mia figlia, eccitata com’era, non si fece pregare. Si spogliò completamente, mettendo in mostra una carne fresca e soda. La contessa attirò Martina a sé e, restando seduta, le infilò due dita dentro con un gesto secco. Poi le ritirò fuori con la stessa violenza. A Martina sfuggì un grido di dolore. Nel ritrarsi la contessa doveva averle graffiato la parte interna della vagina con le unghie affilate.
– Scusa, Martina, se sono stata un po’ brutale ‘ disse la contessa ‘ ma credevo che tu fossi abituata a questo genere di cose. Il piercing che hai qui sotto il clitoride lo dimostra, perché per farlo devi aver penato parecchio.
La contessa si mise a giocherellare con il piercing di Martina, mettendo a dura prova l’elasticità della carne di mia figlia.
– E’ proprio un bel piercing ‘ proseguì la contessa rivolgendosi a Leonardi ‘ l’aveva già quando è venuta qui, oppure gliel’hai fatto tu?
– Sono stato io ‘ rispose Leonardi compiaciuto ‘ adesso ne va orgogliosa anche lei, ma all’inizio non voleva assolutamente.
– E come hai fatto a convincerla? ‘ chiese la contessa.
– Non l’ho convinta ‘ replicò Leonardi ‘ non ci sono riuscito. Per farglielo l’ho dovuta legare. Ma devo dire che alla fine è stato meglio così. Immobilizzarla con le cosce allargate è stato piacevole. E ancora più divertente è stato vederla dibattersi e urlare mentre le prendevo il clitoride tra le dita per trapanarlo alla base. Attraversarle con lentezza quella tenera carne mi ha inebriato.
– Sei proprio un maiale! ‘ esclamò la contessa ‘ Scommetto che dopo te la sei anche scopata, giusto per il gusto di farlo mentre sanguinava.
– Ci ho pensato ‘ disse Leonardi ‘ ma mi sono trattenuto.
– E hai fatto molto male! Hai perso l’occasione di provare la sensazione di sverginarla.
Mentre assisteva a questa gara di sadismo tra sua moglie e Leonardi, Riccardo aveva iniziato a masturbarsi. La contessa, che fino ad allora sembrava essersi completamente dimenticata di lui, lo notò.
– Guarda il cazzo di mio marito! ‘ disse la contessa rivolta a Martina ‘ Che ne dici? è un attrezzo interessante, non ti sembra? Vero o no? Rispondi!
La contessa stringeva la vagina di Martina tra le dita, mentre con l’altra mano le tormentava i capezzoli.
– Si ‘ disse Martina ansimando ‘ E’ bello.
– E lo vuoi? ‘ incalzò la contessa ‘ Ti piacerebbe farti impalare da mio marito?
– Si ‘ confessò Martina.
– E allora va, puttanella! Siediti sopra di lui e scopalo finché non ti viene dentro!
Martina si avvicinò a Riccardo, che era seduto con il membro in mano fremente di desiderio. Osservai mia figlia infilarselo dentro con grande disinvoltura, mentre le loro lingue s’intrecciavano. Iniziò a cavalcarlo selvaggiamente, strusciandosi contro il suo ventre. Quell’immagine mi ricordò Martina da piccola, quando giocava con il cavalluccio nella sua stanza rosa. Che differenza vederla lì ora su quel cazzo, tesa a dimostrare di essere diventata non solo una cagnolina servizievole, ma anche un’esperta zoccoletta. Mentre mi lasciavo trasportare dalla delizia dell’innocenza perduta di mia figlia, la contessa intervenne.
– Ma tu guarda questa troietta schifosa! ‘ disse osservando la scena ‘ Le ragazze di oggi non hanno proprio più alcun ritegno. Deve ringraziare che le ho dato il permesso. Se in casa mia una della servitù facesse questo con mio marito a mia insaputa a lui terrei il broncio per mesi, ma lei non se la caverebbe così a buon mercato.
– La licenzieresti in tronco? ‘ chiese Leonardi.
– No, la terrei, ma solo per frustarla a sangue, fino a farle rimpiangere di avere la fica. E quanto al tronco lo userei nel modo che merita.
– Uhm ‘ mugugnò Leonardi perplesso ‘ e io che avevo pensato di affidartela per un po’.
– E’ un’ottima idea ‘ esclamò la contessa entusiasta ‘ stavo giusto per chiedertelo per la verità.
– Ma i tuoi propositi verso di lei non mi sembrano molto benevoli. Per Martina sarebbe una settimana molto lunga. Mi sa che sfrutteresti ogni istante per dare sfogo al tuo vasto repertorio di sevizie.
– Forse ‘ rispose la contessa ‘ ma devi riconoscere che i miei metodi, per quanto severi, non hanno mai fallito.
– Anche i miei non sono male ‘ replicò Leonardi quasi piccato.
– Non c’è dubbio, tant’è che l’hai resa docile. Ma io farei di più! Te la restituirei strisciante.
– Strisciante? Però! Mi stai tentando.
– Fidati di me ‘ disse la contessa ‘ ti ho mai deluso? Non te ne pentirai!
Riccardo, nell’udire questi discorsi, impazzì di desiderio. Il pensiero di avere a disposizione il corpicino di Martina per una settimana intera lo fece sborrare in un attimo. Nella fusione di quei corpi s’intuivano gli spasmi del suo cazzo che si scaricava nell’intimità di mia figlia, la quale da brava donnina era intenta a declinare la più primordiale tra le forme femminili di accoglienza.
– Mio Dio! ‘ esclamò Riccardo girandosi verso di me ‘ questa Martina è fenomenale. Dovresti provarla!
Divenni paonazzo. Fino a quel momento avevo assistito a tutto senza profferire parola, al punto che pensavo che nessuno si ricordasse più nemmeno della mia presenza. Restai in silenzio senza sapere cosa rispondere per sottrarmi a quell’invito molto più immondo di quanto l’offerente avrebbe mai potuto sospettare. La fronte s’imperlò di sudore. Ma Leonardi per una volta mi venne in soccorso.
– Non mi sembra una buona idea ‘ disse ‘ Martina sarà affaticata ed è opportuno che ora vada a lavarsi e a riposare un po’. Come vi ho già accennato, a mezzanotte ci sarà uno spettacolino teatrale qui in villa. è una cosa carina. Martina ha provato a lungo la sua parte e sarebbe un vero peccato se non rendesse al meglio a causa della stanchezza. Quindi, ora è il caso che ci saluti. Finiremo la cena senza di lei.
Martina eseguì in silenzio anche quell’ordine di commiato. Estrasse il cazzo di Riccardo dalla fica, raccolse il costume da cameriera sparso per terra e si dileguò. Poco dopo l’uscita di scena di Martina mi alzai da tavola con la scusa di andare in bagno e mi diressi invece a passo svelto verso il terrazzo soprastante. Avevo bisogno di solitudine. Mentre camminavo spedito lungo il perimetro dell’ampio loggiato un pensiero fisso mi tormentava. Leonardi stava trasformando Martina in ciò che il mio inconscio aveva desiderato sin dall’inizio, ma stava anche portandomela via per sempre. Per evitarlo, dovevo trascinarla lontano da quella casa al più presto. Soltanto così avrei avuto qualche possibilità di ristabilire un equilibrio tra noi. Avremmo custodito entrambi terribili segreti l’uno dell’altro e questo ci avrebbe reso complici. E soprattutto nel chiuso delle mura domestiche sarei stato io a decidere se assecondare o meno il suo sentiero di perdizione.
Discesi freneticamente le scale, percorrendo come un forsennato i lunghi corridoi della villa. Bussai e aprii tutte le porte dove non ricevevo risposta, allontanandomi quando la voce dall’altro lato denunciava una presenza estranea. Quando risalii le scale nella speranza di trovare Martina al piano di sopra incrociai Anna.
– Dove vai così di corsa? ‘ mi chiese.
– Anna, ti prego, mi devi aiutare. Dov’è Martina? Ho bisogno di parlarle immediatamente.
– La sua stanza è di sotto, ma è nell’altra ala del fabbricato. Se vuoi ti accompagno.
– Grazie.
Ci avviammo insieme verso la stanza di Martina. Ma giunti a metà percorso Anna si bloccò.
– Guido ‘ mi disse ‘ non ti ho mai visto così agitato. Cosa ti sta succedendo?
– Niente ‘ risposi un po’ esitante ‘ ho soltanto necessità di parlare con mia figlia. Di comprendere cosa vuole, cosa pensa di me, se è proprio questa la vita che ha scelto. Tu mi capisci non è vero?
– Certo ‘ disse Anna ‘ ma se vuoi parlarle senza attirare l’attenzione questo è proprio il modo peggiore per farlo. Leonardi e gli altri commensali ti staranno sicuramente aspettando. Hai lasciato la cena a metà e si staranno domandando dove sei finito. Credo sia meglio che torni da loro e continui a mangiare tranquillo. Appena avrai terminato di cenare troverai Martina nella mia stanza e potrai dirle tutto ciò che vorrai.
Mi fermai un attimo a riflettere. Anna non aveva torto. Se dovevo portare Martina via con me era meglio farlo nel modo più discreto possibile. Decisi di tornare indietro.
– Scusatemi ‘ esclamai rivolto ai commensali rientrando nella sala ‘ qualcosa deve avermi fatto male allo stomaco.
– Spero non lo spettacolo di prima! ‘ scherzò la contessa.
– No ‘ risposi un po’ imbarazzato ‘ Anzi quello è stato molto interessante.
– Lo sarà ancora di più l’arrosto al forno che assaggerete tra poco ‘ annunciò Leonardi ‘ l’ho provato prima in cucina ed è squisito.
Alcuni minuti dopo arrivò l’arrosto. Per quanto l’agitazione mi avesse tolto l’appetito dovevo riconoscere che era eccellente. Soprattutto la salsetta ai funghi aveva un sapore irresistibile. Il clima conviviale e l’atmosfera familiare che si era creata a tavola placarono a poco a poco la mia inquietudine. Fui pervaso da un forte senso di serenità e mi stupii nell’accorgermi di quanto mi sentissi estremamente stanco, nonostante il lungo riposo pomeridiano. Gli occhi mi restavano aperti a fatica. All’improvviso la voce di Leonardi e della contessa si fecero lontane. Sempre di più. Sui miei occhi calò il buio.

Il risveglio fu amaro. Quando ripresi conoscenza mi ritrovai seduto in una sala in penombra. Accanto a me c’erano una quarantina di persone, in prevalenza uomini. Realizzai di essere in un piccolo teatro. Provai ad alzarmi, ma non potevo muovermi, perché ero stato legato ai polsi e alle caviglie. Girai la testa di lato e vidi Anna. Si voltò verso di me.
– Scusami ‘ mi bisbigliò ‘ ma ho capito subito che stavi per fare una sciocchezza. Leonardi non ti avrebbe mai permesso di andartene via con Martina e tu eri troppo agitato. Mi dispiace, ma ho dovuto addormentarti. Ti ho messo del sonnifero nell’arrosto.
– Dove siamo? ‘ le chiesi.
– Come, non ricordi? è lo spettacolo organizzato da Leonardi. è già iniziato da un bel po’. Ma sei fortunato, Martina non è ancora entrata in scena.
– Perché il sipario è chiuso? ‘ domandai.
– E’ appena finito il primo atto e non è ancora iniziato il secondo. Ora ti riassumo quello che ti sei perso.
Anna mi raccontò che lo spettacolo era ambientato in Virginia all’epoca della guerra di secessione. Il proprietario di una piccola azienda agricola di tabacco si era arruolato nell’esercito dei Confederati assieme ai suoi figli maschi per difendere i propri ideali e interessi. I tre schiavi che vi lavoravano ‘ tre neri di origine africana ‘ approfittando della partenza dei loro aguzzini si erano impossessati dell’azienda e della casa annessa, facendo prigionieri gli occupanti, ossia la moglie, la figlia e l’anziano padre di lei. Nel primo atto i tre schiavi ribelli avevano concentrato le loro attenzioni sulla moglie del piccolo proprietario terriero, riversando su quest’ultima, alla presenza del padre, anni di odio covato per le angherie subite. L’atto era terminato con una lunga scena di fustigazione di lei, le cui urla dovevamo avermi svegliato. Anna mi riferì che nella parte iniziale della rappresentazione i tre avevano già dichiarato di nutrire un forte rancore anche verso la figlia del padrone, per il disprezzo da questa mostrato nei loro confronti sin da quando, ancora adolescente, non perdeva occasione per umiliarli.
Quando si alzò il sipario comparve Martina. Era in ginocchio, completamente nuda, intenta a pulire il pavimento con uno straccio. La gola era cinta da un rudimentale collare di ferro un po’ arrugginito, che doveva essere alquanto pesante, legato a una lunga catena assicurata all’altra estremità a un gancio posto nei pressi del camino davanti al quale i tre neri stavano chiacchierando rumorosamente. Quell’immagine di mia figlia mi turbò moltissimo. Pensai che era esattamente il modo in cui avrei desiderato punirla tutte le volte che mi aveva mancato di rispetto.
Martina si dava da fare con lo straccio, incitata di tanto in tanto dai neri, che tirando la catena le indicavano le zone da pulire. A un tratto uno di loro la strattonò un po’ più forte, facendole capire di avvicinarsi. Martina avanzò a quattro zampe. Mi accorsi che si muoveva carponi in modo perfettamente naturale, procedendo con un movimento lento e regolare. Il suo corpo sprigionava in ogni posa una sensualità ferina.
– Ti ricordi di mio figlio? ‘ le domandò il nero che l’aveva attirata a sé ‘ Un giorno è venuto da me piangendo perché gli avevi sputato in faccia dicendogli che non doveva più permettersi di avvicinarsi a te, perché era solo il figlio di uno schiavo.
Martina lo guardò in silenzio.
– Beh, cosa mi dici ora? ‘ la incalzò il nero.
Senza attendere risposta, l’uomo le afferrò i capelli, costringendola a reclinare la testa all’indietro. Poi la guardò fisso negli occhi. Un grosso sputo partì dalle sue labbra per stagliarsi sul viso di Martina.
– Mi sembra che adesso la schiava sia tu! ‘ sentenziò senza lasciare la presa.
Martina si limitò ad annuire atterrita.
– Perché non facciamo un gioco? ‘ suggerì uno degli altri due ‘ Mettiamola davanti a noi e vediamo chi riesce a colpirla più volte.
– Buona idea! ‘ esclamò l’uomo, che raccogliendo al volo la proposta prese Martina e la trascinò per i capelli in mezzo alla stanza.
– Ecco! Piazzati qui e resta immobile! ‘ le disse.
Martina fu collocata a circa due metri di distanza da loro. I tre iniziarono a bersagliarla di sputi, divertendosi a sperimentare varie tecniche di lancio. Alcuni finivano a terra, ma la maggior parte coglieva nel segno, spiaccicandosi sulla testa, sul viso, oppure sul petto di Martina. Uno di loro si rivelò particolarmente bravo. Formava in bocca dei grossi boli di saliva che finivano quasi sempre per centrarla in pieno volto. In breve tempo fu letteralmente sommersa. Sulla sua pelle iniziarono ad accavallarsi mille rivoli che le colavano lungo il corpo, alimentati dalla foga dei tre, fino a formare una ragnatela vischiosa e tante piccole chiazze sul pavimento intorno a lei. Il gioco andò avanti finché Martina non venne completamente ricoperta di saliva. A questo punto il nero che aveva suggerito quel gioco perverso l’afferrò per il collare e le schiacciò il viso a terra.
– Guarda! ‘ le disse ‘ Ti sembra un pavimento pulito questo? Il tuo corpo sta gocciolando in maniera indecente. Forza, datti da fare con la lingua!
Martina, minacciata da quella voce imperiosa, iniziò a leccare gli sputi da terra. Presto si rese conto di non riuscire a fare un buon lavoro, perché la saliva le scivolava via e doveva rincorrerla all’infinito. Allora cambiò tecnica e cominciò ad aspirarli con la bocca. Questo sistema si rivelò molto efficace. In breve sul pavimento sparì ogni traccia degli omaggi che i tre le avevano gentilmente offerto. Mentre si consumava il degradante spettacolo di Martina trasformata in sputacchiera mi accorsi che qualcuno dei presenti si stava masturbando, compreso un uomo seduto accanto a me.
Quando Martina ebbe portato a termine il suo triste compito, uno dei neri si alzò, prese il secchio d’acqua usato per pulire il pavimento e glielo riversò sulla testa. Martina fu presa alla sprovvista. Alzò le mani al cielo cercando di ripararsi inutilmente.
– Lavati un po’ anche tu ‘ disse il nero ridendo.
Poi prese uno straccio pulito e glielo porse.
– Tieni, asciugati!
Mentre Martina cercava di asciugarsi nel migliore dei modi, scossa da brividi di freddo, uno dei neri incominciò a spogliarsi. Aveva una stazza e una muscolatura incredibili. Ogni parte del suo corpo era almeno il doppio di quella di mia figlia. Il braccio aveva lo spessore di una gamba di Martina, mentre ogni gamba corrispondeva quasi al girovita di mia figlia. Il torace poi era spettacolare. Immaginai quell’enorme massa di carne e muscoli sul corpicino indifeso di mia figlia.
Il nero le si avvicinò con lo sguardo trionfante e il membro eretto. L’afferrò da sotto le braccia, la sollevò come un fuscello e si conficcò dentro di lei tenendola alzata da terra. Era impressionante constatare come riuscisse a prenderla restando in piedi, senza bisogno di alcun appoggio. La muoveva su e giù con la stessa facilità con cui un barman shakera un cocktail. Martina teneva il capo riverso all’indietro. Sembrava quasi svenuta, come sopraffatta da quell’assalto. Guardai Anna sbalordito.
– Non preoccuparti ‘ mi disse ‘ tua figlia sta solo provando la gioia dell’abbandono.
A un certo punto l’uomo decise di cambiare posizione. Adagiò Martina sul pavimento e si mise sopra di lei. In questo modo poteva scaricare tra le sue cosce tutta la sua terribile potenza. Schiacciata tra il corpo dello schiavo ribelle e la durezza del pavimento Martina iniziò a essere scopata in modo quasi inumano. Il nero le teneva un braccio intorno al collo affinché il suo bacino non potesse sottrarsi neppure di un centimetro alla violenza di quelle spinte poderose. Martina non poté trattenersi dall’urlare a ogni colpo. Mi girai di nuovo verso Anna.
– Ma siete impazziti? ‘ le dissi.
Anna per tutta risposta mi sorrise.
– Ti ho già detto di non preoccuparti. Goditi la scena piuttosto.
– Ma cosa dici? ‘ replicai ‘ Non vedi che la sta stuprando?
– Non esagerare ‘ disse Anna ‘ Martina sta recitando alla perfezione. Sembra che soffra ma non è così. Osserva i suoi piedi. Quei bei piedini la tradiscono. Guarda come li tende, sembra una troietta in calore!
Lo spettacolo andò avanti fin quando il nero, dopo una scarica di colpi ancora più impetuosi, emise un grugnito di piacere. Di colpo s’immobilizzò. Doveva essere venuto. Alcuni istanti dopo si staccò da Martina e la girò verso di noi, tenendole le cosce divaricate. Un sottile rivolo di seme le sgorgava dalla fessura. Quando lo sperma smise di defluire, il nero le infilò due dita nella fica e le tirò via in modo violento affinché altro sperma fuoriuscisse dalla vagina. Capii che quella manovra serviva a dimostrare ai presenti quanto fosse stata riempita. Mentre faceva questo gli altri due s’apprestavano a spogliarsi.
– Ora non ti spaventare ‘ mi avvisò Anna ‘ Leonardi stavolta ha voluto fare le cose in grande. I tre che vedi sono tutti attori porno professionisti e anche la loro attrezzatura lo è. Come hai potuto notare, il primo aveva soprattutto i muscoli dalla sua. Gli altri, invece, hanno delle qualità più penetranti.
Ben presto le parole di Anna si palesarono in tutta la loro crudezza. Quando si calarono il boxer non volevo credere ai miei occhi. I loro membri avevano delle dimensioni enormi. Uno era di lunghezza poco più che normale, ma aveva una circonferenza che non credevo potesse appartenere alla razza umana. Assomigliava più al pene di un equino tagliato a metà. L’altro, invece, aveva la forma di un serpente: non molto spesso, ma di un’estensione al di là della mia immaginazione.
– Come vedi ‘ mi disse Anna ‘ Leonardi si è procurato una certa varietà di ‘utensili’ per il suo spettacolo. Li ha scelti così diversi perché ognuno di quegli affari dovrà svolgere una sua specifica funzione.
Mentre ascoltavo Anna sgomento, il nero dal pene lungo s’avvicinò a Martina, la fece inginocchiare e le insinuò la punta del suo interminabile attrezzo tra le labbra. Martina ne accolse senza esitare un bel pezzo. Quando la cavità orale fu piena, l’uomo diede una leggera spinta, lenta ma decisa. La mascella di mia figlia si contrasse in un conato di vomito. Il nero rimase immobile, senza avanzare né indietreggiare, in modo da darle il tempo di abituarsi a quell’invasione.
A questo punto accadde una cosa che mi lasciò stupefatto. Dopo alcuni secondi di stasi Martina spinse in avanti la testa verso il membro affinché questo le sprofondasse ancora di più in gola. Poi si bloccò per un po’ in quella posizione prima di sottrarsi con un gesto rapido che le permise di riprendere a respirare. La sequenza fu ripetuta varie volte e in ognuna Martina cercava d’ingoiare qualche centimetro in più di quella pelle turgida e nera. Ogni volta che il membro veniva sfilato si poteva ammirare quanta parte era riuscita a ingurgitarne. Tenuto conto delle dimensioni della sua bocca, era chiaro che una porzione sempre più significativa di quel cazzo smisurato doveva oltrepassare il confine della gola per inoltrarsi nei meandri dell’esofago.
– Hai visto che brava che è diventata? ‘ m’incalzò Anna sorridendo ‘ Pensa che si esercita da oltre un mese per ottenere questo risultato. Un mese di banane, zucchine e falli di gomma flessibili. Sedute estenuanti passate a inghiottire oggetti di ogni tipo per abituare la valvola esofagea a non serrarsi. Certo, ogni tanto le viene ancora qualche conato di vomito, ma si può dire che ha imparato a controllare i muscoli della faringe in modo magistrale. Ormai potrebbe lavorare in un circo come mangiatrice di spade.
Il tono di Anna era sfrontato. Aveva capito che di fronte a quel fallo interminabile che si faceva strada negli organi interni di mia figlia non riuscivo a restare indifferente. Mi stavo eccitando e lei se n’era accorta. Mi poggiò una mano sul pisello.
– Porcellino! ‘ mi redarguì ‘ Ma come? Tua figlia è lì sul palco a mostrare a tutti di essere diventata peggio dell’ultima delle zoccole e tu ti ecciti? Ma allora sei proprio un maialino senza speranza!
Anna mi aprì la zip dei pantaloni e afferrò il membro, stringendolo alla base. In breve il pene diventò durissimo.
– Bravo, paparino, bravo! ‘ esclamò ‘ Sono contenta che tu ti stia divertendo. Temevo non avessi preso bene il mio scherzo. Poverino, qui tutti si stanno masturbando e tu non puoi neanche sfiorarti. Ma non preoccuparti, a te ci penso io. Martina è diventata una professionista ormai, quindi non hai nulla da temere. Peccato solo per lei che gli ospiti che ha invitato Leonardi stasera siano un po’ bastardi. Per non parlare delle signore a cui piacciono le emozioni forti. Te lo dico perché ora purtroppo dovrà soffrire un po’.
Anna aveva appena finito di parlare che l’atteggiamento dei neri cambiò. L’uomo con il pene largo le legò le mani dietro la schiena e si mise dietro di lei per tenerle ferma la testa, mentre l’altro approfittò dell’incapacità di Martina di divincolarsi per infilarle il cazzo in bocca senza tanti riguardi. Martina fu costretta a subire passivamente una lunga serie di assalti che le aravano in modo prepotente il fondo della gola. Il nero spingeva il pene con violenza, costringendo mia figlia a inghiottirlo fino alla base. Considerata la sua estensione, potevo calcolare che quando le labbra di Martina arrivavano a toccare il ventre dell’uomo circa un terzo del suo esofago era occupato da quel bastone di carne. Il collo di mia figlia iniziò a gonfiarsi, al punto che anche da lontano si riuscivano a vedere le vene pulsare in corrispondenza della gola. Un forte rossore le colorò le gote e gli occhi le divennero lucidi. L’intero viso mostrava in modo inequivocabile tutti i segni dell’asfissia.
A quella vista sussultai, cercando invano di divincolarmi dalle corde che mi stringevano.
– Non ti spaventare ‘ mi disse Anna ‘ non a caso lo chiamano soffocotto. Il nero le sta facendo una bella gastroscopia.
Il termine gastroscopia mi apparve quanto mai appropriato per descrivere ciò che stava accadendo. La bocca di mia figlia era divenuta un orifizio passivo che il pene lungo del nero si divertiva a stuprare a piacimento. La sua respirazione era in balia dello schiavo ribelle, che stabiliva per quanto tempo soggiornare nella sua gola e quando sfilarsi. A ogni uscita Martina ansimava, palesemente in affanno, mentre lunghi fili di bava le colavano ai lati della bocca. Sentivo salire dentro un’agitazione crescente.
– Su, Guido! ‘ esclamò Anna ‘ Non preoccuparti, è tutto calcolato. Quest’esperienza, per quanto dura, è molto educativa. Insegnerà a Martina a essere domata nel modo più intimo. Secondo Leonardi questa tecnica, al di là del piacere che dà al maschio nel vedere la donna in suo potere, serve a sviluppare nella femmina un senso di venerazione verso il membro maschile, che in questi momenti, decidendo se e quando ritrarsi, è in grado di riportarla alla vita, oppure di farle temere la morte.
Guardai Anna stupito. Più di una volta mi ero soffermato su scene del genere pescate su internet, ma non avevo mai pensato al deep throat come alla rappresentazione simbolica del membro maschile che si erge a semidio, diventando arbitro del destino di una donna soggiogata. Di fronte a quest’idea il mio pene, che si era rattrappito, resuscitò di colpo, sviluppando una potente erezione.
– Ohoh! ‘ esclamò Anna ‘ si direbbe che a questo papino piaccia avere una figlia schiava del cazzo! Sei proprio un padre degenerato. Pensa se qualcuno dei tuoi colleghi ti vedesse in questo momento mentre godi alla vista di tua figlia che viene brutalizzata senza pietà.
– Dimmi la verità ‘ proseguì ‘ ti piacerebbe essere lì, al posto del nero, ad abusare di lei? A insegnarle come considerare il tuo cazzo la cosa più importante al mondo?
Nel dire questo Anna prese a masturbarmi con foga, aumentando la mia eccitazione. Godevo mentre fissavo il condotto alimentare di Martina usato come una vagina. Rendermene conto, anziché generare in me un senso di colpa, aumentava ancora di più il mio piacere.
Dopo un tempo che mi sembrò non finire mai il nero estrasse il cazzo dalla sua bocca e le venne sul viso proprio all’altezza degli occhi. Due grosse lacrime di sperma, perfettamente allineate, le rigarono il volto.
– Quest’attore porno assoldato da Leonardi è proprio un professionista! ‘ commentò Anna ‘ Chi mai saprebbe dirigere i propri schizzi con tanta precisione?
Dalla sala partì un’ovazione. Il pubblico in delirio batteva le mani entusiasta. Anche le donne presenti in sala ridevano e applaudivano eccitate da quella fantastica performance. Dalle prime file si levò un coro ritmato: Cu-lo!…Cu-lo!…Cu-lo!
– Hai sentito Guido? ‘ mi disse Anna ‘ Qui tutti chiedono a gran voce il sedere di tua figlia. Hanno già capito quale sarà la funzione del terzo negretto e non vedono l’ora di vederlo all’opera.
Di fronte a quella pressante richiesta degli astanti il terzo uomo non si fece pregare. Mise Martina a terra a quattro zampe e puntò la sua arma contro l’ingresso posteriore. Martina inarcò le reni per predisporsi nel migliore dei modi a quell’ulteriore offensiva. Ma tra lo stupore generale di tutti e di me per primo quella trave nera dalla circonferenza sproporzionata non tardò a farsi spazio nella tenera carne di Martina.
– Caspita! ‘ esclamò Anna ‘ Direi che il ‘trattamento Julius’ ha funzionato alla perfezione. Fin troppo direi. Neppure io sono così dilatata lì dietro, nonostante non mi sia mai fatta mancare nulla. Stavolta Leonardi può ritenersi soddisfatto, te l’ha proprio allargata per bene.
Anna pronunciò queste frasi con una certa cattiveria. Capii che anche a lei piaceva farmi avvertire tutto il peso delle conseguenze della scelta di avergli presentato mia figlia. Ma non era possibile darle torto. La capacità con la quale Martina aveva saputo adattarsi a suo nuovo ruolo era stupefacente.
Anche il nero restò sorpreso della facilità con la quale era riuscito a impalare Martina al suo cazzo asinino. Iniziò a lavorarle il retto in modo bestiale, quasi a volerla punire per la sua troiaggine e ripagare gli spettatori delusi da quella penetrazione inaspettatamente agevole. Le affondava il membro in modo crudele, senza curarsi del dolore causato dall’uso brutale di quella trivella animalesca. Mi girai verso Anna terrorizzato.
– Su! ‘ disse Anna cercando di rincuorarmi ‘ Vedi il lato positivo. A questo ritmo non durerà molto. Tra qualche istante finirà per svuotarsi nell’intestino.
La previsione di Anna si rivelò esatta. Poco dopo il membro del nero finì per liquefarsi nell’ano di mia figlia. L’uomo continuò a serrarle le anche con entrambe le mani finché non ebbe terminato d’irrorarla. Poi spinse Martina a terra. Mentre il suo corpo abusato giaceva inerte a pancia in giù i tre neri si accostarono a lei allineandosi di fronte agli spettatori, le poggiarono ognuno un piede addosso e s’inchinarono al pubblico in visibilio. Calò il sipario.
Mentre scendeva quel grosso telone rosso tirai un grosso sospiro di sollievo. Finalmente è finita pensai. Ma Anna, che aveva notato il mio moto di distensione, si affrettò a smentirmi.
– C’è ancora una piccola parentesi ‘ mi disse, divertita di poter alimentare il mio turbamento.
Vidi Leonardi salire sul palco e accingersi a prendere la parola. Il pubblico si placò.
– Cari amici ‘ disse il cavaliere rivolto ai suoi ospiti ‘ mi fa molto piacere che abbiate tanto apprezzato lo spettacolo di stasera, come posso constatare non soltanto dai vostri applausi. Noto infatti che molti di voi non hanno resistito alla tentazione di toccarsi, oppure di farsi toccare. E questo è senz’altro il migliore e più gradito riconoscimento per il duro lavoro che c’è dietro a questo tipo di rappresentazioni.
– Tuttavia mi auguro anche ‘ proseguì Leonardi dopo una pausa ‘ che la maggior parte di voi abbia tenuto fede all’invito di trattenersi dal venire, perché adesso, com’è consuetudine al termine dei nostri incontri, chi lo desidera potrà salire sul palco e liberare la tensione accumulata nella docile bocca della nostra protagonista di stasera. Come potete constatare, si tratta di una ragazza molto giovane, che ha speso molte energie per cercare d’intrattenervi. Spero quindi che non vogliate essere così cattivi da farla andare a letto digiuna, ma che facciate di tutto per farle recuperare le forze, nutrendola in modo consono alla sua natura. Prego quindi chiunque lo desideri di non avere remore a farsi avanti. Posso assicurarvi che Martina inghiottirà ogni cosa. Va senza dire che l’invito è esteso alle donne, così come che, chi lo desidera, può anche servirsi di un altro orifizio. Le aperture di Martina sono a vostra completa disposizione.
Mentre Leonardi pronunciava il suo lungo discorso incrociò più volte deliberatamente il mio sguardo. Voleva farmi capire che quelle parole erano dirette innanzitutto a me. Erano il modo sadico con cui mi annunciava l’ultimo atto della metamorfosi di Martina: la trasformazione in sborratoio per quella massa di porci.
Dapprincipio l’appello di Leonardi sembrò quasi cadere nel vuoto. Gli astanti osservavano in silenzio Martina collocata nuda e in ginocchio al centro del proscenio. Ma ad un tratto un uomo seduto in prima fila, che non aveva mai smesso di masturbarsi, s’alzò e si diresse verso mia figlia. Giunto a meno di un passo da lei le afferrò la punta della lingua tra le dita e vi appoggiò sopra la cappella. Martina si protese in avanti e spalancò il più possibile la bocca per assecondare la sua volontà. Presto la lingua le si colorò di una sostanza cremosa e biancastra che mia figlia s’affrettò a inghiottire fissandolo negli occhi. Alla vista di quella scena altri uomini presero coraggio e si disposero in fila indiana davanti a lei. Mi sembrava di vedere la coda che spesso si forma dinanzi alla toilette di un locale notturno molto affollato. Martina era la tazza destinata ad accogliere tutte le impudicizie della vita.
Molti uomini, al momento di venire, le poggiavano una mano sulla fronte per immobilizzarle la testa. Alcuni le spruzzavano lo sperma dritto in gola. Altri preferivano venirle sul viso, divertendosi a vederla raccattare il seme con le dita e portarlo alla bocca. Qualcuno scelse il culo, probabilmente per la curiosità di sperimentare di persona la cedevolezza di quell’ano remissivo. Quasi tutti, dopo essere venuti, le sgrullavano il cazzo addosso, facendole colare sulla pelle gli ultimi residui di liquido. Martina accettava tutti e ingoiava tutto. Sapeva di essere lì per questo e a vederla chiunque avrebbe detto che non avrebbe voluto essere in nessun altro posto.
– Perbacco! ‘ commentò Anna sorridendo ‘ Se è vero che siamo ciò che mangiamo di questo passo il corpo di Martina finirà per essere formato da cellule spermatiche.
La guardai interdetto. Non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile avere una mente così perversa.
– Perché ti scandalizzi? ‘ mi disse ‘ Se ci rifletti bene, farle bere tanto sperma è un modo per penetrarla a un livello più profondo.
Quando quella processione ebbe termine Leonardi salì di nuovo sul palco.
– Molto bene! ‘ esclamò ‘ Diciotto uomini e una donna, se ho fatto bene i conti. Lo stomaco di Martina avrà di che digerire stanotte. Credo che se non c’è nessun altro possiamo considerare conclusa la serata.
A questo punto l’uomo che era seduto accanto a me dal lato opposto rispetto ad Anna alzò la mano. Trasalii.
– Ah! ‘ esclamò Leonardi ‘ vedo che abbiamo un pigro laggiù. Un pigro oppure un timido o anche tutt’e due le cose. Certo, ora Martina sarà stanca, ma io dico sempre che il pubblico non va mai deluso. Quindi, forza Martina! Abbiamo fatto trenta, facciamo trent’uno.
Senza dire nulla mia figlia discese dal palco camminando a quattro zampe. La vedevo avanzare e avvicinarsi adagio mentre Anna stringeva il mio membro turgido nella sua bellissima mano dalle unghie scarlatte. Il cuore stava per esplodermi nel petto. Giunta presso l’uomo che era accanto a me Martina alzò la testa per guardarmi. I nostri occhi s’incrociarono. In quel momento provai il senso di vergogna più profondo della mia vita. Martina mi osservava e scrutava il mio membro che nonostante tutto non riusciva a non restare eretto. Accostò la bocca al pene dell’uomo e cominciò a succhiarlo senza smettere di fissarmi, mentre la mano di Anna si muoveva lenta affinché anche il mio ultimo briciolo di amor proprio si sciogliesse nel piacere.
Martina proseguì il suo lavoro senza distogliere un attimo lo sguardo da me. Aveva un’espressione strana. Non sembrava giudicarmi o condannarmi. Voleva piuttosto eccitarmi. Dimostrarmi di essere divenuta una troia grazie a me. Quando l’uomo venne, Martina accolse il seme in bocca senza inghiottirlo. Poi s’avvicinò a pochi centimetri dal mio viso, spalancò la bocca per mostrarmi lo sperma depositato all’interno e deglutì in modo ostentato. Mentre inghiottiva mi fissava spavalda negli occhi. Sentii la sua mano discendere lungo il mio corpo. Avvertii un senso di disorientamento, come un giramento di testa. La mano di Martina prese il posto di quella di Anna attorno al mio membro. Capii che stava per infilarselo nella vagina.
– Non lo fare ‘ la implorai.
– Perché? ‘ rispose Martina ‘ Non credo che faccia molta differenza ormai. Guarda come mi hanno ridotta!
Martina si alzò, si girò su se stessa e allargò le natiche con entrambe le mani per espormi la parte interna. Restai sbalordito. Non avevo mai visto un ano così dilatato. I membri alternatisi nel posteriore di mia figlia avevano trasformato quell’anello di carne palpitante in un buco nero. Un tondo vuoto al centro così aperto da permettere d’intravedere lo sperma versato all’interno. Anche la fica era quasi irriconoscibile. Non aveva nulla del fichino tenero e serrato che dovrebbe avere una 18enne.
Mentre la osservavo Martina approfittando del mio sbigottimento con un movimento rapido mi salì sopra e s’inserì il cazzo nella fica senza darmi neppure il tempo di rendermene conto.
– Mmm! ‘ mugugnò ‘ E’ da tanto che sognavo questo momento! Sai papà, l’ho immaginato proprio così. Peccato che dopo il trattamento di stasera riesca a malapena a sentirlo.
Martina ondeggiava su di me con movimenti lenti e regolari. Mi sembrava di essere stato trasportato in un’altra dimensione. Una parte di me non riusciva ad accettare l’idea che stessi scopando mia figlia.
– Allora ti piaccio? ‘ chiese Martina ‘ Su, dimmelo papà! Dì che ti piace fottere tua figlia!
Rimasi in silenzio. Allora Martina s’arrestò. Per tutta risposta si sfilò il cazzo e rimase seduta sopra di me a guardarmi.
– Anche se si vede benissimo che ti piace ‘ disse Martina ‘ non voglio assumermi la responsabilità di qualcosa per cui non sei pronto.
Martina slacciò le cinture che mi tenevano legato alla sedia e mi liberò entrambi i polsi.
– Ora non hai più alibi ‘ mi disse con un tono di sfida ‘ adesso sei libero, puoi scacciarmi se vuoi.
Ci guardammo a lungo negli occhi, immobili come due sfidanti a duello. Martina era lì, seduta a cavalcioni sulle mie cosce quasi all’altezza delle ginocchia, con la vagina oscenamente dilatata dalla posizione e dagli eccessi di quell’interminabile sera. Avrei potuto respingerla e recuperare un po’ della dignità perduta. Ma il mio membro dritto come un fuso in mezzo a noi fu l’arbitro che emise una sentenza diversa.
– Vieni qui puttana! ‘ le dissi.
Le strinsi le mani intorno alla vita, la sollevai e la impalai, affondando il membro il più possibile nelle profondità di mia figlia. Mentre mi muovevo freneticamente, le passai una mano dietro la schiena e le infilai due dita nell’ano, mentre con l’altra mano le afferrai il collo per attirarla a me. Schiacciai la bocca contro la sua e le insinuai la lingua tra le labbra. Ognuna delle aperture che stavo forzando con quei gesti convulsi portava i segni, gli odori e i sapori degli uomini che mi avevano preceduto. Ma adesso quelle cavità erano mie. Ogni varco della carne di Martina era dedicato a me. Stavo finalmente possedendo mia figlia.
– Bravo papà! ‘ m’incalzò ‘ Così ti voglio! Su, da bravo, leccami anche le tette! Succhiami i capezzoli! Ma come sei abile, chi l’avrebbe mai detto? Non capisco perché la mamma si lamenti.
– Ma che stai dicendo? ‘ la interruppi, fermandomi di botto.
– Non la prendere a male ‘ disse Martina ‘ so che le cose tra voi non vanno molto bene da questo punto di vista. Un giorno la mamma piangendo me l’ha confessato.
– Ma adesso non ci pensare ‘ aggiunse ‘ vedrai che anche questo problema si risolverà presto. Ora occupati di me, che sono qui pronta ad accogliere il tuo seme. Forza papà, fai godere tua figlia! Dai che sto per venire! Sii’così’.sento il membro pulsare.’su’inondami con il tuo liquido….fammi rinascere.
A quelle parole le esplosi nella fica come un adolescente. Mi sembrò di rivivere la mia prima esperienza sessuale, quando senza sapere cosa fosse un orgasmo assistetti terrorizzato alla scena del mio cazzo che non voleva smettere di contrarsi. Martina restò sopra di me. Mi guardava con aria tenera e sensuale. Prima di staccarsi mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
– Benvenuto nel mondo del cinema papà. Ora potresti diventare una star ‘ disse Martina.
La guardai interdetto.
– Chi avrà il privilegio di rivedere questa scena non la dimenticherà facilmente ‘ aggiunse.
– Cosa significa? ‘ le chiesi.
– Significa che adesso Leonardi ti ha proprio in pugno. Ricordi il regista Conti che mi presentasti la prima sera? Quello che avrebbe dovuto aiutarmi a sfondare e invece dopo cena me lo ritrovai nel retto a sfondare me? Beh, ha registrato tutto. Lo spettacolo, Anna che ti masturba mentre vengo violentata in scena, te che mi afferri e mi scopi come un maiale. Altro che foto con l’amante e registri contabili truccati. Ora sei veramente fritto caro papino. Leonardi ti ha cotto a puntino!
La guardai smarrito. Ero attonito. Non riuscivo a credere che mia figlia stesse pronunciando quelle parole.
– Perché? ‘ domandai ‘ L’hai fatto perché mi odi?
– No ‘ rispose Martina ‘ non ti odio, ma sento che è giusto così. In fondo tu volevi scoparmi, lo volevi con tutte le tue forze. Ora il desiderio si è avverato, ma di quest’atto devi subire tutte le dovute conseguenze.
– E quali sarebbero queste conseguenze? ‘ replicai furente ‘ Cos’altro può volere Leonardi da me? Non gli basta quello che ha avuto? E quello che mi ha tolto?
– No ‘ rispose Martina gelida ‘ ha ancora qualcosa da chiederti. A cominciare dalla mamma.
– Cosa c’entra lei? ‘ chiesi esasperato ‘ Da questa storia tua madre deve restare completamente fuori.
– Sarà difficile ‘ replicò Martina ‘ A Leonardi piacerebbe farla venire qui e credo che ancora una volta voglia fare affidamento sul tuo aiuto per riuscirci.
– Stai scherzando? ‘ domandai sconcertato.
– Affatto! ‘ replicò Martina con tono calmo ‘ All’inizio ti chiederà di portarla alla villa, in piscina e alle feste, anche per venire a trovare me. Si creeranno molte occasioni in cui lei e Leonardi potranno chiacchierare per conoscersi meglio. Al momento giusto tu dovrai eclissarti, affinché lui possa corteggiarla liberamente. Forse ti ordinerà anche di tenere dei comportamenti un po’ servili verso di lui, in modo da far capire alla mamma chi è che comanda. Magari le s’insinuerà il dubbio che a te in fondo fa piacere se lui la corteggia. Così, pian piano, il suo senso di colpa finirà per attenuarsi, fino a sparire del tutto, lasciando il posto all’idea sempre più stuzzicante di cornificarti.
La lucidità di quel discorso mi lasciò senza parole. Stava parlando mia figlia, quella che credevo una dolce ragazza di 18 anni appena diplomata. Non credevo alle mie orecchie. Come aveva fatto Leonardi a corromperla in questo modo? Da dov’era schizzata fuori tanta cattiveria?
– Ma non sei contento che la mamma si diverta un po’? ‘ incalzò Martina ‘ In fondo tu l’hai tradita, prima con una collega d’ufficio, poi con Anna e stasera con me. Sono sicura che Leonardi saprà darle quello che le manca.
– L’unico rischio ‘ proseguì Martina dopo una pausa ‘ è che Leonardi te la porti via. Lui è molto possessivo. Potrebbe decidere di non fartela più toccare. Lo dico perché alla moglie di un altro dipendente a un certo punto ha impedito di avere rapporti con il marito. Ormai gli concede soltanto di leccarla e solo dopo che lui, oppure qualcun altro dei suoi amici, l’hanno irrorata per bene.
Martina pronunciò queste parole con uno sguardo di ghiaccio. Ero esterrefatto.
– Dai papà! Non fare quella faccia! Vedrai che col tempo saprai adattarti al ruolo che Leonardi ti ha assegnato.
– Quello del cornuto sottomesso? ‘ replicai amareggiato.
Martina mi sorrise. Avvicinò il suo viso al mio e mi carezzò una guancia.
– Su, papà ‘ disse ‘ se anche qualche volta dovessi bere lo sperma di Leonardi dalla fica della mamma non sarà poi tutto questo dramma.
La guardai come inebetito con lo sguardo perso nel vuoto.
– E’ questo il destino che tu e Leonardi mi avete riservato? ‘ chiesi.
– Più o meno ‘ replicò Martina ‘ Ma non voglio dirti altro presto lo scoprirai da solo....per commenti [email protected]
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.6
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Come sono diventata piu' Cagna e Puttana 2:

Altri Racconti Erotici in bdsm:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni