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Gay & Bisex

Danilo e Federico - Parte I: Estasi (6)


di vgvg91
20.01.2022    |    5.793    |    10 9.6
"Io non avrei niente di meglio da fare, ma vorrei che mi spiegassi prima”..."
Dopo che Danilo ebbe terminato di farsi la doccia, gli proposi di passare la serata insieme, magari ordinando una pizza e vedendo un film in streaming. Ma la mia proposta venne interrotta bruscamente da una chiamata che ricevette sul cellulare. Vedendo il numero dell’interlocutore, si fece scuro in volto: rifiutò la chiamata, poi declinò l’offerta con un secco no, dicendo che era sommerso di lavoro e che sarebbe stato meglio per lui tornare a casa.
Conoscendolo, preferii non insistere e rinunciai, ma intravidi qualcosa di strano nei suoi occhi che mi destò una leggera preoccupazione.
Saranno fissazioni mie, conclusi, riordinando il letto che poco prima aveva accolto il nostro amplesso. Eppure, avevo la netta sensazione che qualcosa fosse cambiato. Per la prima volta mi aveva chiamato per nome e, per di più, si era lasciato andare ad un gesto dettato da genuina tenerezza. Per non parlare dell’appuntamento che non era mai esistito: era venuto di proposito a casa mia.
Forse ero io che tendevo a leggerci qualcosa in più, là dove non c’era nulla: Danilo era un uomo fatto e finito di 36 anni, concreto e con i piedi per terra. Da parte mia, invece, ero ancora dominato dal filtro della giovinezza che non mi permetteva di giudicare ogni cosa analiticamente. D’altronde, come avrei potuto giudicare analiticamente qualcosa dopo aver provato il mio primo orgasmo anale?
Soffocati questi pensieri, mi lavai a mia volta e passai il resto della serata preparando le lezioni per il mattino successivo.
I giorni si susseguirono in maniera più frenetica: non ebbi quasi il tempo di respirare, tra preparazione delle verifiche in classe, consigli dei docenti, colloqui con i genitori. Quasi dimenticai il pomeriggio di sesso sfrenato passato con Danilo. Nei pochi minuti liberi di pausa, mi chiedevo se fosse il caso di mandargli un messaggio per sapere come stesse, ma alla fine lasciavo sempre perdere. L’ultima cosa che volevo era risultare pressante.
Finché, il venerdì successivo, non fu lui a scrivermi nuovamente.
“Ho bisogno di un favore” recitava il messaggio.
“Dimmi pure!” risposi, fin troppo zelante. Mi pentii del mio tono un secondo dopo aver inviato il messaggio, ma ormai era fatta. Vidi sullo schermo che Danilo componeva e cancellava varie volte il messaggio. Stufo di aspettare, misi da parte il cellulare e mi dedicai alle mie faccende domestiche. Dopo una decina di minuti, lo schermò si illuminò.
“In questo weekend, Vanessa sarebbe dovuta venire a Milano per accompagnarmi a una cena di lavoro con alcuni importanti fornitori aziendali. Purtroppo ha avuto un imprevisto all’ultimo minuto e non può accompagnarmi. Non conosco nessun altro, verresti con me? Mi pesa andarci da solo”.
Il messaggio mi irritò non poco: il mio primo pensiero fu quello di essere diventato una sorta di ruota di scorta. Quando ha voglia di scopare, se non c’è Vanessa usa me. Per di più, me lo ha chiesto solo perché non conosce nessun altro a Milano. Bingo!
Visualizzai il messaggio senza rispondere, prima che mi affrettassi a scrivere una risposta troppo sgarbata, punto sul vivo com’ero. Terminata la giornata, una volta nel letto, formulai con attenzione la risposta.
“Più che altro mi chiedo se non ti pesi andare con me a questa cena. Io non avrei niente di meglio da fare, ma vorrei che mi spiegassi prima”. Ecco fatto, con la giusta dose di dignità e diplomazia. Dopo qualche minuto, il cellulare notificò.
“No, non è così. Non volevo metterti pressione e così ti ho dato ampio margine di scelta. Se non vuoi, non importa”.
Sospirai: me ne pentirò, lo so.
“Va bene, quando e a che ora?”.
Alle 19 e 30 di sabato, Danilo mi avvisò di essere appena arrivato sotto casa e che mi aspettava.
“Un paio di minuti e scendo” scrissi velocemente.
Mi controllai un’ultima volta allo specchio. Avevo optato per una semplice camicia bianca, blazer blu e pantaloni in tinta. Non avevo idea di come ci si vestisse per queste occasioni, perciò mi sembrò saggio scegliere una via di mezzo tra l’elegante e il casual. Diedi un’ultima sistemata ai capelli castani, che proprio non ne volevano sapere di assumere una piega decente; poi presi un profondo respiro e scesi.
Vidi un’auto nera elegante parcheggiata sotto casa con le 4 frecce lampeggianti. Mi avvicinai di corsa ed entrai.
«Ciao, spero di non averti fatto asp…» non finii mai la frase. Quello non era Danilo, non poteva essere.
«Tutto a posto?» mi chiese lui, mentre controllava l’orologio.
Indossava un completo nero lucido, cravatta coordinata e camicia bianca. Le scarpe erano impeccabili, sicuramente di alta sartoria. Nel complesso, l’abito rendeva estremamente armoniosa e affascinante la sua figura, esaltando i suoi punti di forza. Un inebriante e deciso profumo maschile colpì le mie narici e mi provocò una erezione istantanea.
«S-sì, tutto a posto» risposi balbettando, mentre prendevo posto in auto.
Dannazione, se saranno vestiti tutti così sarò assolutamente fuori luogo, pensai.
Danilo mise in moto e partì in direzione del locale. A quel punto, mi schiarii la voce e ruppi il silenzio: «Ehm, avresti dovuto avvertirmi che sarebbe stato richiesto un abbigliamento molto più formale» dissi con una punta di ironia. In realtà, dentro di me stavo morendo dall’imbarazzo.
«Come?» fece lui, rivolgendomi per una frazione di secondo lo sguardo. «Ma no, figurati. Non fare caso a me. Per il ruolo che ricopro è necessario che mi dia un tono, ma vedrai che la maggior parte degli invitati sarà adeguata al tuo stile».
Quelle parole mi tranquillizzarono e mi sciolsi un po’ sul sedile. «Meno male» ribattei. «Stai molto bene, comunque» aggiunsi, mentre le mie guance prendevano fuoco.
Danilo non rispose. Era concentrato a districarsi nell’infernale ingorgo milanese: a volte, per l’impazienza, tamburellava le dita sul volante e controllava ossessivamente l’orologio. Al che, divertito da tutto quel nervosismo, gli dissi: «Calmati! Quanto dista il luogo?».
«Fortunatamente non molto, ma è appena dietro i Navigli».
«Caspita, proprio nel cuore della movida milanese» osservai.
«Eh già».
Calò di nuovo il silenzio mentre l’auto sfrecciava lungo le strade della città. Stavo per proporre di mettere su un po’ di musica per smorzare la tensione, ma Danilo accese la freccia e svoltò a destra, entrando nel parcheggio del locale.
L’aria era frizzante, ma non freddissima, così indossai il soprabito. Danilo, invece, uscì dall’auto senza indossare nient’altro per coprirsi.
«Non ti fa freddo?» non feci a meno di notare io.
«No, sto bene» rispose avviandosi verso il locale.
Sarà tutta quella massa corporea, osservai.
Entrati nel locale, alcuni clienti si avvicinarono a Danilo stringendogli la mano. Lui ricambiò la stretta con cortesia e vigore. Poi puntarono gli occhi su di me.
«Ehm… lui è Federico, un mio carissimo amico» puntualizzò l’uomo, gettandomi una occhiata fugace.
Certo, un amico che ti scopi a sangue, pensai io, ma mi limitai a stringere la mano degli interlocutori con cordialità.
La sala era lussuosa, ma fortunatamente non tutti avevano optato per un look super elegante come Danilo. Il maître ci indicò il posto a sedere e mi misi a mio agio. Davanti a ogni persona vi era un segnaposto con indicato il nome del commensale. Quando lessi il mio biglietto, mi stupii. “Federico Verucchio”. Lo presi tra le mani e lo rigirai, poi guardai Danilo che sostenne il mio sguardo.
«Che c’è?» mi chiese sottovoce.
«Nulla, ero sicuro di leggerci il nome di Vanessa» replicai ridendo.
«Ho provveduto a farlo modificare non appena mi hai dato conferma. Non sarebbe stato appropriato, non credi?».
«Grazie» risposi a mezza voce. In realtà, non era nulla di speciale, ma non mi sarei mai aspettato da lui una simile accortezza.
La serata trascorse abbastanza tranquillamente, senonché tutti quei resoconti lavorativi cominciarono ad annoiarmi a morte. Un paio di volte ebbi la tentazione di chiudere gli occhi per qualche secondo, ma tenni duro. Al terzo tentato svenimento sul tavolo per la noia, con garbo mi alzai e informai i commensali che avrei avuto bisogno di prendere un po’ d’aria. Sentii lo sguardo indagatore di Danilo su di me, ma non ci diedi troppo peso. L’aria fresca mi avrebbe svegliato per un po’, il tempo di mangiare il dolce e abbandonare finalmente la serata. Quelle situazioni impostate non facevano proprio al caso mio, soprattutto se non avevo alcun modo di inserirmi nelle conversazioni. Non avrei di certo potuto pretendere che degli uomini d’affari si interessassero di una persona estremamente ordinaria come me.
Trascorso qualche minuto, decisi di rientrare, giusto in tempo per il servizio del dolce. Finalmente, dopo un bicchiere di amaro, e aver brindato alla salute, i clienti cominciarono a congedarsi e ad abbandonare il locale.
Avevo i brividi per il sonno e per aver mangiato troppo. Risalire in macchina fu un sollievo per me e chiusi gli occhi, mentre Danilo ripartiva.
Non avevo la forza di pronunciare nessuna parola per sforzarmi di intavolare un discorso, ma non fu necessario perché ci penso Danilo che, mentre percorreva il lungo viale che portava nel mio quartiere, mi disse: «Ti sarai annoiato a morte».
«Oh, non preoccuparti. Nulla di grave».
«Se avessi saputo che questa serata si sarebbe rivelata così tanto noiosa per te, non ti avrei chiesto di accompagnarmi».
Aprii gli occhi e lo guardai. «Scusa, esattamente cosa ti aspettavi? Non era questo il favore che dovevo farti?».
Danilo esitò, poi rispose: «Beh, sì. Però Vanessa solitamente si mette d’impegno per partecipare attivamente alle nostre conversazioni».
Non potei fermarle: le parole mi uscirono di getto dalla bocca. «Allora la prossima volta evita di chiedermi certi favori, se hai determinate aspettative».
Danilo inchiodò, al punto che d’istinto poggiai una mano sul cruscotto per arrestare il moto inerziale. Eravamo a pochi metri da casa.
«Non hai capito un cazzo» esclamò lui.
«Cosa ci sarebbe da capire? Non hai gradito il mio comportamento, ma sinceramente non ho idea di cosa tu ti aspettassi da me!». La rabbia cominciò a montare in me e premeditavo di scendere dall’auto.
«Non è questo! È che…».
«Cosa?» lo interruppi, furente. «Mi hai scelto come ultima spiaggia, mi hai trascinato fin lì e, per di più, hai anche da ridire sul mio comportamento! Sai bene come esprimere la gratitudine, tu». Danilo non rispose, si limitava a guardarmi sconcertato.
«Ripeto, la prossima volta spero che la tua cara Vanessa sia disponibile, così da non pensare affatto a me». Aprii la portiera dell’auto e stavo per mettere un piede sul marciapiede, quando Danilo mi anticipò, chiuse la portiera con vigore e mi sovrastò con il suo corpo. Ero schiacciato contro la portiera dell’auto e cominciai a respirare rapidamente, il cuore batteva all’impazzata ma i miei occhi erano immobili, sostenendo l’espressione di ghiaccio dell’uomo di fronte a me. Poi, mi prese il viso tra le mani e, in una frazione di sguardi, mi baciò sulle labbra.
Non avevo realizzato cosa stesse succedendo a tal punto che non risposi con trasporto al bacio. Sapevo solo di essere sotto di lui, circondato tra le sue braccia mentre premeva le sue labbra contro le mie. Assaporai il liquore amaro rimasto sulla sua bocca, poi Danilo si staccò.
«Se mi facessi finire di parlare» disse lui, in tono severo e con il volto a mezzo centimetro dal mio, «scopriresti che quello che volevo dire è che sei diverso dagli altri. Sono rimasto sorpreso dal fatto che non hai tentato di compiacere nessuno. Non ti sei sforzato di apparire come non sei, ma sei stato coerente con il tuo essere. L’ho davvero apprezzato. Ecco».
Si allontanò da me, sistemò il completo e rimise le mani sul volante. Io ero immobilizzato in quella posizione, senza sapere esattamente cosa dire. Le quattro frecce scandivano il tempo ritmicamente, ma l’atmosfera in macchina era quasi sospesa.
«Stavi scendendo, mi pare» disse lui, rompendo il silenzio.
Mi rimisi seduto composto e scossi la testa. Non riuscivo a parlare, perciò mi limitai ad indicargli un posto libero proprio sotto casa. Senza chiedermi spiegazioni, parcheggiò in quel punto e tornò a fissarmi.
Dopo qualche secondo di esitazione, ricambiai lo sguardo e gli dissi: «Stanotte dormi da me».
Danilo aprì con un calcio la porta della camera da letto, mentre mi trasportava in braccio con le mie gambe ben strette attorno ai suoi fianchi, baciandomi appassionatamente. Mi adagiò con delicatezza sul letto e cominciò a spogliarmi. Non ci volle molto: sotto la camicia non indossavo altro. Si posizionò sopra di me e prese a baciarmi tutto il corpo, concentrandosi con particolare attenzione sui miei capezzoli, che succhiò e strizzò con gusto. Mentre gemevo, presi a spogliarlo. Prima la giacca, poi allentai la cravatta e sbottonai la camicia. Esitai un attimo, poi fu lui a spingermi la testa verso il suo petto e presi a baciarlo con passione. Sembrava che le nostre mani si fossero duplicate: Danilo rovistava ovunque e palpava le mie gambe e il mio culo, finché non mi levò di dosso i pantaloni e, con foga, strappò le mie mutande. Fu un gioco da ragazzi per lui. Eravamo nudi e i nostri corpi palpitavano a contatto l’uno dell’altro. Poi Danilo mi prese le gambe e se le portò sulle spalle, mentre posizionava un cuscino sotto la mia testa per farmi stare più comodo. Sputò sulla mano e ravanò con passione il mio buco: prima con una, poi con due, poi con tre dita, finché non fui lubrificato e aperto a sufficienza. Danilo ansimava senza sosta, accompagnando i miei gemiti incessanti. Poi posizionò la cappella sul mio buco e, prima di spingere, mi sussurrò all’orecchio «Stringiti a me». Lo abbracciai, mentre lui mi circondava tra le sue forti braccia. Spinse il suo enorme sesso nelle mie viscere e urlai di piacere. Cominciò a fottermi con gentilezza, per la prima volta, mentre mi baciava e mi accarezzava il viso. Le pareti del mio ano si dilatarono per accogliere la sua potenza virile, mentre Danilo spingeva sempre più in profondità la sua carne in me. Sembrava quasi che non avesse una fine, mentre avanzava centimetro dopo centimetro. Poi prese a muovere il bacino, delicatamente, come non aveva mai fatto prima. La tenerezza dei suoi movimenti fu, se possibile, anche più eccitante. Il mio culo non avvertiva il benché minimo dolore, anzi godeva del trattamento riservato, rispondendo contraendosi attorno al palo di carne, come se volesse fonderlo in sé per sempre.
«Sei mio» mi sussurrò dolcemente, scoccandomi un altro bacio e dandomi un colpo secco di reni. Io mugolai per il contraccolpo e risposi: «Sì, prendimi. Fammi tuo».
Ascoltate queste parole, Danilo cominciò a fottermi con la sua consueta foga inesauribile. Ero pieno di lui, mi possedeva completamente e il mio corpo lo accoglieva senza protestare. Le mie cosce cingevano i suoi fianchi: lui le percorse con una mano e le strizzò con desiderio. Approfittando della mia bocca aperta per il piacere, mi ficcò due dita in gola, che succhiai avidamente. Poi tolse le dita e ci sputò dentro. Io inghiottii la sua saliva e fu come assaggiare ambrosia pura. Ero in estasi: il suo cazzo martellava il mio ventre e ne reclamava il possesso voracemente, mentre la cappella umida colpiva la prostata, stimolandola.
Ripresi a sentire il calore dell’ultima volta che si irradiava dentro di me e, a causa dei colpi incessanti che mi squassavano le viscere, esplosi nel secondo orgasmo anale della mia vita. Mi contorcevo, il mio cazzo eruttava tutti i suoi liquidi e Danilo aumentava la foga della sua scopata. Durò almeno due minuti: ero scosso dalle contrazioni, avevo il cervello in fiamme e il mio corpo sobbalzava, sospinto dalla foga del mio amante. Affondai le dita nella sua schiena madida di sudore per riuscire a reggere i poderosi colpi di reni, avvertendo un piccolo avvallamento increspato in un punto delimitato nella pelle, e lo guardai negli occhi. Nonostante fossi venuto, Danilo non accennava a smettere, anzi. La sua energia nello slabbrarmi era sempre più forte. Ero allo stremo delle forze, ogni colpo di cazzo mi procurava dei bruciori alle pareti del retto, ma non fiatai e aspettai che terminasse la sua corsa. Nel frattempo, riversai i miei gemiti nel suo orecchio, per farlo eccitare ulteriormente. I miei nervi rettali erano a fior di pelle: potevo avvertire distintamente il palo di carne cominciare a pulsare ossessivamente, pronto a scaricare dentro di me tutta la sua potenza seminale.
«Federico» mi chiamò Danilo d’un tratto.
«Sì» mugolai.
«Voglio riempirti di me» rispose lui.
«E allora fallo, aprimi e fammi tuo, Danilo!».
Avvenne nel giro di pochi secondi: Danilo esplose in un ruggito di piacere e scaricò dentro di me tutta la sua calda sborra. Più eiaculava e più la spingeva in fondo, come se volesse marchiarmi per sempre. Lo sentii tremare e i suoi gemiti di piacere si ruppero; poi mi baciò e si accasciò su di me, mentre il suo cazzone nel mio ventre continuava a pulsare, rilasciando gli ultimi liquidi.
Quella notte dormimmo abbracciati. Danilo volle restare con il suo cazzo dentro di me, come a dichiararne definitivamente il possesso. Avviluppati a cucchiaio, dormimmo profondamente, uniti più che mai. Le sue forti braccia mi circondavano, facendomi sentire al sicuro.
Forse Danilo non lo sapeva, ma fu quella sera che realizzai di voler scopare tutta la vita con lui.
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