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Danilo e Federico - Parte I: La sciarpa (5)


di vgvg91
19.01.2022    |    5.270    |    10 9.5
"Danilo bevve un sorso d’acqua, poggiò il bicchiere sul tavolino e controllò l’orario sull’orologio da polso..."
La settimana trascorse nella più assoluta indolenza. A causa di una brutta influenza, oltre metà della classe era costretta a casa, quindi il mio carico lavorativo fu decisamente più alleggerito. Passai parte del mio tempo libero leggendo o guardando serie tv su Netflix, ma si trattava solo di palliativi che mi permettessero di distrarmi dal pensiero ossessivo di quel sabato sera.
Ripensai a Danilo, alla sua imponenza, alla sua autorità nel condurre il gioco sessuale, e diedi sfogo ai miei istinti masturbandomi più volte. Ormai nemmeno i porno potevano saziare la mia insoddisfazione.
Io non credevo di aver mai avuto tendenze omosessuali, o perlomeno periodi di confusione relativa al mio orientamento fino a quel momento. Era sempre stato tutto molto chiaro per me, eppure quell’incontro casuale ebbe la capacità di stravolgere completamente la mia percezione di vita. Era una sensazione nuova, che avrei compreso fino in fondo solo provando ad approcciarmi seriamente a persone del mio stesso sesso. Perciò, provai a scaricare alcune app di incontri gay. C’era davvero l’imbarazzo della scelta, una sorta di mercato sessuale comodamente a portata di mano. Ciononostante, sebbene provassi a intraprendere conversazioni con altri uomini, alcune delle quali tentavano di sfociare in chat erotiche, non provavo il minimo impulso sessuale guardando i loro membri.
Giunsi alla conclusione che al momento la mia unica attrazione era riservata a Danilo. Era difficile accontentarsi di cazzi nella norma dopo aver sperimentato un simile calibro. Sia chiaro, il carattere di Danilo era quanto più distante dai miei gusti: menefreghista, strafottente, egocentrico ed egoista. Ma la sua dominanza sessuale esercitava su di me una attrattiva irresistibile.
Girovagando sui social, trovai su Instagram il profilo di Vanessa. Lo esaminai da cima a fondo.
Non potevo non ammettere la bellezza sfolgorante di quella ragazza, senonché cliccando sulle sue storie in evidenza notai che aveva documentato passo per passo la romantica domenica trascorsa con il suo uomo. Mancava soltanto all’appello una palese foto after sex, ma effettivamente sarebbe stata di pessimo gusto. Irritato, senza capire perché, chiusi i social e lanciai il telefono dall’altra parte della stanza, dimenticandomene per l’intero sabato.
La domenica mattina, un messaggio mi risvegliò dal sonno catatonico in cui ero sprofondato. Mi aspettavo il classico buongiornissimo da parte di mia madre, con tanto di foto glitterata e ricca di personaggi buttati a casaccio. Invece, rimasi di stucco quando lessi il nome del mittente. Danilo Rinaldi.
“Hai dimenticato la tua sciarpa, è qui da sabato scorso”.
Inizialmente, mi illusi che fosse una scusa per potermi rivedere e il mio cuore perse un battito. Poi, però, mi resi effettivamente conto di non trovare la sciarpa da nessuna parte nel mio appartamento e realizzai. Un secondo messaggio di Danilo arrivò in quel momento: era la foto della mia sciarpa. Qualcos’altro, però, attirò la mia attenzione. Danilo era nudo: in un angolino notai la punta del suo cazzo a riposo e le gambe toniche.
“Oh cazzo, ma dove avevo la testa in questi giorni. Ti ringrazio, passo a prenderla il prima possibile”.
“Non serve” rispose lui di rimando, “oggi devo passare dalle tue parti per alcune commissioni. Dammi l’indirizzo preciso”.
Il cuore mi saltò in gola. Con le dita tremanti, condivisi la mia posizione.
“Perfetto, sarò lì per le 17”.
Abbandonai il telefono e mi guardai attorno: la casa era ridotta a un porcile, segno della mia indolenza degli ultimi giorni. Passai tutta la mattinata a pulire e a riordinare, sebbene ci fosse la possibilità che Danilo non sarebbe nemmeno entrato in casa. Immaginavo già che, una volta consegnata la sciarpa, sarebbe corso via verso uno dei suoi innumerevoli impegni. Ma, almeno, in questo modo ebbi la sensazione di tenermi occupato.
Preparai un pranzo affrettato e, dopo averlo consumato, mi stesi un attimo sul letto per riposarmi dalla fatica delle frettolose faccende. Feci un sogno turbolento: un orso mi inseguiva nella foresta, non mi dava un attimo di pace. Cercavo di nascondermi ovunque potessi, ma la bestia riusciva a scovarmi ogni volta. Correvo a perdifiato ma, ad un certo punto, inciampavo in una radice scoperta di un albero. L’ultima scena che vidi fu l’orso che con un balzo si preparava ad azzannarmi alla gola, quando il frastuono del campanello mi fece svegliare di soprassalto. Stordito, riacquisii gradualmente il contatto con la realtà e misi a fuoco per leggere l’orario: le 17:05. Il campanello suonò ancora. Col cuore in gola, mi precipitai giù dal letto e corsi ad aprire.
Sulla soglia c’era Danilo, imponente, affascinante e visibilmente spazientito.
«Era ora, credevo che non fossi in casa. Stavo per lasciare la sciarpa appesa alla maniglia».
«No, scusami» biascicai, con la bocca impastata, «è che…».
«Hai un aspetto orribile» osservò lui.
Con una smorfia, ammisi: «Mi sono addormentato».
«D’accordo» fece lui. Mi porse la sciarpa e lo ringraziai.
«Ti va di accomodarti un attimo?» gli proposi.
«Ho un appuntamento tra poco, ma a me piace arrivare almeno con mezz’ora di anticipo» mi rispose, e fece per andarsene.
«Oh, andiamo» gli dissi, mentre era già di spalle. «Dammi almeno l’occasione di scusarmi per averti fatto attendere».
Danilo si voltò, sospirando. Alla fine acconsentì e mi feci da parte per permettergli di entrare in casa.
Lo vidi che si guardava attorno, con una lieve espressione di perplessità sul viso. L’appartamento era piccolo, al punto che con la sua imponenza sembrava occuparlo per intero.
«Non è nulla di che» mi affrettai a spiegare, sebbene non dovessi giustificarmi di nulla. «È quello che posso permettermi con il mio stipendio».
«Che lavoro fai?» mi chiese, accigliato.
«Sono supplente di lettere in una scuola superiore qui vicino» risposi prontamente.
«Capisco». Utilizzò un tono molto neutro: non si poteva leggere nessun tono di scherno o sdegno.
«Posso offrirti qualcosa da bere?».
«Del whisky».
«Non sono ancora arrivato a quel livello» replicai arrossendo.
«D’accordo, allora dell’acqua andrà benissimo» fece lui, scrollando le spalle e prendendo posto sul divano.
Andai al lavello in cucina e riempii un bicchiere, poi tornai all’ingresso e glielo porsi. Danilo bevve un sorso d’acqua, poggiò il bicchiere sul tavolino e controllò l’orario sull’orologio da polso.
«Allora» mi azzardai a dire, «come è andata con Vanessa domenica?».
«Come?». Dalla sua risposta, sembrava non avesse prestato molta attenzione alla domanda. «Ah, sì. Tutto bene. Lì ci starebbe bene uno specchio» osservò, indicando una porzione di muro spoglia accanto alla porta.
«Mmh, hai ragione» dissi io, portandomi la mano sul mento, ma senza far troppo caso alla sua osservazione. La mia mente aveva già preso una direzione ben precisa.
«Posso chiederti una cosa?».
«Ricominciamo con le domande» fece lui, sospirando e allargando leggermente le gambe sul divano. Indossava dei jeans e un maglioncino di cotone che metteva in evidenza i suoi pettorali. «Dimmi pure».
«Ma tu vai sempre in giro nudo per casa?». Mi sorpresi della mia sfacciataggine, ma la mia domanda inaspettata colse alla sprovvista Danilo, che batté le palpebre e, accennando il suo solito ghigno, mi rispose: «Quando posso, sì. Non amo molto essere costretto nei vestiti e la notte dormo sempre nudo».
«Avevo immaginato… Avresti potuto evitare di mandarmi la foto della sciarpa col tuo cazzo in bella mostra».
«Davvero? Non ci ho fatto caso» disse, piegando l’angolo della bocca. Con la coda dell’occhio, notai che il bozzo sui suoi jeans si era fatto molto più evidente rispetto a prima.
«Ok, dimmi la verità» fece lui all’improvviso. Io sollevai di scatto lo sguardo nella sua direzione. «Speri di combinare qualcosa con me oggi, non è forse così?».
Arrossii violentemente. «Ma per chi mi hai preso, per un assatanato di cazzo? E poi non è detto che io abbia voglia di te» risposi, cercando di mantenere il tono della voce calmo.
«Se lo dici tu» concluse beffardo, sporgendosi per riprendere il bicchiere d’acqua. Ma il suo movimento fu troppo repentino e il liquido si versò dal tavolino ai suoi piedi.
Mi alzai rapidamente: «Me ne occupo io». Corsi in cucina a prendere uno straccio e mi precipitai ad assorbire l’acqua dal pavimento. I miei movimenti non erano resi agevoli dalla sua presenza in quel punto preciso, e per di più non accennava a spostarsi. Così gli dissi: «Scusa, potresti farti un po’ più in là?».
«In realtà, credo di essere esattamente nel punto preciso. E anche tu».
Sollevai la testa, che mi resi conto si trovasse esattamente tra le sue gambe. Il suo volto era un misto tra l’ironico e il divertito, mentre mi scrutava in quella assurda posizione. Poi, in un tempo che sembrò durare in eterno, cominciò a sbottonare la patta dei pantaloni, finché il cazzo non spuntò fuori, già eretto e possente.
«La scelta è sempre tua» fece lui, «ma sai già cosa questo comporterà». Incrociò le braccia dietro la testa e allargò ancor di più le gambe.
Danilo prese a fissarmi: il suo era un palese sguardo di sfida. Provai a resistere: scioccamente, non volevo dargliela vinta, ma la visione di quella perfezione marmorea annichilì il briciolo di dignità che pochi istanti fa sgorgava nel mio essere, facendomi capire cosa volessi davvero. Mi sollevai leggermente e portai le mie labbra attorno alla sua calda e carnosa cappella. Lo feci lentamente, godendomi ogni millesimo di secondo. Sentii Danilo sospirare profondamente e rilassarsi.
Leccai avidamente la punta della cappella e tutta l’asta che, sebbene fosse parzialmente nascosta nei jeans, aveva già una lunghezza esagerata. Danilo portò la sua mano sulla mia testa e mi accarezzò i capelli, poi d’un tratto mi spinse la testa verso il cazzo. Il mio naso sprofondò nei suoi jeans e tossii per prendere un po’ di fiato, ma ormai Danilo aveva stabilito il ritmo da dare al pompino, così tentai di adattarmi il più rapidamente possibile. I miei occhi si riempirono di nuovo di lacrime per lo sforzo di contenere quel palo di carne enorme, ma l’uomo era incurante dei miei conati sommessi. Per lui contava solo il piacere che stava ricevendo.
Dopo qualche minuto di quella furiosa spompinata, mi allontanò di scatto e cominciò a spogliarsi.
«Fai lo stesso» mi disse perentoriamente.
In un batter d’occhio mi ritrovai nudo, in piedi davanti a lui, che come sempre torreggiava sulla mia insignificanza fisica. Ebbi un brivido: avrebbe potuto sbriciolarmi con la sola forza delle sue braccia, se solo avesse voluto. Invece, si sedette e mi trascinò a sedere a cavalcioni su di lui. Provai ad avvicinare il mio viso al suo per baciarlo, ma Danilo scostò il viso: «Non mi interessano queste cose sdolcinate» mi disse, alterato.
«Scusami» feci io, un po' deluso. Per tutta risposta, mi prese entrambe le mani e le portò sul suo petto, dove affondai le dita nella sua morbida peluria.
Nel frattempo, Danilo aveva messo le mani sulle mie natiche e le strizzava con forza, facendomi gemere. Mi diede anche due schiaffi, che mi fecero sobbalzare sul posto. Gradualmente avvicinò le dita al mio buchetto e cominciò a stuzzicarlo. Gemetti di piacere e inarcai la schiena, quando inserì il primo dito a secco, senza inumidirlo. Poi abbassò lo sguardo sul mio cazzo e notò che stava grondando abbondante pre-sperma. Ne prese un po’ e lo utilizzò per inumidirmi il buchetto, poi inserì due dita, stantuffando senza sosta.
Presi a contorcermi dal piacere. Dall’ultima volta che era entrato in me in hotel, il mio buco era tornato alle sue dimensioni normali, quindi anche un paio di dita furono utili per il lavoro di allargamento. Nel frattempo, Danilo non aveva distolto un attimo lo sguardo dal mio viso in preda alla passione e prese a spingere la cappella contro la rosellina del mio ano. Speravo che mi penetrasse lì, in quel momento, e l’uomo sembrò avvertirlo, perché improvvisamente mi tirò i capelli torcendomi la testa di lato e mi sussurrò nell’orecchio: «Andiamo sul letto, puttana».
Mi sollevò di peso senza sforzo e io aggrovigliai le gambe attorno alla sua vita, mentre fissavo i lineamenti del suo volto duro e squadrato, concentrandomi sui peli della sua barba folta e curata. Entrati in camera, mi sbatté sul letto senza troppe cerimonie e mi girò in posizione prona. Iniziò a lavorarmi il buchetto con ancora più dedizione, mentre io mi contorcevo come un serpente. Dopo aver inserito il terzo dito, capii cosa stesse per succedere e implorai: «Ti prego, scopami!». Danilo mi spinse la testa sul materasso e mi intimò di tacere: «Qui comando io, i tuoi desideri non contano un cazzo». Da quel momento, mi limitai a mugolare di piacere, sperando che mi sventrasse col suo palo di carne il prima possibile.
Sentii lo sputo sulla sua mano e la saliva scivolare sul mio buco, poi mi sollevò a pecora e, assicurandosi che non potessi spostarmi tirandomi per i capelli, iniziò a lacerarmi l’ano con la cappella. Sapevo cosa mi aspettava, eppure nemmeno questa volta il dolore fu inferiore. Gridai, tentando di liberarmi dal groppo che mi ostruiva la gola. La durezza del palo di carne non incontrò particolari resistenze e allargò voracemente i miei intestini. Lo stesso bruciore di un mese prima cominciò a divorarmi partendo dal buco ma, a differenza della scorsa volta, il mio cazzo rimase eretto e gocciolante. Anzi, non appena mi piantò tutto il cazzo nel culo, un fiotto di liquido pre-spermatico ne fuoriuscì con violenza.
Danilo cominciò a stantuffarmi, tenendo una mano sempre sulla mia testa e l’altra sul mio fianco sinistro. Lo sentivo grugnire di piacere.
«Non ti ricordavo così stretta, puttana» disse, infierendo con un colpo secco delle reni. La sua mano sinistra prese a schiaffeggiarmi il culo con forza, al punto che presi a urlare.
«Anche se urli, non ho intenzione di andarci piano» affermò con voce profonda, aumentando il ritmo della scopata. Le sue palle gonfie sbattevano incessantemente contro il mio culo. Per paura che i miei vicini potessero sentire le mie urla, presi un cuscino e affondai la testa dentro, gemendo come un ossesso, mentre il mio cazzo continuava a produrre pre-sperma, spinto dalla pressione sulla prostata del cazzone di Danilo.
«Ti piace?» mi chiese Danilo, con rabbia.
«Sììì!» urlai soffocato nel cuscino.
Danilo rise: «Non immaginavo che fossi troia fino a questo punto». Per sfondarmi con più forza e in maggiore profondità, sollevò la gamba destra e poggiò il suo piede sul letto, accanto al mio viso. Fu più forte di me: senza che me lo avesse chiesto, cominciai a leccare rapito quel magnifico piedone e a ciucciare avidamente l’alluce, mentre gemevo senza sosta.
Il trattamento piacque particolarmente allo stallone che mi stava sfondando, al punto che aumentò il vigore e la velocità dell’inculata. Riprese a schiaffeggiarmi entrambe le natiche con le mani libere, stringendole. Poi mi tirò dai fianchi e mi avvicinò a lui, facendo entrare ancora più in profondità il suo cazzo. Contemporaneamente, si inumidì un dito e lo aggiunse con forza nel buco, assieme al cazzo.
Lanciai un urlo e smisi per un attimo di ciucciare il suo piede.
«Che c’è, è troppo anche per le tue capacità?» disse, con il respiro affannato, mentre noncurante continuava a sfondarmi il buco sia col dito che col cazzo. La mia mano stringeva il materasso, le nocche diventarono bianche per lo sforzo, tentando di scaricare il nuovo dolore che mi stava procurando. Poi lo sentii estrarre il dito e, sogghignando, disse: «Ti ho rotto di nuovo il culo, troia. Stai sanguinando». Di colpo, uscì da dentro di me. Mi voltò e, porgendomi il cazzo, mi intimò: «Pulisci».
Succhiai avidamente, ripulendo il palo di carne del mio sangue e dei miei umori interni. Poi lo vidi stendersi sul letto e mettere un cuscino sulla spalliera come supporto. Senza che dicesse nulla, capii e mi misi a cavalcioni su di lui.
Ormai il buco era talmente allargato che il cazzone rientrò senza difficoltà. Tuttavia, sin da subito cominciai ad avvertire una sensazione differente dentro di me. Mentre Danilo mi schiaffeggiava il culo e mi impalava sul quel grosso palo, ogniqualvolta entrava in profondità andava a colpire un punto preciso della mia prostata. Cominciai a tremare di piacere, mentre un calore si diffondeva dal mio ano per salire verso la pancia.
Danilo non provava più a farmi tacere e lasciava che sfogassi le mie voglie, mentre mi sfondava a una velocità sempre maggiore. La sua resistenza era davvero invidiabile. Il mio cazzo sembrava sul punto di esplodere: era rosso e pulsante, mentre perdeva fiotti di pre-sperma senza sosta.
Fu in quel momento che Danilo, con uno sguardo invasato, prese a giocare con i miei capezzoli. Li tirava con le dita, li mordicchiava, li succhiava. Ansimava profondamente mentre tirava fuori gemiti di piacere dal profondo del mio essere. Non avevo mai ricevuto quel tipo di trattamento e mi piaceva da impazzire.
Persi la testa completamente e mi lasciai andare a quel calore che ormai si era irradiato in ogni parte del corpo e venni: il mio cazzo era un fiume in piena, imbrattai sia il mio petto che quello di Danilo. Il mio corpo era percorso da spasmi irrefrenabili, concentrati nel mio ano. Mentre continuavo ad eruttare sperma, Danilo strabuzzò gli occhi e, stimolato dalle mie contrazioni, mugolò di intenso piacere: «Oh dio, sto venendo! Ti riempio tutto Federico!», mentre stringeva i miei capezzoli con le sue forti mani. Ad ogni fiotto di caldo sperma, spingeva il cazzo sempre più in profondità, quasi a volermi trapassare da parte a parte. Le nostre urla di piacere si mischiarono, mentre il mio culo si riempì all’inverosimile.
Restammo in quella posizione per qualche minuto, mentre mi circondava con le sue forti braccia, ansimando affannosamente. Poi, improvvisamente, mi guardò e mi disse: «Pulisci tutto». Mi scostai e leccai tutto il mio sperma dal suo petto. Nel frattempo, tolse il cazzone dal mio buco e lo coprì con la mano. Evidentemente non voleva farne uscire il contenuto, pensai, quando lo vidi sporgersi sul mio comodino per prendere un bicchiere vuoto. Al che, tolse la mano e lasciò che il caldo liquido fuoriuscisse dal mio ano slabbrato all’inverosimile per riversarsi nel contenitore. Dopo qualche secondo, mi porse il bicchiere.
«Bevi». Aveva lo sguardo di ghiaccio.
Non me lo feci ripetere due volte: svuotai il contenuto in due grandi sorsate e mi leccai le labbra per ripulirle dagli ultimi residui, mentre Danilo mi osservava soddisfatto. Dopodiché, mi passò una mano fra i capelli con tenerezza e mi accarezzò, accennando un sorriso. Le mie guance si infuocarono: non era da lui comportarsi in quel modo. Dopo aver compiuto quel gesto, si riscosse come da un torpore di tranquillità in cui era sprofondato e mi disse: «Devo usare la doccia».
«Certo, è in fondo a sinistra» gli risposi. «Ma il tuo appuntamento? Non sarai in ritardo?».
Mentre usciva dalla camera da letto per recarsi in bagno, lo sentii dire: «Non c’era nessun appuntamento».
Sommersi la testa nel cuscino, pentendomi quando mi trovai a sorridere inebetito.
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