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Danilo e Federico - Parte I: Punto di non ritorno (2)


di vgvg91
14.01.2022    |    7.882    |    4 9.1
"Detto ciò, con un brusco movimento del corpo e con una forza fuori dal comune, mi sollevò di peso e mi stese sul letto a pancia in su..."
I sogni che seguirono furono molto agitati e confusi. Le immagini si susseguivano nella mia mente senza sosta: domande d'esame impossibili, commissari sadici e fallimenti di ogni genere affollarono la mia mente e il mio spirito al punto che cominciai a sentire una pressione ingombrante sul mio corpo. Sembrava tutto così reale...
Sbarrai gli occhi. La prima cosa che avvertii fu che la pioggia aveva smesso di infuriare. La seconda, che percepivo ancora questa dannata pressione sul mio corpo, al punto che non riuscivo a distinguere se stessi sognando o fossi sveglio. Solo dopo svariati secondi, avvertii al mio orecchio dei respiri profondi e un tocco persistente nelle mie parti basse posteriori.
C'era qualcuno accanto a me, era inequivocabile. Un odore pungente di maschio colpì le mie narici e realizzai: il mio compagno di stanza inaspettato era salito sul mio letto accanto a me e stava esplorando centimetro dopo centimetro il mio corpo.
Terrorizzato, diedi uno strattone, ma come unico risultato ottenni che il suo enorme braccio si strinse attorno al mio petto, bloccandomi le braccia.
«Ma cosa sta...» tentai di dire. Non feci in tempo a finire la frase che mi tappò la bocca con la mano, premendo con forza.
«Shhhh» fece lui al mio orecchio.
Un brivido mi percorse la schiena e cominciai a sudare. Provai a urlare, ma ne venne fuori solo un suono ovattato e soffocato.
«Fai silenzio» replicò lui, con un tono di voce minaccioso e, allo stesso tempo, chiaramente eccitato.
«La questione è molto semplice» continuò, mentre ascoltavo terrorizzato e ansimavo rapidamente. «Hai due possibilità: assecondarmi con le buone, e ti assicuro in tal caso che non ti farò del male. Oppure, se dovessi continuare a ribellarti come stai facendo» disse con voce scura, mentre provavo con tutte le mie forze a liberarmi, «per te non sarà una esperienza per nulla piacevole. A te la scelta».
Calò il silenzio. Provai a dare qualche altro strattone, ma era inutile. Il solo braccio di quell'uomo era in grado di tenermi perfettamente immobilizzato, così compresi di non avere scelta. Mi fermai, seppure il mio respiro diventasse sempre più affannoso, mentre in me si faceva strada la consapevolezza di cosa sarebbe successo. Gli occhi scattavano da una parte all'altra della stanza, in cerca di una anche solo minima possibilità di fuga.
«Molto bene» sussurrò lui, questa volta con voce calma, e riprese ad esplorare il mio di dietro con l'altra mano. Toccò tutta la schiena, poi scivolò lungo le natiche e le tastò avidamente. Con estrema facilità, abbassò prima il pigiama e poi gli slip. Ero alla sua mercé.
Nel frattempo, avvicinò il suo membro al mio ingresso e cominciò a strusciarsi. Era molto caldo e pulsante, notai, ma questo non fece altro che spaventarmi ancora di più. Diedi un ultimo strattone e riuscii quasi nel mio intento, approfittando della sua momentanea distrazione, ma per un pelo riuscì a stringermi di nuovo nella sua morsa.
«Ultimo avvertimento» mi ringhiò all'orecchio. Quelle parole mi bastarono per arrendermi definitivamente. Sperai solo che finisse il prima possibile.
Dopo avermi accarezzato a lungo le natiche, prese a stimolarmi il buco con un dito. Mugolai nel sentirlo, il che lo convinse a inumidirlo e ad inserirlo senza troppe cerimonie. Lo muoveva con foga, cercando di allargarmi il più possibile. Poi sentii che sputò sulla mano e la passò sul membro.
Ci siamo, pensai. Fa’ solo che finisca presto.
Avvertii la cappella calda e pulsante che entrò in contatto col mio buco leggermente divaricato e spinse. Sentii un dolore lancinante e lanciai un altro urlo, le vene del mio collo che sembravano quasi esplodere, ma l'uomo non sembrava curarsene. Provava a spingere, ma il mio sfintere evidentemente non riusciva ad accogliere il suo cazzo dentro di me. Sapevo che sarebbe stato difficile: non avevo mai preso un cazzo di dentro di me e la pervicacia dell’uomo avrebbe finito per distruggermi man mano.
Dopo svariati tentativi, rinunciò nell'impresa e lo sentii sputare di nuovo sulla mano. Non voleva arrendersi così. Sentii di nuovo il suo dito umido toccare il mio ano, che entrò questa volta senza problemi. Al che, fece seguire immediatamente un secondo dito. Mugolai nuovamente, finché non percepii anche un terzo dito farsi strada in me. Lanciai l'ennesimo urlo, ma le mie proteste sembravano ormai non arrivare alle sue orecchie. Con tre dita in culo, cominciò a stantuffare velocemente e ad allargarle, in modo tale da rendermi predisposto ad accogliere più agevolmente il suo cazzo. Dopo qualche minuto di quel lavoro minuzioso, estrasse le dita e avvicinò la punta del cazzo al mio buco. Di riflesso, mi aggrappai al suo braccio più forte che potevo.
La cappella mi dilatò, mentre lui premendomi una mano sul ventre evitava che potessi ritrarmi. Se la mia bocca non fosse stata serrata, chiunque avrebbe potuto sentire il mio grido di dolore. Era immensa, mi sentivo completamente riempito ed ero sul punto di perdere i sensi, ma tenni duro. Era imperativo che mi mantenessi vigile.
Centimetro dopo centimetro, la cappella riuscì ad entrare, allargando senza pietà le mie pareti interne, finché non si insediò stabilmente all'interno.
Il peggio è passato, pensai. Tuttavia, non avevo fatto i conti ingenuamente con quello che sarebbe seguito.
L'uomo spinse, ma sembrava che non dovesse finire mai. Mi sentivo allo stesso tempo aperto e riempito all'inverosimile. Provai a divincolarmi, ma il suo cazzo mi aveva ormai arpionato. Ogni mio movimento mi procurava solo ulteriore dolore. Finalmente, dopo secondi interminabili, sentii il suo pube a contatto col mio culo.
«Oh sì» gemette lui, «sei stato una bella sfida ma ce l'abbiamo fatta». Cominciò a spingere. Dopo essersi adattato, mosse il bacino avanti e indietro.
Ogni colpo era per me devastante, mi sentivo allargarmi sempre di più.
«Sei così stretto» mi sussurrò all'orecchio, eccitato. Avevo gli occhi sbarrati, non provavo più alcuna emozione, se non quel dolore sordo nel mio ano, ormai slabbrato. I suoi colpi erano poderosi e incessanti, il suo respiro nel mio orecchio sempre più profondo e cupo. Me lo morse, in visibile estasi, mentre mi penetrava senza mai stancarsi. Mi accarezzò una gamba con la mano libera e mi tenne stretto mentre aumentava la frequenza dei colpi. Il letto cigolava paurosamente. Quella montagna stava distruggendo entrambi, ma il suo piacere veniva prima di ogni cosa. Cominciai a sentire il sudore del suo petto appiccicarsi alla mia schiena attraverso il pigiama.
La penetrazione non durò ancora a lungo: la frequenza dei colpi divenne impossibile da sostenere, mi sentivo andare a fuoco, finché con un poderoso grugnito finale non estrasse il cazzo e lo sentii inondare le mie natiche. Una, due, tre... persi il conto delle copiose sborrate calde e dense che si riversarono sul mio culo, imbrattando le lenzuola.
Solo allora, l'uomo mi liberò dalla sua presa, ma io non mi spostai. Ormai non avrebbe avuto senso, mi sentivo solo svuotato, sia di emozioni, che del suo cazzo. Lo sentii poggiarlo sulla mia schiena e strusciarlo, sicuramente per ripulirsi delle gocce residue di sperma. Una volta acquietatasi la tempesta, avvertivo ancor più distintamente il dolore che mi pervadeva l'ano.
Ritrasse la mano sinistra poggiata sul mio ventre e con la destra mi tirò per i capelli, avvicinandomi a lui.
«Sei stato bravo» sussurrò e rimase lì accanto a me.
Passarono i minuti e gradualmente ripresi contatto con la realtà. Il suo respiro profondo nel mio orecchio mi suggerì che si era addormentato, mentre io restavo con gli occhi sgranati a fissare l'orario della sveglia digitale sul comodino, ma senza guardarla realmente. L'ano pulsava senza sosta, era una sensazione terribile. Il bruciore non accennava a diminuire.
Finché un altro tipo di dolore, partendo da quel punto e risalendo lungo il mio corpo, giunse alla mia gola. Singhiozzai. Dopodiché, le lacrime cominciarono a solcarmi le guance. Tentai di non fare il minimo rumore, la mia ultima intenzione era quella di risvegliare la bestia accanto a me. Ero scosso, il mio corpo tremava incontrollabile da capo a piedi. Più realizzavo cosa fosse appena accaduto e più le lacrime sgorgavano copiose: non sapevo se sarei riuscito a calmarmi, ma, stranamente, la mia preoccupazione maggiore era quella di far sì che il mostro accanto a me non si accorgesse di nulla.
I continui tremori del mio corpo, tuttavia, sortirono l’effetto contrario. Lo sentii mugugnare nel mio orecchio, mentre il suo braccio continuava a circondarmi il petto, e si fece più vicino.
«Non ci credo, stai piangendo» notò con enorme sorpresa.
Non risposi: non avevo nulla da dire. Volevo solo che si allontanasse, che mi lasciasse in pace e sparisse dalla mia vita. La crisi di pianto non accennava a diminuire. La presa del suo braccio si fece più stretta, soffocando i miei profondi e accelerati sospiri.
«Non sopporto chi piange senza motivo» disse improvvisamente con la sua voce calda e minacciosa. «Mi rende estremamente nervoso e sono costretto a scaricare lo stress». Detto ciò, con un brusco movimento del corpo e con una forza fuori dal comune, mi sollevò di peso e mi stese sul letto a pancia in su. Il terrore riprese ad impossessarsi del mio corpo.
«Cosa vuoi fare?» chiesi, vivamente allarmato e con la voce rotta dal pianto.
«Mi sembrava di averti chiesto di stare tranquillo» replicò con voce calma, fissandomi in volto con lieve disappunto. La penombra nella camera mi permetteva di scorgere solo parzialmente la sua espressione. Per di più, non ero facilitato dagli occhi umidi. «Non mi hai ascoltato ed ora sono più nervoso di prima. Ti ho avvertito» continuò, mentre con una facilità impressionante divaricò le mie gambe e vi si inserì con tutto il corpo. La sua mole lo costringeva a tenermi le gambe aperte al massimo con le sue forti mani.
«No, ti prego…» mugolai. Sollevai le braccia che, in confronto alle sue, sembravano due grissini facilmente frantumabili, e posi le mani sul suo addome duro, spingendo con tutte le energie che riuscii a raccogliere. Non ottenni alcun risultato, non avrei mai potuto spostare quelli che parevano essere 100 kg di peso. L’uomo sorrise sornione: «Andiamo, non sprecare le energie in questi inutili tentativi» e si mise sopra di me. Tentai di puntare sulla forza delle gambe, ma erano state immobilizzate dalle sue mani. Cosa potevo fare? Ero in trappola per la seconda volta, quella notte.
«Questa volta non ci saranno sconti» annunciò, volgendo il suo sguardo sul mio buco. «Ormai è bello che sfondato, scommetto che potrebbe anche piacerti».
In quella posizione non riuscivo a vedere il cazzo che si poggiava di nuovo sull’ano, ma il solo contatto mi provocò un bruciore insopportabile. Strinsi i denti.
«Te la sei cercata» e con queste ultime parole, cominciò ad affondare il suo membro dentro di me.
Lanciai un urlo: il dolore, se possibile, era più intenso rispetto a prima. I tessuti già lacerati si strapparono ulteriormente mentre quel mostro di carne si faceva strada come un bulldozer, senza alcuna riserva.
Mi sentii mancare il fiato: lui se ne accorse e, con un ghigno, mi penetrò anche con il suo sguardo glaciale dicendomi: «Prima sono stato accomodante. Adesso ti scoperò come meglio preferisco».
«No, ti prego…» ripetei con un filo di voce, ma fu inutile. Il suo cazzo era arrivato fino in fondo, avvertivo il suo pulsare nelle mie viscere. Ero completamente senza difese, ma le mie mani spingevano ancora sul suo addome, nel vano tentativo di mettere quanta più distanza possibile tra i nostri corpi.
Iniziò a stantuffarmi e, ad ogni suo affondo, mi lasciavo sfuggire i gemiti, mentre lui grugniva dal piacere. Non distoglieva lo sguardo dal mio viso, era quasi ipnotico. Distolsi quella vista insostenibile e guardai in basso verso il mio pube. Il mio cazzo giaceva semi rigido, probabilmente stimolato parzialmente dalla penetrazione che io trovavo insostenibile ma, a quanto pare lui non sembrava essere dello stesso avviso. Improvvisamente, notai che quando il mostro di carne penetrava in me, la pelle sul quale era poggiato si sollevava, delineandone i contorni. Non avevo mai visto nulla del genere: in quel momento accettai la mia sconfitta e lasciai cadere le braccia. La velocità dei suoi colpi aumentava col passare dei secondi e, con essa, la sua furia. A volte interrompeva la cavalcata per dare dei colpi secchi e decisi, accompagnati da suoi mugolii di piacere. Sentivo il suono sordo delle sue palle che sbattevano ritmicamente contro il mio culo.
Quando si rese conto della mia resa, tolse la presa dalle mie gambe e mi bloccò le braccia verso l’alto. Avevo il suo viso a pochi centimetri di distanza. Con questo gesto, aumentò notevolmente la velocità e l’aggressività della penetrazione, al punto che il bruciore che già avvertivo si acuì ulteriormente e ritornai a piangere, alzando la voce dei miei gemiti.
«Stai zitto» mi intimò, facendo pressione sui miei polsi, mentre implacabilmente continuava a fottermi senza pietà. D’altro canto io cominciai a scuotere la testa da una parte all’altra, piangendo e gemendo sempre più forte.
«Basta, ti prego, mi stai squartando! Basta!!». Furono le ultime parole che riuscii a pronunciare: nel giro di pochi secondi liberò uno dei miei polsi per raggiungere con la mano destra qualcosa sul pavimento. La sollevò e vidi che aveva raccolto le mie mutande.
«Non riesci proprio a fare quello che ti dico» protestò minacciosamente lui e, approfittando di un affondo particolarmente violento che mi costrinse ad aprire la bocca per il dolore, mi ficcò in bocca senza troppe cerimonie le mie mutande. Così tornò a bloccarmi il braccio lasciato libero e disse: «Ora fammi scopare in pace. Ci sono quasi» e aumentò il ritmo della cavalcata. I muscoli delle sue braccia e del suo petto erano in piena tensione per sostenere l’andatura.
Ero esausto, riuscivo a malapena a sostenere la potenza dei suoi colpi senza sbattere la testa contro la spalliera del letto, mentre lui sembrava accumulare sempre più energie. Pensai con angoscia al mio culo, che dopo quel trattamento non sarebbe mai più tornato come prima. Ero stato sfondato con una violenza inaudita, i tessuti laceri mandavano impulsi dolorosissimi ai miei nervi. Il mio cervello era in fiamme.
«Oh sì, sei mio, prendilo tutto! Ti piace?».
Non risposi. Non lo guardai nemmeno, la mia testa giaceva di lato. Avevo terminato anche le lacrime. Non ebbi il minimo sussulto quando con la voce rotta dal piacere urlò: «Sto sborrando! Ti sborro in culo, puttana, sei mia!» e diede gli ultimi colpi profondi e violenti.
Sentii il liquido caldo inondarmi le viscere, dava l’impressione di non finire mai. A contatto con le pareti anali lacere, sembrava quasi un balsamo lenitivo. Le vene sul suo collo si gonfiarono, quando scaricò in me gli ultimi fiotti di sborra e, ansimando, si accasciò sul mio corpo.
Restammo così per qualche minuto. Nonostante avesse lasciato il cazzo piantato nel mio culo, non percepii che si stesse sgonfiando. Solo quando cominciai a tossire, schiacciato dal suo peso, decise di alzarsi, liberandomi della sua presenza. Entrò in bagno lasciando la porta aperta. Lo vidi ripulirsi il cazzo nel bidet, ma la vista del mostro di carne che mi aveva devastato gli intestini era ostacolato dal suo corpo, che mi dava le spalle. Cominciai a sentire gocciolare un liquido denso fuori dal mio culo, ma non me ne curai. Sapevo esattamente cosa fosse successo, e ormai non potevo cambiare le cose.
Terminata l’abluzione delle sue parti intime, uscì dal bagno e si gettò di peso sul suo letto a pancia in giù, addormentandosi all’istante. La luna illuminava le forme del suo corpo massiccio: potei notare i suoi glutei marmorei formare una curva perfetta in armonia con la larga schiena. Uno dei due piedi penzolava fuori dal letto. Anche quello era enorme, notai stupefatto. Poteva essere tranquillamente una misura 46.
Mentre questi sciocchi pensieri affollavano la mia mente, mi addormentai in quella posizione, dando finalmente pace al mio corpo devastato.
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