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Simona, scopata in collegio  PARTE 2


di Clelia_Rocco_coppia
28.12.2023    |    4.486    |    7 9.8
"Finalmente lo sentii muoversi; lentamente, ma con affondi decisi..."
Da quel giorno padre Sebastiano, 40 anni, alto, tonico, sguardo intenso e un viso bellissimo e avvenente, diventò il mio sogno erotico proibito e motivo delle mie numerosissime masturbazioni notturne. Rimasi meno di due anni in collegio per ritornarci ancora durante l’ultimo anno di superiori. Ritrovai solo suor Marcella, la madre superiora, più arcigna e severa che mai. Arrivai in istituto a fine agosto in coincidenza delle “feste mariane”. La domenica alla messa in suffragio della madonna, finalmente, rividi padre Sebastiano in tutta la sua avvenenza. Sembrava inossidabile, abbronzato, con poche e fascinose rughe di espressione. Mi vide, squadrandomi (scopandomi) con lo sguardo, dedicandomi un sorriso disarmante. Sapevo di piacergli, ero una donna fatta ormai; lunghi capelli lisci, seni pesanti e glutei torniti e sodi; gambe affusolate. Una gran fica! Mi piacevo veramente tanto. Un giovane diacono, Dejan, bellissimo, lo assisteva; era alto e da sotto la tonica lo immaginavo muscoloso. Guardarli insieme mi accese un fuoco tra le cosce. A funzione conclusa la superiora mi ordinò di andare in canonica perché Lui mi aspettava. Appena entrata, in modo pacato ma fermo, mi ordinò di chiudere la porta. Mentre si liberava dei paramenti, potei ammirarne il fisico, muscoloso e ben definito; tolse la t-shirt sudata, potendo apprezzare una schiena fatta di muscoli perfetti e pettorali guizzanti con addominali scolpiti. La mia mente a quella vista inviò altre intense fitte di eccitazione alla fica, facendomi mordere le labbra. Da parte sua nessun pudore; indossava jeans stinti e pieni di strappi che lasciavano intravedere cosce muscolose e un culo di marmo. Il diacono in bermuda e canotta, raccolse tutti i paramenti, riponendoli nell'armadio. Era uno spettacolo vedere quei due maschi muoversi in modo istintivamente sexy. Ero già un lago. Il prete salutò Dejan e, sorridendo, si avvicinó, mi accarezzò il viso e mi sfiorò le labbra con il pollice lussuriosamente. Era come se lo avesse fatto direttamente tra le cosce, sulla fessura, già bagnata e fradicia sin dalla funzione in chiesa.
Le sue dita sulle mie labbra, forzarono appena e, istintivamente, sempre guardandolo negli occhi, aprii la bocca, permettendogli di esplorarla; mossi la lingua per leccargliele; le mie labbra vi si chiusero attorno, succhiando.
- È ancora brava e ubbidiente la mia schiava!
Lo sentii sussurrare e quelle parole mi arrivarono in fica, facendomela contrarre e bagnare ancora di più. Le dita ancora umide scesero sul mento, sul collo e, infine, tra i seni, deviando sui capezzoli da sopra il tessuto della camicetta; erano già turgidi e dritti come chiodi. Disegnò un cerchio attorno alle aureole, prima su una e poi sull’altra. Chiusi gli occhi per godermi quelle carezze. Improvvisamente li strinse attorno ai capezzoli, forte, facendomi gemere in modo furioso. Aprii gli occhi e lo guardai quasi implorante, mi sentii una sua preda, ma compiaciuta di esserlo. Mi ordinò di girarmi, appoggiarmi al tavolo e di piegarmi. Allargai le gambe senza che me lo dovesse chiedere; sentii salire le mani lungo le cosce, sui fianchi e sui glutei, palpandoli in modo deciso; una mano scese tra le cosce, risalendo fino alle mutandine, ormai fradice. Con feroce ironia mi sussurrò all’orecchio:
- abbiamo un lago qui sotto, piccola cagna in calore.
Ascoltare quelle parole era come se qualcosa mi stesse già penetrando la fica. In un lampo, spostò le mutandine e avvertii le sue dita che scivolavano lungo la mia fessura, dal solco tra le natiche fino al clitoride. Fece questo percorso più volte, velocemente e pensai che volesse farmi arrivare all’orgasmo; ma d’un tratto sentii le dita penetrare fino in fondo. Questa volta urlai per il piacere inaspettato e mi abbassai sul tavolo, per offrirgli una posizione migliore per continuare a scoparmi, mandandomi in estasi. Stavo per godere e già pregustavo l’esplosione di fuoco e lava tra le cosce; ma lo sentii arrestarsi, lasciandomi insoddisfatta e frustrata. Mi ordinò di alzarmi e girarmi facendomi appoggiare con le natiche sul tavolo. Vidi la porta aprirsi e suor Marcella apparve come non l’avevo mai vista. Nuda, reggiseno a balconcino che sosteneva due seni ancora sodi e torniti e un top aperto che costituiva il corpetto di una lunga tonaca da suora, ma con due spacchi sulle cosce scoperte fino alla fica; era tremendamente sexy e arrapante.
I capelli lunghi e neri le incorniciavano il viso e le arrivavano fino ai glutei, anch’essi scoperti per effetto di altri due spacchi posteriori sulla tonaca. Perizoma e reggicalze con autoreggenti completavano il suo abbigliamento. Unico accessorio una frusta con lunghe frange in cuoio.
Don Sebastiano le fece un cenno con il capo e in breve mi raggiunse, mi fece stendere sul tavolo, sollevandomi le gambe fino a bloccarne le caviglie a delle cinghie che pendevano dal tetto. Infine legò le braccia ad altre cinghie agli angoli del tavolo.
Ciò che provavo non era ansia, ma sottile e crescente eccitazione per ciò che avevano in serbo per me.
La superiora da un vano di un mobile prese un piccolo vibratore a forma di uovo e un plug anale. Li lubrificò con un gel e in breve mi inserì il vibratore in fica e il plug nel culo, penetrando totalmente.
Con un telecomando avviò la vibrazione aumentando di poco il ritmo; in pochi secondi la mia eccitazione salì di tono, mentre le terminazioni anali venivano indirettamente sollecitate, rendendo sensibilissima tutta la zona circostante.
Entro pochissimi minuti avrei perso il controllo.
Con lo sguardo mi concentrai sull’uomo e lo vidi accarezzare la testa della suora che nel frattempo si era inginocchiata davanti a lui. Lo afferrò per i fianchi e solo con la bocca iniziò a spompinarlo, leccando tutta l’asta e la cappella, facendola sparire nella sua bocca con la lingua che vi roteava intorno.
Guardarla lambire con intensa lussuria il cazzo del prete accese ancora di più il mio desiderio. La invidiavo e volevo essere vicino a lei per condividere quel meraviglioso bocchino. Contraevo la fica istintivamente, muovendo i fianchi alla ricerca di qualcosa di duro, caldo e pulsante. L’effetto del vibratore era devastante.
Suor Marcella si alzò e don Sebastiano si posizionò tra le mie cosce. Mi liberò del vibratore e impugnando la sua asta, passò la cappella sulla fessura, fino al clitoride. Senza preavviso, la puntò al centro della mia fica e con un solo movimento deciso, affondò dentro di me. Era ciò che avevo sempre desiderato essere posseduta da lui. Finalmente lo sentii muoversi; lentamente, ma con affondi decisi. Mi liberarono mani e caviglie; mi avvinghiai alla schiena del mio sacerdote e, sollevandomi col busto, gli cinsi le braccia al collo baciandolo in bocca, succhiandogli la lingua. Mi prese per le natiche e mi sollevò di peso. Ora lo cavalcavo impalata sul suo cazzo. Si girò e si appoggiò con i glutei al tavolo. La superiora era già dietro di me e la sentii muovere il plug tra le mie natiche, regalandomi sensazioni meravigliose. Ma aveva ancora una sorpresa in serbo. La vidi indossare un sospensorio che presentava due falli di diverse dimensioni uno contrapposto all’altro. Indossandolo, si penetrò con quello più piccolo, lasciando all’esterno quello più grande in cuoio nero lucido. Tolse il plug e mi penetrò fino in fondo, senza trovare ostacoli.
Don Sebastiano, intanto, mi infliggeva colpi decisi e la suora mi scopava da dietro, facendomi provare veri momenti d’estasi. La bocca, la lingua e i denti dell’uomo mi torturavano meravigliosamente i capezzoli e la carne; la donna, mi afferrava per i capelli e per i fianchi sbattendomi e sodomizzandomi alla grande. I suoi gemiti, crescevano perché ogni suo affondo dentro di me era ripetuto dentro la sua fica dal fallo che la penetrava. L’orgasmo arrivò come una tempesta. Le urla di piacere si levarono dentro la stanza, mentre la donna dietro, godendo, mi lasciò il segno dei suoi denti sulla spalla. Don Sebastiano mi depose a terra e in sincrono con la superiora ci inginocchiammo per accogliere nelle nostre bocche il suo nettare. Assetate, raccogliemmo ogni più piccola goccia di sborra; le lingue si intrecciavano e si cercavano mentre il piacere tra le nostre cosce colava e si placava.
Dejan come se avesse ricevuto un richiamo attraverso i nostri gemiti irruppe nella stanza. Il prete gli ordino di prendermi e legarmi piegata a 90° al tavolo, legandomi ancora le mani agli angoli e le caviglie ad una sbarra di ferro dotata di cinghie. Avevo le cosce spalancate e culo e fica aperti e offerti alla loro vista e non solo.
La superiora ad un cenno di don Sebastiano si inginocchio di fronte allo statuario giovane e in breve fece diventare il cazzo del ragazzo una piccola straordinaria proboscide rendendola pulsante e dura come il marmo. Gemeva e guidava i suoi movimenti con la mano e la suora era estasiata nel lavorarlo con bocca e lingua. Le sue mani le accarezzavano i testicoli, li leccava e li prendeva in bocca leccando e succhiandoli. Il prete, appoggiato con una natica al tavolo, aveva il cazzo ancora in tiro. Potevo ammirare la meravigliosa cappella dura, lucida e grossa di un meraviglioso colore violaceo. La desideravo in bocca, la volevo leccare e succhiare, riempiendomela. Volevo sentirne il sapore in bocca, gustare il suo liquido trasparente. Immaginarlo mi provoco una nuova immediata eccitazione. Fica e clitoride diventarono di nuovo estremamente sensibili, gonfiandosi per l’eccitazione. Volevo la fica piena. Lui mi lesse nel pensiero perché mi accontentò e senza parlare riposizionò in fica e nel culo, rispettivamente vibratore e plug anale, riattivando la vibrazione. Si mise dall’altro lato del tavolo, sollevandomi il volto, impugnò il cazzo e me lo infilo in bocca fino in gola. Per oltre 5 minuti assaporai quella carne dura e pulsante, leccandola e succhiandola in tutti i modi mentre l’oggetto che avevo in fica aveva messo in allerta tutte le terminazioni anali facendo montare l’eccitazione.
Dejan era già in tiro e quella nerchia che si ritrovava tra le gambe era nel pieno del suo turgore. Rimasi affascinata da tanta bellezza, sembrava un Dio greco con tutti quei muscoli e quella potenza di fuoco tra le cosce. Lo desiderai dentro di me e speravo che succedesse quella sera.
Una serie di movimenti mi riporto alla realtà. Dejan mi slegò le mani dal tavolo per legarle alla trave discendente dal soffitto e lasciandomi ancora le caviglie legate alla sbarra. Suor Marcella recuperò la sua frusta con le frange e capii in quel momento che sarei stata sacrificata al sottile trattamento di quell’arnese. Le sculacciate sulle natiche forti e sonore mi mandavano fuori di testa, ma l’effetto della frusta non l’avevo mai provata. Ero in ansia ed eccitata da morire al tempo stesso. Don Sebastiano la impugnò e fece scivolare le frange sulle spalle, sulle natiche, sui fianchi, sul ventre e sui seni; infine tra le cosce, sfiornado più volte la fica con il manico. Ero una corda di violino tesa ed arrapata per l’arrivo del primo colpo. Suor Marcella si mise davanti a me, era alta e imponente ma bellissima e sensualissima con la sua mise da suora sexy. Mi baciò sulle labbra e mi infilò la lingua in bocca. Sapeva di menta, era fresca e dolce. Le succhiai la lingua, lei mi accarezzò i fianchi mentre continuava a limonarmi e si impadronì dei miei capezzoli strizzandoli forte. Urlai per il dolore ma mi piaceva e non volevo che smettessi. La sua mano scese fino al mio monte di venere, sfiorandolo con le dita; le sue dita giocarono col mio clitoride, muovendosi sempre più rapide. Quando pensai di essere prossima al godimento, sentii arrivare il primo colpo di frusta dietro, sulle gambe. Urlai ma non per il dolore, il colpo era stato dato con rapidità e con la sola violenza del polso, provocando solo un intenso bruciore perché le frange colpivano un’area estesa sul corpo. Un secondo colpo si abbatte su una natica e poi ancora sull’altra. E ancora, ancora e ancora sulle spalle e sul collo. Le mie urla non smettevano e dopo dieci colpi il bruciore mi provocò assuefazione e un formicolio si diffuse nelle zone colpite, trasmettendo pulsazioni al centro della fica. Ero eccitatissima e adorai quel trattamento, sperando che non finisse.
E infatti non fini, suor Marcella si sposto dietro di me, iniziando a leccare le parti arrossate, provocandomi intensi brividi di piacere, ma Dejan mi sorprese ancora, colpendomi sul ventre, sui fianchi, infine sui seni. Un colpo si abbattè sul monte di venere e una delle frange sfiorò il clitoride. Urlai e fui travolta da un intenso orgasmo. I colpi tra le cosce non smisero di arrivare, eccitandomi in modo parossistico. Quindi smise, e si fiondò sulla mia fica, succhiando e leccando come un forsennato. Mi estrasse il vibratore dalla vagina e mi slego braccia e gambe; don Sebastiano mi sollevò per le natiche e mi impalò sul suo cazzo. Mi avvinghiai alla sua schiena e al suo collo e lo baciai con foga e passione. Era mio quel maschio, fino alla fine. Si appoggiò con le natiche al tavolo e in breve il giovane, liberandomi dal plug, mi penetrò con la sua carne dura e pulsante, allargandomi lo sfintere e provocandomi intenso dolore ma anche piacere. In pochi minuti ero in balia dei loro cazzi, delle loro mani e delle loro bocche. Dallo specchio alla parete vidi la superiora che indossava il sospensorio col doppio fallo e questa volta la sua lussuria fu indirizzata verso le natiche del giovane Dejan, che doveva aver giá sperimentato questo trattamento. La donna lo penetrò, strappandogli un forte gemito. Eravamo uniti come un treno di corpi e sesso. Urla, gemiti, rantoli di piacere e odore di sesso, fica e cazzi. Non potevamo durare molto, infatti l’orgasmo ci travolse quasi tutti contemporaneamente. La mia fica fu inondata dallo sperma del prete e il mio culo da cui ricavai un piacere indicibile, fu riempito di sborra da Dejan che grazie a me e suor Marcella, assestandogli colpi profondi e decisi, lo fece urlare di piacere, assecondandolo e godendo a sua volta come una cagna in calore, tremante e sussultante.
Ce ne furono altri di incontri così, enormemente eccitanti ed appaganti, ma al termine dell’anno scolastico le nostre strade si separarono.

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