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Lui & Lei

Il relatore


di Eulalia
08.03.2023    |    7.699    |    25 9.8
"Il suo abbraccio scende lungo il corpo, si appoggia al mio culo, fa salire la gonna, segue il solco fra le chiappe fino alla fica rovente..."
Scegliere fra i bipedi cazzomuniti quello giusto che sappia far divertire una donna non è così facile. Deve essere sexy, divertente, intelligente, farsi desiderare e desiderare, una combinazione che non trovo da parecchio tempo.
Questo era il mio recente problema. Trovavo uomini a iosa, tutti ben disposti, ma assolutamente non in grado di domare i miei appetiti.
Riversavo tutta questa frustrazione nel lavoro monotono e ripetitivo. L’unico bagliore di speranza all’orizzonte era la formazione aziendale di tre giorni all inclusive in un fantastico albergo. Non nascondo che nell'all inclusive ci avrei messo anche un bel maschio dotato e capace.
Così adesso mi trovo a questa tre giorni di formazione dell’azienda a tediarmi con le gare da appalto e le PA circondata da colleghi assatanati di altre filiali a cui non par vero di avere due notti libere senza moglie.
L’albergo è molto bello, dotato di piscina, area relax e un bar ben fornito.
Non sono nemmeno ancora arrivata nella hall che vengo abbordata da un collega di Roma che non vedevo da tempo, che vuole assolutamente mostrarmi il panorama dalla sua stanza. Continua ad assicurarmi che abbiamo tempo. Tenuto conto che fra mezz’ora inizia la formazione, rifiuto la sveltina priva di qualsiasi fascino. Va bene la fame, ma un minimo di attrazione ci deve essere.
Mi accomodo in mezzo alle mie colleghe e aspettiamo pazientemente il relatore. Mi guardo attorno e non noto nessuno di interessante, saranno davvero tre giorni dedicati al lavoro.
Finalmente arriva il relatore, un professorino a prima vista insignificante. Appena apre bocca cambia qualcosa. Spiega gli argomenti con verve ed è molto accattivante.
Lo guardo meglio: jeans, maglioncino a V da cui spunta una camicia, sorriso smagliante e belle mani, che danno l’idea di essere calde. La mia collega a destra mi bisbiglia “Ma hai visto come gli cascano i jeans?” Quindi non ero l’unica ad averlo notato. Quella a sinistra risponde “Glieli farei cascare io i jeans, te lo assicuro. Ma dicono che sia serissimo.”
Durante la prima parte della mattina ci riempie di nozioni e ci avvisa che ci saranno anche delle esercitazioni scritte, per capire fin dove ci sono arrivate le informazioni. Mentre parla si leva il maglioncino e si arrotola le maniche della camicia. Adesso sì che si inizia a ragionare. Avambracci niente male, mi parte la fantasia di vederli far leva per affondare meglio. Il colpo di grazia alle mie fantasie me lo dà quando si gira per scrivere sulla lavagna: che culo!
Accavallo le gambe e decido di tentare la mia fortuna. Bisogna essere caute, non voglio essere sulla bocca di tutti, ma solo su quella del relatore.
Continuo a fantasticare e disgraziatamente sento che mi bagno, ma non posso farne a meno, penso come deve essere stargli sotto. Chissà se a letto perde il controllo o rimane così posato?
La pausa caffè mi salva. Mi chiudo in bagno, abbasso le mutandine per darmi una veloce soddisfazione, così almeno riuscirò a seguire la seconda parte della mattinata. Mi viene un’idea geniale.
Vado in reception e chiedo una busta e un foglietto su cui scrivo “Cherchez la femme!”. Torno in bagno e prima di infilarci le mie mutandine umide, scrivo sulla busta a caratteri cubitali Dr. Fabrizio Chiarini. Passando per tornare in sala consegno la busta sigillata alla reception con la richiesta di consegna urgente.
Certo non si può far aspettare il relatore e così vedo la signorina in divisa che sale sul palco e gliela consegna.
Vediamo come reagisce. Palpa la busta, si scusa un momento, e si gira per aprirla. Mi pare che la sua schiena si raddrizzi. Si volta scansionando il pubblico e continua la sua relazione come se niente fosse. Chapeau!
Intanto il fatto di essere senza intimo peggiora la mia situazione.
Chiarini ci suddivide in gruppi per simulare una gara d’appalto con tanto di capitolato, punteggio, criteri e quant’altro serve. Mentre lavoriamo, gira fra i tavoli, facendo osservazioni. Arrivato al nostro, ci chiede a che punto siamo arrivati. Guarda i miei appunti “Vedo che si è già fatta un quadro della situazione, adesso si tratta di scendere nel dettaglio.” Davanti ai miei occhi scorrono immagini di capezzoli succhiati, lingua sul mio corpo e mani ovunque. Da vicino la voce è più arrappante che mediata dal microfono.
“Si certo” confermo senza guardarlo negli occhi. Ho paura che l’odore del mio sesso bagnato mi tradisca, ma questo uomo mi fa davvero sangue.
“Se avete bisogno di qualcosa chiedetemi pure.” Le colleghe al mio tavolo lo sommergono di domande. Io invece voglio che se ne vada: ha un buon odore che aumenta la mia voglia.
Se solo fossi riuscita a scopare almeno una volta prima di venire qui, non mi troverei in questa situazione.
Mentre lavoriamo ci portano dei caffè con qualche dolcetto. Si avvicina un cameriere “Scusi signora, ho dimenticato lo zucchero!” Mi ritrovo in mano una bustina, gli spazi vuoti occupati da caratteri precisi:” Trouvé, mais pas assez”
Come non basta? Come ha fatto a trovarmi così in fretta? Cosa mi ha tradito?
Ho il cervello che va a tremila mentre riprendiamo posto.
“Bene, signori, adesso è il momento di presentare i vostri lavori ai colleghi, così possiamo commentarli assieme con beneficio per tutti. Ogni gruppo scelga un rappresentante.” E mi fissa.
Non posso salire sul palco senza mutandine, metti una corrente d’aria con questa gonna leggera oppure mi cade il pennarello: mi toccherebbe piegarmi sulle ginocchia e anche lì non è garantita la copertura. Ma quanto sono cretina!
Quando tocca al nostro gruppo faccio finta di essere concentrata sul cellulare per evitare tutti i vai tu e invece quelle stronze hanno risolto subito con un va lei; e non ho nessun motivo per tirarmi indietro.
Agguanto i fogli, faccio un bel respiro e a grandi falcate nonostante i tacchi raggiungo il palco. Ringrazio brevemente il gruppo e il relatore per questa fantastica possibilità e passo a illustrare il nostro lavoro, stando ben attenta a non far cadere niente. Lui mi guarda come tutti gli altri, annuisce, interviene poco e infine esprime il suo apprezzamento.
La mia è stata l’ultima presentazione prima della pausa pranzo. Tutti si alzano per andare a mangiare, mi avvio anch’io, e lui mi ignora sorridendo fra sé e sé.

A tavola mi si siede di fianco a sinistra. Parla con tutti indistintamente mentre mi aspetto un po’ di attenzione. Col pretesto di parlare con la persona alla mia destra, si reclina verso di me e sussurra
“Le jeu commence”
È una pugnalata alla mia fica che nemmeno ho il coraggio di voltare la testa.
Tiene banco con tutti, ma questo non gli impedisce ogni volta che prende il tovagliolo di far risalire la mia gonna. Antipasti, primo, secondo e siamo a bordo fica. È una tortura orrenda e la pratica ad arte. Finalmente ci alziamo per riavviarci in sala.
Mi ha eccitata con un niente, con uno stupido toccare che nemmeno i ragazzini del liceo, eppure cammino a cosce strette preoccupata che qualcosa possa colare lungo la coscia. Nemmeno mi rendo conto di essere fra le ultime con lui alle spalle. Rallento il passo che mi sento anche insicura sui tacchi.
Una mano ferma sul polso e mi ritrovo in una stanzetta che nemmeno avevo notato. Aderisco perfettamente al corpo che mi ha rapito e a fior di labbra dice “Mi piacciono le donne sfrontate che portano intimo di pizzo verde muschio.” Vorrei pensare di aver capito come ha fatto a scoprirmi, ma la sua lingua spazza via ogni pensiero insinuandosi nella mia bocca. Un bacio che mi fa pensare alle ciliegie appena assaggiate, al gelato che si scoglie in bocca. I miei capezzoli rispondono subito e fanno quasi male tanto sono turgidi. Il suo abbraccio scende lungo il corpo, si appoggia al mio culo, fa salire la gonna, segue il solco fra le chiappe fino alla fica rovente. Senza lasciare la mia bocca, due dita trovano la strada e frenetiche mi regalano questo orgasmo indispensabile.
“Brava, godi, così superi il pomeriggio.”
Annebbiata dalla voglia di cazzo raggiunga la sala. Lui fresco come un fringuello continua con le sue gare d’appalto, tranne grattarsi ogni tanto il naso con quelle due dita sorridendomi sornione.
Finisce anche il pomeriggio. Con le colleghe millanto un mal di testa per giustificare la mia assenza e vado dritta in camera, devo riprendermi nel modo più assoluto. Questo darsi e non darsi mi sta facendo impazzire.
Non riesco a concludere un pensiero che bussano alla mia porta.
È lui, che entra come un turbine, senza darmi il tempo di respirare. Manca mezz’ora alla cena, non posso perderla. Forse possiamo parlare, ma nemmeno ci salutiamo.
Sono già inginocchiata sulla poltroncina, sento solo il rumore della fibbia che si sgancia e tanto mi basta per diventare succube.
Lascio che si avvolga una ciocca di cappelli attorno alla mano per far spazio alla sua cintura attorno al collo. Sono una cagna in calore al guinzaglio. Quando tira mi inarco sporgendo bene il culo, offrendo una fica grondante pronta ad accogliere tanto cazzo. La ignora, mi sputa sull’ano e mi sodomizza senza pensarci due volte. È dolore e piacere, è paura e godimento, ma quello che prevale è il sentire di una troia bisognosa del cazzo del suo padrone. È una questione di possesso, mi marchia il culo con qualche sculacciata. Appena mi sente docile, mi premia tirando il guinzaglio ed entrando nella mia fica. Mi scopa a fondo con una certa cattiveria. Mi fa sentire ogni centimetro dell’asta che mi pianta dentro, mi fotte aggrappato ai miei seni come dovesse spremerne l’essenza vitale. Mi fotte e io mi arrendo ad un grandioso orgasmo che si mischia ai suoi fiotti che mi riempiono.
Mordendomi il collo mi ringhia “Questo è l’antipasto, poi c’è il dopocena. Fuori di qui mi dai del lei e, composta, penserai a tutto il cazzo che ancora hai da prendere, zoccola”

Ci ricomponiamo.
Raggiungiamo la sala da pranzo a braccetto, dandoci del lei come se ci fossimo incontrati davanti all’ascensore, a tavola non c’è bisogno di nulla, solo che passi in fretta, perché ho un torbido pensiero fisso e so cosa mi aspetta.




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