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Lui & Lei

Zoccola fin nel midollo


di Eulalia
05.01.2024    |    12.691    |    23 9.8
"” “Studio?” “Si, il posto che ho scelto per fare le mie prime consulenze..."
Per le feste di Natale torno sempre al mio paese per salutare parenti e amici. Assieme a mio marito e ai figli passiamo di casa in casa scambiandoci auguri e regali, organizziamo cene e pizzate dai miei ed è una festa continua.
L’unico posto dove mi sento a disagio è la casa di Lucia; quindi, evito di andarci e per chiacchierare con lei o la invito da me oppure ci troviamo in qualche locale. Ma quest’anno proprio si è imposta e ci ha invitato tutti a cena. Mio marito non capisce perché sono così restia ad andarci. Non posso mica raccontargli che alla cena di dieci anni prima, andando in bagno a lavarmi le mani, ho visto Marco, il figlio di Lucia, che si faceva fare un pompino dalla sua ragazza. Lui era in piedi e premeva sulla nuca di lei per farglielo inghiottire tutto e poi sfilarlo e affondare di nuovo. E che cazzo aveva, grosso, duro, dritto e nerboruto. La cosa grave però è che non riuscivo a smettere di guardare, io che sono la sua madrina di battesimo, finché mi ha visto anche lui. Invece di finirla lì o coprirsi, ha iniziato a muovere il bacino fottendole la bocca con gli occhi fissi nei miei, come se mi stesse scopando. Con la voce roca aveva detto “Bevi tutto, troia!” prima di scaricarsi nella sua gola con un sospiro. Sono scappata in bagno con le mutandine fradice, la voglia a mille e vergognandomi come una ladra: il ragazzo fisicamente era un uomo fatto e finito, alto e prestante, ma aveva solo 15 anni e con uno sguardo mi aveva fatto sentire una femmina in calore, a me che di anni ne avevo 35. Ovviamente non avevo raccontato niente a Lucia e nemmeno a nessun altro. A tavola sia Marco che io avevamo fatto finta di niente, ma al momento dei saluti era riuscito a sussurrami “Prima o poi ti scopo come ti meriti.”
Ecco tutto questo non potevo usarlo come giustificazione per non andare a cena da Lucia, e quindi adesso mi trovo seduta a cosce strette di fianco a mio marito mentre Lucia ci serve l’arrosto.
“Sentirai che buono, Paoletta. Scusami ancora per qual ritardatario di Marco, ma da quando si è laureato chi lo tiene più”
Per me era un sollievo che non ci fosse, negli anni passati lo avevo visto crescere ed era davvero bello. Ogni volta che si incrociavano i nostri sguardi non mancava mai di strizzare l’occhio o farmi un sorrisino inequivocabile che arrivava dritto alla mia fica. Sotto, sotto speravo che adesso che avevo 45 anni, non fossi più interessante, ma un’altra parte di me invece si godeva di queste attenzioni, tanto che mi ero messa tutta in pizzo nero. Mio marito che certo non me le mandava a dire aveva subito commentato “Quando torniamo ti faccio la festa!” palpandomi per bene il sedere. Mi andava bene, perché ogni volta che vedevo Marco ero così eccitata che avevo bisogno di essere scopata come si deve.
Invece si apre la porta e arriva Marco. Fa giro della tavolata salutando tutti con un bacio, che nel mio caso capita quasi sul collo, causandomi un bel brivido. Prende posto davanti a me e in men che non si dica sento un piede che cerca il mio e una strizzatina di occhi mi conferma che è lui. Sposto immediatamente le gambe per evitare qualsiasi contatto, ma è troppo tardi, pensieri lascivi si fanno strada nella mia testa. Tutti riprendono a parlare del più e del meno, chiedono a Marco della sua laurea, delle ragazze, dei progetti per il futuro.
Lui tranquillo si rivolge a me “Lo sai, zia Paola, che il papà per la laurea mi ha regalato la sua vecchia alfetta, quella sportiva a due posti? L’ho restaurata tutta da solo, dopo ti ci porto a fare un giro.”
Sto per dire di no, quando interviene mio marito “Si, si, portala a prendere una boccata d’aria, falle provare l’ebbrezza delle curve che magari si rilassa.”, e finisce ridendo, già su di giri per qualche bicchiere di vino di troppo.
Marco con un’alzata di sopracciglia aggiunge “Adesso non puoi certo tirarti indietro.”
“No, no, figurati.”
La cena finisce fin troppo presto.

Mi prende per mano e dice “Mamma, porto la zia Paola a fare un giro sull’alfetta, ne approfitto per passare da Carlo, così le faccio vedere la nuova strada panoramica. Per mezzanotte siamo di nuovo qua.”
Per mezzanotte? Ma non sono nemmeno le nove e mezzo, dove mi vuole portare?
Mi prende sottobraccio e mi trascina fuori senza complimenti, proprio come si fa una zia un po’ vecchia e lenta, riesco a malapena a salutare mio marito.
Galante mi apre la portiera e mi fa accomodare, mi allaccia la cintura di sicurezza allungandosi sopra di me. Sento il suo respiro sulle labbra, ma non succede nulla.
Avvia il motore con un ruggito, inserisce la prima e parte
“Vedi, zia, bisogna sempre partire con dolcezza per far scaldare il motore.”
“Scusa, Marco, ma dove andiamo esattamente per stare via così tanto. Non vorrei fare tardi, sono piuttosto stanca.” Cerco di tagliare corto, perché so per certo che basta poco e non rispondo più di me. I lampioni illuminano a sprazzi questo fantastico maschio a portata di mano. Non posso fare a meno di notare che ha un corpo meraviglioso e mi piace guardarlo mentre guida concentrato.
“Non andiamo lontano, non ti preoccupare. Voglio mostrarti una cosa” dice appoggiandomi una mano sul ginocchio. Nonostante il riscaldamento e il cappotto ho un brivido, cerco di scostarmi, ma non molla la presa. Una presa ferma e calda.
Non trovo argomenti di conversazione per smorzare l’atmosfera, sono ipnotizzata dal suo pollice che noncurante mi accarezza un lato della gamba.
“Sono cresciuto, zia, hai visto?”
“Mi sembra ovvio” rispondo acida “e poi smettila di chiamarmi zia, sono solo la tua madrina e niente di più.”
“Già, proprio una gran fortuna questa, Paola.”
Sul mio nome il tono gli si abbassa di due ottave, causandomi una contrazione al basso ventre.
Parcheggia davanti a un edificio.
“Vieni, ti mostro il mio studio.”
“Studio?”
“Si, il posto che ho scelto per fare le mie prime consulenze.”
Mi accompagna per i fianchi fino all’ascensore, schiaccia l’ultimo piano e si mette davanti a me a pochi centimetri. Sento il suo fiato caldo e mi sembra di impazzire dalla voglia di sesso, ma allo stesso tempo sono felice che non faccia nulla. È così imbarazzante desiderare il figlio dell’amica che si è visto crescere.
Ma a parte quella mano sul ginocchio, si è comportato bene.
“Lo sai, Paola, che hai la pelle molto calda.”
Lo dice così senza alcun preavviso, che mi manca il respiro.
Si avvicina ancora di più e all’orecchio mi dice “La voglio toccare tutta. Ho imparato un sacco di cose da quella volta e stasera te le faccio sentire tutte.”
Sono fradicia, ma lo spingo via in questo cazzo di ascensore minuscolo che sembra non arrivare mai al piano.
Incolla la sua bocca alla mia senza toccarmi, succhia la mia lingua, mordicchia le mie labbra e io rispondo pure!
È semplicemente inconcepibile che io limoni con un ragazzino di 25 anni nell’ascensore di un edificio sconosciuto.
Ha ancora le mani in tasca, ma sento tutto il peso del suo corpo contro il mio “Smettila, Paola! Tu lo vuoi tanto quanto lo voglio io. Rimarrà fra te e me, ma se non vuoi basta che tu non scenda dall’ascensore.”
Troppo tardi, si aprono le porte e lo seguo verso il suo studio che altro non è che un monolocale con al centro un letto enorme.
Mi prende il cappotto e lo appende.
“Hai visto che panorama?” lo raggiungo alla finestra. Il panorama è splendido, si vedono le luci del paese e il cielo stellato.
“Vedi, Paola, ho imparato la lentezza.” Sussurra disegnando arabeschi sul mio collo con la sua lingua, le mani sui miei fianchi scivolano verso il ventre ed in un istante sento la sua erezione pulsante premere fra le mie natiche.
Nell’ultimo momento di razionalità mi chiedo cosa sto facendo, mio marito è a cena con la sua famiglia, io sono la madrina e in mezzo alle cosce ho un lago che non aspetta altro che di essere leccato da quella lingua calda e sapiente.
Ma lui insiste sulle mie spalle mordicchiando con garbo tanto che mi scappa un sospiro: è la zoccola in me che si sta svegliando. Quella che ama farsi sbattere senza troppi complimenti, quella in netto contrasto con la madre e la signora che sono e che prende cazzi a sorpresa. Penso agli uomini che mi hanno scopato, quelli che ho incontrato in macchina, in albergo, quelli di cui non ho parlato a nessuno perché mio marito non mi basta mai. Penso ai loro corpi maturi e mi viene spontaneo il paragone con Marco, così giovane e sodo con un pacco che mi fa venire l’acquolina. È come se lo avessi già in bocca che spinge per arrivare in gola.
Non c’è niente da fare la voglia di cazzo batte qualsiasi remora, lo voglio ora. Cerco di girarmi verso di lui, ma mi trattiene abbracciata, una mano su un seno, l’altra che mi alza la gonna.
“Eh no, cara Paola, decido io.”
Non so perché mi sento come un violoncello mentre le sue dita si fanno strada nelle mie mutandine. Picchietta leggero il mio clitoride, intinge due dita nei miei umori e risale veloce verso la mia bocca. L’odore del mio sesso invade le narici e succhio le sue dita per sentire il mio sapore.
“Buono?” mi chiede
“Si” riscende e questa volta assaggia lui.
“Squisito, direi, una fica da leccare allo sfinimento”
Appoggiata al davanzale, tira a sé il mio sedere. La gonna ormai è in vita, cala collant e mutandine a mezza coscia e tuffa la lingua nella mia fessura. Le sue mani mi aprono come un frutto maturo e non posso far altro che godere sulla sua bocca.
Lecca, succhia, penetra, strofina, morde e io vengo ancora con le gambe che tremano.
Ma non è sufficiente, ho bisogno di cazzo, subito, ora.
“Ti prego Marco!”
Risponde il rumore della cerniera e senza alcun preavviso si fa strada un uccello grosso e duro, dritto fino in fondo in un unico colpo. Si ferma per farmelo sentire in tutta la sua grandezza. Mi chiedo solo se sarei in grado di prenderlo anche in culo così grosso.
Con uno strattone ai capelli interrompe i miei pensieri ed inizia ad usarmi per il suo piacere, mi fotte accelerando ad ogni colpo, sempre più a fondo, mi sembra di impazzire mentre mi sale un orgasmo devastante che mi fa accartocciare su questo cazzo che si svuota dentro di me. Ah, se scopa bene questo ragazzino.
Rimaniamo immobili a riprendere fiato, sospesi in questo istante di pura soddisfazione dei sensi.
“Bello il panorama?”
È pure ironico mentre sfila la sua verga e lascia colare tutto lo sperma misto ai miei umori lungo le cosce.
Vestiti come siamo ci lasciamo cadere sul letto.
Guardo il suo profilo e non mi sento imbarazzata, anzi mi farei un altro giro. Marco la pensa come me, perché si gira e mi bacia e baciando tutto il mio corpo mi spoglia. Nuda ricambio la cortesia. Via la camicia, i pantaloni, i calzini e i boxer.
Passo la lingua su questo giovane corpo glabro, seguo ogni muscolo, ogni curva di pelle liscia e saporita e lui mi lascia fare. Finalmente ho davanti agli occhi questo magnifico cazzo. Marco rimane sdraiato mentre lo prendo in bocca. Sembrava rilassato, ma cresce fra le mie labbra e fatica a starci. Il sapore dei nostri sessi sulla sua verga nerboruta mi eccita a dismisura e lo succhio con passione, la saliva che cola lungo l’asta.
Dio, quanto è grosso e duro e quanto mi piace come spinge la mia testa per farmelo ingoiare di più. Sembra che mi solletichi le tonsille e non smetterei mai di leccarlo. Le prime gocce del suo piacere si depositano aspre sulla mia lingua e accendono la mia fica. Devono essere le due dita con cui gli ho profanato il culo, pare che gradisca. Affondo fino alle nocche guadagnandomi i suoi gemiti di piacere.
È impossibile non toccarmi durante questo pompino. Cerco il clitoride e mi procuro un orgasmo al volo.
Un istante e mi trovo di schiena, le mie gambe sulle sue spalle e il suo cazzo che mi apre di nuovo la fica. Mi stantuffa crudelmente, veloce e preciso fissandomi negli occhi, ma appena godo, si sfila.
Le sue mani mi aprono di più e la cappella preme sul mio culo.
“Guardami mentre ti apro.”
Si appoggia bene, mi prende per i fianchi e inizia a spingere deciso.
È troppo, non credo di farcela.
“Respira e rilassati, che non esci di qui col culo intatto.”
Continuo a dilatarmi finché la mia rosetta cede alla spinta e accoglie l’enorme cappella, il resto del cazzo scivola dentro come niente e mi riempie all’inverosimile.
Siamo due animali selvaggi che si fissano, inizia a muoversi lentamente per abituarmi a questo palo che già mi sta dando piacere.
Pensavo di aver raggiunto già l’apice, ma non è così.
Lascia colare un filo di saliva sul mio clitoride prima di iniziare a lavorarlo e per me è impossibile stare ferma. Mi sto scopando il culo sul suo cazzo sussultando al ritmo del suo pollice sul mio clitoride ed è il paradiso.
“Brava, non fermarti che lo apriamo per bene questo buchetto!”
Mi sembra di impazzire, percepisco solo il piacere che arriva a ondate, non mi interessa niente di Marco, di quello che prova, di quello che fa, sono concentrata sullo tsunami di sensazioni che mi sta mandando fuori di testa.
E adesso si, che mi sfonda frenetico, senza alcuna cautela, come a volermi spaccare piantandomi il suo cazzo fino alle palle per riempirmi di sborra.
Siamo sfiniti, ma dobbiamo tornare.
Ci vestiamo veloci, usciamo lasciandoci alle spalle l’odore di sesso.
In macchina ci scappa da ridere, promettiamo di mantenere il segreto, ma anche di ripetere l’esperienza.
“Perché” come dice lui “i giovani cazzi sono fatti apposta per le madrine porche.”
A casa stanno giocando a tombola bevendo amari e grappini e mio marito non è più del tutto sobrio. Così dopo aver salutato la compagnia, ragguagliato tutti sulla gita, il panorama e l’assenza del Carlo che non abbiamo trovato, ho potuto sussurrare a mio marito “Andiamocene che ho bisogno di essere scopata.”, perché ormai l’ho capito che non mi basta mai.
“Zoccola.” È stato il suo commento mentre in fretta si mette la giacca per andare. Mentre Marco, che mi saluta con i due bacini canonici, aggiunge “Ha ragione, proprio zoccola fin nel midollo.”
E non so perché, ma lo prendo come un complimento.
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