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Non c'è cazzo che tenga


di Eulalia
26.01.2024    |    5.022    |    11 9.2
"Ma, come dice Rossella, domani è un altro giorno e un po’ mesta imbocco l’autostrada verso casa..."
Essere una donna liberata permette di vivere la promiscuità con verve. Ci sono voluti anni, un matrimonio zoppicante, due figli e un certo numero di uomini interessanti per diventare consapevole del fatto che la vita è un luna park con i suoi alti e bassi: l’importante è non rinunciare alla propria libertà e cogliere ogni piacevole occasione che ci viene proposta.
In quest’ordine di idee stamattina mi sono preparata per un viaggio di vero piacere. Avrei dovuto sospettare che era una di quelle terrificanti giornate dove ci si sente all’apice, ma dietro l’angolo si configura la caduta libera dell’ottovolante.
Incurante del fatto che piovesse a catinelle, ho continuato imperterrita a depilarmi, spalmarmi di crema per essere ancora più morbida del solito, indossare una meravigliosa guepiere a cui agganciare le calze nere velate. Non aderiscono perfettamente alle cosce, cadono ai bordi e hanno quell’aria trasandata e allo stesso tempo sexy. Secondo me danno proprio l’idea che possano cadere al secondo sguardo.
Sguardo che mi immaginavo perfettamente da stamattina. Sguardo che conosco e che bagna quel francobollo di mutandina che indosso.
Non ha smesso di piovere un istante, nemmeno adesso che sono in autostrada, ma parlare al telefono con lui mi distrae.
“Allora come sei messa?” mi chiede Pietro.
“Comoda” rispondo ridendo, consapevole che i capezzoli già premono contro il pizzo delle coppe.
Ride anche lui “Dai, dimmi qualcosa! Come sei vestita?”
“Niente di che, come se andassi a lavorare.” Lascio in sospeso la frase in attesa che lui faccia una delle sue battute ambigue, di quelle che mi fanno pensare alle mani che risalgono le cosce.
Invece mi esplode nelle orecchie un “Scusa, scusa, ti richiamo fra un attimo.”
Pazienza, accendo la radio e vorrei ascoltare qualcosa di sensuale, che mi prepari ad ancheggiare allo stesso ritmo sotto ai suoi colpi. Non trovo nulla.
Mando qualche audio ad uno spasimante molto attento e molto interessante. Confermo che non supererò i limiti di velocità e che mi farò sentire sulla via del ritorno.
Ad un altro che ancora non ha saputo risvegliare davvero la mia curiosità, mando un buongiorno accattivante.
Squilla il telefono: Alex, una delle mie migliori opzioni al momento, assieme a Pietro e qualcun altro. Ma non ci penso troppo, in fondo non sono mica zoccola, solo che mi piace scopare, e mi piace tanto.
“Già in viaggio?”
“Certo” gli rispondo.
“Beato, quel bastardo.” Mi pare di sentire una puntina di gelosia che mi ringalluzzisce e al contempo mi preoccupa un po’.
“Solo invidia la mia, tesoro, non ti preoccupare. Divertiti!” Quel divertiti mi fa aumentare la salivazione. “Ci sei, cara?” e ride. Alex ha la capacità di leggermi anche quando non mi vede, una sua caratteristica particolarmente arrapante.
“Amoruccio?” mi canzona
“Fanculo!” è la mia risposta
“Anch’io ti desidero tanto e ti scoperei sul cofano della machina per farti arrivare ancora più calda da lui.”
Ecco queste sono le cose che mi fanno alzare la voglia.
“Smettila!” e metto giù. In realtà vorrei che continuasse a stuzzicarmi, ma allo stesso tempo voglio Pietro qui e subito. Voglio quelle labbra che conosco così bene, voglie quelle scie roventi sul mio corpo. Voglio essere salutata in maniera educata da lui e incollata subito dietro alla porta della camera. Lo voglio sentire esigente e irrispettoso che mi alza la gonna, che agguanta la mia carne impaziente, che mi senta colare. Già solo l’idea mi bagna e fatico a guidare con le cosce strette che si strofinano fra di loro.
Finalmente mi richiama, mancano poco più di una cinquantina di chilometri.
Butto lì il mio ciao più roco e voglioso che ho in repertorio e vengo ripagata con un “Torna indietro.”
Ma che cazzo sta dicendo!
“Scherzi?” cerco di mantenere la calma.
“No, purtroppo no.” Ma è fuori come un balcone? Cosa gli impedisce di vedere una donna che non sta più nella pelle dalla voglia di essere strapazzata in una camera d’albergo?
“Ma cosa dici?” nella mia voce si insinua un tono stridulo, quasi da moglie incazzata perché si è dimenticato di prendere il latte. Un errore grossolano da evitare, ma le mie aspettative deluse mi fanno perdere colpi.
“Mi si è bloccata la macchina all’autogrill. Un miracolo che sia riuscito ad arrivare fin lì, adesso sto aspettando il soccorso stradale che mi porta dal meccanico. Non ti preoccupare che ho già disdetto la stanza, sono stati gentilissimi.”
Gentilissimi un cazzo, gentilissimi come penso di non riuscire ad essere. Prendo tempo e metto la freccia per la prossima uscita.
“Sei serio? È uno scherzo?” Ma qualcosa nella sua voce mi dice che è proprio così, niente sesso.
“Mi dispiace. Sono davvero arrabbiato, ho anche appena fatto il tagliando e avevo anche controllato freni e olio. Lo sai che ci tengo. Non so proprio cosa possa avere sta macchina.”
Vorrei che il calore della mia fica scemasse per la delusione, invece no. L’eccitazione aumenta grazie alla rabbia, ogni fibra del mio corpo anela ad essere toccata, leccata, penetrata. E invece niente.
“È arrivato il carro attrezzi, ti chiamo più tardi che magari parliamo un po’.”
Non voglio parlare, voglio che ogni centimetro quadrato della mia pelle venga adorato, percorso da un polpastrello mentre soccombo sotto ai colpi di un meraviglioso ed esperto cazzo, che prima di trovare la strada per la mia fessura, sia riuscito a scoparmi la testa.
Vedo un bar, me ne frego della pioggia e penso che l’unica soluzione sia un caffè e una sigaretta.
Seduta sotto la tettoia ignoro gli sguardi in tralice degli altri ospiti, fisso il cellulare alla ricerca di una soluzione: devo spegnere il vulcano dentro di me.
Mi rendo conto che c’è qualcosa che non va appena il camerierino a occhi bassi mi dice:” Cosa posso offrirle? Cioè, cosa vuole ordinare, signora?”
Ammetto che le stringhe del reggicalze promettono bene mentre si infilano sotto al bordo della gonna, ma niente che sia alla portata di quel ragazzino. Quindi abbasso l’orlo della gonna, ma il danno era fatto: per un istante sono stata il sogno erotico dei pochi avventori.
“Un caffè, grazie”
Chiamo Alex, gli racconto tutto mentre ride e mi sbeffeggia.
“Allora cosa fai? Vieni? Ci troviamo da qualche parte? Mi salvi?”
Divertito mi ricorda che lui oggi non può. Per quanto mi inchioderebbe nel primo angolo disponibile, oggi proprio non può allontanarsi dal lavoro, nemmeno per il mio morbido e cedevole culo. Che disfatta!
Che la delusione faccia il suo lavoro! Che ammazzi questo desiderio che brucia dentro! Che plachi le mie voglie così da farmi sembrare bella l’idea di tornare a casa.
Ma non è bella per niente. Non dopo aver fantasticato su Pietro e nemmeno dopo aver sentito Alex.
Mi accendo un’altra sigaretta e mi guardo attorno, incontro qualche sguardo, mi sistemo la gonna solo per vedere il brillio in fondo agli occhi di qualche maschio ramingo, ma nessuno così coraggioso da venirmi a parlare; nessuno di così interessante da attirare la mia attenzione.
Scorro i miei contatti sul cellulare, non posso credere che una donna bisognosa di una seduta di sane scopate debba andare in bianco.
Ecco, Bruno, un giovanotto mai provato, simpatico, divertente, dalla battuta pronta, a chilometri zero. Vediamo come sono i suoi riflessi se gli faccio una sorpresa. Lo messaggio.
“Sono a dieci minuti da te. Passo per un caffè?”
Mentre aspetto Alex mi tempesta di messaggi ironici a sottolineare la mia frustrazione sessuale, che finalmente capisco come si sentono gli uomini quando vanno in bianco, di pensarci da me che domani a me ci pensa lui, e via dicendo. Quasi mi perdo la risposta di Bruno che mi manda le indicazioni per raggiungerlo e si dice felice di vedermi anche se ha poco tempo. Meglio di niente.
Intanto Pietro mi informa che è quasi arrivato dal meccanico amico suo, informazione che mi ricorda solo cosa mi sono persa oggi.
Mentre ad Alex dico che, appunto, sono gli uomini che faticano a rimediare e che sono in viaggio verso chi mi darà sollievo.
“Hai trovato da scopare?”
“Si”
“Così all’improvviso? Qualcuno di nuovo?”
“Si”
Sembra quasi che per Alex la mia mossa sia qualcosa da elaborare, mi sembra di percepire incertezza nei suoi messaggi come se quello che sto facendo non sia del tutto a posto, come se non andasse proprio bene che una donna vogliosa di sesso, trovasse subito qualcuno che la potesse soddisfare.
“Ma ti va bene chiunque?”
“No”
Che ne sa lui del lavoro certosino per trovare un set di uomini adatti a me. Uomini con cervello, con i miei gusti, uomini con cui poter parlare dopo aver scopato come ricci, persone che al momento di tirarsi su le mutande non ti mettono in imbarazzo, perché non sanno cosa dire. Prima ogni maschio ha il suo repertorio da seduttore, ma al dopo ci pensano in pochi. Il dopo è gestibile solo se c’è vera sostanza; e Bruno mi sembra un buon candidato.
Mi chiede a che punto sono. Rispondergli che sono un lago non mi sembra di buon auspicio; quindi, mi limito al solito cerco parcheggio e ci sono.
Mi aspetta sulla soglia con un bel sorriso. Ciao, ciao, piacere di conoscerti. Ha un buon odore e le mani calde e asciutte.
Lui non può sapere di questa valutazione che lo promuove in tre millisecondi. Non può immaginare la carica repressa che mi porto dietro e io non glielo dico. Non vorrei nemmeno io essere la terza scelta di una giornata di pioggia.
Così beviamo un sorso di vino studiandoci, scocca il bacio nel preciso istante in cui appoggiamo i bicchieri sul tavolino.
Il divano assorbe i nostri corpi e con sollievo sento Bruno pesare su di me. Adoro i pomicioni che mi distraggono con la loro lingua mentre mi sbottonano la camicetta e soppesano le mie qualità che rispondono con i capezzoli irti.
Sembra che ci sappia fare il ragazzo, ma non riesco a fare a meno di pensare a Pietro ed Alex. Il primo ignaro alle prese con la sua macchina disfatta, il secondo al lavoro consapevole del fatto che proprio in questo preciso istante sto scopando. Chissà se gli fa effetto?
Bruno intanto passa dal capezzolo destro a quello sinistro. Ormai sono nuda fra le sue mani, scivola con la bocca verso il mio monte di venere che sporgo bene. La sua lingua frulla, succhia, lecca, penetra. Ho pensato frulla?
Si, frulla decisamente sul mio clitoride, in direzione oraria e antioraria. Mi sembra di notare che i tempi di permanenza siano ben calibrati, quasi troppo. Alza gli occhi e deve aver visto il mio sguardo interrogativo, si rituffa di nuovo con maggior impegno. Ormai nella mia testa si è formato uno schema: tetta destra, tetta sinistra, leccata di figa. Mancano le dita. Conto fino a tre e quello che suppongo sia il medio si fa strada, seguito subito da altre due dita. Si allontana per guardare bene cosa sta facendo.
La mia maledizione è di essere una donna sana e, se anche mi distraggo pensando ad altro, il mio corpo gode e fa quello che deve fare. E così anche ora.
Vuoi vedere che ha letto un manuale e che adesso mi bacia e poi mi scopa?
Avrei potuto scommettere con me stessa e diventare ricca.
Per un breve istante cerco di prendere il sopravvento avvolgendo la sua asta con la mia bocca. Mi riesce per un brevissimo tempo, l’equivalente in minuti della sua leccata: sia mai che uno dei due venga privilegiato. Ma ormai avevamo superato pagina 23 di “Come scopare bene”, non posso fare più nulla per scompigliare questa trombata scolastica e mi trovo impalata sul suo, devo ammettere, notevole cazzo.
La mia santa fica mi salva di nuovo procurandomi un meraviglioso orgasmo. Lei se ne frega del mio cervello che ha sete di altro, del resto il mio cervello la disprezza e la crede schiava dei suoi pensieri. Invece, come dimostra la situazione nella quale mi trovo, sono perfettamente in grado di fare vite separate: una gode e l’altro sbuffa di noia.
“Ma posso avere anche il culetto?” mi chiede appena si spegne il mio ultimo gemito. Questa non me la sarei mai aspettata. Culetto? Sta parlando dei miei quarti posteriori a cui è aggrappato a piene mani?
Secondo il manuale il culo come dessert ci sta, ideale per sborrare senza pericolo mantenendo però l’ideale del romantico dentro.
Non so se fidarmi, però, se segue pedissequamente le istruzioni del suo guru della scopata, sicuramente non sbaglierà di molto.
Annuisco.
Lo sento emozionato, appoggia la cappella. “Ti faccio male?” Mi verrebbe da rispondere che non è rivestito di carta vetro e che forse prima ci starebbe una spintarella. Mugolo un invitante no.
Spinge sempre più convinto e mi coglie quella fantastica sensazione di pienezza. Il mio cervello sbadiglia, il mio ano, invece, in qualità di vicino di casa della fica, se la gode alla grande.
Sotto, sotto spero in una sculacciata, dovrebbe essere citata nelle note a piè di pagina. Non perdo la fiducia, siamo al primo affondo, quello che scalda, potrebbe dare ancora il meglio di sé.
Il secondo è accompagnato da un inequivocabile vocalizzo, e si accascia sopra di me.
“Non ti ho fatto troppo male, vero?”
Né male, né bene, mi verrebbe da specificare, ma da signora quale sono non voglio infierire su certe fragilità. Forse le istruzioni nemmeno le ha lette fino in fondo.
Si accomoda di fianco a me ed esordisce con un “Che bella scopata! Come è stato eccitante! Ti è piaciuto? Perché, quando abbiamo tempo, alla mia ragazza così, col servizio completo, piace da matti.”
Sibilo un “Si” accompagnato da un sorriso di circostanza mentre faccio l’inventario dei miei capi di abbigliamento e li infilo tutti nell’ordine giusto. Mi cade lo sguardo sull’ora: sono passati quaranta minuti dalla stretta di mano. Nemmeno per un sorso del suo squisito vino voglio farli diventare tre quarti d’ora.
Millanto un inderogabile impegno e mi avvio con un bel sorriso alla porta.
“Meno male” risponde sereno come un budda “che devo andare in tintoria prima che mi chiuda.”
Bacio sulla guancia e addio.
Raggiungo la macchina sconsolata. Il mio corpo mi informa che, nonostante tutto, il livello di ossitocina è aumentato, che sono rilassata e che stanotte dormirò bene.
Ciò nonostante, non riesco a scacciare una lieve insoddisfazione, un velo di delusione e un filo di nervoso.
Infine, realizzo che ci sono proprio giornate un po’ così, dove nonostante la volontà e l’impegno non c’è proprio cazzo che tenga.
Ma, come dice Rossella, domani è un altro giorno e un po’ mesta imbocco l’autostrada verso casa.
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