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Lui & Lei

LA VITA DEGLI ALTRI - RICORDI INTIMI DI UN VOYEUR


di Membro VIP di Annunci69.it Shoganai65
08.11.2021    |    3.760    |    6 9.1
"Barbara era dominante, spingeva Carlotta contro la parete e cominciava a palparla e a stringerle il seno..."
Ho sempre avuto il desiderio di spiare le persone, di entrare segretamente nelle loro vite, nella loro intimità.
Sicuramente film come “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock, “Blow Up” di Antonioni, “Omicidio a luci rosse” di De Palma, hanno segnato la mia adolescenza; così come il più recente “Vacancy” e l’ultimissimo “The Voyeurs”, thriller erotico da non perdere, continuano a stimolare le mie fantasie e i miei desideri.

Da ragazzo mi ricordo che spiavo dal buco della serratura mia madre e mia zia quando si chiudevano in bagno, e poi quando uscivano andavo ad annusare nel cesto della biancheria le loro mutandine ancora calde, umide e profumate. Ci strofinavo il mio uccello in miniatura e a volte le nascondevo in tasca.
A scuola nell’ora di ricreazione, quando ci era concesso andare alla toilette, salivo in piedi sul wc per cercare di guardare, oltre la fragile parete che ci separava, le mie compagne intente a fare pipì o ad asciugarsi la fighetta, bella come una rosa. Ilaria, la più sveglia di tutte, se si accorgeva che la stavo spiando cominciava ad accarezzarsi i capezzoli e ad infilarcisi dentro un dito imitando la sorella più grande.
Poi d’estate in spiaggia a Bibione assieme ai compagni di gioco seguivamo le ragazze o le signore che si andavano a cambiare il costume bagnato nella cabina spogliatoio n. 7 dove, all’inizio della stagione, il bagnino Arturo aveva realizzato col trapano un forellino da cui, con un po’ di impegno e mille acrobazie, si riusciva a vedere tutto quel ben di Dio: floride tedesche con le tette enormi, ragazzine con i capezzoli turgidi, casalinghe e mammine avvenenti che oggi chiameremmo cougar o milf. E ogni volta erano seghe, seghe e ancora seghe…

Crescendo questa mia passione (alcuni la chiamano ingiustamente perversione) non è venuta meno, diciamo però che si è aggiornata, ha seguito l’evoluzione tecnologica della società.
Forse era destino che la mia prima esperienza di lavoro fosse proprio in una grande azienda di Milano, leader nel campo delle videocamere di sorveglianza, quei piccoli gioielli della tecnica, sempre più raffinati, che oramai controllano ogni luogo e ogni momento della nostra vita. Ci arrivai come Responsabile Marketing Junior ma, un po’ per il ruolo un po’ per la mia curiosità, ben presto imparai tutte le caratteristiche, i segreti ed i trucchi di questi occhi indiscreti. Conoscenze che mi tornarono molto utili un paio di anni dopo, quando venni assunto come Direttore Commerciale di una nota casa editrice italiana, che pubblica alcune delle riviste patinate più vendute in Italia.

Erano tempi di crisi per l’editoria e il mio ruolo era quello di monitorare la produttività delle varie redazioni, la fedeltà alle linee guida dell’azienda, capire quali erano i soggetti meno utili e segnalarli al capo del personale. Avrebbe deciso lui poi cosa fare.
La prima redazione che decisi di controllare era quella di un famoso mensile femminile, posta al terzo piano. Era composta da 17 persone, tutte assunte a tempo indeterminato, tutte donne: un paradiso! Tra caporedattrice, caposervizio, redattrici, segretarie ed inviate ognuna aveva il suo ruolo ed il suo caratterino, che ben presto imparai a conoscere e distinguere in maniera moooolto profonda.

Per svolgere il mio ingrato compito infatti mi diedero carta bianca. Così, oltre alle solite procedure e moduli di rito per quantificare la presenza in sede e giustificare le uscite,
ottenni l’autorizzazione per far installare anche alcune telecamere di videosorveglianza, giustificandole con “motivi di sicurezza interna”.

Chiamai Giorgio, un mio amico fidato che avevo conosciuto nella mia prima esperienza lavorativa e con cui avevo condiviso diverse avventure amorose e notti brave nei vari privé di Milano.
Lavorava ancora nella vecchia azienda. Gli spiegai la situazione ed il lavoro da fare. Poi gli chiesi se, senza che si sapesse e risultasse in fattura, per un mio squisito interesse personale, avrebbe potuto installare con molta discrezione un paio di videocamere, opportunamente nascoste, anche nelle toilette del terzo piano riservate alle donne. Per queste ultime il controllo in remoto e la registrazione avrebbero dovuto avere come terminale il mio I-phone. Sapevo che tecnologicamente lo avrebbe potuto fare e da buon amico non si tirò indietro.

Una settimana dopo l’intero impianto di videosorveglianza era stato installato. Dalla sala monitor centrale si potevano tenere sotto controllo tutti i piani, le entrate, gli spazi comuni. Era perfetto.
A me però quello che interessava di più erano le immagini che, seduto alla scrivania del mio ufficio, potevo osservare sul mio smartphone ed anche sul mio Mac: l’andirivieni nel bagno delle donne con la copertura di ogni angolo nascosto, ed una qualità, un audio ed una risoluzione perfette. Ci sarebbe stato da divertirsi!

Aprii un file per ognuna delle ragazze della redazione, e cominciai ad osservarle e a prendere nota di quello che ascoltavo e vedevo. Ogni file aveva una parte riservata all’azienda ed una parte, la più intima e nascosta, veniva salvata assieme alle immagini solo sul mio cloud personale.
A distanza di anni mi sono ritrovato a rileggere alcune schede dell'epoca.

AURORA, 47 anni, era la caporedattrice.
Capelli lunghi e biondi, occhi verdi, zigomi alti, bocca leggermente ritoccata, alta 174 cm, bel fisico allenato, terza di seno, culo sodo. Vestiva quasi sempre con tailleur firmati, sotto i quali indossava splendidi completini sexy prevalentemente di colore nero. Aveva sempre con sé nella borsetta un piccolo vibratore rosso che utilizzava per scaricare la tensione dopo le riunioni mattutine. Si chiudeva in bagno, apriva il rubinetto per far scorrere l’acqua nel lavandino in modo tale che non si sentisse il rumore del prezioso compagno di giochi.
Io zoomavo con la telecamera, impossibile per lei da vedere, e assistevo allo spettacolo.

Seduta sul wc, le mutandine abbassate alle caviglie, passava il vibratore attorno alle grandi labbra, facendo dei cerchi sempre più piccoli. Stimolava il clitoride mentre con l’altra mano si toccava il seno sotto la camicetta. Ben presto la sua vulva bagnata cominciava a inumidirsi, la tensione nervosa lasciava posto al godimento, l’espressione del viso si addolciva.
Io guardavo e mi eccitavo quanto lei. Il cazzo diventava duro. Mi abbassavo i pantaloni e cominciavo a segarmi come da ragazzo. Guardavo Aurora che si infilava il suo toy sempre più dentro, iniziava a fremere, stringeva le ginocchia e si lasciava andare al piacere mentre io, con due colpi di mano più decisi, schizzavo fiotti di sperma sulla scrivania e sullo schermo del telefono.

BARBARA E CARLOTTA erano due delle segretarie, entrambe trentenni e sposate con bambini. Ogni venerdì, nel tardo pomeriggio, andavano alla toilette assieme. Si chiudevano a chiave e cominciavano a baciarsi con passione. Barbara era dominante, spingeva Carlotta contro la parete e cominciava a palparla e a stringerle il seno. Le ficcava una mano sotto le mutandine, tra le cosce aperte. Con le dita le stuzzicava il clitoride, la faceva bagnare, assaggiava i suoi umori e poi si metteva in ginocchio per leccarla a fondo. Carlotta gemeva e la lasciava fare. I ruoli non cambiavano mai. Era questo una specie di rito inconfessabile del weekend, a cui io assistevo partecipando a mio modo dall’ufficio. Mi mettevo in libertà, togliendomi camicia e pantaloni, alzavo il volume per sentire meglio le loro effusioni, e mi masturbavo davanti alle loro acrobazie. Alla fine Carlotta, sotto gli abili colpi di lingua di Barbara, squirtava sempre e finiva per accasciarsi sulla caviglie con la figa piantata sul viso dell’amica. Il tempo di riprendersi, di sistemarsi trucco e vestiti e tornavano in redazione dove tutte le colleghe per fortuna erano già andate via.

DANIELA e l’amministratore delegato.
Col controllo remoto installato sul mio smartphone potevo monitorare in diretta le immagini della videocamera della toilette da qualsiasi luogo e anche fuori dal normale orario d’ufficio. Una sera, avendo cambiato a casa il gestore di rete e volendo verificare la qualità delle immagini, mi collegai con la redazione. Con pochissima luce tutto si vedeva sgranato e nebuloso ma, mentre stavo per disconnettermi, improvvisamente la luce della solita toilette si accese e vidi entrare Daniela, una delle due inviate del giornale, sempre in giro per il mondo a seguire sfilate o set di moda. Una cavalla matta, stupenda, sempre sorridente e con un fisico da paura. Immaginavo fosse passata tardi in redazione al ritorno da tre giorni di lavoro a Parigi. Mi soffermai comunque a guardarla mentre si lavava le mani ed aggiustava i capelli davanti allo specchio. Era sempre un bel vedere.
Improvvisamente la situazione si fece più piccante. Dalla porta vidi entrare il dott. Z., l’amministratore delegato del gruppo. Bell’uomo sulla cinquantina. Capelli brizzolati tagliati corti. Sempre in giacca e cravatta. Sposato con la figlia del proprietario di tutta la baracca. Che ci faceva lì?

Daniela non mi parve sorpresa, anzi. Lo accolse con un sorriso e corse a baciarlo. Purtroppo l’audio non funzionava bene e non capivo quello che si stavano dicendo. Si baciarono a lungo. Lui non riusciva a non metterle le mani ovunque. Le toccava il culo, la stringeva, la prendeva per i fianchi, cercava di farle sentire il suo cazzo che si stava alzando dentro i pantaloni. Era evidente che erano amanti già da un po’ di tempo.
Una informazione che mi sarebbe potuta tornare utile più avanti pensai. Per cui schiacciai il tasto REC col quale la scena, da quell'esatto momento, sarebbe stata immediatamente registrata e salvata nella memoria interna dello smartphone.

Lui si appoggiò con a schiena al lavandino rettangolare mentre lei con mano esperta estraeva il pene dalla cerniera aperta e, dopo averlo scappellato, iniziò a ciucciarlo con gusto. Ci sapeva fare alla grande. Aiutandosi con le mani, lo stava segando e spompinando allo stesso tempo. Gli leccava le palle, le mordicchiava, se lo infilava completamente in bocca per poi estrarlo e ricominciare dalla base. Lo leccava, lo insalivava, lo ciucciava e lo infilava in gola.

Il viso del dott. Z. aveva perso la proverbiale impassibilità che aveva anche durante le riunioni più accese. Con le mani spingeva la testa di Daniela sempre più a fondo. Poi prendendola per i capelli la risollevava e di nuovo glielo sbatteva in fondo al palato.
Oramai prossimo al godimento finale decise che era giunto il momento di scoparsela. La girò di spalle, la fece chinare col viso sul lavandino in modo da avere ben solido il culo di lei davanti agli occhi. Le strappò letteralmente di dosso le mutandine di pizzo firmate Virginia Secrets, e si abbassò a leccarle contemporaneamente la figa e il buco del culo, indeciso (pensai) su quale sarebbe stato l’orifizio cui dedicarsi da lì a poco.

Le leccate non durarono molto. Erano servite più per inumidire il varco che per dare piacimento a lei che comunque a questo punto era bagnata al punto giusto. Il cazzo era grosso e viola. Lo squadrò con un senso di ammirazione. Optò per la figa e puntò deciso verso l’entrata. Con una prima spinta entro per metà, con la seconda era giunto in fondo. Daniela si trovava con parte del busto e la testa dentro il lavandino, le braccia tese in avanti, le mani appoggiate allo specchio mentre lui da dietro la sbatteva forte, sempre più forte, per poi venire dentro di lei guardandosi fiero allo specchio.

E in tutto questo io spiavo loro, con quella stessa curiosità ed attrazione che provavo da bambino. Immagini del presente, ricordi del passato e nuove fantasie si mescolavano davanti ai miei occhi e nella mia mente. Scene di sesso viste e riviste eppur sempre nuove: scopate, inculate, orge, tradimenti, pompini fatti e ricevuti… Ogni volta comunque emozioni diverse che per me, come sempre, terminavano con una grande sega.
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