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IL RESIDENCE AL MARE - quarta parte - L’amichetta della vicina


di Membro VIP di Annunci69.it Shoganai65
22.11.2021    |    12.431    |    6 9.1
"“Ti posso dare una mano?” si offrì Jenny ammiccando..."
Oramai nel residence di Lignano vado solo nel mese di giugno. Posso asserire per esperienza che è il mese migliore per la “PESCA della PASSERA con l’UCCELLO” (intesi non come animali naturalmente 😉 ).
Tra mammine vogliose, straniere desiderose, ragazze sole e lavoratrici stagionali c’è solo l’imbarazzo della scelta, posto che la concorrenza maschile si concentra solo nel fine settimana, mentre nei giorni feriali è una festa per gli occhi e per i pochi cazzi che si aggirano per la spiaggia.

Quell’anno ero arrivato con le mie bimbe (di 7 e 5 anni) sabato 14/6, non appena avevano chiuso le scuole. Nel parcheggio del residence c’erano solo cinque auto. Per qualche giorno staremo tranquilli, pensai. Scaricai i bagagli e prendemmo possesso dell’appartamento. Aprii porte e finestre per arieggiare le stanze rimaste chiuse per tutto l’inverno. Sistemai i vestiti negli armadi e nei cassetti. Preparai i letti delle bimbe ed il mio matrimoniale e, visto che in tutto questo si erano fatte già le 13.00, iniziai ad organizzare il pranzo: spaghetti al pomodoro per tutti e tre ed una cotoletta in due per le figlie.

Mentre apparecchiavo la tavola in giardino, mi accorsi che la porta dell’appartamento della mia vicina nel frattempo era stata aperta. Non la vedevo da un paio di anni. Era una ragazza sui 25/30 anni, carina ma nulla più, piuttosto taciturna, con cui mi limitavo a scambiare i classici “Buongiorno e buonasera” nient’altro: non ci avevo mai fatto delle fantasie erotiche. Dall’interno dell’appartamento però sentivo ridere e scherzare, segno evidente che non era venuta da sola. Avrà trovato un fidanzato che se la scopa per bene e le ha fatto tornare la voglia di parlare e divertirsi – pensai, e me ne andai in cucina a scolare la pasta ed impiattare il pranzo.

Stavamo terminando di mangiare quando sentii qualcosa cadere e frantumarsi proprio nell’appartamento a fianco e lo scoppio di due risate femminili che non terminavano più. Un istante dopo la mia vicina ed un’altra ragazza uscirono in giardino tenendosi lo stomaco e continuando a ridere a crepapelle. Le guardai con un sorriso di compartecipazione ma rimasi folgorato dall’amica della mia vicina: abbronzata, capelli lunghi castani, due occhioni verdi, non altissima ma decisamente curvy, indossava un prendisole semitrasparente azzurro sopra ad un minuscolo bikini in tinta che nascondeva a stento due tette mozzafiato ed un culo in cui avrei voluto tuffarmi all’istante.

“Scusa” dissero all’unisono “ma ci è caduta la terrina con il ragù che è schizzato ovunque e siamo rimaste senza pranzo… Siamo due frane” e continuavano a scompisciarsi in preda alla ridarola.
“Per il ragù non posso aiutarvi” risposi “ma se volete una bistecca con un po’ di insalata ve la posso rimediare. Prima però dovreste smettere di ridere altrimenti vi verranno le convulsioni”.
Un po’ alla volta ripresero il controllo di loro stesse e, ringraziandomi per la gentilezza e l’invito, si sedettero al tavolo a fianco delle mie bimbe.
“Piacere sono Jenny, un’amica di Paola” si presentò la ragazza che non avevo mai visto prima. “Sono venuta qualche giorno a Lignano con lei per tenerle compagnia ma sto facendo solo disastri, mi sa che tra un po’ mi spedirà a casa” aggiunse sorridendo.
Io ero abbagliato dalla bellezza, dal sorriso e dalla spontaneità di Jenny che sembrava aver contagiato in qualche modo anche la silenziosa Paola che non avevo mai visto così loquace ed espansiva.
“Metto sul fuoco la carne” dissi.
“Ti posso dare una mano?” si offrì Jenny ammiccando. “Prometto che non faccio danni” e mi seguì in cucina senza attendere risposta, mentre Paola intratteneva le mie figlie.

Una volta soli Jenny cominciò a chiedermi se ero sposato, cosa ci facevo al mare da solo con le bimbe, quanti giorni mi sarei fermato, se conoscevo Paola, se ero mai uscito con lei e tutta una serie di domande sempre più approfondite ed intime. Io cercavo di risponderle normalmente ma ero attratto da quella ragazza, dal suo modo di fare e soprattutto dal suo corpo. I mobili della cucina non lasciavano molto spazio per cui spesso eravamo costretti a contatti ravvicinati che sembravano essere graditi a entrambi. Anzi era proprio lei a provocarmi, chinandosi a prendere i pomodori nel frigo e mostrandomi il culo in tutta la sua bellezza, oppure passandomi con le tette sotto il naso per appoggiare l’olio e l’aceto nella credenza.
“Sei bravo in cucina” mi disse quando il pranzo fu pronto “Proprio un uomo da sposare, o quanto meno da portarsi a letto…” aggiunse sottovoce per non farsi sentire da Paola e dalle bimbe.
Da quel momento l’obiettivo della mia vacanza era fissato: scoparmi Jenny. Il problema erano le bimbe ma ci avrei pensato dopo.

Terminato il pranzo Paola e Jenny mi diedero una mano a sparecchiare e mi invitarono ad andare nel pomeriggio in spiaggia con loro.
“Oggi è il primo giorno, penso che noi rimarremo in piscina” risposi declinando l’invito.
“Allora ti lascio il mio numero di telefono, così se dovessi cambiare idea puoi raggiungerci” si affrettò a dirmi Jenny dettandomi quelle preziose cifre che ci avrebbero permesso di messaggiarci in segreto.
Rimasto solo in piscina, mentre le figlie giocavano tra di loro, inviai subito un sms per sondare il terreno a Jenny: “Ciao, mi ha fatto molto piacere conoscerti. Spero ci rivedremo in questi giorni. Bacio”
La risposta fu molto meno diplomatica: “Paola mi aveva raccontato che aveva un vicino di casa bonazzo, ma non immaginavo tanto. Non vedo l’ora di scopare con te. Se puoi ci vediamo stanotte!”
“Non pensavo Paola mi avesse mai notato e comunque anche tu mi piaci da impazzire e anch’io vorrei scopare con te. Dovremmo organizzarci” le scrissi mentre sentivo il cazzo indurirsi a questa prospettiva.
“Adesso sono in spiaggia e al solo pensiero mi sono già bagnata. Vorrei avere il tuo uccello fra le gambe”
Andammo avanti scambiandoci messaggi di questo tenore e sempre più hot per una buona mezzoretta. Oramai pensavo solo a dove, come e quando avrei potuto scoparmi Jenny. Non vedevo limiti o problemi.
“Stasera devo uscire a cena con Paola ed alcuni suoi amici. Poi loro vorranno sicuramente andare e ballare ma io dirò che non mi sento bene e tornerò all’appartamento da sola. Spero di trovarti sveglio…” fu il suo ultimo messaggio.
“Ti aspetterò in piedi” fu il mio.

Quella sera guardai un paio di cartoni animati alla televisione, lessi un paio di favole alle bimbe e poi le misi a letto confidando sul fatto che, dopo una prima giornata al mare così intensa, sicuramente avrebbero dormito fino al mattino seguente di un bel sonno profondo.
Dall’appartamento vicino nessun rumore. Avevo sentito uscire le ragazze verso le 21.00 per cui avevo tempo per farmi una bella doccia prima che Jenny tornasse come mi aveva promesso. Mi preparai indossando un paio di jeans slavati ed una camicia di lino bianca. Restai scalzo, tanto dovevo restare in casa. Spensi tutte le luci e accesi un paio di candele alla citronella per creare un po’ di atmosfera e tenere lontane le zanzare. Mi sdraiai sul divano e iniziai ad aspettare cercando di immaginare come si sarebbe svolto l’incontro con Jenny.

Passarono un paio di ore, stavo quasi per addormentarmi, quando il display del mio telefonino si illuminò.
“Sto arrivando. Cinque minuti e sono lì”.
“La porta è socchiusa, entra pure. Le figlie stanno dormendo al piano superiore, cerchiamo di non fare rumore”.
Mi sistemai un attimo e la attesi sul divano alla flebile luce delle candele.
Sentii il ticchettio dei tacchi che si avvicinavano e la porta che si apriva. Mi giunse prima il suo profumo e poi la vidi. Era inguainata in un vestito di pelle senza spalline che le arrivava fin sopra il ginocchio, con tutta una serie di lacci che si intrecciavano lungo i fianchi. Un collarino borchiato faceva pendant con l’abito. Si era trasformata in una dark woman cui mancava solo il frustino. Si tolse le scarpe tacco 12 per non fare rumore e nella penombra mi si avvicinò.
“Buonasera caro. Non vedevo l’ora di rivederti!” mi sussurrò sistemandosi a cavalcioni sulle mie gambe. Avevo le sue tette straripanti davanti agli occhi. Il suo corpo caldo sulle ginocchia. L’uccello che scoppiava. Una voglia matta di scoparla senza freni.
“Anch’io” furono le sole parole che uscirono dalla mia bocca.

Mi prese per i capelli ed iniziò a baciarmi con foga. Mi infilò la lingua e cominciò a rotearla come un vortice. Alternava baci e morsi sulle labbra, sul collo, sul petto. Cercavo di tenerle testa ma era una furia. Io temevo di fare troppo rumore ma non ci faceva caso. Mentre io le stringevo le tette sotto la pelle del vestito mi tolse la camicia, graffiandomi con le unghie affilata le spalle e le braccia. Godeva nel torturarmi sapendo che non potevo urlare.
“Spogliami” mi ordinò
Iniziai a sciogliere i lacci del vestito che si apriva man mano lasciando intravvedere le sue curve generose. Non aveva mutandine e restò completamente nuda. Mi tuffai con le labbra sui suoi capezzoli, li ciucciai, li leccai, li feci diventare dritti e turgidi. Mi lasciò fare ma poi si mise in ginocchio e mi fece alzare in piedi.
“Voglio il tuo cazzo” disse sottovoce e cominciò a sbottonarmi i jeans mentre con l’altra mano saggiava le dimensioni del mio pacco.
“E’ da oggi pomeriggio che sogno di prendertelo in bocca” aggiunse mentre lo faceva scomparire tra le labbra carnose.

Ero immobile. Con un lato del cervello pensavo alle bimbe che stavano dormendo nella camera al piano di sopra, sperando non si svegliassero per nulla al mondo; con l’altro mi stavo godendo uno dei pompini più inaspettati e straordinari di cui avevo memoria.
Jenny si era accovacciata sul pavimento e da sotto mi leccava le palle, lo scroto, con una mano mi segava l’uccello, poi se lo ficcava in gola mentre con l’altra mi aveva infilato un dito nel culo. La guardavo e ammiravo la sua arte. Saliva con la lingua lungo l’asta fino alla cappella, ci girava attorno, la insalivava per bene e poi lo inghiottiva. Andava su e giù con la testa mentre con le mani si aiutava stringendolo alla base e dandogli sempre una mezza torsione risalendo. Non ci voleva molto per sborrarle in bocca ma mi trattenni.
“Aspetta” la interruppi un attimo “Fai assaggiare anche a me”.

Tirai giù i cuscini dal divano, la feci sdraiare supina ed iniziai un bel lavoro di lingua sulla sua figa calda. Mi piaceva averla sotto di me perché avevo il controllo del suo corpo. Era abbondante e morbida. Una cagna in calore che ad ogni leccata mugolava di piacere. Non potevo permettermi che urlasse per cui le misi tre dita nella bocca affinchè l’avesse impegnata a ciucciare e stesse zitta e tre dita nella figa per stimolarle ancora un po’ il clitoride.
Quando sentii la mano impregnata dei suoi umori la sfilai, le puntai contro la cappella e le infilai l’uccello in tutta la sua lunghezza, tappandole la bocca. Cominciai a sbatterla sempre più forte. Le tette ballonzolavano avanti e indietro seguendo il ritmo delle mie spinte. Il cazzo entrava ed usciva dalla vagina mentre le palle sbattevano contro le sue chiappe. Le tenevo la bocca sigillata. Vedevo i suoi occhi che mi imploravano di non smettere, di spingere sempre più forte, sempre più dentro. Il suo corpo fremeva. Con le mani mi stringeva a sé tenendomi per i fianchi. Accelerai il ritmo e un attimo prima di venire sfilai il cazzo dalla figa e con una serie di getti generosi cominciai a sborrarle sulle tette, sui capezzoli, sul viso. Solo a quel punto tolsi la mano dalla sua bocca per darle modo di leccare e ingoiare il mio seme.

“Con la lingua e col cazzo sei un mago” mi disse Jenny sorridendo dopo aver ripulito tutto per bene.
“E tu una vera fata” le risposi.
Ma proprio in quell’istante sentii una porta che si apriva al piano superiore.
“Con chi parli papino?” era la voce della figlia più grande.
“Dormi tesoro, sto parlando con la fatina che, se facciamo i bravi, tornerà a trovarci anche domani e per il resto della settimana”...







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