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SETTIMANA BIANCA: L’INFRMIERA DELLA VAL GARDENA


di Membro VIP di Annunci69.it Shoganai65
27.12.2021    |    15.070    |    9 9.7
"Avevo solo la camicia del pigiama ed un paio di boxer..."
Ero bloccato a letto. Una brutta caduta sulle piste da sci mi aveva procurato una distorsione al ginocchio della gamba destra e una lussazione alla spalla sinistra. Dovevo starmene a riposo per almeno una settimana. D’altra parte non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto, da solo, per andare in bagno.

Avevo prenotato per tutte le vacanze di Natale una camera singola presso un Hotel 4**** S, con centro Wellness e SPA, nel cuore della Val Gardena, confidando di sciare giornate intere per poi rigenerarmi tra saune e piscine, ed ora invece mi toccava guardare gli sciatori dalla finestra della stanza che dava direttamente sulle piste.
Che rabbia! Che imprudente che ero stato…
Per fortuna i soccorsi sulle piste erano giunti in un attimo ed al pronto soccorso mi avevano curato prontamente, con precisione teutonica.

Bussarono alla porta.
“Posso entrare?” disse una voce femminile.
“Prego, entri pure. Io sono a letto e non posso muovermi…” risposi.
Sentii il rumore della chiave elettronica e dei passi leggeri sul pavimento in legno dell’anticamera.
“Buongiorno sono Elizabeth. Sono l’infermiera che aveva richiesto alla concierge. Lavoro presso una cooperativa di servizi. Sono venuta a verificare di persona le sue condizioni per capire se posso esserle utile e se le posso andare bene” mi raccontò decisa.

Io in realtà ero ancora abbagliato dalla bellezza di Elizabeth.
Avrà avuto 35 anni pensai. Bionda, un taglio a caschetto con frangetta, occhi verdi, un sorriso dolce e rassicurante, un fisico rotondo ma sodo e con le curve ben distribuite.
Nella sfiga c’era comunque qualcosa di positivo, mi dissi, “bisogna sempre guardare il bicchiere mezzo pieno!”.

“Grazie Elizabeth per essere venuta così velocemente e di persona. In effetti non sapevo a chi rivolgermi. Ho avuto questo brutto incidente sugli sci, sono quassù da solo e non riesco a muovermi autonomamente. Per questo ho chiesto nella hall se sapevano indicarmi qualche persona di fiducia che potesse essermi utile. Devo dire che sono stati molto celeri e hanno colto al volo le mie esigenze, e anche i miei gusti…” aggiunsi al termine abbozzando un sorriso.
“Allora il mio compito sarà quello di assicurare il suo benessere, fisico e psicologico, a 360 gradi” rispose con un sorriso altrettanto sornione. “Le dico subito che la tariffa come infermiera è di 200 euro al giorno, più eventuali extra da valutare caso per caso…” chiarì subito il concetto.
“Vorrà dire che i soldi risparmiati, dello skipass e dei vari bombardini, dovrò investirli in altre forme di piacere…” proclamai, riflettendo su come le situazioni, i progetti, gli stati d’animo, possano cambiare da un momento all’altro: dieci minuti prima imprecavo contro la malasorte che mi aveva fatto cadere ed ora nella mia mente già pregustavo i dolci e sensuali trattamenti della mia infermiera personale, Elizabeth.

“Mi diceva che non riesce ad alzarsi da solo. Che ne dice se per prima cosa l’accompagno in bagno e la aiuto a lavarsi? Per guarire in fretta bisogna curare soprattutto l’aspetto e poi la mente” disse alzando le coperte dal letto.
“Sono pronto ad eseguire i suoi ordini se mi dà una mano…” le risposi porgendole la destra, quella della parte sana.

Avevo solo la camicia del pigiama ed un paio di boxer. Il mio uccello fino a quel momento era rimasto a riposo, formando comunque un bel pacco che Elizabeth notò con la coda dell’occhio. Quello sguardo finì per accendere una miccia nella mia mente che si propagò fino alla cappella. Nel breve cammino dal letto alla toilette ebbi un’erezione consistente.
“Posso lasciarla in piedi un attimo qui da solo o ha bisogno che glielo indirizzi io per fare centro nel water?” mi chiese alla vista del cazzo che puntava dritto verso l’alto.
Non ero imbarazzato, anzi ero quasi divertito dalla situazione. Se dovevamo iniziare a giocare era meglio farlo sin da subito.
“Se vuole che mi regga con una mano e non vuole che la pipì la spari sul soffitto penso sarebbe meglio mi aiutasse nel puntamento…” dissi sorridendo.
“Mi sa che mi dovrò abituare, tanto vale cominciare… E comunque devo ammettere che non è un gran sacrificio” aggiunse mentre con la mano calda e ferma prendeva il mio uccello alla base e, dopo averlo lentamente rilassato con un massaggio, lo puntò verso il basso. “Adesso può lasciarsi andare e fare pipì. Io glielo tengo fermo” e restò così, impassibile, mentre io urinavo con gli occhi chiusi, provando un piacere inconsueto.

“Cosa dice se adesso gli diamo una bella lavata?” mi propose non appena terminato la minzione. “Si segga su questa panca e attento a non scivolare”.
Mi sedetti a fatica e, riflessa nello specchio, la vidi trafficare in una borsa che aveva lasciato in camera.
Tornò con in mano un panno/asciugamano, un paio di flaconcini contenenti detergente liquido ed un olio profumato per massaggi.
“Vedrà che dopo questo trattamento si sentirà più rilassato e tranquillo per un po’…” mi assicurò sfilandomi i boxer e lasciandomi nudo dalla cintola in giù.

“Prese il panno, ci versò una goccia di detergente profumato al muschio, lo mise sotto l’acqua calda e poi cominciò a passarmelo con la mano aperta e lentamente sull’inguine, nell’interno coscia, attorno allo scroto… Poi lo passò nuovamente sotto l’acqua tiepida e iniziò a massaggiarmi le palle, con dolcezza, guardandomi negli occhi per capire le mie emozioni.
Devo dire che la cosa mi stava procurando molto piacere: un mix di rilassamento e di eccitazione. Se mi concentravo solo sulla sensazione fisica provavo serenità, mi lasciavo andare, poi però subentrava la mente che vedeva oltre e volava lontana con la fantasia… La diretta conseguenza fu l’uccello che tornò ad impennarsi sotto il suo sguardo soddisfatto.

Inzuppò il solito panno con acqua calda e detergente e cominciò a passarlo lungo l’asta, dalla base fino al glande, su e giù, avvolgendolo, stringendolo e poi diminuendo la stretta, liberando la cappella e poi facendola sparire nel concavo della sua mano. Che goduria!!! Non mi ricordavo neanche più della spalla e del ginocchio offesi. Mi gustavo quella sega con tutto il corpo e la mente.

Il bello però doveva ancora venire. Prese il flaconcino dell’olio e me lo versò proprio in cima al glande. Ne lasciò colare parecchio lungo il cazzo, sulle palle e poi mise la mano a cucchiaio per raccogliere quello in più che colava. Ripetè il massaggio di prima ma questa volta era più voluttuoso. Usava entrambe le mani, a volte come se stesse pregando, altre volte tenendo la base con una e torcendo l’asta con la seconda. Ci sapeva maledettamente fare! Con la punta delle dita mi tamburellava lo scroto, i testicoli, provocandomi delle scosse brevi ma intense. Oramai avevo il cazzo enorme, gonfio e duro, lubrificato e scintillante per l’olio che lo copriva da cima a fondo.

“Manca solo il tocco finale!” sussurrò Elizabeth socchiudendo la bocca e mostrandomi la punta della lingua.
Non ci potevo credere. Non so se è un trattamento consigliato nei manuali di infermieristica ma, dopo averlo provato, io lo introdurrei come materia obbligatoria, come prassi necessaria nei casi di riabilitazione fisico/psichica.
Si avventò sulla mia cappella oramai prossima ad esplodere e cominciò a mitragliarla con la punta della lingua e poi a leccarla appassionatamente. Io nel frattempo mi tenevo aggrappato, con l’unico arto superiore sano, al calorifero a parete del bagno. Avrei voluto accompagnare il suo pompino con la mano sulla nuca, tirandola per i capelli biondi, ma avevo paura di cadere dalla panca e di interrompere quel momento magico. Lo stava ciucciando egregiamente. Non sentivo più dolori, ero in estasi. Elizabeth in ginocchio si stava inghiottendo il mio uccello con risucchi sempre più profondi e caldi. Le mani tiravano verso il basso e la bocca lo assaporava in tutta la sua lunghezza e grossezza.
Io oramai ero pronto ad esplodere. La avvisai ma non si ritrasse, anzi. Diede ancora due belle spinte decise e mi fece venire accogliendomi nella sua bocca. Sborrai, sborrai e continuai a sborrarle in gola fino a quando non ne ebbi più neppure una goccia. In tutto quel tempo non lo aveva lasciato nemmeno per un attimo.

Una volta che ebbi terminato di sborrare si pulì il viso con un asciugamano, si rialzò e mi diede un bacio sulla guancia.
“La prima parte del percorso riabilitativo mi sembra sia andata bene. Vedrà che nei prossimi giorni faremo ulteriori progressi e la sua convalescenza non sarà poi così lunga e triste come se l’era immaginata. Adesso che ne dice però se la riaccompagno a letto? Avrà bisogno di molte energie nei prossimi giorni…”
Al momento non seppi se prendere quelle parole di Elizabeth come una promessa o una minaccia. Non mi restava che attendere fiducioso.



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