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Gay & Bisex

cugino perverso


di pirlino
10.05.2023    |    22.913    |    15 9.8
"Mi seguì ad una certa distanza, appena fummo sufficientemente lontani, fuori da occhi indiscreti, mi fermai..."
Mio cugino Mario aveva sei anni più di me. Ci incontravamo un paio di mesi all'anno, quando le nostre famiglie ci mandavano al paese, in estate.
Io pendevo dalle suo labbra, in realtà ero il suo zerbino, mi trattava da moccioso, mi chiamava, anche davanti ai suoi amici, fighetta e femminuccia perché oltre ad essere il più piccolo della compagnia ero anche piagnucoloso ed in difficoltà con i loro giochi un po' rudi.
Però poteva permetterselo solo Mario, se qualcun altro si permetteva di offendermi aveva a che fare con lui, che era grande e grosso. Mario sapeva che a me piaceva fare la troietta.
Il nostro rapporto, in realtà, era un po' morboso. La prima volta che glielo presi in mano eravamo a fare una scampagnate con tutta la famiglia, genitori, zii, nipoti, sorelle fratelli, nonni, tutti. Eravamo in un prato, sul limitare di un bosco, lui mi disse di andare con lui.
"Devo pisciare, vieni". Ci addentrammo per un centinaio di metri, si fermo' e disse
"Ora tiramelo fuori e me lo reggerai mentre la faccio, poi lo scrolli". Obbedii, lo facevo sempre. Mi piaceva farlo, con la testa gli arrivavo allo stomaco, slacciai i jeans, gli abbassai le mutande, era un bel cazzo, lungo e nodoso.
"Dai che mi scappa", allora lo afferrai e lo diressi verso terra, pisciò abbondantemente, poi glielo scrollai come aveva chiesto e lo rimisi dentro.
Divenne un'abitudine, ogni volta che era possibile facevamo questa cosa, anche in compagnia, se gli scappava si andava in due cercando di non dare nell'occhio.
Questa cosa andò avanti un paio di estate. Volevo tanto prenderlo in bocca o nel culo, ma lui non voleva fare altro con me, forse perche' eravamo cugini. Una giorno pero', come al solito, mentre eravamo a tavola a pranzare, mi fece un cenno, oramai sapevo cosa dovevo fare. Andammo nelle frasche, e dopo averglielo tirato fuori, fece una bella pisciata.
Dopo che gliel'ebbi scrollato, disse: "Aspetta, resta lì, muovi la mano, avanti e indietro... ah... bravo così". Non era la prima volta che glielo stringevo da duro, era già capitato che mi si ingrossasse in mano ma poi, lui, mi aveva mandato via e aveva fatto da solo.
Lo stavo masturbando, nel frattempo lui mi accarezzava il culo, con la mano infilata nei pantaloncini. Gli abbondanti schizzi mi sorpresero, assieme ai suoi gemiti, gli domandai se gli era piaciuto, e lui mi sorrise, dandomi una pacca sul culetto.
Fu la prima estate di seghe, alcune le tirai anche al suo amico Riccardo che era venuto a trovarlo dalla loro città, restando una settimana.
Saltammo un'estate, per problemi familiari non potemmo andare, così non incontrai Mario. In compenso mi diedi da fare con i miei amichetti e vari uomini maturi della mia citta'.
Quando ci rivedemmo, ai primi di luglio dell’anno dopo, mi fecero tutti un sacco di feste, mi dissero che ero cresciuto. In realtà mi ero alzato, di più che per la mia età, ma in maniera strana, non molto mascolina, peli non se ne vedevano e le dimensioni del mio pisello erano decisamente insignificanti. Comunque ero ancora molto, molto giovane.
A modo suo, anche mio cugino Mario mi fece i complimenti, i miei pantaloncini corti fecero effetto: “Cavolo, che fighetta che sei diventato, gambe lisce ed il culo rotondo. Proprio una femminuccia”. Questa cosa sembrava arraparlo parecchio, trovò il modo di farsi fare subito una sega, però volle che mi calassi i pantaloni per guardarmi il culo che trovò bellissimo.
Mi sporcai la mano di sborra, me la fece leccare, inizialmente non volevo farlo ma lui mi disse di abituarmi che aveva in mente “grandi cose per me”. Dopo dovetti chiedere ai nonni se potevo dormire con lui, per fargli compagnia, loro accettarono di buon grado.
Aveva organizzato tutto. Lui aveva a disposizione una camera dell’ala più vecchia della grande masseria, dietro al fienile, lì non ci viveva nessun altro, era, praticamente, un’altra casa. Dopo cena mi portò in paese con lui, commentò con i suoi amici il mio aspetto, tutti loro pensavano che io fossi una femmina sbagliata, e alcuni mi palpavano il culetto.
Tra l’altro c’erano anche alcune ragazzotte, delle belle villeggianti in minigonna o mini shorts, facevano arrapare tutti ma non la davano a nessuno. Questo contribuiva ad alzare la temperatura e la loro libidine nei miei riguardi.
Verso l’una, mentre tornavamo a casa non pronunciò una parola, si vedeva che era carico, ogni tanto mi accarezzava la schiena per poi scendere giù, fino al culo.
Quando arrivammo non c’era più nessuno, filammo in camera. Appena dentro chiuse a chiave, poi: “Spogliati”. Mi ci volle poco, era caldo, la canottierina e i pantaloncini volarono via. I minuscoli slip fecero la stessa fine. “Adesso metti questa”. Mi porse, piuttosto solennemente, una minuscola sottoveste trasparente, rosa pallido, molto corta. Sembrava datata, probabilmente l’aveva trovata in qualche vecchio armadio.
Ero piuttosto confuso, ma l’indossai senza fare commenti.
La perversione di mio cugino non aveva limiti, si denudò anche lui, mi abbracciò, poi mi baciò sulla bocca, insinuò la lingua fra le mie labbra, io le dischiusi e lui la spinse dentro, istintivamente gliela succhiai, parve piacergli molto. Mi resi conto che piaceva anche a me.
Limonammo ancora per qualche istante, mi accorsi che ce l’aveva durissimo e glielo afferrai, iniziando a masturbarlo come facevo sempre. “Aspetta, andiamo sul letto”.
“Si Mario”. Ero sdraiato sulla schiena, la sottoveste era andata su, arrotolata sopra l’ombelico, lui torreggiava sopra di me. “Si, così, voglio guardarti negli occhi mentre ti faccio donna”. Oltre ad una grande libidine si leggeva nel suo sguardo un gran divertimento. Msu le gai tirò mbe, fino quasi a piegarmi in due, il buco del culo intonso completamente scoperto. “Adesso, piccola, mi chiavo il tuo culo”.
Avevo gli occhi sgranati, realizzai cosa stava succedendo quando mi sputò sull’orifizio e fece colare della saliva sulla cappellona congestionata. “Fai piano… piano…”. Lo implorai.
“Si che faccio piano, vedrai, ti piacerà essere la mia troia”.
Nel frattempo aveva infilato dentro un dito e lo muoveva avanti e indietro: “Dimmi che ti piace”. “Si, cuginetto, mi piace, non aspettavo altro”. Era vero. Tolse in dito e mi penetrò con il suo membro, durissimo. Quando entrò ebbi la sensazione che qualcosa si stesse allargando, staccando, come quando apri il velcro, straaaap….
Gemetti, perché provai dolore, forte ma sopportabile, vi era in me fin da quella giovane età una naturale predisposizione per il cazzo, ma questo era davvero doppio.
Lo spinse dentro fino in fondo, il cuginetto. “Mamma mia quanto è stretto, che belloooo!”esclamò, estasiato. Ansimando. pompava, ormai senza alcun freno, un gemito mi usciva dalla bocca, lieve ma continuo. Come un sibilo. Sarebbe diventata una mia caratteristica. Gemito inizialmente di dolore, ma poi di piacere.
Era una cosa certamente fisica ma soprattutto cerebrale, adesso ero “completamente” del mio amato cugino, una sua proprietà, il suo buco. “Ora che ti ho aperto per bene, voglio finire alla pecorina”. Mi girai, volenteroso, nonostante tutto fece ancora un po’ fatica per mettermelo dentro nuovamente. Mi teneva per i fianchi e pompava, voleva sentire il rumore dello schiaffo, del suo ventre che picchiava sul mio culo. Splat, splat, dieci minuti dopo
“Vengo, vengo! Ahhhhh! ” mi schizzò nel profondo “La senti, la senti?”
“Si Mario, la sento… mi sta allagando dentro” risposi. “Menatelo, dai, prima che lo tiro fuori”. Lo feci, non ci misi molto a venire, fu una delle piu' belle seghe della mia vita e me la feci col cazzo di mio cugino nel culo. “Uhhiiii!” fu forte, quasi doloroso.
In seguito avrei imparato che l’orgasmo col cazzo nel culo era molto più intenso di quello normale. Vabbè, poi sarei venuto anche solo con l’inculata, senza toccarmi, ma questo più avanti, quando il piacere del prenderlo nel culo sarebbe diventato intensissimo. Mi porto' in bagno subito dopo. Gli ressi il cazzo mentre pisciava e poi glielo lavai nel lavandino del bagno, dopo cercai di espellere la sborra, seduto sul water e lui me lo mise in bocca. Nemmeno 5 minuti dopo mi sborro' in gola, e la bevvi tutta, era bella calda e densa.
Andammo a letto assieme, ancora nudi. Dormimmo alcune ore. Ma non era di certo finita.
Ad un certo punto mi svegliai, era giorno, il sole già si intrufolava potente dalle finestre aperte, eravamo al primo piano ma in alto, sotto di noi c’era la stalla, il soffitto elevato di almeno quattro metri. Ero su un fianco, col culo all’indietro, il cazzo di acciaio di Mario in piena erezione mattutina, appoggiato ad una chiappa, sulla sottoveste che si era incastrata sotto di me. Ad un certo punto iniziò ad armeggiare, tirò forte la sottoveste, mi scoprì il culo, si sputò sulle dita, poi mi bagnò il buchetto infiammato, dopo se le passò sulla cappella. Cominciò a scoparmi di nuovo, con voce flebile ed assonnata gli dissi di fare piano perché il pertugio bruciava ancora dalla sera prima, però mi piaceva quella posizione, ad incastro, lui mi abbracciava ed il suo corpo aderiva completamente al mio.
Penetrò lentamente, centimetro dopo centimetro. Il rumore del nostro respiro, affannoso ed eccitato, si mescolava al rumore che arrivava da fuori, prodotto dagli uccelli, dalle cicale, dai galli che non la finivano mai. Terminò senza pronunciare una parola. Ci mise parecchio, dopo le due sborrate della sera prima, inoltre fece con calma, senza foga, gustandosi ogni istante. Me li gustai anch’io, furono quelle prime inculate a farmi capire quanto godevo ad essere preso, coperto, sovrastato, penetrato dal maschio, quanto fossi femminuccia sottomessa. Quando schizzò gemette forte, mentre mi mordeva la spalla stringendomi.
Io provai il piacere di sentirlo venire, scaricarsi dentro di me, della sua sborra.
Dopo restò lì, ancora profondamente dentro. “Non ho ancora pisciato, devo farla”, le sue prime parole. “Va bene, andiamo”. Io intendevo che ci saremo alzati e come al solito io glielo avrei tenuto in mano mentre orinava, ma lui la mollò, dentro, giù in fondo al mio culo.
“Ah! Cavolo, Mario, cosa fai.” mi lamentai io.“Sss, cuginetto, vedrai che poi ti piace… ahh!”.
Sentivo caldo dentro la pancia, che pian piano si riempiva. Ne fece un casino, del resto era la pisciata mattutina, la più copiosa. “Sto finendo, mentre lo sfilo tu stringi forte, altrimenti si bagna il letto”. Lo tirò via, io tenevo stretto, filai in bagno con dei brevi passettini e le chiappe contratte. Mentre mi liberavo pisciavo anch’io, liquido davanti e dietro, da dove usciva anche tutto il resto, Mario stava sulla porta ad osservarmi.
“Uhee! Siete ancora a dormire, sbrigatevi, che si va giù al fiume” questo era il padre di Mario che strillava da sotto la finestra.
“Si, zio, arriviamo” risposi mentre mi lavavo sul bidet, a gambe larghe, da brava zoccoletta appena montata. Durante la colazione dovetti tornare di corsa in bagno, ero ancora smosso. Mia nonna e poi mia madre mi domandarono cosa avevo: “Non so” risposi, dissero che forse dipendeva dalle bibite fredde che avevo bevuto.
Confermai, beh, mica potevo parlargli del clistere di pipì che mi aveva propinato Mario!
Al fiume riuscimmo a stare tranquilli per un po', addirittura Mario andò a pisciare da solo, senza portarmi con lui.
Tra l'altro, io indossavo un paio di slippini rossi, un costumino risalente da un paio di anni prima, che avevo lasciato lì, senza portarne altri.
Mi copriva appena le chiappette. Proprio per questo mi piaceva indossarlo, adesso so perché, mi faceva sentire femmina. Quando facevo il bagno l'acqua fresca mi entrava nel buco del culo, ancora aperto. Ero un po’ arrabbiato con lui, la sua indifferenza mi dava veramente fastidio. Pensai che, probabilmente, era appagato dopo avermi rotto il culo, e non mi voleva più. Nonostante questo, appena mi chiamò per andare a fare il solito giretto, scattai come un gatto. Infilai le scarpe da ginnastica e con il solo costumino addosso mi infilai nella selva. Mi seguì ad una certa distanza, appena fummo sufficientemente lontani, fuori da occhi indiscreti, mi fermai. Appena mi fu vicino gli saltai letteralmente addosso, ci baciammo appassionatamente. Spinsi la mano dentro ai suoi bermuda ed iniziai a masturbarlo furiosamente, poi mi girai, e mi abbassai le mutandine, porgendogli il culo.
“Brava, da oggi per me sei Rosa, quando saremo soli ti chiamerò sempre così. Però adesso facciamo un'altra cosa”. Calati i bermuda si appoggiò ad un albero con le gambe leggermente divaricate. “Inginocchiati… bene, il costume lascialo giù, è più bello… bacialo… siiii…. così, le palle… brava Rosa… brava… dai… la lingua… ah… leccalo, come un gelato… attorno… la cappella...”. Seguivo alla lettera i suoi ordini, quando spalancai le labbra e lo presi in bocca ebbe un moto di piacere che si dovette reggere al tronco, gli tremavano le gambe. Era buono, il cazzo, salato ma dolce allo stesso tempo.
Mi disse di succhiare, venne dopo un paio di minuti. La sua mano sulla nuca, deglutii velocemente e mandai giù. Ora facevo tutto. Lo tenni ancora un po’ in bocca, restando in ginocchio. Lui sapeva cosa stava per succedere, io aspettavo. Il getto caldo mi arrivò in bocca, istintivamente mi tirai indietro, chiusi gli occhi ma, contemporaneamente, deglutii per mandarla giù. Era aspra, forte. Adesso mi stava pisciando in faccia ed io stavo lì a prendermela, anzi, dischiusi la bocca e ingoiai ancora.
Raggiante, mi confidò che questa cosa lo arrapava tantissimo quasi quanto farmela nel culo. Scolò le ultime gocce, ci gettammo nel fiume per lavare via tutto quanto, poi tornammo dagli altri. Ritornammo in camera e mi disse che voleva vedermi essere inculato da un suo carissimo amico a cui aveva svelato il nostro segreto. Mi promise che ci sarebbe stato anche lui per essere sicuro che venissi trattato bene, ma io invece pensavo che voleva inchiappettarmi anche lui in un triangolo perverso. Non seppi dirgli di no. Fu cosi che venni inculato anche da Riccardo, il suo amico che era anche piu' perverso di Mario.
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