Maz & Morix - 4 - Il mattino ha l'oro ... sulle natiche!

La mattina dopo, Carlotta, ancora sconvolta per l’esperienza della sera precedente, si recò in bagno, dimenticando però di chiudere la porta. Maz, colpito dall’immagine di lei seduta sulla tazza mentre faceva pipì, entro salutandola: “Buongiorno zia, dormito bene? Io sì, come un bambino … il merito è stato sicuramente del trattamento che ci hai riservato ieri sera”. Mentre parlava, le si pose di fronte, estrasse il membro floscio dal pigiama e lo pose davanti al viso di lei. Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale i loro sguardi si incrociarono in maniera eloquente. “Che vuoi?”, sembravano dire gli occhi di lei “Non ricordi ? Quello di ieri sera. “ Sembravano rispondere quelli di lui. Carlotta, come ipnotizzata, pose la mano sul membro, cominciò a segarlo e, quando ritenne che fosse sufficientemente duro, se lo mise in bocca e cominciò a pompare.

“Ti prego, leccami le palle”, continuò Maz estraendo l’asta dalla bocca di lei e tenendola verso l’alto per favorire il soddisfacimento del suo desiderio. Che non tardo ad essere esaudito. Maz si fece indietro per lasciare a Carlotta lo spazio per piegarsi in avanti, spingere indietro il bacino, abbassare la testa e cominciare a leccargli i testicoli penzolanti. Carlotta, scopertasi affascinata da questo mondo del sesso, levò la mano di lui dal membro, vi mise la propria e cominciò una lenta e inesorabile sega per accompagnare il lavoro ai coglioni. Che ormai succhiava con passione, al punto che Maz non riuscì a trattenersi e si lasciò andare ad una copiosa venuta. Carlotta leccava il seme colante guardando negli occhi il giovane “nipote”. Il quale, ripresosi dal godimento, apri la vestaglia della “zia”, ammirandone il maestoso seno su cui colava dall’alto lo sperma.

E mentre ammirava questo capolavoro della natura, quasi non si accorse neppure di un altro istinto, tipico della mattina appena alzati, e cominciò ad irrorare il corpo di Carlotta con un liquido diverso, meno viscoso, caldo, dal sapore acre. Lei lo lasciò fare, quasi orgogliosa di suscitare il desiderio di un uomo in fondo molto più giovane di lei. Intanto l’urina le colpiva il collo, s’incanalava nella profonda valle formata tra le colline delle tette, passava, appena ristagnando, sul ventre di lei, attraversava il boschetto sul monte di Venere per cascare fragorosa nell’acqua sottostante.
Dalla porta del bagno, senza che i due se ne fossero accorti, Moriz aveva seguito la scena masturbandosi lentamente, senza esagerare, quasi in attesa del suo turno. Ma alla vista della pioggia dorata, non era riuscito a trattenersi. Il grugnito che preannunciò la venuta risveglio l’attenzione dei due. Maz si fece allora da parte, contento di aver consumato di prima mattina, e fu sostituito dal gemello, che con il cazzo e la mano che lo stringeva imbrattati di sborra, si avvicinò alla zia con lo sguardo implorante. “Fai contento anche me”, le disse, poi le avvicinò il membro alla bocca e lasciò che lei, diligentemente, ripulisse tutto con la lingua. Non affondò la mazza in bocca, ma, quando lei ebbe finito, la prese dal water, la condusse nella doccia e aprì l’acqua calda. Poi la voltò con le proprie mani e mentre l’acqua scorreva lungo la schiena nel solco delle natiche, le pisciò sul culo, lasciando che le due acque, quella della doccia e quella della sua vescica, si mescolassero sulle natiche prima di cadere nello scarico.