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ROBY SOTTOMESSA 2


di Aleppe
30.01.2019    |    19.319    |    6 7.9
"Di nuovo lasciai che una forchetta cadesse per terra, ma stavolta dissi: «Roberta, puoi raccoglierla tu?» «Ma io, veramente …» provò ad opporsi lei, ma..."
Disclaimer: questo è un racconto è frutto della pura fantasia e qualsiasi riferimento a persone esistenti è del tutto casuale. Il racconto tratta della sottomissione di una moglie ai desideri di un collega di lavoro. Se questo argomento ripugna le vostre convinzioni morali, per favore, astenetevi dal leggere e commentare il racconto.

«Ciao»,
«Ciao, che vuoi?»,
«Stasera vengo a cena da te.»
«Sei pazzo? Ci saranno mio marito e mia figlia. Cosa gli dico? Non se ne parla proprio.»
«Cosa gli dici non lo so, ma sono cazzi tuoi. Invece se ne parla eccome, anzi, mi raccomando, indossa una gonna corta senza biancheria intima.»
«E perché dovrei vestirmi come dici tu? No, no, se provi a suonare io non ti apro»
«Come vuoi; tra poco ti invio il video del pompino che mi hai fatto l’ultima volta. Non so se tuo marito e tua figlia saranno contenti di vederti.»
«Ancora con questa storia? Guarda che questo è un ricatto bello e buono, quindi se non la finisci ti denuncio alla polizia.»
«Per denunciarmi devi avere le prove. Ma non voglio parlare di questo, voglio solo farti godere come non lo hai fatto mai, e questo passa attraverso la tua accettazione dei miei desideri. Quindi sottomettiti e basta. Ma se proprio insisti, intanto rovino il tuo matrimonio, poi denunciami pure se vuoi.»

Roberta a questo punto sospese la conversazione, ci penso su un po’ e alla fine replicò: «E va bene, vieni a cena, ma guai a te se ti fai scappare che c’è stato qualcosa tra noi.»
Arrivai quando marito e figlia erano seduti sul divano davanti alla tavola apparecchiata guardando il televisore mentre Roberta spadellava ai fornelli. Il soggiorno era separato dalla cucina da un muretto, a fianco del quale stavano gli sgabelli e una tavola in maniera da potervi consumare la colazione. Scambiati i soliti convenevoli, dopo aver assaggiato il prosecco versatomi dal simpatico marito, subito mi offrii per aiutare Roberta in cucina. «No, no, non ti disturbare, siediti comodo sul divano a conversare con i miei familiari», si affrettò a dire Roberta, consapevole che la mia offerta di aiuto non sarebbe stata gratuita. «Ci mancherebbe, sono ospite, ma non voglio approfittarne, voglio fare la mia parte.» risposi affrettando il passo. Subito infilai la mano sotto la gonna corta, per verificare che avesse soddisfatto la mia richiesta e, invero con sorpresa, constatai che non indossava le mutandine. Le palpai allora le sode chiappe, quindi passai a sfruculiarle la fica e stuzzicare il grilletto. Godevo a piene mani di quei morbidi glutei, mentre lei si sforzava di mostrare indifferenza alle mie stimolazioni. Lasciai allora che una posata cadesse per terra e «la raccolgo io», dissi inginocchiandomi a terra. Da quella posizione le sollevai la gonna per portare a nudo il magnifico culo. Dapprima le passai la lingua lungo il solco tra le chiappe, quindi mi divertii a infilarla nel buchetto posteriore ed infine le leccavo abbondantemente la passera ormai fradicia. Non poteva rimanere indifferente a quel trattamento, infatti muoveva la testa di scatto come in preda agli spasimi. «Tutto bene?», chiese allora il marito, «Sì, si» rispose lei, «Ma dov’è Andrea?», «E’ qui che cerca una forchetta che mi è caduta sotto il mobile della cucina. L’hai trovata?» «Eccola», dissi rialzandomi e mostrando la posata che avevo fatto accidentalmente cadere.

Ripresi allora a massaggiare le chiappe di Roberta, ma stavolta estrassi il cazzo dai pantaloni e cominciai a segarmi, il tutto ancora coperto dal muretto che ci nascondeva ai familiari dalla cintola in giù. Afferrai la mano a Roberta e la posi sulla mia asta turgida; all’inizio non voleva, ma poi cedette e cominciò a segarmi sostituendosi alla mia mano destra che così poté tornare a palparle il culo. Di nuovo lasciai che una forchetta cadesse per terra, ma stavolta dissi: «Roberta, puoi raccoglierla tu?» «Ma io, veramente …» provò ad opporsi lei, ma spingendola con la mano sulla spalla le dimostrai chiaramente le mie intenzioni. Che lei capì, infatti si inginocchio davanti al mio cazzo, che si fermò a guardare incantata con le labbra serrate. Cominciai allora a spingere contro la sua bocca, e dopo una, due, tre volte alla fine cedette e lasciò che vi entrasse. Quindi con una mano le afferrai la testa e cominciai a muoverla avanti e indietro in un magnifico bocchino. Lei mi afferrò allora le gambe nude e proseguì l’opera senza che fosse più necessario il mio aiuto. Dopo un po’, estrassi la nerchia e sbattendogliela sul naso, le feci capire che avrei gradito sentirvi sopra la sua lingua. Che non tardò ad arrivare, con un sapiente leccaggio che dalla punta del cazzo arrivava giù, giù fino alle palle.

Forse la sua intenzione era di farmi venire per terminare quel trattamento, tuttavia temendo che il marito potesse insospettirsi per la prolungata assenza della moglie la tirai su e la rimisi ai fornelli con il viso ben rivolto ai familiari. Pronunciò qualche parola di circostanza mentre, sollevatale di nuovo la gonna, le infilai il cazzo nella fica e l’indice nel buco del culo. Dopo poco però estrassi entrambi, puntai la punta del cazzo sul foro posteriore e, con un colpo d’anca, le penetrai l’ano. «Ahi!» urlò Roberta, richiamando l’attenzione dei familiari, fino ad allora lobotomizzati davanti al televisore. «Tutto a posto, non vi preoccupate, mi sono solo scottata un pò», si affrettò a dire lei ed io presi a spingerle il cazzo fuori e dentro dal buco del culo, godendo come un maiale. «Hai il buco slargato. Dì la verità, non è la prima volta che lo prendi di dietro-» le sussurrai all’orecchio mentre piegato glielo avevo ormai infilato dentro fino alle palle. Lei non rispose, dal che capii che avevo indovinato.

Stavo quasi per venire quando ebbi un’idea: afferrai la scodella contenente l’insalata dal banco, estrassi il cazzo ormai palpitante e lasciai che la sborra si riversasse sulla verdura condita. Dopo aver lasciato che sgocciolasse bene, lo asciugai con uno straccio, lo riposi all’interno dei pantaloni, presi le due posate e cominciai a rimestare l’insalata affinché il mio liquido seminale si confondesse con gli altri condimenti. Roberta impallidì, intuendo ma sperando ancora che non fossero quelle le mie intenzioni, ma presto dovette constatare che si era sbagliata, ed infatti io portai a tavola la scodella dell’insalata condita. Quando anche Roberta si sedette, cominciammo a mangiare e, arrivato il momento dell’insalata, con una scusa rigettai l’offerta. Anche Roberta si rifiutò di mangiare, tuttavia i suoi familiari se ne riempirono il piatto, mangiandola con gusto. Mentre guardavo la figlia portarsi le foglie condite con il mio seme in bocca, pregustavo già il momento in cui la mia sborra le sarebbe entrata in bocca direttamente dalla fonte.
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