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Maz & Morix - 1 - Carlotta


di Aleppe
02.03.2014    |    14.679    |    0 8.5
"Capelli biondi, lunghi, lisci, pelle rosa e viso acqua e sapone, ella sembrava l’immagine di ciò che di più naturale esiste al mondo..."
Maz e Morix vivevano in uno squallido appartamento alla periferia della città. Nessuno sapeva perché l’avvocato, un tipetto basso e calvo che ricordava in tutto e per tutto un celebre attore americano, li aveva raccolti ed era diventato il loro tutor. “Ragazzi, da oggi è finita!”, aveva detto l’avvocato di ritorno dallo studio, “domani mi sposo e ci trasferiamo tutti a casa della mia nuova consorte, in campagna”. I due ragazzi, ormai diciottenni, volsero lo sguardo dal televisore e guardarono il loro tutor con aria di diffidenza. Chi avrebbe mai sposato un tipo simile?
Con grande loro sorpresa Carlotta, o “zia Carlotta”, come decisero di chiamarla, era una donna sulla quarantina molto piacente, con tutte le curve al posto giusto, forse un po’ abbondanti anche in virtù dell’età. Capelli biondi, lunghi, lisci, pelle rosa e viso acqua e sapone, ella sembrava l’immagine di ciò che di più naturale esiste al mondo. La sua bella casa di campagna, su più piani, era immersa nel verde e decorate di splendide fioriere. Cosa aveva trovato in quel tipo bruttino, senza capelli sempre col sigaro in bocca? Mistero.
Comunque Maz e Morix furono messi a dormire al piano terra, mentre i novelli sposini dormivano al piano superiore. Da cui, già la prima notte di nozze, cominciarono a sentirsi strani rumori. Che incuriosirono i due gemelli. Ah, già, non l’ho detto, Maz e Morix erano gemelli eterozigoti, cappelli e occhi neri e fisico tarchiato Maz e slanciato, biondo e con gli occhi azzurri Morix. Dicevo che, incuriositi, memori di Giannino Stoppani, già dal giorno successivo decisero di praticare un foro nel muro e nel quadro appeso alla parete di fronte all’alcova, per guardare senza essere visti.
La notte successiva, salirono sul comò, rimossero il quadro dall’altra parte della parete e cominciarono a guardare. E non poterono credere ai loro occhi: l’avvocato era nudo in piedi sul letto, zia Carlotta era a quattro zampe con il di lui cazzo piantato bene in bocca. Lui le teneva la testa per i capelli, per impedire che lei mollasse la presa, e la muoveva avanti e indietro per il suo piacere. Lei, poverina, era in debito d’ossigeno, faticava a respirare e si vedeva chiaramente che l’arte del pompino non era il suo forte. “Succhiamelo, pompa, fammelo diventare duro”, con queste frasi lui la obbligava ad uno superbo bocchino, allungando le mani nello sforzo di toccarle le maestose chiappe nude. “Beh, basta così, adesso te lo metto nel culo”, disse lui, togliendole il cazzo dalla bocca e spostandosi dal di lei lato posteriore. “Ti prego, fai piano, mi fa ancora male da ieri”. “Una moglie deve sacrificarsi per il piacere del marito”, rispose sogghignando lui, che sputando sul membro cominciò ad avvicinarlo al buchino proibito. Per un momento fu tregua e la povera Carlotta poté riprendere fiato, ma dopo che lui ebbe ben bene strusciato il cazzo tra il solco delle chiappe, lubrificato il buchino e puntata la cappella, non ci fu niente da fare. Con un colpo secco, penetrò fino alle palle nel di lei sfintere, provocandole un evidente dolore. Solo il lenzuolo che stringeva tra i denti impedì a Carlotta di lanciare un grido, che avrebbe svegliato tutti mettendola in grande imbarazzo.
L’avvocato cominciò a pompare come un forsennato, mentre la donna cercava di assestare la posizione a quattro zampe per ridurre l’impatto dei colpi ricevuti, ma anche permettendo al cazzo di penetrare sempre più in profondità. Pochi minuti dopo, al grido di “vengo, vengo, che magnifica inculata!”, l’avvocato venne, riempendo l’intestino di Carlotta di sborra. Ripresosi, estrasse con calma il cazzo dal foro, scese dal letto e, con gran flemma, pose la cappella gocciolante davanti alle labbra di Carlotta, che non si era ancora ripresa dalla prestazione. Non ci fu bisogno di parole, ma solo di uno sguardo d’intesa. Carlotta sembrava aver già imparato alla prima lezione cosa lui si aspettasse, chiuse gli occhi, avvicino le labbra, diede un bacio sulla cappella … ma sembrava titubante, motivo per cui lui tagliò la classica testa al toro, e le spinse il cazzo in bocca. “Pulisci, da brava”, e quando ebbe finito, si coricò nella sua parte di letto, assolutamente incurante delle di lei esigenze.
Maz e Morix, nel frattempo, si erano masturbati e quando lo sguardo triste di lei, finito il lavoro, si rivolse verso gli occhi del ritratto da dove la osservavano, ebbero l’impressione che anche i loro membri fossero in quella bocca e non riuscirono a trattenersi. Vennero in maniera copiosa, avendo cura però di non lasciare tracce.
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