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Gay & Bisex

Michelle dal dottore


di Michellerimini
03.09.2020    |    14.466    |    13 7.8
"Michelle nata a Berlino (Ost-Berlin) Germania (ex DDR) capelli biondi un po’ mossi, occhi azzurri, pelle bianco-rosastra, alta statura, insomma tutte le..."
Michelle nata a Berlino (Ost-Berlin) Germania (ex DDR) capelli biondi un po’ mossi, occhi azzurri, pelle bianco-rosastra, alta statura, insomma tutte le caratteristiche “nordiche” che poco hanno a che fare con la mia città Rimini, o meglio specificando con il sole d’estate Italiana. Io non mi abbronzo… brucio! Tuttavia, quell’anno sicuro della mia crema protezione 50+ sono rimasto troppo al sole e sono dovuto ricorrere dal dermatologo.
Accompagnato dalla mia mamma siamo arrivati all'ambulatorio e raggiunta la stanza indicataci, ci sedemmo davanti a una porta uguale ad altre decine e attendemmo poco per fortuna, non essendoci altri prima di noi, quando la porta si aprì per far uscire una simpatica vecchina, giunse subito il mio turno e mi alzai per entrare con una certa fretta. Quando fui nell'ambulatorio, salutata appena mia madre, che ricambiò appena occupata com'era con il suo smartphone, mi chiusi rapidamente la porta alle spalle se non che, voltandomi e lanciando uno sguardo alla scrivania, in piedi vicino ad essa vidi per la prima volta nella mia esperienza da “paziente” un dottore giovane. Un doc devo dire molto bello: alto, capelli castani appena brizzolati, occhi verdi nascosti dietro un paio di occhiali eleganti su un fisico per niente simile a quello dei sedentari medici che aveva visto finora. Sinceramente, sperai di avergli fatto un altrettanto bella impressione.
«Michelle, vero? Controllo dermatite per esposizione solare» disse lui con voce forte ed educata, alzando gli occhi da una cartella clinica. «Stenditi sul lettino e finiremo in men che non si dica».
Se sul posto mi avessero tirato una secchiata d'acqua, sarei rimasto meno allibito di quanto rimasi in quel momento. Il cuore cominciò a battermi forte nel petto e l'imbarazzo si palesò sul mio viso arrossandomi le guance. Balbettai prima di riuscire a parlare.
«Aspetti, ma lei è un dottore, di ruolo….».
«Così pare» scherzò lui battendo il dito sul suo cartellino. «sono appena laureato e questa è la mia prima ammissione in Ausl»
«Se questo ti crea imbarazzo, non ho problemi a prenderti un appuntamento con qualcun altro. E stavolta mi assicurerò io stesso che sia un dottore con tanta esperienza».
Sospirai e, lasciandomi cadere su una sedia, mi misi a pensare ai pro e ai contro: rimandare voleva dire aver fatto un viaggio inutile, dover ritornare ancora una volta e rischiare di incasinare i miei programmi; restare, invece, significava farsi esaminare con molta attenzione e toccare praticamente ovunque da un uomo con una quindicina d'anni più di me. Non che fossi imbarazzato per motivi astratti, ma nei giorni di visita indossavo dei capi d'abbigliamento che mi facilitassero il più possibile le operazioni di controllo: una maglietta scura e larga, pantaloni tuta fino al ginocchio a nascondere un perizoma e delle infradito ai piedi. Diciamo che non era proprio la mise che avrei messo per un appuntamento.
«Allora?» mi chiese ancora il gentile dottore vedendomi indeciso.
Aprii la bocca per rispondere un paio di volte, ma balbettai soltanto; almeno finché non notai che nella mia testa i contro stavano diventando incredibilmente piccoli e irrilevanti: non è che non fossi mai stato toccato da un uomo, e volevo soltanto far quello che doveva fare il più in fretta possibile.
«No, va bene lei» dissi allora io alzando una mano. «Non ho proprio voglia di tornare di nuovo».
«Ok» rispose lui sorridendomi e indicandomi il lettino.
La visita in genere si svolse come al solito. Mentre il dottore andava al carrellino per prendere le sue cose, io mi diressi al lettino e, afferrata da due lembi, mi tolsi dalla testa la maglietta, quindi mi tolsi le ciabatte e mi stesi a pancia sotto. Quando il medico si avvicinò a me, allargai le braccia per facilitargli il compito e lui iniziò a far la stessa cosa che avevo visto fare altre volte: con le mani fasciate di guanti e partendo dal collo, iniziò a palparmi ogni centimetro quadrato di pelle. Di tanto in tanto, dove lo riteneva necessario, spalmava delicatamente una piccola dose di gel freddo per avvicinare la lente di ingrandimento e osservare meglio una piccola sezione del mio corpo, e questo avveniva sempre molto spesso.
Il dottore iniziò dalla linea dei capelli, toccandomi delicatamente la nuca, per poi scendere verso il braccio destro sfiorandomi le spalle e i gomiti. Dopo aver completato l'avambraccio e le mani, c'era il primo dei punti delicati, ovvero le ascelle: mi tirò il braccio verso la testa così da avere il mio incavo depilato ben visibile: proprio lì, fu costretto a dare un'occhiata da vicino, e il freddo del gel mi solleticò. Scendendo lungo il fianco non trovò nulla di strano, passò quindi alla mia schiena che guardò accuratamente in lungo e in largo, passandomi un dito lungo la spina dorsale e, spostandomi leggermente l'elastico dei pantaloni, anche in orizzontale. Si spostò infine alla mia sinistra, compiendo più o meno gli stessi gesti sul braccio e sul fianco che aveva già fatto sulla destra.
«Scopri il sedere, gentilmente» mi ordinò lui, mentre un brivido di quello che credevo fosse paura mi salì lungo la schiena al ricordo di quel che portavo al posto di ordinarie mutandine.
«Va bene, dottore» dissi io cercando di essere diplomatico. Continuando a rimanere a pancia sotto, mi tirai lentamente giù il tessuto dei pantaloni fino a scoprire il mio sedere, che come decorazione aveva soltanto uno stretto filo a dividere le due natiche.
«In effetti, è comodo» commentò il medico facendomi ridere.
Non fu tanto mostrarmi in quel modo che causò la mia prima reazione diversa dal solito, quanto piuttosto il momento in cui dovette avvicinarsi al mio sedere e il suo respiro lo sfiorò. Il cuore mi fece un leggero salto in avanti che rese il resto del tempo passato dal dottore a controllarmi un piccolo inferno personale.
«Puoi ricoprirti», passò alle gambe, ben sapendo che il controllo sarebbe continuato verso quella direzione, inizia a compiere il gesto di levarmi le braghe della tuta. Nel frattempo, lo vidi sistemarsi il pacco.. Mi controllò la parte interna delle ginocchia, solleticandomi leggermente, e scese ai polpacci. Mi chiese di sollevare i piedi uno alla volta per osservarne le caviglie e la pianta dei piedi. Lo fece con lentezza.
«Bene, per quanto riguarda la parte retrostante non ci sono problemi» disse alla fine con il tono più professionale avesse, tornando alla scrivania e piegandosi sulla cartella clinica per aggiornarla. «Ora passiamo al davanti».
Tornando da me, che stavo ancora a pancia sotto e più silenzioso di prima, continuò dicendo:
«Se c'è qualcosa che non vuoi scoprire, non c'è problema: se si salta qualche punto una volta tanto, non ci sono problemi».
Io annui senza dire nulla e mi voltai a pancia in su, e il dottore, forse per darmi il tempo di prepararmi mentalmente alla cosa, ripartì dai miei piedi. Lanciò più di un'occhiata al mio perizoma prima di lanciarne una a me, che, ricambiando lo sguardo, non feci nulla per evitarlo. Come non dissi nulla quando, invece di piegarsi sulla dita dei miei piedi, le alzò fino al viso costringendomi così ad allargare le gambe. Lo fece una seconda volta con l'altra gamba e in entrambi i casi mi guardò. Passò quindi alle ginocchia e alle cosce, che continuò ad aprire e chiudere per controllare da ogni lato, ma si bloccò quando dovette salire al mio bacino. Non che oltre ci sarebbe stato un lavoro meno gravoso, dal momento che mancava ancora la mia pancia e inguine.
«Penso che possa…» aveva iniziato a dire il dottore proponendomi di concludere la visita lì, me io l'ho interruppi.
Senza dire una parola, mi tirai il perizoma, quindi lo guardai come per dire: "Non ho capito che ha detto, può ripetere?". La verità è che mi ero eccitato: non è che le altre visite non mi avessero mai suscitato simili emozioni, le mani sul corpo sono sempre mani addosso, il fatto è che, forse perché non avevo fatto sesso da un po’ o probabilmente volevo solo godermi il momento, chissà, non mi ero mai eccitato tanto prima.
Il dottore parve esitare soltanto per un attimo e, tornato al lettino, si chinò sul mio cazzo. Cominciò dal mio ventre e, fece un respiro per come volersi riempire del mio odore, mi prese per i fianchi, mi sollevò e portando tra le dita il gel freddo iniziò a penetrarmi il culo, io mugolai in modo che non potesse essere scambiato per un sospiro di fastidio. Quando si tirò su, il mio cazzo tremava da quanto era carico.
Da steso a pancia in su dov'ero, mi piegai appena verso l'alto gli aprii i pantaloni dai quali usci un cazzo straordinario, non ci pensai due volte e me lo infilai fino in gola. Il bel medico stavolta non sembrò esitare e prese la mia testa e me la mosse avanti e indietro a scoparmi per bene tutta la bocca.
Quando poi sentivo iniziava a “mugolare” pronto per sborrare mi tirò giù dal lettino e steso a novanta mi penetrò con una ingordigia straordinaria.
Leccandomi le labbra, non riuscivo a fermare il mio ansimare e sotto lo sguardo attento di lui che lo alternava tra il mio viso e il mio culo, cominciò a masturbarmi iniziai allora a muovere più forte il bacino al ritmo dei colpi del suo cazzo, gli feci capire che volevo andasse più veloce e lui mi assecondò facendomi emettere un gridolino ancora più forte. Il mio culo iniziò a emettere un rumore di sciacquio, lui si rimuoveva dentro di me in ogni direzione, torturava il mio cazzo da ogni parte, mi carezzava dolcemente nelle assai brevi pause.
Il fuoco dell'orgasmo crebbe nel mio ventre e prese a spargersi da ogni parte; in un momento particolarmente intenso, quando la punta del suo cazzo era così a fondo da baciarmi lo stomaco, gli venni letteralmente tra le mani, e lui non si fermò.
Ansimando per riprendere il respiro, tolse le mani dal mio cazzo e le appoggiò sulle mie: finché non mi inondò completamente dentro, sentivo il suo cazzo pulsare mentre buttava dentro di me sborra su sborra. Bellissimo.
Ci sistemammo al meglio e una volta rivestiti quando il suo bel viso fu davanti al mio, cominciai a baciarlo, orgoglioso di aver realizzato quello che per molti rimarrà solo un sogno erotico celato nella mente.
Uscendo dall'ambulatorio, perfettamente rivestito, anche se un po' sudato, mi rivolsi a mia madre e, sospirando, gli chiesi: «Mamma, come si fa a cambiare il proprio dottore? Adesso voglio solo lui».
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