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UNA POLTRONA PER DUE


di Michellerimini
21.12.2020    |    14.559    |    6 9.5
"Come ebbe liberato lo slip, il mio uccello volò altissimo..."
Avevo quattordici anni circa, anche se il mio fisico magrolino e i miei tratti somatici ne dimostravano meno. Da qualche tempo avevo scoperto il piacere di farmi le seghe e non passava giorno che non me ne facessi almeno una.
Mi piaceva moltissimo menarmi l’uccello. Quando, a volte, immaginavo il momento in cui l’avrei preso in mano per menarmelo lentamente, lo sentivo indurirsi immediatamente negli slip.
Avevo un’erezione rapida e in quegli attimi, sentivo la mia verga che stava terribilmente stretta nelle mutandine slip.
Mi piaceva guardarmi il cazzo. Per me era fantastico. Bel grosso, con una cappella rosa violacea e il contorno dei peli, lungo giusto per debordare dalla mia mano; insomma godevo anche al solo vederlo.
Desideravo tanto condividere questa mia felicità con qualche altro ragazzo che la pensasse come me, ma avevo paura. A scuola tutti i miei compagni si vantavano delle loro conquiste presso le ragazze. Parlavano solo di figa e di tette. Si vantavano di aver scopato questa o quella o di averne sverginata qualcuna, mentre io, ascoltandoli, me li immaginavo nudi, di fronte a me col cazzo dritto mentre io mi spogliavo e mi mettevo altrettanto nudo e col mio uccello in volo, di fronte a loro.
Un uomo nudo è bellissimo. Mi sarebbe piaciuto avvicinarmi al mio lui, toccargli i pettorali, accarezzargli i capezzoli e poi scendere con le mie mani sempre più giù fino a raggiungere il paradiso proibito, il giardino dei peli da dove, al centro, prende il volo, indurendosi come l’acciaio, il più bell’uccello della natura: IL CAZZO.
Avrei voluto così, stendermi con uno di loro, abbracciarlo, baciarlo e baciare il suo cazzo turgido; farmi baciare da lui, farmi palpare le chiappe, farmi mettere un dito nel buco del culo e poi sentire la sua mano vogliosa che prende in mano il mio cazzo e lo accarezza …
Ero sicuro che qualche altro ragazzo la pensasse come me ma avevo troppa paura a rischiare un rifiuto e, de quel momento in poi, un marchio.
Data la mia età, non potevo certo acquistare in edicola riviste per uomini, che vedevo semi esposte e mi attiravano continuamente, scatenando la mia fantasia, né tanto meno potevo presentarmi alla cassa di un cinema a luci rosse.
Così mi accontentavo di un surrogato. Quando i miei genitori si allontanavo e mi lasciavano solo in casa per un po’ di tempo io, mi lanciavo in stanza da letto, dove c’è uno specchio ad altezza persona. Davanti allo specchio iniziavo un lento spogliarello, Iniziando dalla maglietta guardavo con piacere i miei capezzoli e il mio petto che a me pareva ben sagomato. Me lo accarezzavo, mi accarezzavo i capezzoli ed avevo imparato anche a stringermeli, scoprendo il piacere che segue al dolore. Poi, col cazzo che sentivo già duro dentro i miei slippini e che chiedeva prepotentemente di uscire per erigersi in tutta la sua virilità, mi toglievo i pantaloni e poi, sempre guardandomi nello specchio, mi calavo gli slip che non volevano scendere perché trattenuti dalla mia verga ormai dritta e che puntava decisamente sull’elastico delle mutandine. Scendevo ancora finche il cazzo, con uno scatto rapido, fuoriusciva e si piantava dritto sul mio ventre. Allora mi toglievo le scarpe e le calze, prendevo uno sgabello, vi salivo così che la mia testa non si vedesse nello specchio e fingevo che il corpo che vedevo davanti a me fosse di un’altra persona. Che magnifico spettacolo. L’altro, di fronte a me, per il piacere di vedermi nudo, aveva il cazzo dritto, come il mio, ed io, per il gusto di vedere lui, altrettanto avevo l’uccello in volo.
A questo punto riprendevo ad accarezzarmi il petto e i capezzoli, poi mi mettevo di fianco e mi accarezzavo le chiappe mentre il mio dirimpettaio faceva altrettanto. Come lo desideravo! Avvicinavo lo sgabello allo specchio, premevo i miei capezzoli sulla superficie come se avessi il contatto di un abbraccio. Finalmente mi toccavo la minchia, la palpavo e ammiravo il mio partner che faceva altrettanto. Il mio e il suo bastone erano già scappellati, tesi pronti a godere per la sega che stavo per farmi. Passavo la mia mano su quella che, per me, è una bellissima verga; la facevo andare su e giù lentamente, a volte muovendo la mano e molte volte, tenendo la mano ferma, muovendo il bacino come se stessi fottendo il mio compagno, dando dei colpi avanti/indietro come nella più bella inculata che vivevo nella mia fantasia. E così godendo, felice, arrivava il momento in cui il godimento raggiunge il culmine. Sentivo tutta la spinta, il tremito, lo spasimo del cazzo arrivato al culmine della goduria e, con un ultimo colto, me lo facevo sborrare in mano ed una parte, sullo specchio come se l’avessi dato in omaggio al mio partner virtuale.
Un po’ ansante mi piegavo verso lo specchio e con la lingua raccoglievo le gocce di sperma che avevo lanciato in precedenza.
Tutto questo fino a che è capitato quel giovedì.
Un pomeriggio sono andato al cinema. Una multisala. Il locale più piccolo, avrà avuto sessanta posti. Non ricordo il titolo del film. So che il posto prenotato era in ultima fila. C’era poca gente e nessuno nella mia fila. Ero seduto quando è entrato un ragazzo, sui diciotto anni. Se è fermato un momento sull’ingresso, come per vedere dove andare, e poi si è diretto con decisione alla mia fila. E’ entrato ed io mi sono alzato per lasciarlo passare. Passandomi accanto, molto lentamente, ha posato la sua mano destra sulla mia patta e si è soffermato, accarezzandomela, poi ha girato la faccia verso di me e mi ha sorriso, si è seduto proprio nel posto accanto a me. Aveva in mano il biglietto d’ingresso ed ho potuto vedere che il suo numero non era quello del posto che occupava adesso. In quel momento lui ha fatto cadere il biglietto e, chinandosi per raccoglierlo, si è nuovamente appoggiato alla patta sentendo stavolta un certo rigonfiamento causato dalla strusciata precedente. E’ rimasto chinato un po’, ispezionando e palpando con la sinistra, si è rialzato, ha mormorato un “Scusi” e mi ha nuovamente sorriso.
Io ero eccitatissimo. Avevo la grande occasione. Poco dopo le luci si spensero e iniziò il film; contemporaneamente il mio vicino mi mise la sua mano sinistra sulla mia coscia, all’altezza del ginocchio. Anche se eccitato, avevo timore. Ero in luogo pubblico e qualcuno sarebbe potuto accorgersi. Lui iniziò a salire con la mano avvicinandosi sempre più alla mia patta. Il timore unito al desiderio avevano fatto indurire il mio cazzo che stava per scoppiare dentro gli slip. Come far capire al mio vicino che quello che faceva era anche mio desiderio? Pensai di invitarlo allargando le gambe. Lui se ne accorse e con la mano scese lungo la coscia per arrivare alla mia zona inguinale. Continuò ad accarezzare la patta sentendoci sotto il cazzo bello duro.
Non si decideva.
Io pensavo intensamente: “Dai, tiramelo fuori, tiramelo fuori! Chi se ne frega se mi vedono a cazzo dritto. Voglio che lo vedi, che la tua pelle senta la sua pelle, che prendi in mano le mie palle”
Così, al massimo dell’eccitazione, mi sono deciso, mi sono allungato quanto più potevo sulla sedia, ho slacciato la cintura, sbottonato il bottone alto dei pantaloni e con un gesto deciso, aperta la cerniera. Non restava che spostare lo slip ma, finalmente, a questo ci pensò lui. Come ebbe liberato lo slip, il mio uccello volò altissimo. Finalmente libero si erse in tutta la sua bellezza e il mio compagno si affrettò a prenderlo in mano. Lo strinse per qualche momento e poi tese la pelle del prepuzio e, tenendo ben ferma la mano che stringeva il mio bell’arnese, col dito pollice iniziò ad accarezzarne la cappella. Non avevo mai provato. La cappella così stimolata dava una goduria indescrivibile. Mi veniva voglia di inarcarmi per l’eccitazione. Poi il mio compagno iniziò un lento ed eccitante avanti e indietro lungo l‘asta del mio tarello che, nella semi oscurità del cinema, si vedeva benissimo. Ero felice! Si sentiva benissimo l’odore del cazzo e questo pericolo che altri spettatori si accorgessero di quello che stava succedendo, mi arrapava ancora di più. Il mio vicino smise di menarmelo e con il dito indice, stringendo sempre in mano il cazzo, cominciò a titillarmi il filetto sotto la cappella. Non lo sapeva ma è una zona erogena per me e che mi fa godere tantissimo. Ero al massimo e l’uccello dava ormai i segni di voler “cantare”. Il mio vicino se ne accorse, diede due o tre menate e, proprio mentre stavo per sborrare, si chinò velocemente su di me, ingoiò il mio cazzo gonfio e ricevete in bocca tutto il mio sperma caldo e scivoloso. Che cosa fantastica! Poi si è rialzato e, con un fazzoletto che aveva nella destra, raccolse gli ultimi getti. Poi, lasciandomi gli slip calati, ha chiuso la cerniera dei pantaloni e allacciata la cintura giusti un po’ prima dell’intervallo. A luci accese ci siamo guardati in faccia e lui mi ha sussurrato:
-“Se ti è piaciuto, poi facciamo il secondo tempo”
Non avevo capito il significato ma, sorrisi e dissi:
- “Si, mi è piaciuto”.
Poco dopo le luci si spensero ed io che sapevo di aver il cazzo moscio mi apprestavo a vedere il film quando il mio vicino ha ricominciato ad accarezzarmi con la mano. Poi è stato lui che mi ha aperto lo slip mettendo allo scoperto il mio cazzo ancora moscio ma che, per le carezze che riceveva, dava segni di risveglio. E che risveglio! Io credevo che dopo le seghe non si potesse fare più niente. Invece ho scoperto che il cazzo, se stimolato, reagisce prontamente e s’indurisce per farci godere. Il mio vicino mi ha accarezzato per un po’ l’uccello che, a quel punto, si è indurito e si è messo a svettare ben in alto. Poi si è bagnato la mano con la sborra che aveva raccolto nel fazzoletto e con quella, scivolosissima, mi ha spalmato la verga facendo scorrere la sua mano avanti e indietro. Tremavo dall’emozione. L’odore penetrante e stimolante del cazzo teso fino allo spasimo per il godimento, si sentiva fortissimo ma non ce ne importava un fico secco. Godevo tantissimo, mi dimenavo e, a un certo punto, il mio vicino mi ha preso la mano destra e me l’ha fatta posare sul suo uccello che, senza che io me ne accorgessi, aveva tirato fuori dai pantaloni. Era bellissimo menarglielo mentre me lo menava. Dopo un po’ venni per la seconda volta e lui, per la seconda volta, ingoiò tutta la sborra. Poi m’invitò a continuare la sega sul suo cazzo bello duro e, quando stava per sborrare, mi prese la testa e me la portò all’altezza del suo uccello, così che mi riversai in bocca, la sua sborra. Era buona e fui lieto di inghiottirla. Col fazzoletto mi pulì la bocca. Ci ricomponemmo e alla fine dello spettacolo ognuno andò per i fatti propri.
Ma da quel giorno ho imparato a essere più audace, a propormi ed è così che ho scoperto come, anche fra i miei compagni di scuola, più di uno amava il cazzo come me.
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