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Gay & Bisex

Solo le stelle ci stanno a guardare..


di Michellerimini
26.01.2021    |    5.864    |    10 9.7
"Il semplice contatto di gomito ci faceva fremere di piacere..."
Il profumo del fieno appena tagliato m’inebria quanto i vapori di essenze in un bagno turco.
I ricordi delle estati in campagna dai nonni mi scorrono veloci davanti quando quest’aroma intenso accarezza le mie narici.
Al termine della scuola si partiva per Wartenberg, il paesino di mamma, che poi non era un gran partire, poiché la frazione dista venti chilometri dalla città di Pankow in cui abitavamo. Però per noi ragazzini sembrava una grande partenza.
Le valigie di quel cartone duro con le cinghie, borse e zaini di tela come usavano (e perché non avevamo altro) noi dell’Est invisi all'ovest che ci beffavano chiamandoci “Ossi” ci trascinavamo in giro negli anni '80 tra Germania Est, Polonia o la meta più ambita l’Ungheria. Una volta tra le destinazioni si poteva includere anche la Romania, ma il regime di Nicolae Ceaușescu l’aveva resa pericolosa anche per gli stessi Stati del Blocco.
I miei genitori mascheravano tutto ciò nella vacanza estiva, per farci respirare aria buona dicevano:
-“Noi figli senza mai contestare seguivamo e trasportavamo a nostro modo il fardello che ci spettava”.
In effetti, i profumi di quel luogo, malgrado fosse a due passi dalla città, era magico.
Il fieno, la paglia, la frutta sugli alberi... pure le ortiche e le erbacce avevano un profumo inconfondibile.
Quando scendevamo dalla Traband, ci trascinavamo i nostri bagagli da sfollati per quel tratto di paese, dove la cascina cuoceva al sole, gli occhi dei paesani ci scrutavano dietro le persiane o dai campi circostanti.
' Die Fremden kommen! ' ('Arrivano i forestieri!') li sentivamo mormorare, accompagnandoci con lo sguardo fino a destinazione.
La cosa più bella era l'accoglienza dei cani e i gatti, tutti di razze non identificate, ci riservavano al cancello rosso solo di antiruggine, verniciato da noi l'anno prima, con già segni da dover nuovamente rinfrescare.
Con un coro di suoni lagnosi come un mantra, i nostri animali, compagni di estati, amici e complici. Che belli che erano... nei loro corpi quasi scheletrici, perché più che pane con acqua e avanzi di cibo i nonni non gli davano, sì e no ne avevano per loro.
Stranamente prendevano peso durante l'estate.
Di nascosto dai grandi tutto ciò che potevamo rubare dalla dispensa, lo portavamo a loro infilandolo nelle tasche bucate o sotto la maglietta, nelle ore in cui gli adulti riposavano, nel fresco di quegli stanzoni dai mattoni di tufo.
Gli anni volavano come foglie al vento, le estati erano sempre uguali, i lavori gli stessi, gli animali per selezione naturale ogni tanto cambiavano. Le galline, i polli, i conigli, le mucche e i vitelli... era il loro destino di sostentamento.
Solo per i cani e per i gatti erano gran pianti quando la natura li chiamava, o un’auto li travolgeva nel loro vagabondare.
La domenica però dopo la parata di noi Pioneer della FDJ: Freie Deutsche Jugend, (Libera Gioventù Tedesca) obbligatoria delle undici e il pranzo, che nelle festività un poco più ricco di pietanze, c’era concesso andare al torrente a fare il bagno. Unsere DDR!.
Con i bastoni ci facevamo largo tra gli sterpi, creando sentieri improvvisati fino a raggiungere la sponda di quel fiumiciattolo ancora non violato dall'inquinamento.
I tuffi, i bagni, e le prime scoperte dei nostri corpi seminudi creava in noi un’eccitazione effimera. Alcuni ragazzi erano più grandi, altri più piccoli, io li guardavo tutti con interesse in quei corpi bagnati e agitati nei loro giochi d'acqua.
In particolar modo osservavo Dankmar per tutti semplicemente Dan.
Sebbene i suoi diciotto anni il suo corpo era da uomo fatto, il petto e la pancia ricoperti da una peluria bionda, che accentuava quel corpo tonico e muscoloso dal lavoro dei campi. Quando i miei sguardi da osservatore lo imbarazzavano, mi schizzava a più non posso con l'acqua avvicinandosi, e facendomi godere di quel pantaloncino usurato, pieno del suo sesso già sviluppato messo di lato.
Tutte le domeniche trascorrevano in questo modo, e il mio desiderio cresceva sempre più. Occasioni di poter restare solo con lui non capitavano, perché tutti i ragazzi del paese si davano appuntamento al fiume alla stessa ora.
In previsione della festa di fine estate, i preparativi, quando il sabato pomeriggio e la domenica non ci si occupava della campagna, coinvolgevano tutti, grandi e piccini. Per i giochi che si dovevano organizzare, il banco di beneficenza, i canti popolari, la parata dei divisati, il saluto alla bandiera e il giuramento alla Patria e all’Ideale Socialista.
Insomma tutti arruolati nei preparativi.
Nel mezzo di quel fare decisi di filarmela, e quale posto migliore per nascondermi che il nostro fiume?
Sgattaiolai col vestito buono, e per non rovinarlo mi spogliai prima degli arbusti, appendendoli a un albero di lì vicino.
Scrutando il posto, fino a dove la vista me lo permetteva, ipotizzai che non c’era anima viva.
Quindi decisi, preso da una strana eccitazione di lasciare sull'albero anche le mutande, un po' perché non le avrei bagnate, un po’ perché il desiderio di fare finalmente un bagno tutto nudo si sarebbe realizzato. La mia timidezza non lo avrebbe permesso alla presenza di altri.
Come mamma mi ha fatto scesi da quell'argine un po’ scivoloso, e gradualmente entrai in acqua cercando di abituare il corpo alla temperatura. Nonostante il caldo del pomeriggio, il torrente sembrava scorresse tra le montagne.
Finalmente dentro... ormai adattato alla temperatura, iniziai a godermi quella tranquillità, il rumore dell'acqua, gli uccelli tra gli alberi, il fruscio tra le frasche... Mai mi ero goduto tanto la mia DDR.
Mentre il mio relax mi provocava una strana eccitazione nelle parti basse, sentii che uno strano cinguettio si distingueva tra gli alberi. Ascoltai con attenzione e mi resi conto che il suono si trasformava sempre più ad una melodia.
Girai la testa di scatto e lo vidi.
Dan era là tra gli sterpi del sentiero, con quella smorfia sul viso che si assume quando si fischietta.
Lo sguardo nella mia direzione, e in mano le mie mutande roteavano in alto sul suo dito indice.
I nostri sguardi s’incrociarono, senza un’espressione ben precisa. Io mi sentivo morire dentro dalla vergogna.
Ma a un tratto la sua smorfia si trasformò in un sorriso, e i suoi occhi s’illuminarono. Lanciò le mutande nella direzione in cui le aveva trovate e iniziò a spogliarsi, anche lui dei vestiti della festa.
Li lanciò con meno cura di quanto lo avessi fatto io, e quando quasi sull'argine esitò un attimo, abbassò lo sguardo e si tolse anche le mutande. Immaginate il mio stupore e la mia eccitazione quando finalmente vidi quel sesso, che fino ad allora ne intravvedevo solo la forma attraverso i calzoncini sgualciti.
Era grosso, o almeno confrontandolo al mio che già stava messo piuttosto bene, spiccava come un Minareto in un paese islamico.
Malgrado non fosse in erezione, ne potei vedere la forma e le proporzioni, circondato da un folto pelo pubico, pure lo scroto gonfio dondolava col pene al suo cammino frettoloso.
Si tuffò a bomba in acqua, non aveva mai avuto problemi lui ad adattarsi a quello sbalzo di temperatura. Nuotò per un po’ in lungo e in largo, facendomi gustare la bellezza delle sue natiche bianche dal sole mai preso.
Io immobile lo guardavo, con l'acqua fin sotto le ascelle, con il mio sesso che pulsava sotto a quell'azzurro che non poteva nasconderla.
A grandi bracciate venne verso di me, e come sua abitudine mi schizzò per distogliermi lo sguardo da lui.
Chiusi gli occhi per istinto e quando li aprii lui, era lì davanti a me, a pochi centimetri, il suo respiro affannoso, bello come non l'avevo mai visto. I capelli biondi di lunghezza media, grondavano acqua sul viso, coprendogli parte della fronte.
Gli occhi azzurri e penetranti mi fissavano, la bocca semiaperta circondata da un cenno di barba la rendevano ancora più rossa facendo intravedere i denti bianchissimi. Che spalle, che petto, che bella pancia tesa e abbronzata... Il pelo sul corpo brillava al sole.
Abbassai lo sguardo, e anche il suo sesso lo vidi eccitato, con la punta, quasi sfiorava il mio tra l'azzurro che ci divideva.
Senza dire una parola mi guardò intensamente, allungò la mano e mi toccò il pene stringendolo, quasi fosse una fune di salvataggio.
La sua stretta era forte ma non dolorosa, io ricambiai. Presi a mia volta il suo membro e lo strinsi.
Era bello, caldo e pulsante. Cominciammo a muovere le mani in un movimento ritmico e lento. Per qualche minuto per abituarci al nostro contatto, poi con la mano libera mi attirò a sé, stringendo il suo petto al mio. Le nostre bocche si avvicinarono, i respiri si mescolavano, gli sguardi intensi pure.
Non potendo resistere a quella tortura di attesa, per primo lo baciai, lui aprì la bocca porgendomi la lingua.
Era dolce la sua bocca, delicato il suo tocco, che contrastava da quei suoi modi da contadino.
Ci baciammo a lungo con i nostri corpi incollati, e i sessi premuti uno contro l'altro.
Iniziò a tastarmi le natiche, stringendole con quelle dita forti quasi come tastarne la maturità di un frutto. Le sue dita scorrevano nel solco cercando un punto in cui fermarsi. Lo trovò, con i medi mi solleticava l'ano, cercando di entrarci.
Ma non ero rilassato, la mia verginità era per ora salva.
Si staccò da me, prendendo una gran boccata d'aria, s’immerse, si chinò ai miei piedi, e in apnea mi prese il pene in bocca.
Che strana sensazione... Non l'avevo mai provata prima. Mai nessuno prima mi aveva fatto questo, anche se lo desiderassi da tempo.
Riemerse, e finalmente parlò:
-“Vuoi provare a farlo tu'” mi disse.
Senza rispondere, presi un po’ di aria nei polmoni e mi misi sotto. Per me fu decisamente più difficile, il suo pene era più grosso, e dovetti aprire la bocca di più, cercai di resistere a quell'acqua che entrava, ma il piacere di tenerlo in bocca era immenso.
Quante notti lo immaginavo, quanto lo desideravo, quanto mi ero masturbato pensando a lui... e ora era lì, nudo davanti a me e il suo sesso nella mia bocca.
Mi tirò su dalle spalle, preoccupato che quel tempo in apnea non mi facesse stare male. Mi disse:
-“usciamo!” E mi prese per mano, come già sapesse quale direzione prendere.
Uscimmo dal torrente nudi e a metà del sentiero svoltammo a destra. Mai mi accorsi che qualcuno avesse creato un altro percorso.
Superato gli sterpi ci trovammo in un angolo di prato sotto a qualche albero.
Mi fece sdraiare e si mise accanto a me. Ancora baci con la lingua e mani per tutto il corpo. Poi si mise al contrario rispetto a me e m’invitò alla bocca il suo sesso, questa volta lo presi senza fatica, lo leccai, lo succhiai, me lo affondai in bocca quanto riuscii a tenerne.
Lui fece lo stesso, la sua lingua la sentii ruvida sul glande.
Si muoveva veloce come si fa con un cono gelato per non farlo sciogliere al sole. Me lo prese in bocca fino alla radice, tenendomi con le mani le natiche, il fiato dalle narici lo sentivo chiaramente sullo scroto. Io cercai di imitarlo per quanto potevo.
Cercando di prevenire le sue mosse, lo anticipai col cercare il suo buco con le dita, lo trovai subito, il calore era più intenso, con un po’ di saliva lo lubrificai, e lentamente lo penetrai.
Dan contraeva i muscoli pelvici per farmi capire che la cosa gli piaceva. Fece lo stesso con me, lubrificò le dita con la saliva poi iniziò a stimolarmi l'ano, prima intorno, poi lentamente cercò di entrare.
Malgrado spesso nei miei giochi solitari, quando la masturbazione non mi bastava per il mio piacere ormai quotidiano, m’infilavo un dito nel buco, ma le dita di Dan erano grandi, e un brivido di dolore me lo provocavano.
Cercai di resistere, lui notò che il mio buco era ancora vergine. Come un uomo esperto e premuroso, esitò. Mi prese di peso, mi girò a pancia sotto, sollevandomi la schiena.
Si mise dietro di me e con le mani allargò le natiche. Mi preoccupai. Una sensazione piacevole mi stava accadendo.
Una cosa viscida e calda stava violando il mio retto. Ruotai quel poco la testa per capire che Dan premeva la faccia contro il mio sedere, la sua lingua esperta entrava e usciva dal mio buco come fosse un vasetto di marmellata.
Alternava la lingua al dito, poi ancora lingua e ancora dito. Ormai entrava e usciva con facilità, e il mio piacere aumentava sempre più.
-“Sei pronto?” Mi disse. Non riuscivo a capire a cosa si riferisse.
Si fece colare un po’ di saliva sul glande, e con la mano lo massaggiò. Si mise dietro di me, appoggiò il suo sesso turgido al mio buco ancora dilatato dal suo lavoro certosino, e iniziò a infilarlo dolcemente.
Subito una sensazione di calore, poi il dolore aumentò perché il suo pene era grande. Più grande di quella lingua e di quel dito che tanto mi piacevano.
-“Rilassati” mi disse, prendendomi il pene con la mano.
-“'Vedrai che ti piacerà!”.. Continuò.
La sua mano si muoveva veloce, per farmi godere, e dilatare quanto necessario. In effetti, la manovra stava funzionando, perché il suo pene era sempre più dentro, e il dolore si trasformava in un godimento indescrivibile. Iniziò a scoparmi in modo ritmico, ormai entrava e usciva con piacere.
Era bravo, accompagnava l'amplesso con parole dolci.
-“Mi piaci, sei bello, mi fai godere..” continuando a masturbarmi.
I nostri corpi erano un tutt'uno, incollati come vedevo fare ai cani del cortile.
Non mi sembrava che a loro piacesse tanto, li osservavo quando si prendevano, o quando il gallo prendeva la gallina, avevo anche visto una volta il toro montare la vacca con quel membro enorme circondati dai contadini poveretti, pensai allora, nemmeno un po’ d’intimità manco quando scopano!
Ma anche questi ultimi non provavano lo stesso piacere che stavamo provando noi, o almeno dalle loro espressioni non mi sembrava.
Noi emettevamo suoni, gemiti, parole... Tutto ciò che veniva naturale uscire dalle nostre bocche in smorfie di piacere.
Mi sembrava il paradiso quel posto, Dan il mio angelo traghettatore verso l'estasi!
Non so quanto durò tutto questo piacere, il mio pene gocciolava ormai di pre-sperma da formare una chiazza sull'erba sotto me, la mano di Dan tutta bagnata continuava senza sosta.
Fino a quando sentii i suoi ritmi accelerare:
-“'Sto venendo!” disse. A quel comando anche il mio orgasmo tremava come un vulcano in eruzione. Con un grido liberatorio mi venne dentro, caldo, profondo e in grande quantità.
Che piacevole sensazione. Io venni in quel momento.
Non si staccò da me, rimase sopra schiacciandomi col peso. Non mi spiaceva, sudati, incollati, accaldati e innamorati, almeno io.
Penso che in quel momento provai veramente amore.
Mi baciò sul collo, sulla schiena, mi stringeva a lui. Il mio primo rapporto e il mio primo uomo.
Mi girò e ancora ci baciammo, mi leccò il collo scendendo sul petto. Mi leccò la pancia, il pube e baciò il mio sesso ancora grondante di sperma.
L'eccitazione era passata ma Dan non si fermava. Prese in bocca il mio pene leccandolo tutto, la lingua frenetica ruotava intorno al glande.
La infilava nel buco, su e giù dal frenulo, giù allo scroto, prendendomi in bocca i testicoli, per tornare a rimettersi in bocca tutto il mio membro che ritornava a prendere forma e vigore.
Quando l'erezione tornò al massimo lo lasciò, alzandosi, si mise sopra di me col suo sesso che pulsava nuovamente.
Si allargò le natiche e con la mano diresse il mio pene al suo buco. Era ben lubrificato, e a differenza mia non faticò a infilarselo. Guardai il suo viso, la bocca leggermente aperta, il respiro affannoso, il petto sudato.
Facendo leva con le gambe a lato del mio corpo, iniziò ad andare su e giù dalla mia asta infilato come un maialino allo spiedo.
Che bella sensazione sentirmi dentro di lui, il calore che emanava, il suo stringere i muscoli intorno al mio sesso per sentirne la durezza.
Gli presi con la mano il pene duro, con l'altra gli strinsi i grossi testicoli pelosi. Gli toccavo e accarezzavo la pancia, i pettorali muscolosi. I capezzoli duri e scuri tra i peli mi chiamavano come il seno della balia chiama il neonato.
Mi sollevai quel poco per poterli succhiare, mentre Dan continuava a godere sul mio sesso.
Mi prese la faccia tra le mani e mi porse la lingua, la presi tra le labbra, la succhiai, gli succhiai le labbra e il mento ruvido di barba.
Mi chinai un poco per leccare il suo petto, poi scesi con la lingua sul suo sesso dritto e bagnato, quel gusto salato e acre mi piaceva. Lo masturbai ancora perché desideravo che il suo piacere fosse intenso. Il mio sesso quasi nuovamente al limite dell'orgasmo lo sentivo chiuso in una morsa di carne contadina.
Altri dieci minuti di amplesso e raggiungemmo un secondo orgasmo, meno potente del primo, ma piacevole allo stesso modo. Io eiaculai dentro di lui, e Dan sul mio petto caldo e sudato. Con le mani me lo spalmò simulando un massaggio.
Mai avrei potuto pensare che la mia prima volta fosse così intensa, appagante e con l'uomo più bello che avrei potuto immaginare nei miei sogni da giovane inesperto.
Ci ributtammo nel torrente per lavarci e per fare un'ultima nuotata. Uscimmo, restando un poco al sole per asciugare, commentando quel che era accaduto e di quanto era piaciuto a entrambi. Naturalmente, manco a parlarne, era il nostro segreto...
Rimessi i vestiti buoni, prima di uscire da quel sentiero che custodiva il nostro amore, ci baciammo ancora una volta.
L'estate stava giungendo al termine, l'ultima domenica prima di tornare alle rispettive vite era arrivata.
La festa di fine estate. Tutti i giochi preparati, la partita di pallone, l'albero della cuccagna, erano pretesti per incontrarci e restare vicini. Il semplice contatto di gomito ci faceva fremere di piacere. Ogni tanto di nascosto da tutti riuscivamo a strapparci un bacio furtivo, questo bastava per sigillare la nostra intesa.
La sera mentre tutto il paese era concentrato tra politicanti, chi al banco di beneficenza, e chi a ballare sotto il tendone verde, dove il complesso suonava, noi riuscimmo a scappare nel campo coltivato. Passando dai prati per non farci vedere nemmeno dai cani. Nel mezzo era accatastata una montagna di balle di fieno. Ci arrampicammo, a quell'altezza potevamo osservare la situazione circostante.
Quello fu il nostro ultimo nido d'amore. Facemmo sesso intensamente ancora una volta, con più eccitazione rispetto alle precedenti, per la paura di essere scoperti.
-“Sei sicuro che nessuno ci può vedere?” Gli chiesi.
-“Stai tranquillo Michelle!” Mi rispose Dan:
-“ Quassù solo le stelle ci stanno a guardare”.

9 novembre 1989 +++ Der Fall der Berliner Mauer!

La fine di un’epoca, di una storia, delle vite di Noi cittadini della DDR.
Nuove situazioni, Università, poi il lavoro, ci han portati lontano da quel tempo e quel luogo. Le visite ai nonni son diventate la classica visita parenti. I miei per anni han continuato ad andarci per intere estati, ma io ormai le vacanze le facevo con amici in posti che finalmente potevo visitare, l’Ovest.
Non che la campagna non mi piacesse più, ma era arrivato il momento di fare le mie esperienze da altre parti in altri luoghi con altre persone così uguali e pure così diverse dal contesto socialista in cui ero cresciuto.
Son trascorsi ormai quasi trent’anni, i nonni non ci sono più da parecchio e al paese non sono più tornato.
Questa grande casa, ormai abbandonata a se stessa, vive di sole e d’intemperie. Gli anni di abbandono la stanno sgretolando come i resti del muro che divideva la grande Berlino, insieme ai ricordi di quegli anni trascorsi d'estate di profumi e di natura. Di spensieratezza e di prime esperienze.
E' ora di deciderne il destino di tutto quel sudore versato per mantenerla e mantenerci.
Un’agenzia immobiliare la vuole vedere, certi Austriaci hanno intenzione di farci qualcosa.
Forse un agriturismo o forse un maneggio.
Mi tocca tornare in quel luogo che sinceramente ora mi mette un po’ di tristezza.
Ci tornai con l'agente. Il pomeriggio è caldo malgrado sia metà settembre. Il finestrino dell'auto abbassato, e come un déjà vu, quel profumo di fieno mi fa tornare in mente tutto...
Il posto è lo stesso, ma sembra che niente gli somigli. Le case alcune completamente restaurate con nuovi inquilini, altre fatiscenti come abbandonate. Nei campi alcune costruzioni, e altri prefabbricati in rapida evoluzione dove prima c'era grano o mais.
La strada è stata leggermente allargata mi sembra, con tombini ai lati, dove prima c'erano i fossati raccogli acqua.
Eccola la casa dei nonni. Poveretta, come sei ridotta, nessuno ha più badato a te.
Erbacce ovunque, il cancello ormai un pezzo di ruggine. Guardo dentro sperando che i cani e i gatti mi vengano incontro. Ma niente, un silenzio cimiteriale.
L'agente si guarda intorno, apriamo la casa per guardare in che condizioni è, e un nodo in gola mi sale. Non voglio raccontare le innumerevoli sensazioni che sto provando perché sono indescrivibili.
Ancora un giro e poi farà una valutazione.
Usciamo, e fuori dal cancello ci salutiamo. Le nostre direzioni son diverse.
Mi metto in macchina e prendo la strada opposta. Continuo a guardarmi intorno fino a superare il ponte che sovrasta il torrente.
Mi fermo e accosto, son curioso di rivedere il mio fiume. Scendo a piedi da uno sterrato tra le piante che costeggia il fiumiciattolo ormai, non più grande di quanto lo ricordassi.
Mi guardo intorno e non mi ritrovo in nulla, quando un rumore di trattore si sente in lontananza. Proseguo e il rumore è sempre più vicino. Lo vedo, un uomo sta raccogliendo il fieno appena tagliato su un trattore con l'imballatrice.
Sta venendo nella mia direzione, il cappello di paglia copre il suo volto abbassato verso il terreno. Alza il capo passandosi il polso sulla fronte per tergere il sudore probabilmente. Lo guardo, mi guarda. I nostri sguardi s’incrociano.
Non è possibile! E lui!
La distanza che ci divide non è molta, malgrado tutti questi anni riconosco i suoi occhi. E' Dan!
Lui spegne il trattore, scende togliendosi il cappello. A passi lenti e pesanti mi viene incontro.
Se non fosse per quegli occhi penetranti e glaciali, non lo avrei riconosciuto.
Pochi capelli gli sono rimasti in testa, la barba lunga un po’ brizzolata.
La pancia gli sporge, ma il corpo è sempre muscoloso. Che braccia, che spalle in quella canotta bianca che risalta la sua abbronzatura e il pelo ancora folto sul petto.
I pantaloncini cachi gli stanno stretti, risaltando una patta ancora piena e invitante. Le gambe belle e muscolose con piedi dei sandali di cuoio.
Io malgrado sia suo coetaneo, ho conservato un fisico asciutto ma tonico dallo sport fatto. Un uomo di quasi quarant’anni non sta male brizzolato, anzi lo rende ancora più intrigante.
Ormai è vicino ed entrambi allungano la mano con grandi sorrisi. Da vicino è ancora più bello, sempre quel sorriso accattivante, le labbra rosse, e le mani grandi e calde.
Ci guardiamo per qualche secondo prima di parlare, poi i soliti convenevoli. Ci raccontiamo delle nostre vite mentre il tramonto ci avvolge.
Parliamo molto, più di quanto abbiamo mai fatto negli anni in cui ci siamo frequentati da ragazzi.
Nell'istante in cui Dan si gira per indicarmi con la mano tutti i campi che possiede, mi avvicino a lui, lo prendo, lo abbraccio e lo bacio sulla bocca.
Lui non esita, apre la sua bocca calda e mi porge la lingua. Il suo sapore è lo stesso, dolce, aromatico come quel fieno che ha appena tagliato. Le nostre mani si muovono per i nostri corpi accaldati. Le erezioni reciproche si scontrano attraverso i pantaloni leggeri. Gli tocco il sesso duro e lui il mio sedere.
-“Non qui”' mi dice.
-“Vieni con me” continua.
Mi accompagna vicino al fiume, e i ricordi della prima volta mi tornano in mente...
Trovato un posto tra gli alberi dove lo scroscio dell'acqua è più forte, ci sdraiamo sull'erba. Gli tolgo quella canotta sudata, gli calo il pantaloncino preso da un desiderio irrefrenabile.
Lui pure mi spoglia, e buttiamo di lato tutto ciò che impedisce di godere dei nostri corpi nudi.
Dan è forse più bello di allora, forse perché negli anni i miei gusti sono rivolti al mondo “adulto”.
Il suo pene grosso e scuro circondato da pelo mi chiama. Lo prendo in bocca, lo lecco, lo succhio, lo tengo in gola come non avessi fatto altro nella vita.
Lui fa lo stesso con me, facendomi complimenti perché lo sviluppo è avvenuto anche nelle parti basse e in modo assai generoso. Allora ero appena ragazzino, e il mio corpo era ancora in trasformazione.
Questa volta per primo stimolandogli il buco, prendo iniziativa. Lo giro, lo sollevo, lo lecco e gli appoggio il glande al buco. Lo penetro senza difficoltà. Complice il sudore e l'esperienza che negli anni ho conquistato.
Quanto gode Dan... i suoi gemiti coprono il canto delle cicale e degli uccelli notturni.
Sì, perché nel frattempo si è fatto buio, siamo a metà settembre, e le giornate son più corte.
Lo tiro fuori e cambio posizione, lo giro a schiena sotto, gli alzo le gambe e ancora lo penetro. Voglio vederlo godere al chiaro di questa luna piena. Il suo pene trema per gli affondi. Lo prendo, lo masturbo, gli stringo i grossi testicoli pelosi.
Che uomo, che bello ed eccitante. Mi chiedo perché in tutti questi anni non l'ho cercato..
Ora è mio e non me lo farò più scappare...
Stiamo per venire, lo sento, aumento il ritmo e aumento la masturbazione. Entrambi in un urlo da licantropi, ci liberiamo di una gran quantità di liquidi. Io dentro di lui, e Dan schizza verso l'alto, cadendo sul suo viso e sulla barba. Mi chino su di lui, gli lecco la faccia, la barba, le labbra. Ci baciamo ancora e restiamo abbracciati a lungo. Sdraiati uno a fianco all'altro nudi, lasciando che la frescura della notte ci avvolga.
Dan è il primo a parlare:
-“Ora che succede?”.
-“In che senso” rispondo.
-“'Finirà così, come allora?” continua.
-“No, ora che ho capito quanto ho perso in questi anni, non ti lascerò più” conclusi.
Restammo abbracciati, alternando baci intensi. Il mio sguardo si spostò di lato, e vidi il ponte che non avevo notato presi da quella passione.
-“Pensi che qualcuno potrebbe averci visti?” gli chiesi.
-“Quaggiù solo le stelle ci stanno a guardare” mi rispose.

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