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Lui & Lei

Viaggio di lavoro 6° parte


di Liliana1980
07.06.2022    |    5.219    |    6 10.0
"Non voglio farlo venire così presto..."
Eccomi arrivata all’ultima parte del viaggio.
Questa ultima parte sarà un pò lunga, perciò mettevi comodi.
Secondo il programma avrei dovuto andare a far compere assieme a quelle due, invece.
Leggete e capirete, perché non ci sono andata.

A svegliarmi fu il profumo del caffè.
Immaginai che le Divine, si fossero svegliate prima e stessero preparando la colazione.
Feci una veloce doccia, giusto per svegliarmi.
E mentre mi asciugavo, guardandomi allo specchio, pensai a quello che era accaduto la notte precedente.
Soprattutto al fatto che mi avessero legata, bendata e sodomizzata.
Non mi sono mai piaciute queste pratiche da schiavitù, ma fatte da loro devo sinceramente dire che mi hanno fatto godere tantissimo, non sentitevi offesi/e se qualcuno/a di voi lo pratica, ognuno è libero/a di fare quello che vuole del suo corpo.
Scacciai il pensiero, ripromettendomi che ne avrei parlato con le due torturatrici, soprattutto Claudia,
Indossai un morbidissimo accappatoio.
Scesi con calma in cucina.
Per poco non mi venne un colpo.
C’era uno sconosciuto che stava trafficando con la macchina del caffè.
“scusi lei chi è?”
Si gira con calma e naturalezza, si avvicina e mi stampa un bacio sulla guancia, come fosse una cosa naturale, come se lo conoscessi da una vita.
“a proposito mi chiamo Giovanni e sono il papà di Daniela, sapendo che sarebbe arrivata in nottata e avendo visto che la veranda era aperta, sono venuto a salutarla”
“piacere io sono Lilly, ho conosciuto sua figlia sull’aereo, ma dove sono quelle due”.
“sono andate ad Olbia, immagino che vedendo che stava dormendo così profondamente, non hanno avuto il coraggio di svegliarla, da quello che hanno scritto sul biglietto, ritorneranno verso le 13.00, giusto per il pranzo”
Si gira, ritorna a trafficare con la macchinetta del caffè.
Ho il tempo di guardarlo, è veramente un bell’uomo, un corpo ben proporzionato, anche se dovrebbe essere vicino ai 60.
Niente da dire, degno padre della Divina Daniela.
Il caffè era pronto, me ne porse una fumante tazza.
Lo presi volentieri, senza caffè, non riesco a svegliarmi del tutto.
“scusi ma che ore sono?”.
“le 9.00”.
“cavolo ho veramente dormito, non mi sono mai svegliata così tardi”.
L’uomo non fece nessun commento, si limitò, a sorridere, come sapesse il perché della mia stanchezza.
Impossibile mi dissi, non credo che la figlia possa essere così in confidenza, dal raccontargli le sue performance notturne, almeno io con mio padre non lo sono e non lo sarò mai.
Che stupido pensiero, penso sia colpa dell’infuocata notte appena passata, mi sa che sono ancora sotto l’effetto della libidine accumulata e vedo sesso dappertutto.
Fuori c’é una bella giornata di sole, sembra impossibile essere in autunno.
Uscimmo dalla porta veranda, quella che portava alla piscina,
“io abito laggiù”.
Mi fece vedere una villetta lontana un centinaio di metri.
“bella, immagino viva con sua moglie?”.
Avevo fatto quella domanda vedendo che aveva la fede al dito.
Lo vidi farsi serio.
“si, la casa è molto bella, ma ora è molto fredda, da quando mia moglie mi ha lasciato circa 4 anni fa”.
“mi dispiace, non lo sapevo, ho visto la fede, e Daniela non aveva parlato di voi”.
“non preoccuparti, la fase del dolore è passata, ora mi sento solo”.
“ma ha qui la famiglia”.
“una, vola da una città all’altra, l’altro da un continente all’altro, i nipoti in collegio, questo per colpa mia, finché c’era Clara, li tenevano noi, poi, non me la sentivo, non mi sembra di avere molta compagnia”.
“perché non ne parla con Daniela,potrebbe ritornare ad avere i nipoti a casa e non sarebbe più solo”
Non sapevo cosa altro dirgli.
Fu lui a cambiare discorso.
“mi dica, come vi siete conosciute con Daniela?”.
“per merito della mia direttrice, loro si conoscevano già, ieri sera siamo andate a cena, facendo mezzanotte, Claudia disse che da un minuto era il mio compleanno, con quella scusa, hanno voluto continuare i festeggiamenti e, siamo finite a casa di sua figlia, abbiamo fatto tardi e Daniela ha voluto ci fermassimo qui”.
“ha fatto bene”.
Mentre parlavamo guardavo la piscina, bella, invitante.
“che voglia di fare una bella nuotata, l’acqua è così invitante”.
“la faccia chi glielo impedisce?”.
“due cose, la temperatura dell’acqua e il fatto che non indosso il costume”.
“allora non c’è nessun impedimento”.
“perché?”.
“primo l’acqua è calda, c’è un sistema a pannelli solari che mantiene l’acqua tiepida, secondo problema, si può fare il bagno anche senza costume”.
Devo aver fatto una faccia strana.
“non mi dica che si vergogna?”.
Non risposi, lo guardai attentamente, aveva un mezzo sorriso sulle labbra, come volesse mettermi alla prova.
Stava li, in piedi, maglietta bianca, pantaloni della tuta azzurro marina, ciabatte ai piedi e tazza del caffè in mano.
Aspettava la mia risposta.
Non dissi nulla, nessuna risposta.
Feci quello che sicuramente non si aspettava, o meglio, forse lo desiderava.
Mi spostai un po’ verso la piscina in modo da averlo dietro di me.
Lasciai cadere l’accappatoio, facendoli vedere il mio fondoschiena, di cui andavo fiera.
Mi avviai lentamente verso la scaletta, misi le mani sulle spalliere e sempre girata verso la piscina, provai con un piede l’acqua, piegandomi un po’ in avanti, ora poteva vedere ben bene il culetto, giocai un po’ con l’acqua, mi girai. offrendogli la visione delle tettine e della pelatina.
Infine, guardandolo negli occhi, cominciai a scendere in acqua.
“e lei, non mi farebbe compagnia?”.
Non attesi la risposta, mi lasciai andare, cominciando a nuotare.
Fantastico, l’acqua era tiepida, si stava veramente bene, feci un paio di capriole, un po’ di apnea, mi diressi nuotando a dorso verso il lato opposto.
Quando lo raggiunsi, mi girai rimanendo in piedi, l’acqua mi arrivava alle spalle.
Guardai verso la veranda per vedere cosa aveva deciso di fare.
Rimasi delusa, non c’era, vuoi vedere che se è andato?
Probabilmente offeso dal mio comportamento, bel guaio ho fatto.
Se lo dice a sua figlia, io, ospite in casa sua, vado a provocare suo padre!!!
Mentre stavo meditando su quello che avevo combinato, un’ombra si sovrappose al sole, alzai gli occhi.
Era lì, completamente nudo, il pene in erezione, la borsa dei testicoli penzolante, un bel cespuglio di peli grigi contornava il tutto.
Ecco un uomo orgoglioso a mostrare il totem.
Si avvicinò al bordo, allargo un po’ le gambe, la visione dal basso era notevole, il membro sembrava più grosso e lungo, le vene che pulsavano sangue, i testicoli si notavano all’interno della sacca, il perineo coperto da una rada peluria.
Guardandomi negli occhi, comincio a farlo andare su e giù, copriva e scopriva la cappella, lentamente, molto lentamente, mentre con l’altra mano iniziò a toccarsi i testicoli, li palpava, li divideva, ritornando poi a palparli nuovamente.
Ero attratta da quella visione, una fitta al basso ventre, la maledetta già pregustava il momento che quel monumento di carne viva, sarebbe entrata in lei.
I capezzoli cominciarono a indurirsi.
Si sedette sul bordo, mettendo le gambe a penzoloni, le allargo.
Il monumento era lì davanti agli occhi alla stessa altezza della testa, distante nemmeno un metro, lo scroto appoggiato alla parte rotonda del bordo, la mano continuava quella non masturbazione.
Era solo la voglia di far vedere quando era grossa la cappella, quanto era lungo, ma soprattutto voleva farmi capire quando grande era il desiderio di possedere la ragazzina che aveva davanti agli occhi.
Sul viso lo stesso mezzo sorriso, provocatorio, invitante, speranzoso, un po’ pauroso.
Rimanemmo per qualche minuto a guardarci, a capire l’altrui desiderio, l’altrui voglia, senza che nessuno facesse la prima mossa.
Fui io ad avvicinarmi.
Lo feci perché immaginai che lui non l’avrebbe mai fatta.
Vuoi perché ero ospite di sua figlia e vuoi perché, avevo quasi 35 anni meno di lui, come dire, ero una ragazzina ai suoi occhi.
Perché feci quello che andrete a leggere?
Dopo tre giorni di lesbo, desideravo l’altro sesso.
Ma soprattutto, la passione per le persone mature.
Appoggiai le mani sulle muscolose cosce, cominciando ad accarezzarle, lo feci lentamente, partendo dal ginocchio, fino ad arrivare vicino all’inguine.
Accarezzai quel bramato monumento.
La mano lo mollo, si fece come una canna al vento, dondolando.
Mi prese da sotto le ascelle, mi sollevò come fossi una piuma, ne aveva di forza. portò la bocca all’altezza sella sua.
Avvicino le labbra fino a toccarle, si incollarono, si scontrarono, ognuna combatteva con l’altra, nel tentativo di conquistare il regno.
Sentivo il pene spingere sul ventre, la bocca in fiamme, la libidine farsi strada a grandi falcate.
Ci staccammo, occhi negli occhi, lentamente mi riportò in acqua, tenendomi vicina al corpo, il membro comincio a risalire scivolando sul ventre, si impuntò un pochino sull’ombelico, lo superò, strusciò sullo stomaco, passando in mezzo alla valle delle collinette, arrivo alla gola, lo sentii spingere sotto il mento.
Mi tenne un po’ ferma, sospesa, con il punteruolo che spingeva per superare l’ultimo ostacolo, mi lasciò andare.
Eccolo lì, pieno di vigoria, di voglia.
Lo volevo, lo desideravo, lo bramavo.
Allungai la mano.
Lo impugnai.
Ebbe un sussulto, un irrigidimento, il corpo si inarcò leggermente, Dio mio come era teso e pieno di voglia.
Mi domandai da quanto tempo non faceva sesso.
Mentre faccio questo,mando un pensiero di ringraziamento al mio mentore il Proff. Paolo che mi ha insegnato come si suona “il flauto”
Comincio a far scorrere dolcemente la pelle verso il basso, fino a scoprire completamente la cappella.
Inizio a leccarlo lungo tutta l'asta, senza frenesia, con pazienza.
Non ho fretta, desidero farlo molto lentamente.
Lo masturbo con la mano, mentre lo lecco.
Arrivo sulla cima del pene, bacio l'orifizio.
Apro la bocca e lo faccio scivolare dentro.
Circondo l'anello del glande solo con le labbra.
So che questo lo farà letteralmente impazzire.
Il movimento della bocca, segue il movimento della mano.
È il momento di guardarlo in viso.
Ha gli occhi chiusi, sembra completamente perso in un mondo lussurioso.
Succhio il pene, oramai prigioniero della bocca, stimolandogli il glande, cercando di creare una piccola cavità tra la lingua e il palato.
Interrompo il tutto per un’attimo.
Riprendo a leccarlo lungo l'asta.
Alterno le due stimolazioni, desidero ritardare l'orgasmo, desidero essere io a decidere, come e quando dargli piacere.
Lo riprendo in bocca, sento delle forti pulsazioni nel glande, significa che non c’è la fa più, si avvicina l’orgasmo.
Non voglio farlo venire così presto.
Decido di allontanarmi, ma prima che lo possa fare, la sua mano mi prende per i capelli facendomi abbandonare il lauto pasto.
L’improvvisa manovra, fa fare un bel flop sonoro all’uscita dalla bocca.
Lo guardo meravigliata.
Mi mette le mani sotto le ascelle e mi solleva.
Capisco cosa vuole.
Allargo le gambe, appoggiandole sul bordo.
Il membro è li sotto di me, pronto ad impalarmi.
Mi abbasso lentamente, guardandolo fisso negli occhi.
Vi leggo tanta felicità, gioia, gratitudine.
Con una mano lo guido all’entrata, la cappella bussa per entrare.
Lentamente forza le labbra vaginali, si insinua all’interno del tunnel, è veramente grosso, mi riempie tutta, la testuggine sale, sale, sale, arriva alla fine, o meglio io arrivo alla fine della corsa, è tutto dentro, sono seduta sull’inguine.
All’ungo le gambe dietro la sua schiena, mi lascio andare, ancora qualche cm, fuori ci sono solo le palline.
Appoggio la testa sulla spalla, mi abbandono a lui.
Finalmente dentro di me qualcosa di vivo, pulsante, carne contro carne, finalmente un vero strumento di piacere, non freddo lattice, o esperte dita, o maligne lingue, questo è quello che volevo, bramavo, desideravo.
Ho un leggero rimorso, mentalmente chiedo scusa a coloro che mi hanno fatto vivere una notte di fuoco.
Ma quello che sto vivendo è sesso.
Restiamo così per qualche minuto, solo i muscoli della vagina accarezzano l’amato intruso.
Sento le mani abbrancarmi il culetto, una su una chiappa una sull’altra.
Comincia ad alzarmi ed abbassarmi.
Lo aiuto puntando i piedi.
Non ci vuole molto affinché le prime ondate della marea, si facciano sentire, arrivano dal profondo dell’utero, lente, poi sempre più veloci, fino all’onda anomala, allo tsunami.
Non urlo, non dico nulla, lascio che a parlare sia il corpo.
Aspetto la sua ondata, l’esplosione del vulcano.
Ancora una volta, mi sorprende.
Mette le mani sotto le ascelle, mi alza fino a mettermi in piedi.
La conchiglia alla potata della bocca.
Comincia a leccare, lentamente, sapientemente, esplora ogni angolo della passera, prima di concentrarsi sulla clitoride.
Le mani fortemente aggrappate al fondoschiena, tengono l’inguine schiacciato al viso.
Sembrava volesse possedermi con a lingua.
Non ci vuole molto che raggiungo un nuovo orgasmo, il migliore della giornata, almeno fino a quel momento.
Quello che mi meravigliava era il suo controllo.
Non aveva ancora goduto, mi sentivo un po’ sconfitta.
Senza perdere tempo mi sono seduta nuovamente sopra inserendo l’obelisco nella passera ancora calda e bagnata cominciando a montarlo.
Sentivo il pene bollente su e giù per il tunnel, altre nuove sensazioni.
Ve lo giuro, cari amici e amiche, non capivo più nulla, come al solito, starete pensando, purtroppo si, sono troppo passionale, troppo calda.
Mentre si stava avvicinando un nuovo incredibile orgasmo.
“fermati ragazza”.
Mi fece alzare in piedi.
Si alzo lui stesso.
Mi accompagnò vicino ad un lettino, fermandomi un pò prima.
“appoggia le mani al bordo, si così, brava la mia puledrina”.
Avrei dovuto offendermi a quelle parole, invece suonarono dolcissime.
Feci quello che mia aveva chiesto, mi trovavo nella posizione che chiamano alla “pecorina”, dicono che a voi maschietti, piace da morire prendere una donna così, sinceramente non è la mia preferita, primo perché mi piace vedere il mio uomo godere, secondo, in quella posizione il mio secondo canale è troppo disponibile per i miei gusti.
Come volevasi dimostrare, non ci volle molto a capire, che voleva prendermi da dietro!
Lo ripeto, non è la mia posizione preferita, ma in quel momento non ho saputo opporre la minima resistenza, l’ho accontentato.
Sentii la cappella sistemarsi all’entrata della passera, attese un attimo, poi con un colpo solo, entrò, facendolo andare fino in fondo, lubrificata come ero, l’entrata fu dolcissima.
“ecco cosi mi piace prenderti mia bella cavallina, come facevo con quelle meravigliose donne che venivano in crociera sulla mia nave, mi piace questa posizione, posso prendere in mano queste belle tettine, sentirti mia”.
Alle parole fece seguire l’azione, le mani si impossessarono del seno, impugnandolo come fossero due succose arance.
Cominciò con un ritmo lento, continuo, per poi aumentare la velocità e la potenza delle spinte, mi prendeva facendomi impazzire.
Mi sono bagnata come… (stavo per scrivere una cagnetta)… forse lo ero, visto la facilità a raggiungere un nuovo orgasmo, ma sinceramente, non mi reputo tale, ho il pregio o difetto, di godere molto facilmente.
Giovanni continuava con il suo ritmo potente e veloce, facendomi gemere, vorrei tanto riuscire a spiegartelo in parole quello che stavo provando, ma non sono brava a descrivere le situazioni.
Non ho potuto trattenermi dall’urlare, quando giunsi all’ennesimo orgasmo, il più bello di tutti, pensai in quel momento, probabilmente lo era, anche se, per la verità, ogni orgasmo lo considero il migliore.
Mentre urlavo la mia gioia, lo ha estratto, mettendoci due dita al suo posto, le fece andare e venire un paio di volte, per poi infilarle nell’altro buchetto, prima un dito, poi l’altro, spalmando ben bene gli umori.
Vidi che prendeva una boccetta che si trovava abbandonata sulla sdraio, non ci avevo fatto caso, intuii che fosse olio abbronzante.
Qui posso solo indovinare quelle che fece, dai rumori e dai movimenti.
Mise dell’olio sul palmo di una mano, lo spalmò ben bene sul membro.
Completamente estasiata ed inerte, me ne stavo ancora piegata a 90°.
“ora bambina mia desidero godere pure io, come facevo quando ero nella marina mercantile, e dovevamo restare mesi e mesi in mare senza poter attraccare in un porto, c’era sempre qualche giovane marinaio a cui prendere il culetto, come farò ora con te, non puoi immaginare quanto godevo”.
Come ho detto, ero sfinita dagli orgasmi, non sono riuscita ad oppormi, l’ho lasciato fare.
Che ironia, in poche ore, violata per due volte nel buco che meno ero propensa dare, ma era il mio compleanno, giorno speciale.
Una malignità mi venne alla mente, avrei fatto la verginella, gli avrei fatto credere fosse la mia prima volta.
Quando con una bella spinta è entrato in me, ho lanciato un urlo terribile, come quando fui sodomizzata da quel maiale di medico.
Era tutto dentro, i testicoli sbatterono, si fermo.
“Dio mio, non dirmi che eri vergine, dovevi dirmelo, ti ho fatto tanto male?”.
Dentro di me ridevo, ma sinceramente un po’ di male lo stavo provando, non facevo fatica a fingere.
Riuscii a rispondergli.
“non preoccuparti.”.
Credevo si sarebbe fermato, invece ha solo rallentato.
“resisti bambina, vedrai che fra poco sentirai solo piacere”.
Dicendo questo, allungo una mano afferrando un seno per pastrugnarlo ben bene, mentre con l’altra cominciò a masturbarmi.
Le tre manovre provocarono in me, l’estasi agognata, il delirio dei sensi, la salita alla vetta del piacere.
Giovanni mi stava parlando.
“ai miei marinaretti, mentre li possedevo, mi piaceva menargli il pene, sapessi come godevano”.
“continua, Giovanni, continua”.
“si bambina, si, lo senti?”.
“mi piace, mi piace”.
Comincio ad accelerare, i suoi colpi erano sempre più profondi, per poi estrarlo quasi del tutto, faceva rimanere dentro solo la cappella.
Il ritmo si fece paradisiaco.
Godevo, ma non riuscivo a capire con che cosa, ero tutta un godimento.
“amore dimmi quando stai per avere l’orgasmo, voglio venire assieme a te”.
Urlai qualcosa, non ricordo cosa.
Lo sentii accelerare ancor di più, aveva capito che oramai l’orgasmo sarebbe arrivato indipendentemente dal masturbarmi o penetrarmi.
Mi prese per i fianchi, cominciò a menare colpi sempre più violenti, temetti mi volesse sfondare, dovevo tenermi ben salda alla brandina.
Urlai con tutto il fiato che avevo.
Dentro esplose l’orgasmo.
Un altro urlo.
Una colata di calore arrivo nelle viscere, un fiume che non smetteva di scorrere, pensai che sarei scoppiata.
Giovanni si accasciò su di me, a causa del peso, le ginocchia cedettero, mi appoggiai alla brandina.
Mi fu sopra con tutto il peso, con il paletto ancora conficcato in me.
“grazie mia bella marinaretta, grazie, sei stata bravissima”.
Compresi che lo avevo portato indietro con gli anni, credeva di essere ancora in marina, ne fui orgogliosa.
Lentamente ritrasse il pene dal fodero.
Si alzo.
Mi alzai.
Ci abbracciammo, un tacito ringraziamento per la felicità appena reciprocamente donata.
Senza dir nulla, mi tuffai in piscina.
Un attimo dopo, mi seguì.
Nuotammo per un bel po', finchè non mi sentii pulita.
Risalii la scaletta.
Due mani si appoggiarono al fondoschiena.
“hai un bellissimo culetto Lilly”.
“non dirmi che ti piace più lui che lei?”.
“li ho sempre amati tutti e due, non ho mai avito preferenze”.
Mentre parlavamo avevo raggiunto la brandina, recuperato l’accappatoio, l’indossai.
Mi sedetti in una delle poltroncine, mentre aspettavo Giovanni che era andato ad asciugarsi e vestirsi.
Ritornò, si sedette nell’altra poltroncina.
Guardai l’orologio, erano le 12 e mezza.
“fra poco dovrebbero arrivare le amiche”.
“speriamo, non vedo l’ora di potermi vestire, ho lasciato tutto al motel”
“per me puoi rimanere anche così”.
“maialone, aspetta un attimo voglio farti un regalo”.
Mi alzai ed andai in camera, presi il perizoma sporco di umori e ritornai giù.
Mi avvicinai, presi sia l’elastico della tuta, che quello delle mutande, li tirai, infilai il perizoma, mettendolo a contatto col pene oramai ammosciato.
“così saprai di non aver fatto un sogno”.
“grazie, le terrò come una reliquia”.
“lascialo dove si trova, fino a quando non sarai a casa tua”
“certo, sarei un pazzo a toglierlo”.
Ci fu una bella risata.
Incominciammo a parlare, come due normali persone che si erano appena conosciute.
Fortunatamente nessuno poteva ascoltare il dialogo.
“veramente sodomizzavi i marinai?”.
Mi guardò per un attimo, indeciso se rispondermi o no.
“vedi Lilly, quando ero in marina, specialmente sulle petroliere, si restava senza vedere la terraferma dai sei agli otto mesi, nei primi tempi, bastava masturbarsi, poi però la cosa si fece monotona, e allora, si invitava in cabina un marinaio, soprattutto quelli giovani, al primo imbarco, a volte erano ancora vergini, allora era una gran festa”.
“voglio tranquillizzarti che non ho mai usato il grado per invitarli nella mia cabina,ci venivano di loro spontanea volontà”.
Capii al volo ciò che voleva dirmi,non per niente ero in quella situazione con Claudia.
Lo vidi chiudere gli occhi, probabilmente stava pensano a quei tempi.
“Giovanni non dirmi che hai nostalgia?”.
“si Lilly, ne ho, oh ti prego non fraintendermi, la passera mi piace, non vedevo l’ora di tornare a casa e fare sesso con mia moglie, ma laggiù nel golfo Persico, in mezzo al mare, era dolce infilarlo in quei culetti imberbi, accoglienti, erano una manna”.
“ma non avevi paura delle malattie?”.
“certo che ne avevo, mai fatto sesso senza preservativo e poi, oltre alla profilassi, dopo ogni incontro, facevo delle analisi ogni volta che sbarcavo, stavo molto attento”.
“però con me non l’hai usato?”.
“tu sei pura, non sei contaminata, ne sono sicuro”.
Parlammo del più e del meno come fossimo due vecchi amici e non freschi di una bella scopata.
Sentimmo arrivare la macchina.
Poco dopo ci raggiunsero.
“ciao papà, ma cosa ci fai qui?”.
“quello che farebbe qualsiasi gentiluomo, faccio compagnia alla tua amica che avevate lasciato qui sola”.
“come mai sei venuto? non sapevi che avevo ospiti”.
“e vero, avevo finito il caffé e sono venuto a farmelo, così ho conosciuto la tua amica”.
A quel punto Daniela si girò dalla mia parte.
“si, ho bevuto un fantastico caffé e poi abbiamo chiacchierato tutta la mattinata”.
La vidi guardare in modo strano, prima suo padre e poi me, ma non disse altro.
Nel discorso si intromise Claudia.
“che ne dite se prepariamo il pranzo?”.
“buona idea”.
“papà ti fermi con noi?”.
“certo che mi fermo, se avete bisogno di aiuto, sono a vostra disposizione”.
Ancora una volta vidi Daniela rimanere a bocca aperta.
Dato che non erano affari miei, presi la valigetta e filai in camera a vestirmi.
Il pranzo fu molto piacevole grazie alla presenza del padre, un vero anfitrione, ne aveva di cose da raccontarci.
Ma quello che più mi divertiva, era la faccia della figlia, sembrava di non riconoscere il padre.
Venne l’ora di andare all’aeroporto.
Saluti e baci, molto calorosi con Giovanni.
Mancavano ancora alcune ore, ma Daniela aveva una riunione per degli aggiornamenti.
“io vado ci vediamo prima dell’imbarco”
Passeggiammo per il terminal.
Ci raggiunse Daniela.
“venite abbiamo ancora un’ora, prendiamo qualcosa assieme”.
Ci sistemammo nel bar.
Daniela mi guardò negli occhi.
“dimmi la verità è stato tutta la mattina li a chiacchierare con te?”.
“si, hai un padre eccezionale, mi ha raccontato tante di quelle cose della vita marinaresca”.
“ti ha raccontato della sua vita?”.
“si perché ti meravigli tanto?”.
Claudia ci guardava senza intervenire, con un sorrisetto che la diceva molto lunga.
“dopo la morte di mamma, sono già passati più di tre anni, ho cercato di coinvolgerlo nella nostra vita, ma l’unica cosa che fa é venire nei fine settimana quando ci sono i ragazzi e durante l’estate a fare un bagno nella piscina”.
Fece una pausa poi riprese.
“sapessi quante volte ho invitato qualche mia collega più anziana per farglielo conoscere, per invogliarlo a smetterla di restare isolato, ma lui, rimaneva lì qualche ora, poi se ne andava”.
Altra pausa.
“ora puoi immaginare la mia meraviglia di vederlo seduto con te a parlare tranquillamente e per di più felice, cosa rara, se non quando ci sono i bambini”.
“si me l’ha detto, soffre la loro lontananza”.
“anche questo ti ha detto?”.
“beh! fra le altre cose”.
“ma quello che mi ha sorpreso è stato quando mi ha salutato, oltre a raccomandarsi che ti salutassi molto caramente, ha voluto ti dicessi che se dovessi ritornare ad Olbia di non mancare a venire a salutarci”
“grazie digli che lo farò”.
“aspetta, mi ha anche chiesto di rifare le cene con le amiche/colleghe, specialmente con una in particolare, mi sembra una cosa incredibile, ma ne sono felice, ora scappo ci rivediamo sull’aereo”.
Claudia aspettò che Daniela si allontanasse, poi presomi per un braccio.
“ora mi racconti tutto, non negarlo, ti sei fatta suo padre, com’è?”.
Sorrisi, iniziai a raccontargli quello che già sapete.
“non ho parole, non te ne fai scappare uno”.
“se sono come Giovanni no”.
Ridendo ci avviammo all’aereo, fu un volo tranquillo.
Prima di sbarcare, Daniela ci raccomandò di tenerci in contatto, lo disse specialmente a me, Claudia l’avrebbe rivista molto presto.

Cari amiche e amici, sono arrivata alla fine di questo lungo viaggio, spero di non avervi annoiato troppo.
Se così fosse, perdonatemi.
Un lungo e grosso bacione.
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