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Anto', fa caldo!


di adad
10.08.2020    |    13.029    |    4 8.9
"Con un guizzo, spinse Saverio a pancia in giù e gli fu sopra..."
“Anto’, fa caldo!”, disse Saverio, facendosi vento con la mano aperta.
Erano distesi nudi sul letto, ma nessuno dei due riusciva a dormire in quella notte estiva. Il caldo e l’afa la facevano da padroni, rendendo pressoché irrespirabile l’aria della stanza. Le finestre erano spalancate, ma non serviva a niente. Ci sarebbe voluta l’aria condizionata, considerò Saverio, pensando con invidia all’amico Simone che l’aveva appena installata e adesso si stava da dio nel suo appartamento! Ma il suo fidanzato, Antonio, non voleva saperne: diceva che non gli piaceva il clima artificiale, che d’inverno doveva fare freddo e d’estate doveva fare caldo e noi dobbiamo essere capaci di sopportare l’uno e l’altro.
Meglio le finestre aperte…
“Anto’, fa caldo!”, ripeté lamentosamente Saverio.
“Vado a prenderti qualcosa di fresco, amore?”, si rassegnò Saverio.
“Eh, magari… c’è del te freddo in frigo.”
“Vado a prendertelo.”, e Antonio si districò dalle lenzuola sudate e si sedette sulla sponda del letto.
Il refolo d’aria fresca che entrava dalla finestra spalancata al quinto piano carezzò la sua schiena nuda, asciugandogli il sudore e facendolo rabbrividire. Senza accendere la luce, orientandosi al fievole lucore proveniente da fuori, Antonio raggiunse la cucina, prese la caraffa dal frigo e riempì due bicchieri di te ghiacciato; poi tornò in camera e si avvicinò al letto dalla parte di Saverio.
“Tieni”, disse e gli porse il bicchiere.
Bevvero entrambi: Saverio seduto sul letto, con la schiena poggiata ai cuscini, Antonio in piedi accanto a lui.
“Ahhh! – esclamò Saverio, con beata soddisfazione – ci voleva proprio.”
“Sì”, fece Antonio, poggiando il bicchiere sul comodino dell’altro.
Così facendo, gli si avvicinò ulteriormente.
Saverio si protese verso il suo cazzo penzoloni, fiutando in maniera ostentata.
“Puzzi come un caprone.”, gli disse.
“Già, come un caprone che ti ha appena fatto il culo.”, rispose Antonio un po’ seccato.
“Ih!, che maniera di rispondere!”
“Non è forse vero che ti ho inculato mezzora fa?”
“E allora?”
“E allora è la puzza del tuo culo, che mi è rimasta sull’uccello!”
L’aria si stava facendo ancora più rovente, ma per fortuna Saverio era una persona che sapeva tacere e cedere al momento giusto, e poi amava troppo il suo fidanzato, per sopportare anche solo l’idea di litigarci… e per una sciocchezza del genere.
“Davvero ho il culo che mi puzza così?”, fece sorridendo.
“Non è un giardino di rose…”, mugugnò Antonio, più restio a lasciar correre.
“Però ti piace.”, disse Saverio, insinuante.
“Insomma…”, fece spallucce l’altro.
“Ma se ti consumi la lingua a leccarmelo!”
Finalmente, Saverio scoppiò a ridere.
“E’ vero, - ammise – però mi piace anche quando ti consumi tu la lingua a leccarmi l’uccello!”
Intanto, era tornato a stendersi al fianco di Saverio. Vicino, a stretto contatto di pelle. Saverio si girò sul fianco a fronteggiarlo.
“Mi piace succhiarti l’uccello… - disse piano – hai un sapore fantastico.”, e gli poggiò la mano sulla coscia.
“Cerco di darti il meglio, tesoro.”
“Guarda, ti sta tornando duro…”, osservò Saverio e glielo prese in mano. Era caldo e appiccicaticcio di sudore e altro.
“Se continui a stuzzicarmi, per forza mi torna duro… E se mi torna duro…”
Saverio non rispose, ma quelle parole furono un invito per lui: si accostò, facendo le mosse di volerglielo prendere in bocca.
“Puzzo come un caprone…”, protestò Antonio.
“Ma chi se ne fotte!”, ribatté Saverio e, vincendo la leggera ripugnanza, diede un paio di leccate al glande esposto e poi lo ingoiò, avvolgendolo con la lingua.
Il sapore acido e il viscidume sulla lingua, gli diedero effettivamente un accenno di nausea; ma si fece forza e ingoiò quel primo boccone amaro: per amore si fa questo e altro; dopo qualche minuto, però, non ci fece più caso e si occupò solo di godersi e di far godere quel magnifico torsolo, grosso e lungo, rivestito da una spessa guaina soffice e carnosa, sotto la quale si indovinava però un’anima d’acciaio.
Impugnandolo saldamente alla base, Saverio lo teneva diritto e se lo slurpava golosamente: era avido di cazzo, insaziabile, gliel’avevano sempre detto tutti, ma trovava assolutamente irresistibile quello del suo uomo, a cui amava dedicare le sue migliori attenzioni. Il piacere intanto cresceva nei precordi di Antonio, le sue palle si raggrinzivano, il cazzo fibrillava, il sugo sgorgava e si spandeva sulla cappella, slinguato con gusto dal fervente adoratore, che mugolava in attesa dell’ormai imminente esplosione.
Ma proprio mentre stava per toccare la soglia del non ritorno:
“Voglio sborrarti nel culo!”, ansimò Antonio.
Con un guizzo, spinse Saverio a pancia in giù e gli fu sopra. Saverio sollevò il bacino. Antonio gli puntò il cazzo sul buco e spinse dentro. Appena il glande fu entrato, Saverio strizzò con forza lo sfintere: l’improvvisa resistenza fu il colpo di grazia. Con un grugnito animalesco Antonio sentì la sborra rompere la diga e risalirgli la mazza: in quell’istante, Saverio allentò la morsa e il cazzo di Antonio gli sprofondò velocemente nel retto, già sborrando.
Il piacere assommato della penetrazione e dell’orgasmo, fu una sferzata fulminante per il povero Antonio, che abbrancò l’amante per i fianchi e gli si accartocciò sopra, squittendo, mentre le palle gli si svuotavano con raffiche veloci.
Finito che ebbe di eiaculare nel culo di Saverio, tenendogli dentro il cazzo ancora duro, Antonio si rovesciò sul fianco, gli afferrò il membro spasmodicamente teso e cominciò a segarlo con mosse veloci. Spossato dall’orgasmo anale appena subito, il giovane si abbandonò alla mano esperta che lo guidava verso un’altra vetta di piacere.
Antonio sapeva, infatti, che quanto piacesse a Saverio sborrare con il culo ancora pieno di carne viva, per questo glielo faceva ogni volta, dopo averlo scopato. Lo entusiasmava sentirlo fremere sotto la sua mano e amava le convulsioni del suo culo stretto attorno al proprio cazzo, quando veniva: gli dava una sensazione di potere difficile da immaginare e da spiegare; quasi volesse dire: io sono il tuo uomo, tutto dipende da me.
Ed ecco Saverio inarcarsi con un gemito: il suo cazzo si tese, lo sfintere strinse in una morsa l’uccello quasi moscio di Antonio, mungendogli le ultime gocce di sugo… Poi uno scatto e la sborra schizzò lontano, spiaccicandosi sulle lenzuola già bagnate.
Dopo un po’, i due dormivano,o cercavano di farlo, nell’afa opprimente della stanza. Il cielo cominciava ormai a schiarirsi verso levante.
“Anto’, fa caldo!”, gemette ad un tratto Saverio.
Antonio non si mosse.
“Anto’, fa caldo!”, ripeté lamentoso Saverio.
“Fatti una doccia fredda!”, ringhiò Antonio con voce sonnolosa, girandosi dall’altra parte.
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