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Gay & Bisex

Galeotto fu il tiggì - 1


di adad
30.12.2022    |    10.417    |    9 9.3
"Non che non stimolasse ancora i miei depravati interessi, tutt’altro! Diciamo che la cosa era sotto controllo, o così credevo..."
Mi chiamo Dario, ho 30 anni e mi piacciono gli uomini, così sgombriamo subito il campo dagli equivoci. Non sto dicendo che mi piacciono in senso estetico, ovvio… cioè, mi piacciono anche in senso estetico, altrimenti crolla il palco, ma anche, e soprattutto in senso erotico.
Che vi devo dire, appena vedo un bell’uomo, io comincio a smaniare dalla voglia di aprirgli i pantaloni e farmi un giretto nelle sue mutande: è più forte di me.
Generalmente, mi piacciono i coetanei, diciamo i trenta/quarantenni, grosso modo, ma non escludo qualche eccezione, quando ne vale la pena. Ed è in una di queste eccezioni che mi imbattei un paio d’anni fa, in televisione… eggià, la televisione serve pure a questo. In parole povere, stavo escursionando qua e là, in cerca di qualcosa da vedere, prima di ripiegare sul documentario salva serata di Focus, quando capitai su un tiggì, di cui non vi dico il canale per motivi che capirete presto.
Ma non è questo il punto: il punto è che appena vidi il giornalista seduto al tavolo, che snocciolava le notizie, la bocca mi si aprì per conto suo in un’espressione di meraviglia e rimasi a contemplare questo magnifico dilfone sui quarantacinque/cinquanta, il viso luminoso, il sorriso cordiale, le venature argentine che gli striavano i capelli e la barba… E che deve fare una povera checca davanti a simili esemplari del sesso maschile? Forse per i miei standard era un po’ avanti con gli anni, ma aveva tutti gli strumenti necessari per affascinarmi… e mi affascinò.
Da quella sera divenni un affezionato del tiggì delle 20 su…. Eh eh eh speravate che ve lo dicessi, vero? Così, tutti lì assembrati davanti all’ingresso degli studi. per mettere le mani pure voi su quella magnifica creatura. Ma, come dice John Hurt in Partners: “Lui è mio!”
Cominciai, dunque, a seguirlo nel tiggì serale, cominciai a raccogliere notizie su di lui, scoprendo così che aveva quarantacinque anni, per cui rientrava ancora ampiamente nei miei canoni, e in ogni caso per lui avrei fatto una delle eccezioni previste; cominciai a visitarlo nelle mie fantasie serali, con tutti gli ovvi risvolti, non escluso quelli erotici. E tenete presente che lo conoscevo dal petto in su e solo in giacca a cravatta. Ma ho una fervida fantasia che mi permetteva di colmare le lacune, che nel suo caso erano moltissime… Ma questo, tutto sommato, era un vantaggio, perché mi permetteva di plasmarmelo a modo mio, certo sulla base dei pochi indizi che avevo.
E come me lo immaginavo? Beh, sul metro e ottanta…non che mi piacciano così alti, considerando che sono alquanto tapparello, ma perché quella era l’idea che mi dava, vedendolo emergere dal tavolo per buona parte del torace. Il viso un po’ tondo e dalle guance paffute mi suggerivano uno di quei falsi magri, asciutti di corporatura, ma polposi… e sugosi. Natiche solide e cazzo, ovviamente, di un certo rilievo, con due palle appese sotto… Ok, ok, questa era una parte del suo aspetto virtuale elaborata con una certa libertà creativa. Ma con quante seghe erano disegnati questi profili!
Dai social avevo scoperto, oltre al suo nome, che era sposato (e ti pareva!), ma non aveva figli… e meno male: in genere sono loro che suscitano nei soggetti interessati le maggiori resistenze.
Ad ogni modo, come succede in tutte le cose umane, l’interesse crebbe fin quasi a livello maniacale, dopo di che, per forza di cose cominciò a scemare, per ridursi a una piacevole presenza nella mia mente, una delle tante.
Ogni tanto mi capitava di ritrovarlo in tv e allora mi soffermavo ad ammirarlo, mentre conduceva brillantemente il suo tiggì, con la gradevolezza con cui si sta ad ascoltare un vecchio amico. Non che non stimolasse ancora i miei depravati interessi, tutt’altro! Diciamo che la cosa era sotto controllo, o così credevo.

Verso la fine dell’estate successiva, decisi di andare a rilassarmi in un centro benessere fra le dolci colline del Veneto. Non ero mai stato in una struttura del genere, per cui il primo giorno mi sentii alquanto a disagio in mezzo a tutta quella gente, che sembrava venuta da un altro mondo. Ma piano piano, tra una passeggiata, un massaggio e una nuotata in piscina, cominciai a familiarizzare e a sentirmi a mio agio, mentre mi aggiravo semisvestito fra altre persone altrettanto semisvestite, fra le quali non era raro qualche delizioso bocconcino ogni tanto… intendo, qualche bel giovanottone con le cosce o il torace in bella mostra. Ovviamente, erano tutti accompagnati da gentili, quanto svestitissime donzelle, per cui cominciai a pensare che si trattasse di ragazzi immagine, messi lì a bella posta dalla direzione, perché in effetti manzi di simile fattura se ne vedono solo nelle riviste di moda e nei film porno.
Ero arrivato al quinto, e penultimo, giorno di permanenza e ormai mi muovevo con disinvoltura in mezzo a quella fauna umana, spingendomi a gettare anche l’occhio, ma solo quello, sulle vezzosità di qualche elemento maschile del personale, quando la sera a cena, lanciando lo sguardo dall’altra parte della sala, mi bloccai con la forchetta a mezz’aria e il boccone in gola… non era possibile… Dritto davanti a me, a tre tavoli di distanza, c’era lui, l’idolo dei miei sogni, il protagonista di tante mie sconce fantasie… sì, lui: il mio bel giornalista!
Non era solo (e ti pareva!): stava cenando e conversava confidenzialmente con un’altrettanto fascinosa signora, con cui sembrava essere in intimità: probabilmente, la moglie.
Ma era davvero lui? Non è che la distanza e la luce soffusa potessero farmi vedere solo quello che immaginavo? Magari era qualcuno che gli somigliava… Lo scrutai con attenzione, mentre fingevo di portarmi alla bocca la forchetta con qualche frammento di cibo… il suo modo di parlare, il suo modo di sorridere, di muovere le mani… Era lui, non c’erano dubbi! Era lui al 99%... facciamo al 95, per lasciarmi qualche margine di errore.
Potete immaginare in che razza di scombussolamento interiore e intestinale mi ritrovassi: lo stomaco mi si era rivoltato sottosopra; la cena, pur appetitosa, era rimasta mezza nel piatto. D’un tratto, lo vidi scusarsi con la compagna, poi alzarsi e dirigersi verso la toilette. Dovevo assolutamente scoprire se era davvero lui. Mi alzai con le gambe malferme e raggiunsi pure io la toilette. Entrato, lo scorsi in un orinatoio all’angolo che espletava i suoi bisogni. Lo fissai, a costo di apparire un pervertito… ebbi l’impulso di raggiungere l’orinatoio al suo fianco, ma mi sembrò eccessivo, non ne ebbi il coraggio. Mi avvicinai al lavabo, come se volessi lavarmi le mani, e continuai a fissarlo nello specchio: forse era leggermente più basso del metro e ottanta, con cui me l’ero immaginato, ma era lui: adesso non ne ebbi più alcun dubbio, specialmente quando, si voltò e, chiudendosi la zip dei pantaloni, venne a lavarsi le mani. Mi asciugai con una tovaglietta di carta e mi voltai per uscire. In quel momento i nostri occhi si incrociarono e, d’istinto, gli sorrisi, chinando un istante la testa. Lui sembrò stupirsi, ma rispose al mio saluto con pari sorriso.
Tornai al tavolo e cercai di calmarmi, bevendo un sorso del vino che un cameriere caruccio mi aveva appena versato. Ma ormai ero troppo agitato per rimanere, così gli lanciai un’ultima occhiata, firmai il conto e me ne tornai in camera.
Occazzo! Era lì!... Non riuscivo a crederci… E poi uno dice i casi della vita. Chissà se alloggiava nello stesso albergo o era solo venuto a cena nel ristorante? Da quanto ne sapevo il ristorante era aperto anche al pubblico esterno… Ad ogni modo si trovava in zona… e già questo bastava a mettermi in agitazione ogni vibrissa erotica del mio corpo.
Come Dio volle, verso l’alba mi addormentai, dopo essermi masturbato almeno un paio di volte, creandomi le più selvagge fantasie erotiche con lui; così che, quando mi alzai, la colazione era già stata servita e dovetti accontentarmi di un cappuccino e una brioche al bar dell’albergo.
Ero ancora troppo agitato quella mattina per potermi dedicare alle attività che mi ero riproposto, che non ricordo più quali fossero; così decisi di andarmene a visitare le bellezze artistiche del posto, in modo da non pensare a quello che era successo la sera prima.
Ma come facevo a non pensare a lui, dopo averlo incrociato così da vicino, dopo aver incrociato il suo sguardo… dopo averlo visto tirarsi su la zip dei pantaloni? Infatti, non potevo.
Verso mezzogiorno, presi un sacchetto di patatine fritte da un chioschetto del parco e le smangiucchiai, godendomi l’ombra odorosa di non so che alberi. Tornando in albergo, ero quasi tornato alla normalità, così decisi di glorificare l’ultimo giorno di permanenza, provando la sauna. Non ne avevo mai fatte fino ad allora: la sola idea di trovarmi in uno stanzino torrido mi toglieva il respiro; ma quel giorno mi sentivo di osare. Avevo visto diversi porno ambientati in una sauna e chissà che… L’aspettativa di ritrovarmi con un paio di figazzi sconciamente nudi, almeno da ammirare, mi diede il coraggio di affrontare la priva. Alla peggio sarei uscito.
“Secca o umida?”, mi chiese l’addetto.
“Scusi?”, feci, con l’aria forse un po’ troppo da sciocco.
“E’ la sua prima volta?”
Al mio cenno affermativo, quello mi spiegò la differenza, e io decisi di seguire il suo consiglio per una sauna secca.
L’addetto mi consegnò allora un telo da bagno e la chiave di un armadietto, indicandomi lo spogliatoio e dandomi tutte le indicazioni del caso. Mi spogliai, mi avvolsi il telo attorno ai fianchi, come avevo visto fare nei video porno; chiusi gli effetti personali in un armadietto, mi fissai la chiave al polso con un elastico e mi diressi dove mi indicava la freccia.
Mi preparai, seguendo con attenzione le indicazioni esposte ben in evidenza, dopo di che, finalmente, aprii la porta e feci per entrare nella prima sauna della mia vita. L’aria rovente mi investì come un bulldozer, pizzicandomi la pelle umida e togliendomi un attimo il respiro: ci saranno stati almeno 60/70 gradi lì dentro; ma era talmente secca, che mi ripresi in fretta, ed entrai, chiudendo la porta alle mie spalle.
Quando, poi, sollevai lo sguardo per guardarmi attorno… Che devo dire? Un altro tutto al cuore: il mio giornalista era lì, seduto indolentemente sulla panca più in alto, il telo da bagno avvolto ai fianchi, ma tirato in su a coprirgli a malapena le cosce. Il resto era magnificamente esposto alla mia vista e… alla mia ammirazione. Sollevai il sopracciglio per la sorpresa e sorrisi.
“Salve”, feci, salendo a sedermigli accanto.
“Salve, - rispose – meno male che è arrivato qualcuno, cominciavo ad annoiarmi tutto solo.”
“La sua signora non è con lei?”, chiesi con aria indifferente.
“Come fa a sapere della mia signora?”, si inalberò lui.
“Oh, mi scusi, - cercai di rimediare – ieri sera in sala era seduto di fronte al mio tavolo e non ho potuto fare a meno di notarla che conversava con una bellissima signora.”
“Ah, grazie… No, lei non ama la sauna, credo che sia da qualche parte a farsi smanacciare da qualche massaggiatore.
Buon per me, allora., pensai.
“Aspetti… - fece lui - ci siamo anche incrociati nella toilette…”
“In realtà, l’avevo seguita…”, confessai.
“Che significa?”
Mi morsi la lingua: cosa cazzo mi era venuto in mente…
“Vede… - cercai di spiegare – mi sembrava di averla riconosciuta e volevo verificare che fosse proprio lei…”
Lui si accigliò e mi fissò con aria interrogativa.
“Lei è il giornalista Bruno De Bellis, non è così?”
“Sì, sono io… - confermò – ma non capisco…”
“Seguo sempre… beh, quasi sempre, il suo tiggì… Mi piace molto.”
“Ah… grazie… Ma tu guarda che coincidenza… Trova che sono bravo?”
“Bravo e anche… molto bello, almeno per me.”
Rimase un momento a fissarmi, forse non sapendo come reagire; poi, sorridendo:
“Siamo in una sauna… non è che ci sta provando?”, disse con aria divertita.
“Le darebbe fastidio?”
“Fastidio? Direi di no: sarebbe la prima volta che mi succede…”
“In una sauna o nella vita?”
“In nessuna circostanza. Sono vergine da corteggiamenti.”
“Non è possibile! – esclamai, fingendo incredulità – Mi sta dicendo che mai nessuno ci ha provato con un bell’uomo come lei?... un capufficio… un commesso, un fattorino?”
“Ahimé, no…”
“Forse, se lei si mostrasse più collaborativo…”, insinuai, lanciando un’occhiata allusiva all’inguine ancora nascosto dal telo da bagno.
“Così, dice?”, e ne scostò un lembo scoprendosi del tutto la bella coscia pelosa.
“Potrebbe fare di meglio…”
E lui fece di meglio, aprendosi del tutto il telo davanti ed esponendo alla mia bramosa vista l’intera sua mercanzia.
“Wow!”, esclamai, sentendomi all’improvviso la gola asciutta.
E c’era in effetti di dire Wow! L’inguine era più peloso di quanto me lo fossi immaginato, ma più nel pube, che nei coglioni, che apparivano quasi implumi al confronto. Ma erano grossi… cazzo, se erano grossi!... due uova di piccione che riempivano una borsa, in quel momento floscia… E l’uccello… ancora molle e incappucciato…
“Vedo che ti piace…”, mormorò lui, allungando le braccia sulla spalliera della panca e allargando ulteriormente le gambe.
“Posso toccarlo?”, chiesi, leccandomi le labbra asciutte.
“Abbiamo fatto trenta…”, concesse lui.
Allora, allungai la mano e presi con due dita, delicatamente, quel morbido cannolo, caldissimo al contatto. Lo poggiai sul palmo dell’altra mano e presi a scappucciarlo… ma il prepuzio non era ancora sceso sotto il glande, che già era schizzato duro e fremente.
“Fantastico!”, esclamai, impugnandolo a tutta mano.
Non riuscii a trattenermi.
“Posso prenderlo in bocca?”, chiesi, già chinandomi bramoso sulla verga svettante, inebriato dall’intenso aroma di sesso e di sudore, che ne promanava.
Bruno mi fermò.
“Sono sposato.”, disse.
“Voglio solo succhiartelo un poco, mica portarti via a tua moglie.”, lo rassicurai stolidamente.
“Quand’è così, accomodati pure.”
E io mi accomodai: gli scivolai davanti, inginocchiandomi fra le sue cosce calde, e presi a leccare a tutta lingua la verga sudata per la sua intera lunghezza, dalle radici alla base del glande, una volta, due… sentendolo fremere ad ogni passaggio. Immaginavo il senso di frescura che il velo di saliva doveva lasciargli in quell’atmosfera surriscaldata. Mi sembrava di vivere uno dei tanti porno che avevo visto con scene del genere, e il fatto che da un momento all’altro potesse capitare qualcuno non faceva che infregolarmi ancora di più.
“Dimmi quando vuoi che mi fermi…”, biascicai ad un certo punto, ma non ottenni risposta: forse non mi sentì, forse mi ero soltanto immaginato di dirlo.
Finalmente, avvolsi la lingua attorno al glande denudato e risucchiai la bava appiccicosa che lo ricopriva. La sua risposta fu un gemito che mi si ripercosse nel profondo.
Il resto appartiene al Manuale del Perfetto Pompinaro, a cui rimando il lettore. In attesa di un “Fermati”, che non giunse mai, proseguii a lavorargli di bocca la grossa nerchia, che tenevo impugnata con una mano, mentre con l’altra gli palpeggiavo lo scroto, che d’un tratto mi sentii rassodare nel palmo, mentre il cazzo si tendeva e il suo respiro diventava pesante.
“Fermati… mi fai venire…”, disse con voce strozzata.
Col cazzo che mi fermo, pensai, e continuai a succhiare e slinguare, finché non mi ritrovai con la lingua impastata di sugo denso e salaticcio, mentre sentivo lui ansimare e stringermi convulsamente la testa con entrambe le mani.
Quando il flusso terminò, diedi ancora qualche leccata alla cappella ormai sgonfia, poi mi rialzai e tornai a sedergli accanto. Dopo un po’ si riscosse:
“Accidenti, - mormorò con un sorriso radioso, che me lo rese ancora più affascinante – si direbbe che ti piaccio davvero.”
“Ne dubitavi? – dissi, sentendomi ancora in bocca il sapore della sua sborra – Ti secca se mi faccio una sega?”, aggiunsi, slacciandomi il telo dalla vita e iniziando menarmelo.
“Figurati. – disse lui – Anzi, scusami se non ricambio…”
“Non preoccuparti… - mormorai, mentre sentito le prime fitte dell’orgasmo – lo so che sei sposato…”
La sua risata squillante accolse il mio orgasmo, rendendomelo ancora più gratificante.

(continua)
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