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Gay & Bisex

Penne Scopate


di adad
12.05.2022    |    14.281    |    23 9.8
"E a questo, ne seguirono altri: la mia fantasia sembrava inesauribile: i pensieri libidinosi mi si formavano da soli nella mente e appena prendevo in mano la..."
Ero uscito quel pomeriggio per comprare una penna nuova. Non che non ne avessi davvero bisogno: ne avevo in casa di ogni tipo e colore; ma diciamo che era una buona scusa per uscire dall’atmosfera soffocante del mio studio e fare una passeggiata, rallegrato dal sole di quel tiepido pomeriggio primaverile.
Beh, e certo non avrei mancato entrare nella prima cartoleria in cui mi fossi imbattuto per comprare quella penna, che doveva costituire l’alibi per la mia sortita. Camminavo lentamente, in mezzo alla gente, che affollava i marciapiedi, e non mancavo di sbirciare un bel culetto mascolino fasciato dai jeans o la prominenza del pacco alla convergenza delle cosce nei ragazzi che mi venivano incontro. Ma per quanto perso in queste amene contemplazioni, mi colpì ad un tratto un’insegna dall’altra parte della strada: La Bottega dello Scrittore, diceva in lettere aggraziate sopra la porta di un negozietto, altrimenti del tutto anonimo.
La cosa mi attirò: raggiunsi le prime strisce pedonali e aspettai il momento opportuno per attraversare.
Come ho già detto, l’esterno era anonimo e in un certo modo scoraggiante, infatti esitai un momento, prima di entrare; ma poi:
“E che diavolo, devo solo comprare una penna.”, mi dissi, e spinsi la porta.
Una campanella segnalò il mio ingresso, nel negozietto: questa nota antica, il tintinnio della campanella urtata dal battente che si apriva, come pure il silenzio e la morbida illuminazione all’interno del negozio, mi diedero un senso immediato di pace, nella loro incongruità con gli altri negozi stroboscopici e chiassosi che lo affiancavano.
Mi sembrò di essere tornato indietro ai tempi della mia infanzia, risentendo di nuovo l’odore delle matite di legno, che avevo respirato un tempo e che pensavo di aver dimenticato. Mi stavo guardando attorno, cercando di riemergere dal senso di straniamento che mi aveva preso, quando:
“Buongiorno, - mi sentii dire da una voce giovanile – posso esserle utile?”
Mi voltai verso il bancone: un giovane commesso era emerso dal retrobottega e mi guardava sorridendo, in attesa. Fu il secondo shock della giornata. Si trattava infatti di un ragazzo davvero bello… anzi, più che bello, fascinoso, con i suoi grandi occhi luminosi e la chioma biondiccia morbidamente ondulata. Portava degli occhialini da intellettuale, che me lo rendevano ancora più seducente.
“Avrei… - iniziai, non ancora del tutto ripreso – avrei bisogno di una penna.”
“Certo”, disse lui, fulminandomi con un sorriso che mi lasciò senza fiato.
Si voltò per aprire dei cassetti nell’espositore dietro il banco e io rimasi incantato ad ammirare il suo straordinario fondoschiena pieno e polposo, di cui i pantaloni, pur larghi e cascanti, non celavano nulla.
“Lei è uno scrittore, giusto?”, mi chiese, mentre rimestava nei cassetti.
“Mi piace pensarlo…”, risposi, cercando di darmi un tono.
“Posso chiederle di che genere?”, fece ancora lui, tornando a voltarsi verso me.
E ancora quel sorriso sulle labbra piene… dischiuse…
“Non capisco… - balbettai – cosa c’entra?”
“Vede, - prese a dire, mentre poggiava delle penne sul bancone – le nostre penne sono scopate.”
“Come, scopate?”, lo interruppi.
“Intendo dire che ognuna di esse ha uno scopo particolare, uno scopo preciso.”, mi spiegò, accentuando il sorriso, forse indovinando l’equivoco in cui ero caduto.
Lo fissai, aggrottando le ciglia.
“E’, semplice. – disse il ragazzo – Ognuna è progettata per un determinato genere letterario e per esprimere determinate emozioni… a meno che lei non sia uno di quegli eretici che scrivono al computer, Dio non voglia!”
“Certo che no!”, feci io con aria scandalizzata.
Mentivo spudoratamente, ovvio, ma ero troppo curioso di vedere dove sarebbe andato a parare. Un sorriso sfavillante gli illuminò il volto già incantevole di suo.
“Non ne avevo dubbi, - fece – lei ha l’aria troppo intelligente. E mi dica: che genere scrive? Poesia? Gialli?...”
“E questo che c’entra, scusi?”
“E’ importante che io lo sappia, vede, che condivida in un certo senso le sue emozioni, per poterla consigliare al meglio. Contrariamente a quello che si crede, le penne non sono tutte uguali: alcune cose vanno scritte con la penna a sfera, altre con la stilografica… quando non addirittura con inchiostro e pennino.”
“Beh, io scrivo racconti per adulti.”, dissi un po’ impacciato.
“Ah, interessante… allora direi che le ci vuole una penna a gel, che le permette un tratto più fluido e scorrevole.”
“Ok”, dissi, cominciando a pentirmi di essere entrato in quel negozio, se non fosse stato per la straordinaria bellezza del commesso.
Mi aspettavo che mi consegnasse una penna o mi chiedesse di che colore, invece:
“Quindi letteratura erotica, giusto?”
A quel punto decisi di stare al gioco.
“Appunto”
“Di che tipo, scusi: soft o… hard.”
“Beh, diciamo per adulti… molto adulti!”
“Lei è simpatico.”, disse il commesso, aprendo un cassetto sotto il piano del bancone.
Poi si fermò e rimase un momento assorto.
“Mi perdoni… - disse alla fine con una certa esitazione – I suoi racconti sono di genere etero?…”
“Omo”, sparai in un soffio.
“Ooookey! – fece con esultanza – lo avevo sospettato, sa? Ho giusto quello che fa per lei.”
“In che senso, lo aveva sospettato, scusi?”
“Volevo dire... Lei ha un modo di fare troppo fine per essere uno scrittore etero… porno etero, intendo.”
“Perché, come sono gli scrittori porno etero?”, chiesi ridendo.
“Lasci perdere… Mi dica, invece: lei che ruolo ricopre nei suoi racconti?”
“Che ruolo ricopro? Cosa intende?”
“Beh, sappiamo bene che l’autore è parte attiva nello svolgimento della storia che va raccontando. In genere, l’autore si identifica in uno dei personaggi: lei è l’attivo o il passivo?”
“Ma cosa diavolo le interessa, scusi? – feci, cominciando un po’ ad alterarmi – Io sono qui per comprare una penna, basta.”
“E io ho il dovere di servirla al meglio.”, rispose lui imperterrito, uscendo da dietro il bancone e venendo verso di me.
Che posso dire? se vedermelo a una certa distanza era bastato a scombussolarmi, trovarmelo di fronte a mezzo metro, col suo profumo muschiato ad avvolgermi, ad irretirmi… Mi persi nel suo sguardo… Le mie ultime resistenze crollarono.
“Quello passivo…”, mormorai a fior di labbra.
“Perfetto. Allora, mi faccia capire le sue emozioni.”, e mi prese la mano, portandosela all’inguine.
Stralunato, cominciai a palpare l’involto voluminoso, che incrementò le sue dimensioni, sviluppando un’appendice, che andò allungandosi verso l’alto, sotto i pantaloni. Che diavolo stavo facendo? Me lo chiedo adesso, non certo allora, che con una mano gli palpavo le palle e con l’altra tasteggiavo la lunga mazza compressa sotto le mutande.
“Adesso che ha fatto eccitare il suo partner, - disse il commesso con voce sorda – come prosegue?”
E come proseguo? Meccanicamente, mi inginocchiai, gli slacciai i pantaloni, che gli afflosciarono alle caviglie, gli abbassai le mutande fino alle ginocchia e afferrai il cazzo poderoso, che appena libero era venuto a sbattermi contro la guancia. Lo afferrai alla base, fissandolo e annusandone l’afrore dolciastro… Ero completamente perso… Poi me lo accostai alle labbra e presi a slinguare il glande sbavato di sugo.
Lo ripulii per bene, infilando la punta della lingua sotto la pelle carnosa del prepuzio e scavando nella boccuccia sulla punta, onde raccoglierne le primizie, di cui sono ghiottissimo, come sanno bene i miei lettori. Infine, lo ingoiai e presi a succhiarlo. E non c’è altro da aggiungere, se non i fremiti e i sospiri del commesso, che stava lì, a gambe larghe per quanto possibile, con i pantaloni afflosciati alle caviglie, gli slip alle ginocchia, fradici sul davanti, mentre la mia bocca andava oscenamente su e giù lungo la sua mazza.
I miei risucchi si mescolavano ai suoi gemiti sempre più profondi, finché lui mi fermò la testa, tirandosi indietro:
“Ok, - disse con voce roca – ho capito. Immagino, a questo punto, che il suo partner sia impaziente di scoparle il culo…”, e così dicendo, mi tirò in piedi, mi fece voltare, mi passò attorno le braccia, slacciandomi i pantaloni e strattonandomeli giù assieme alle mutande.
Mi spinse ad appoggiarmi con le mani al bancone, in modo da farmi chinare in avanti e mi tirò su la maglietta, così da scoprirmi per bene il posteriore.
Avevo gli occhi chiusi, mentre sentivo le sue mani pastrugnarmi le chiappe.
“Un culo da sballo… - lo sentii mormorare, avvertendo quasi la bava che gli colava dalla bocca – si ricordi di scriverlo nel suo prossimo racconto.”
Poi, me le sentii allargare con foga, mi sputò dritto sul buco e spinse dentro la saliva con due dita. Mi diteggiò per un po’, annientando le mie resistenze e sfrangiandomi il buco del culo come un vecchio calzino. Cazzo, se era esperto: chissà a quanto altri, prima di me, aveva preso le misure! Mi sentii tutto un fuoco dentro, le palle mi si intostarono… Ebbi la sensazione che stavo per sborrare dall’ano, ma giusto un momento prima di oltrepassare il limite, quel diavolo di commesso si fece sotto, estrasse le dita e mi schiantò dentro il suo cazzo tutto intero in un colpo solo! Urlai, ma non di dolore, perché me lo aveva talmente allargato, che ci sarebbe entrato un carro armato con tutto l’equipaggio: urlai per la sorpresa e per il piacere improvviso di sentirmi il culo riempito così di botto.
Senza por tempo in mezzo, il commesso mi avvinghiò le braccia attorno al petto e cominciò a fottermi come un assatanato, ansimandomi sulla nuca e mormorandomi delle porcherie, che non riuscivo ad afferrare nello stato di frenesia erotica in cui ero precipitato.
Il commesso mi fotteva con foga, scorrendomi con la sua mazza dentro e fuori dal culo. In generale non mi piace essere scopato in questo modo, ma devo ammettere che in quel momento, sguaiolando come una cagna in calore, l’unica cosa rilevante era quella mazza che mi scorreva nel budello di momento in momento più grossa… almeno così mi sembrava.
Poi, d’un tratto, con un gemito strozzato, il commesso mi stritolò nel suo abbraccio e con un colpo si abbatté su di me, tenendomelo premuto dentro con forza, mentre la sborra gli si rovesciava fuori, riempiendomi l’ano. Sentivo distintamente le pulsazioni del suo cazzo, mentre i fiotti corposi si rincorrevano lungo la grossa vena, eiettandomisi nell’intestino.
Una volta finito, il commesso lo estrasse ancora semiduro ed ebbi la sensazione che il suo cazzo non finisse mai di scorrere fuori, mentre automaticamente stringevo lo sfintere, onde evitare incidenti. Lui si tirò su le mutande, rimettendosi dentro il cazzo ormai moscio, sporco e ancora scolante com’era, e trascinandosi tuttora i pantaloni alle caviglie, tornò dietro il bancone.
“Adesso so perfettamente quello che le serve. – disse, porgendomi una penna molto elegante nella sua confezione – E’ un po’ cara, ma le assicuro che ne vale la pena.”
Tornai a casa carico a pallettoni: mi sedetti alla scrivania e scrissi di getto uno dei racconti più belli e porcellosi della mia carriera, che, una volta pubblicato, fu accolto con entusiasmo dai critici e dai lettori.
E a questo, ne seguirono altri: la mia fantasia sembrava inesauribile: i pensieri libidinosi mi si formavano da soli nella mente e appena prendevo in mano la penna, mi fluivano attraverso il braccio per trasformarsi in segni sulla carta, in parole che altri avrebbero letto e per le quali si sarebbero eccitati.
Fu la penna ad esaurirsi: nel volgere di un pese o poco più, il tratto si fece più sbiadito, esitante, a poco a poco la punta inaridita divenne graffiante sul foglio, finché non scrisse più.
Confesso che mi sentii menomato: tornai a scrivere con la vecchia stilografica, ma non ero più io. Provai al computer, ma mi vedevo davanti solo il display tutto bianco. Peggio di un blocco dello scrittore Fu così che decisi di andare a comprare un’altra penna. Ma dove?
Non avevo idea di dove si trovasse quel negozietto, non avevo nessun indirizzo. Quel giorno avevo camminato a caso e non avevo idea di dove mi trovassi, quando mi ero imbattuto nella Bottega dello Scrittore. E al ritorno avevo preso il primo tram, che andasse dalle mie parti.
Cercai sulla guida telefonica, ma senza alcun risultato. Cercai su internet: niente di niente. L’unica era mettermi la strada sotto i piedi e cercare di ricostruire l’itinerario di quel giorno. Fino ad un certo punto ricordavo le strade che avevo preso, poi… poi fu come cercare un ago in un pagliaio.
Ma alla fine, dopo una settimana di peregrinazioni, ecco l’insegna “La Bottega dello Scrittore” sulla porta del negozietto.
Ebbi un tuffo al cuore nel rileggere le belle lettere aggraziate, mentre mi affrettavo ad attraversare la strada; e che piacere risentire il tintinnio della campanella, nel respirare di nuovo quell’odore di matite…
“Buongiorno, posso esserle utile?”, mi accolse il commesso, emergendo dal retrobottega.
“Buongiorno”, risposi con un entusiasmo che non credo di essere riuscito a nascondere.
“Che piacere rivederla. Come si è trovato con la mia penna?”
“A meraviglia, sembrava quasi che scrivesse da sola.”
“Mi fa piacere che si sia trovato bene. Immagino che sia qui per un’altra.”, disse, prendendone una confezione dallo scaffale alle sue spalle.
“Aspetti, - feci, allora – volevo chiederle un consiglio, prima.”
“Mi dica.”
“Ecco, il fatto è che sono un po’ stufo di scrivere queste storie di sesso un po’ all’acqua di rose, che alla fine diventano anche ripetitive…”
Vidi che mi fissava con interesse.
“Ecco… vorrei provare a cambiare genere.”, proseguii.
“Ha in mente qualcosa?”
Mi sentii arrossire.
“Ecco, pensavo qualcosa di più piccante… più stimolante… magari sul sadomaso, fetish…”
“Fantastico! – approvò lui con un guizzo negli occhi – E lei in che ruolo si vedrebbe? Dominante?”
“Ecco… non proprio…”
Il commesso annuì, strizzando gli occhi, mentre un brivido lussurioso mi percorreva la schiena.
“Vediamo subito. - disse alla fine – Come può immaginare, lei è capitato proprio nel posto giusto.”.
Andò ad aprire un armadietto e ne tirò fuori una frusta di pelle, venendo poi verso di me con un ghigno soddisfatto sulle belle labbra.
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