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Gay & Bisex

Il buon profumo delle cose genuine - 1


di adad
03.02.2019    |    9.032    |    7 9.5
"– disse Andrea – Io dormo dappertutto..."
Marzio parcheggiò nel piazzale davanti all’albergo e si guardò attorno con malinconia. La sua azienda stava per aprire una filiale in questo paesotto sperduto degli Appennini e lo aveva inviato assieme ad altri tecnici a studiare la situazione e mettere in piedi il progetto.
Certo, l’indennità di trasferta era consistente e gli avrebbe fatto comodo per cercarsi finalmente una sistemazione sua e uscire dalla famiglia. Sopravvivere, però, per un anno intero in questo posto dimenticato da Dio, a ventidue anni e per di più con i suoi bisogni in un certo senso particolari, sarebbe stata dura.
Nessun portiere si precipitò a prendergli le valigie e Marzio non poté che scuotere la testa, raccogliere i suoi pesanti fardelli e avviarsi all’ingresso. Al banco della reception non c’era nessuno. Che posto del cazzo!, pensò, suonando il campanello.
Dopo un po’, comparve una signora di mezz’età, platinata e ingioiellata, che colpì istintivamente Marzio per la sua incongruenza con quei posti… almeno, secondo l’immagine che lui se ne era fatta.
“Sono Marzio Valentini, - le disse – la mia azienda deve aver prenotato una stanza per me.”
“Certo, signor Valentini., gli sorrise la biondona con aria cordiale, prendendo il registro.
Per lo meno, sembra simpatica, pensò Marzio, speriamo almeno che ci sia qualche bel figliolo in giro!
“Ha un documento?”
Marzio le diede la carta di identità. La donna registrò i dati, poi gli porse una chiave.
“Stanza 43, - gli disse con un sorriso – è molto comoda, vi troverete bene, lei e il suo collega.”
“Come?”, esclamò Marzio senza capire.
“Scusi?”
“Non ho capito, signora. Ha detto: lei e il suo collega?”
La donna lo fissò un po’ sconcertata.
“Come, non lo sapeva? Oh, mi dispiace, signor Valentini, ma la sua azienda ha prenotato qui da noi una stanza per due. Il suo collega dovrebbe arrivare in giornata.”
Accidenti! Adesso gli toccava pure dividere la stanza!
“Senta, - fece rivolto alla donna – non si potrebbe avere una singola!”
“Deve rivolgersi alla sua azienda, signor Valentini: sono loro che pagano.”
Dire che era contrariato, era dir poco. Lo sconcerto gli si leggeva sulla faccia.
“Potrei anche darle una singola, signor Valentini…”
Il giovane si voltò speranzoso a guardarla.
“Ma se la sua azienda si rifiuta di pagare l’extra, dovrà farlo lei. – proseguì la donna – Mi dispiace, ma vedrà che si troverà bene. Antonio?”, chiamò.
Comparve un uomo sui cinquant’anni.
“Il signore alla 43, aiutalo, per favore.”
L’uomo prese le valigie e si avviò all’ascensore.
“Il ristorante è aperto dalle 12 alle 14, signor Valentini.”, aggiunse la donna.
“Grazie”, rispose lui e si affrettò a raggiungere Antonio, che lo aspettava, tenendogli aperta la porta dell’ascensore.
La camera era effettivamente comoda: due letti, adeguatamente distanziati, un
balconcino con una vista stupenda sulla vallata, un televisore con lettore DVD, un bagno pulito e confortevole. Tutto ok, non fosse stato per il fatto antipatico di doverla dividere con un’altra persona, uno sconosciuto per giunta.
Addio tranquillità, addio riservatezza. Chissà che razza di buzzurro gli sarebbe capitato… Marzio si guardò intorno. Vaffanculo, tanto vale occupare le posizioni migliori! Scelse il letto più lontano dal balcone, occupò i due cassetti superiori del comò e riempì delle sue cose i ripiani più a portata di mano dell’armadietto nel bagno.
Ma l’idea di dover condividere la stanza con un estraneo lo angustiava, lo snervava. Magari è un vecchio, pensava, gli puzzano i piedi, magari russa tutta la notte! Quei cazzi dell’azienda potevano anche avvertirlo che avrebbe avuto un rompicoglioni fra i piedi.
Sistemò tutto, poi verso l’una scese a pranzo.
Tornato in camera, si sdraiò sul letto a riposarsi, stanco del viaggio. Dormiva della grossa, quando gli sembrò di sentire un rumore lontano, come un colpo di martello sul tronco di un albero. Lo ignorò. Il martellamento si ripeté più volte, svegliandolo del tutto. Chi cazzo è?, si chiese.
“Avanti”, disse con voce assonnata.
Bussarono di nuovo. All’improvviso si ricordò di avere chiuso a chiave. Si alzò e corse ad aprire. Il sonno gli si dileguò immediatamente dagli occhi e dal cervello: davanti a lui c’era un giovane sorridente, sui trent’anni, moro, ricciolino, con un velo di barba del giorno prima che era uno schianto.
“Marzio Valentini?”, fece con voce maschia, tendendogli la mano.
Dietro di lui c’era Antonio con un paio di grosse valigie.
Marzio gli strinse automaticamente la mano, sentendosi un brivido elettrico scorrergli per il braccio.
“Sono Andrea Manzi, - continuò l’altro – il suo compagno di stanza.”, e si fece un po’ da parte per lasciar passare Antonio, che depose le valigie al centro della stanza e se ne andò.
“Piacere… - balbettò Marzio, ancora abbagliato – e mi scusi, avevo chiuso a chiave… inavvertitamente.”
Si rese conto di stringere ancora quella mano caldissima e forte. La lasciò e si scostò, seguendolo all’interno. Il suo compagno di stanza? Quel figo della madonna? Marzio non sapeva davvero se sentirsi consolato o sconvolto a quella prospettiva.
Seguì con gli occhi Andrea che faceva un giro esplorativo della camera. Si sentiva come avvolto da un’aura magnetica di erotismo, il suo equilibrio ormonale era completamente scombussolato. Vide Andrea dirigersi verso il letto vicino al balcone, quello in tutta
evidenza rimasto libero.
“Mi scusi, Andrea, - fece d’impulso – ero qui da solo e ho preso letto laggiù, ma se vuole faccio il cambio volentieri.”
“E’ lo stesso, non si preoccupi. – disse Andrea – Io dormo dappertutto. E poi mi piace stare vicino alla luce.”
Depose una valigia sul letto, ne tirò alcune camicie e andò ad aprire il primo cassetto del comò… lo richiuse. Aprì il secondo… lo richiuse. Marzio si sentì avvampare, si rese conto di essersi comportato da vero stronzo con la sua meschinità.
“Ho paura d’essermene approfittato un po’ troppo… - si scusò nervosamente – Glieli libero subito quei cassetti. Le chiedo scusa…”
Andrea depose le camicie sul comò, poi gli andò vicino e gli poggiò una mano sulla spalla.
“Si calmi, Marzio, - gli disse piano, guardandolo negli occhi – non c’è nessun problema,
davvero. Io avrei fatto lo stesso. Ascolti, dovremo dividere questa stanza per un anno, probabilmente qualche volta ci prenderemo a pugni, ma se proprio dovrà succedere, cerchiamo di farlo per questioni serie, ok?”
“Certo”, sorrise Marzio.
“E diamoci del tu, una buona volta.”
“Volentieri, Andrea… posso darti una mano?”
“Oh, ci riesco da solo, ma grazie. Chiacchieriamo un po’, invece, dimmi di te. Spero che diventeremo amici, oltre che colleghi di lavori e compagni di stanza.”
“Lo spero pure io.”, concordò Marzio, quanto mai convinto.
Poi gli raccontò di sé, tralasciando ovviamente tutta una serie di informazioni che era meglio. Che veniva dalla Campania, che era figlio unico, che si era diplomato perito industriale ed era stato fortunato a trovare subito un buon posto di lavoro in quell’azienda.
Andrea, invece, era siciliano.
“Davvero? – si stupì Marzio – Non si sente da come parli.”
“Lo so, è che i miei si sono trasferiti a Milano, quando ero ancora in terza elementare. Però in altre cose sono ancora sicilianissimo!”
Marzio lo fissò stupito.
“In amore sono geloso e possessivo… Ma non posso farci niente.”, spiegò Andrea con un sorriso innocente.
Continuarono a raccontarsi, mentre il tempo passava e le valigie si svuotavano.
“Ce l’hai la ragazza?”, gli chiese ad un certo punto Andrea.
“No”
“Come mai?”
“Sono un tipo difficile. – rispose asciutto – E tu?”
“Io sono fidanzato da un po’ di tempo. Dovremmo sposarci l’anno prossimo, appena torno a casa.”
Marzio si sentì cadere le braccia: per la miseria, non fai in tempo a vedere un ragazzo che ti piace, che già ti ritrovi una rompiballe tra i piedi! E se lo divorava con gli occhi quel compagno di stanza, sentendosi tanto più struggere, quanto più lo scopriva impossibile.
Manzi… mai un nome è stato più azzeccato, pensò.
Andrea terminò di sistemare le proprie cose e andò a sedersi sul letto accanto a Marzio. Si guardò attorno soddisfatto.
“Sì, mi piace e tu – si volse a Marzio – hai l’aria simpatica. Credo che diventeremo amici.”, e gli diede un buffetto scherzoso sulla guancia.
Poi si alzò, stiracchiandosi.
“Credo proprio di dovermi dare una ripulita. Tra una cosa e l’altra, è da ieri che non mi faccio la barba e non sono riuscito neanche a cambiarmi gli slip!”, aggiunse, con un sorriso quasi sbarazzino.
A quelle parole, Marzio si sentì annodare lo stomaco, immaginandosi quel corpo…
“Senti, vado a farmi una doccia, - interruppe Andrea le sue libidinose elucubrazioni – hai bisogno di andare in bagno?”
“No, fa’ pure.”, rispose lui e rimase a fissare la porta appena chiusa, al di là della quale un maschio da favola si stava spogliando…
Il giovane si distese sul letto, le braccia dietro la nuca, a fissare il soffitto. Ma non era il soffitto l’immagine che i suoi occhi stavano guardando. I suoi occhi vedevano l’interno del bagno, vedevano Andrea nudo sotto la doccia… Lo vedevano insaponarsi il petto, poi seguivano le sue mani che scendevano lungo l’addome fino ai genitali… se li lavava con
cura… il cazzo, che si andava rilassando sotto l’acqua calda… il ciuffo impregnato di
schiuma bianca che si scioglieva sotto il getto della doccia rivelando lo scroto pendulo…
I suoi occhi si chiusero per imprimersi bene nella mente l’immagine di quei genitali, reinventati, come tutta la scena, da un film che tanto lo aveva eccitato, solo che questa fantasia aveva il volto di Andrea. Poi vide i rivoli d’acqua scorrergli lungo la schiena, incanalarglisi nel solco stretto delle natiche…
Con un gemito, Marzio cercò di strapparsi da quelle immagini morbose … Quanto sarebbe durata questa tortura? Un anno… un anno, mio Dio! Forse sarebbe stato meglio davvero che il suo compagno di stanza fosse un vecchio catarroso… almeno non ci sarebbero state tutte queste complicazioni.
Marzio sentì aprirsi la porta del bagno. Sollevò la testa e rimase un istante come fulminato! Andrea stava uscendo con i fianchi avvolti in un telo bianco,sotto il quale credette di scorgere il profilo del cazzo penzoloni. Marzio ammirò con rapimento il fisico scolpito, il petto muscoloso ombrato d’un velo di peluria bruna.
Andrea si stava strofinando i capelli con l’asciugamano e non si accorse di quegli sguardi di cupida ammirazione. Andò verso il comò, aprendo un cassetto per prendere della biancheria pulita; poi con cameratesca disinvoltura, dandogli la schiena, si tolse il telo, che gettò sul letto, e si infilò un paio di slip bianchi, offrendo così a Marzio una strabiliante visione del suo posteriore pieno e carnoso.
Quando si voltò, colse qualcosa nello sguardo dell’altro che lo fissava. Lo fissò a sua volta con un’espressione interrogativa.
“Stavi meglio con la barba lunga…”, esclamò Marzio, la prima cosa che gli era passata per la testa.
“Ah, sì?”, fece Andrea, infilandosi la camicia.
“Sì, la barba lunga ti dava un’aria più… - stava per dire più maschia – più vissuta.”, si corresse in tempo.
“Bene, vuol dire che da domani terrò la barba lunga, così le ragazze mi correranno dietro!”, scherzò, sistemandosi il pacco, prima di abbottonarsi i jeans.
E non soltanto loro… pensò Marzio, con una certa amarezza.
“Ceniamo assieme? – chiese Andrea – così poi facciamo un giro per il paese a vedere cosa offre la ditta.”
“Volentieri, dammi solo dieci minuti.”, rispose Marzio e si diresse in bagno.
Chiuse la porta, fece per aprire l’acqua del lavandino e l’occhio gli scappò al cesto della biancheria da lavare. Un lembo bianco fuoriusciva da sotto il coperchio. Senza rendersene conto, allungò la mano e lo tirò fuori… Gli slip di Andrea! Gli slip che non si era cambiato dal giorno prima!
Li prese, gli sembrò che fossero ancora umidicci… Dio, il suo sudore! Andrea li aveva portati per un giorno intero… avevano avvolto il suo corpo, avevano contenuto la sua intimità, avevano assorbito la sua traspirazione! Marzio sentì quasi che gli si annebbiava il cervello. Esaminò quegli slip più da vicino, sotto la lampada dello specchio. Gli sembrò di riconoscere l’impronta dei coglioni nella coppa che li avevano contenuti, e poi la sagoma del cazzo piegata di lato… e alcune macchioline giallastre… erano piscio o sborra?
D’impulso se li portò al naso: un odore acre, conturbante, gli riempì le narici; inspirò profondamente, riempiendosene i polmoni, lasciandosi inebriare. Dio! L’odore di Andrea, della sua intimità… cominciò ad annusare ogni centimetro di quell’indumento, cercando di riconoscere l’odore del cazzo, l’odore del pube, l’odore dei coglioni… Gli sembrò di riuscire a sentirli distinti, uno per uno, e poi mescolati insieme in una fragranza coinvolgente che gli dava i brividi.
Quegli slip stazzonati erano vivi, gli parlavano, gli raccontavano cose che lui neanche nei
suoi sogni avrebbe immaginato. Annusò a lungo la coppa davanti che aveva avvolto lo scroto, il puntino grinzoso dove aveva sfregato il buco del culo, estrasse con emozione due minuscoli peli ricciuti… i peli del suo pube… rimasti incastrati in una cucitura.
Perse la cognizione del tempo e dello spazio...
“Marzio? Ti sei addormentato lì dentro?”, lo riscosse la voce di Andrea e il leggero battere alla porta.
Come raggiunto da un colpo di frusta, il giovane tornò bruscamente alla realtà: gettò di nuovo gli slip nella cesta, si lavò le mani e si sciacquò la faccia, tanto per giustificare il fatto che era lì, poi uscì.
“Ti senti bene?”, gli chiese Andrea, notando la sua aria turbata.
“Non è niente. Sono solo un po’ stanco… il viaggio, sai, il cambiamento…”
E avrebbe voluto aggiungere: tu…
“Scusa, ma cominciavo a preoccuparmi: sei rimasto in bagno più di mezzora!”
“Beh, per certe cose ci vuole il suo tempo! – scherzò Marzio, prendendo la giacca – Andiamo?”

(continua)
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