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Gay & Bisex

Incubo meridiano


di adad
04.09.2022    |    9.038    |    11 8.8
"“Che coincidenza! – fece Baccio – Ti stavo cercando..."
Crotius era un diavolo incubo, uno di quelli, per intenderci, che nelle sembianze di baldi giovanotti si insinuano discinti e seducenti nei sogni di vergini donzelle o anche di attempate matrone per indurle in tentazione e sedurle ai piaceri della carne, guadagnando così la loro anima all’inferno.
Certo, questo è il compito di ogni bravo diavolo: convincere le anime a consegnarsi spontaneamente al Nemico, il tutto senza trucco e senza inganno, ma
Crotius era particolarmente bravo nel suo lavoro e diverse volte si era guadagnato una menzione d’onore nei libri mastri dell’inferno, come quella volta che era riuscito a indurre in tentazione la vecchia badessa ottuagenaria del convento di Santa Rosa, già votata alla santità.
Gli aveva fatto un po’ senso, a dire la verità, entrare nei sogni incartapecoriti della veneranda badessa nelle vesti del giovane muratore, impegnato in quei giorni a riparare il tetto del convento; gli aveva fatto un po’ senso vellicare i sensi dormienti in quelle carni avvizzite, ma che soddisfazione, qualche giorno dopo, quando l’aveva vista ronzare lì attorno e scomparire dopo un po’ in un anfratto, tirandosi dietro il giovane muratore... e quando, poi, aveva sentito il maschio anfanare del ragazzo controcantato dai voluttuosi sospiri della vecchia badessa.
Quella mattina Crotius si aggirava per le strade affollate della città alla ricerca di una nuova preda. Non dubitava che ne avrebbe trovato, con tutte quelle belle figliole in circolazione. Ad un tratto, la sua attenzione fu attirata da una bellissima donzella, che esaminava delle stoffe davanti al banco di un venditore di tessuti. Era con lei la sua vecchia balia, che oltre a consigliarla negli acquisti, aveva anche il compito di tenerle alla larga gli importuni.
Crotius le si avvicinò e la esaminò con attenzione… del resto, in quanto diavolo era invisibile, per cui la vecchia balia non si accorse di niente. La seguì quindi per i vari banchi del mercato, entusiasmandosi ogni momento di più: anche quella sarebbe stata una conquista da menzione d’onore e chissà che re Lucifero in persona non gli avrebbe appuntato sul petto una bella medaglia luccicante…
Infervorato da questi sogni, il diavolo seguì le due donne fino a casa, prese nota dell’indirizzo e se ne andò per i fatti suoi, in attesa che arrivassero le ore della siesta, quando, illanguiditi il corpo e la mente dal pranzo e da qualche bicchiere di troppo, le persone si abbandonano a quel sonno languoroso, che maggiormente predispone al peccato.
Calcolato, dunque, il momento giusto, Crotius si avviò fischiettando verso il portone dietro il quale aveva visto scomparire la bella giovane.
Immagino che qualche scettico si chiederà: come, fischiettando? Perché, i diavoli non possono forse fischiettare? Non sanno fare i coperchi, questo è vero, ma so da fonte certa che sono in grado di fischiettare e fare anche altre cose meno nobili.
Fischiettando, dunque, un motivetto in voga a quei tempi, il diavolo si avvicinò al portone, scivolò nel buco della serratura, cosa facilissima per lui, essendo incorporeo, e si diede attorno a cercare la camera in cui dormiva la bella sconosciuta. Nella casa gravava un silenzio profondo, essendo tutti immersi, chi più chi meno, nel sonno. Una volta dentro, Crotius aprì diverse porte, finché si imbatté in una camera con le finestre impannate e le tende chiuse: si fece avanti e vide una figura che dormiva, distesa bocconi sul letto. Era del tutto nuda e boccoli dorati scendevano a coprirle il volto, rendendo impossibile capire chi fosse… ma doveva essere per forza lei: chi altri poteva avere un corpo così armonioso e soprattutto un culetto così tondo e seducente?
Il diavolo prese, allora, l’aspetto di un armigero della Signoria, che aveva visto poco prima, un giovane alto e moro, dal fisico poderoso nella sua armatura scintillante e dal volto forte e virile… del resto, se doveva indurre l’anima di una vergine al peccato, doveva vestire i suoi abiti migliori. Vestito, così, di umane sembianze, Crotius si fece avanti nella camera semibuia, ad ogni passo più ammaliato dalle forme bellissime di quel corpo dormiente. Le si stese accanto e con la mano impalpabile le sfiorò le sode curve del sedere, traendone una sensazione di calda levigatezza… Allora le si insinuò nei sogni, si spogliò degli abiti e le apparve nella più seducente delle nudità, senza nasconderle nulla… Il fremito che le vide scorrere sotto la pelle, gli confermò che le immagini soffiate nella mente erano di suo gradimento; allora, dopo altre carezze e baci infuocati, Crotius si apprestò a farle cogliere il frutto dell’amore; solo che la vista di quel sedere stupefacente, gli mise in testa delle voglie strane, così le si stese addosso e le fece scivolare il membro nello spacco del culo: lo fece scorrere un paio di volte, per comunicarle il suo calore e infiammarla di libidine, poi, abilmente, glielo insinuò nel pertugio e lo spinse dentro come una lama di fuoco. La ragazza gemette, un gemito lungo e sommesso, di appagante godimento… un gemito ripetuto e prolungato, mentre in sogno il bell’armigero la possedeva, sia pure in una parte vergognosa e proibita.
Per Crotius fu una vera scoperta: era la prima volta che induceva al peccato una donzella possedendola in retroparte e mai avrebbe immaginato di poterle suscitare un tale godimento. Ma ecco che nella foga, il diavolo pensò bene stimolarle con le dita l’organo più specificamente deputato al piacere sessuale, ma…
“E questo cos’è?”, esclamò sconcertato, trovandosi fra le mani un sacchetto molle con due palline dentro.
Annaspò più in alto si ritrovò a impugnare un organo senza alcun dubbio di appartenenza maschile e in evidente stato di erezione!
“Ma che cazzo…”, esclamò il diavolo, saltando in piedi e accorgendosi finalmente che quello nel letto era un maschietto fatto, finito e arrapato.
“Oh, povero me!....”, gemette, allora, e corse via, prima che qualcuno se ne accorgesse e gli facesse rapporto.
L’infelice giovane, vittima inconsapevole della demoniaca possessione, sentì un immediato senso di vuoto nel cavo anale, un vuoto tale, che si destò di scatto con gli occhi sbarrati, senza neanche accorgersi di avere il cazzo duro.
Lorenzino, tale era il suo nome, si mise a sedere sulla sponda del letto, con i piedi a terra. Si sentiva confuso: ricordava che stava facendo un sogno strano… ne ricordava brandelli… un uomo che gli si spogliava davanti, che lo possedeva… Ma che sciocchezza! Non era un sodomita, lui, né aveva avuto mai a che fare con quella gente! Scosse la testa, buttandosi indietro i lunghi boccoli biondi: aveva ancora la testa confusa.
Ripensò al momento in cui l’uomo gli si era mostrato… quella faccia l’aveva già vista da qualche parte, ma dove?…e da dove veniva fuori quel sogno? Non poteva essere l’espressione di un desiderio nascosto, come dicevano taluni studiosi: lui non aveva mai nutrito alcun interesse di questo genere. Che fosse un messaggio? ma inviato da chi? e quale ne era il significato? Al centro di tutti questi interrogativi, però, c’era sempre quel volto… quel volto che gli rimaneva vivido nella mente… quel volto e l’intensità del piacere che aveva provato mentre…
“Accidenti! – esclamò, accorgendosi d’avercelo ancora duro – Solo questa, ci mancava!”
Si rivestì e uscì in giardino, al fresco di una pergola, dove fu raggiunto poco dopo da sua cugina... eh, sì, proprio lei, la donzella seguita da Crotius, che quella mattina era passata a salutare la zia, madonna Tecla, fermandosi poi a pranzo, e adesso veniva a prendere congedo per tornare a casa.

Dopo quella brutta avventura, Crotius se ne stette per qualche giorno rintanato in una cripta della cattedrale… lo sanno tutti, infatti, che nei sotterrai delle chiese abitano i diavoli, perché, sennò, la gente avrebbe tanta paura ad entrarci di notte?
Ma non era solo per il timore che qualcuno potesse venire a conoscenza del suo fallo e andasse a riferirlo al Decano dei diavoli tentatori… e l’attuale Decano non era tipo da tollerare simili errori, sia pure compiuti in buona fede; in realtà Crotius si vergognava con se stesso per lo sbaglio commesso: come aveva potuto non accorgersi che quello non era una donna? D’accordo che era quasi buio nella camera e quel corpo era perfetto… quel sedere, soprattutto, così ammaliante… ma lui era un diavolo esperto, mica un novellino: avrebbe dovuto capire subito chi aveva davanti. E, poi, cosa gli era passato in mente di possederlo more bestiarum? Se avesse seguito gli insegnamenti di coprire il dormiente per la via naturale, si sarebbe accorto immediatamente che non era una fanciulla.
Ma, sotto sotto, a tormentarlo maggiormente erano le sensazioni che aveva provato… il che era assurdo perché lo sanno tutti che i diavoli sono incorporei, non hanno terminazioni nervose e quindi non possono provare niente, né piacere, né dolore… Eppure, lui aveva sentito qualcosa, qualcosa che andava al di là della mera gratificazione derivante dall’adempimento del proprio dovere. Cosa gli stava succedendo? Forse erano troppi anni che viveva sulla Terra, a stretto contatto con i mortali?… Forse stava cominciando ad essere contaminato dalle loro debolezze?… Forse, forse… Forse avrebbe dovuto chiedere un periodo di riposo… una vacanza, magari, in una di quelle terre sperdute nei mari e non ancora scoperte…

Ma se Crotius si crogiolava in questi tormenti, Lorenzino non era da meno: continuava a chiedersi da dove fosse saltato fuori quel sogno strampalato, che messaggio potesse contenere… e perché avesse provato un piacere così intenso, lui che mai e poi mai aveva indulto in pensieri sodomitici… anzi, non si contavano le volte che ei era toccato, pensando alla servetta che vedeva talvolta in sottanino dalla finestra della casa accanto.
Ad ossessionarlo maggiormente, però, era il volto… il volto del giovane che lo aveva posseduto, un volto che aveva già visto… ma dove?... e chi era? Lorenzino passò in rassegna tutte le persone, per lo meno i giovani maschi, con cui aveva avuto a che fare, quelli che facevano parte della cerchia delle conoscenze… ma non gli venne in mente nessuno.
Alla fine, non potendone più, il giovane prese a vagare per le strade della città, guardando in volto tutti i giovani che incontrava, cercando qualche sembianza con quello che aveva infisso nella mente. Ma ogni ricerca era vana.

Fu così che un giorno, era passata ormai più di una settimana, Crotius lo intravide nella folla, si avvicinò e si mise a seguirlo. Dapprima fu incuriosito dal suo comportamento, ma poi ne intuì il motivo e si sentì in colpa per lui, per i problemi che gli stava causando.
Certo, a qualcuno potrà sembrare strano che un diavolo possa sentirsi in colpa;
ma Crotius non era come gli altri, lui aveva un’etica professionale, dalla quale non poteva transigere. La sua missione nel mondo era di indurre in tentazione vergini fanciulle, o comunque esseri di sesso femminile: per questo era stato inviato. E invece? Invece si era trovato a sedurre un povero ragazzo, nella cui mente aveva infuso pensieri altamente peccaminosi! E quel poveretto ne era rimasto segnato. Doveva rimediare in qualche modo… ma come?
Pensa e pensa, alla fine Crotius si illuminò in volto: quello che è fatto, non può essere disfatto, è vero… però si può aggiustare… con vantaggio di tutti e… magari con un doppio guadagno per l’inferno. Questo sarebbe stato il suo capolavoro.

Erano le ore più calde del pomeriggio e dappertutto la gente si era ritirata in casa a riposare, per lo meno quelli che non erano impegnati in qualche lavoro. Crotius, allora, raggiunse l’abitazione del giovane armigero, di cui aveva assunto le sembianze in quel fatidico giorno, e lo trovò nella sua camera, disteso semi svestito nel suo netto, che dormiva della grossa. Si avvicinò silenziosamente e, prese le sembianze di Lorenzino, gli scivolò accanto, lo avvolse fra le braccia e gli si insinuò nei sogni.
L’armigero, bisogna dire, era un libertino, uso a cogliere il piacere dove lo trovava, per cui non si scandalizzò, né si turbò, quando nel sogno si ritrovò in compagnia di un giovane discinto, per giunta così bello e dai lunghi boccoli d’oro, che lo baciava appassionatamente e intanto gli slacciava la braghetta, cavandone fuori il serpentone turgido e pronto a passare all’azione. Fu Crotius, invece, ad avere a quel punto qualche attimo di incertezza, ma ormai non poteva lasciare l’opera a metà, così gli diede le terga e lasciò che quello guidasse il cavallo nella stalla.
Era la sua prima volta da succubo e non gli disse granché, ma nemmeno gli dispiacque sentirsi trafiggere dalla spada di fuoco di un amante.
Quando poco dopo si risvegliò, l’armigero, che si chiamava Baccio, si ritrovò il letto tutto bagnato, allora ripensò al vivido sogno appena fatto e si accorse che non era solo sudore quello che infradiciava le lenzuola. Rotto com’era al vizio, Baccio si ringalluzzì tutto: chi era quel ragazzo? Non gli sembrava un volto sconosciuto… Magari esisteva davvero… e se era così doveva cercarlo: se gli aveva procurato tali piaceri in sogno, chissà nella realtà.
E con questo pensiero in testa, Baccio saltò fuori dal letto, si diede una ripulita alla meglio e uscì subito per dare inizio alla caccia, mentre poco distante Crotius annuiva soddisfatto: la prima parte del piano era stato un successo, adesso bisognava passare alla seconda, per la quale si mise subito all’opera.
Corse difilato a casa De’ Bacchis e trovò Lorenzino che si rigirava nel suo letto, incapace di prendere sonno. Allora gli soffiò negli occhi del polline di loto e appena lo vide addormentato, prese le sembianze di Baccio, gli scivolò nel sogno, lo avvolse nel suo abbraccio, lo ubriacò di baci e di carezze, e sussurrandogli all’orecchio:
“Raggiungimi, Lorenzino, cosa aspetti?”, gli punse le palle, facendolo sborrare.
L’intensità del piacere svegliò di colpo Lorenzino, che balzò in piedi e senza neanche perdere tempo a cambiarsi le braghe sbrodolate, corse alla porta e si precipitò in strada.
La botta rovente del sole quasi lo tramortì, ma lui non ci diede peso e prese a guardarsi attorno, mentre si inoltrava per le strade deserte.
Crotius corse allora a cercare Baccio e lo trovò in fretta che vagava senza una meta precisa: gli si accostò e gli bisbigliò all’orecchio il posto in cui aveva lasciato Lorenzino.
“Via dei Fornari…”, esclamò Baccio a quell’idea improvvisa, e vi si diresse, senza neanche chiedersene il perché.
A quel punto Crotius corse dall’altro, per assicurarsi che non si allontanasse dal percorso che aveva tracciato, e fu così che dopo neppure mezzora, sollevando gli occhi, Lorenzino si vide venire incontro il volto dei suoi sogni. Si bloccò, ansimante, con il cuore a mille… ma anche Baccio lo vide, del resto erano gli unici esseri viventi su quella strada assolata.
Aprendosi a un largo sorriso, che rimarcò ulteriormente la virile bellezza del suo volto, l’armigero gli andò incontro e:
“Salve”, lo salutò, fermandoglisi davanti.
“Sa… salve.”, balbettò Lorenzino, deglutendo a vuoto.
“Io sono Baccio, - si presentò l’armigero – Baccio Valori.”, e chinò leggermente la testa.
“Lo… Lorenzino de’ Bacchis…”, rispose lui, mentre cominciava a riprendere fiato.
“Che coincidenza! – fece Baccio – Ti stavo cercando.”
“Pe…erché?”, riuscì a esalare il giovane, di nuovo senza fiato, mentre una colata di sudore lo inondava dalla testa ai piedi.
Baccio se ne accorse, del resto era lui quello più grande e navigato. Allora, sorrise e lo prese per un braccio:
“Andiamo a sederci su quella panca all’ombra, prima che finiamo lessati tutti e due.”
Raggiunsero un piccolo porticato e si sedettero su un blocco di pietra, resto storpiato di qualche antichità romana. Quella pausa permise a Lorenzino di riprendere il controllo.
“Perché mi cercavi? – gli chiese – Io non ti conosco.”
“Nemmeno io ti conosco, - rispose Baccio – ma mi è successa una cosa strana, prima… So che non ci crederai, ma… ti ho sognato… Cioè, ho sognato di stare con un ragazzo, che aveva il tuo volto, i tuoi occhi azzurri, i tuoi boccoli biondi… Sì, avrei detto che eri proprio tu, spiccicato.”
A quelle parole, Lorenzino si sentì gelare il sudore addosso.
“E… che… che facevate?”, riuscì a chiedere.
Baccio scoppiò a ridere.
“Ecco, non so se si può dire.”
“Perché?”
“Beh, ecco… eravamo a letto e… insomma, giocavamo…”
“Mi… hai posseduto?”, fece Lorenzino tutto d’un fiato.
“Accidenti, vai subito al punto. – disse Baccio – Beh, sì… ti ho posseduto. E non è stato affatto male!”
Lorenzino avvampò:
“Pure io ti ho sognato…”
Baccio sgranò gli occhi.
“Mi hai sognato?”
“Sì… o almeno qualcuno che aveva il tuo volto.”
Baccio gli si accostò, passandogli un braccio sulle spalle:
“E dimmi, - gli sussurrò piano, con tono insinuante – racconta… cosa facevamo?”
Lorenzino lo fissò, ormai senza più imbarazzo:
“Come te, - disse – giocavamo…”
“E?”
“E mi hai posseduto.”
“Per questo mi cercavi?”
“Sì. Ricordavo il tuo volto, ma non sapevo chi eri.”
“Ehi, si direbbe che qualcuno si è dato molto da fare: stesso sogno, stesso desiderio di conoscersi, tanto da uscire con questo sole a cercarci… e adesso? – chiese Baccio – Che facciamo?”
“Tu che dici?”
“Io dico che non possiamo deludere chi si è dato tanto da fare… chiunque sia.”
Lorenzino gli lanciò un’occhiata alla braghetta tesa… non meno della sua, del resto.
“Hai, ragione, non sarebbe corretto…”, rispose.
“E datevi una mossa, benedetti ragazzi!”, sbuffò Crotius, che si stava arrostendo al sole.
Come in risposta, Baccio si chinò a baciare Lorenzino, un bacio veloce, ma gravido di ben maggiori promesse. Poi si alzò e gli tese la mano.
“Vieni, andiamo a casa mia. – gli disse – Vediamo se succede come nel sogno.”, e si allontanarono nella strada assolata, seguiti passo passo da Crotius, intenzionato ad assistere alla buona riuscita dei suoi maneggi e, all’occorrenza, a metterci anche qualcosa di suo… Qualora servisse… ma credo di no.

[Nota: nella demonologia medioevale era contemplata una classe di diavoli, il cui compito era di visitare le case degli umani, nelle ore pomeridiane, e insinuarsi nella mente dei dormienti con sogni lascivi, in modo da indurli in tentazione. Si distinguevano in diavoli incubi, che si presentavano alle donne in sembianze maschili e si stendevano sopra di esse, per possederle; e diavoli succubi che, in sembianze femminili, si presentavano invece agli uomini e gli scivolavano sotto per essere possedute.
A questa credenza si ispira il presente racconto, in chiave ovviamente scherzosa e, spero, divertente.]
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