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LA BELLA LAVANDAIA


di gianfrancesco
19.06.2023    |    11.071    |    4 9.4
"Come primo approccio niente male..."
Mi chiamo Franco e con Antonio gestiamo un tabacchino-edicola in una città non tanto grande.
Io e Antonio siamo amici da piccoli, abbiamo frequentato le stesse scuole sino alla terza media, poi abbiamo preso un indirizzo diverso nelle scuole superiori.
Entrambi diplomato, io ragioniere, lui geometra, faticavamo a trovare lavoro, e quindi l'alternativa era lasciare la nostra città per andare via, in alta Italia oppure all'estero.
Dopo circa sei mesi che non trovavamo nessun lavoro decidiamo di fare il grande salto, andare a Milano.
Antonio aveva un cugino che abitava li da parecchio e ci poteva aiutare all'inizio.
Detto fatto, decidiamo e partiamo.
I nostri genitori, amici tra di loro, erano dispiaciuti perché andavamo via ma nello stesso tempo ci incoraggiavano e ci supportavano.
Partiamo in treno, con poche cose, qualche prodotto nostro, salame e formaggio per il cugino che ci avrebbe ospitato i primi tempi.
A Milano non perdiamo tempo, eravamo disponibili a qualsiasi lavoro, e devo dire in poco tempo troviamo lavoro tutti e due nello stesso posto.
Una fabbrica che produceva stampi di plastica aveva avuto un grosso ordine e così voleva ampliare la produzione e fummo assunti per un periodo di prova.
La paga non era tanta, ma sufficiente per cominciare.
Noi due come fratelli cerchiamo un alloggio, ne troviamo uno piccolo, non molto costoso, e così nel giro di un mese ci sistemiamo.
Facevamo i turni, solitamente eravamo nello stesso turno, insomma vivevamo come una coppia.
In casa ci eravamo organizzati per bene, ognuno aveva il suo compito, io cucinavo, lui faceva i piatti, insomma tutto filava liscio.
Passato il primo periodo, presi da tante cose, non pensavamo alla figa, che da sempre era la nostra passione.
Nella nostra città, da quel lato eravamo messi bene, niente di impegnativo per tutti e due, eravamo liberi ma avevamo sempre qualche donzella per le mani.
Antonio aveva la disponibilità di una vecchia casa di campagna dei suoi, ed era diventata la nostra casa dell'amore.
In alcune occasioni eravamo andati assieme con le nostre compagne del momento, non avevamo segreti tanto meno avevamo problemi a vederci nudi.
Qui eravamo in una grande città, non sapevamo ancora come comportarci, ma passato questo periodo di astinenza dal sesso, avevamo bisogno di trovare qualche ragazza.
Nella mensa della fabbrica conosciamo delle colleghe, facciamo amicizia, usciamo con loro, e dopo un mese circa eravamo tutti e due con una ragazza.
Spesso ci trovavamo a casa nostra, facevamo l'amore, avevamo due camere da letto, insomma andava tutto bene.
Purtroppo successe un fatto che di colpo azzerò tutte le nostre certezze, e ci costrinse a fare altri progetti.
Una notte, non si sa come, scoppia un incendio in fabbrica, tutto lo stabilimento va a fuoco, per fortuna nessun morto, soltanto qualche ferito, ma non era rimasto nulla in piedi.
Di colpo ci trovavamo senza un lavoro, anche se per ora, venivamo pagati, ci mettiamo alla ricerca di un nuovo lavoro, ma senza esito.
Sono passati un paio di mesi, sempre senza lavoro, e con lo stipendio garantito ancora per un po, ed una sera arriva una telefonata dai nostri genitori, che erano al corrente della situazione.
Conoscendo la nostra situazione, e soprattutto averci sempre vicino, fanno di tutto per farci tornare.
Il tabacchi-edicola del nostro paese, era stato messo in vendita, poiché chi lo gestiva aveva deciso che era ora di riposarsi.
I nostri due padri, avevano contrattato con il proprietario, e se noi eravamo d'accordo lo avrebbero acquistato per noi.
Naturalmente dovevamo essere convinti, questo ci dicevano per telefono.
Prendiamo un paio di giorni per pensarci.
Valutiamo tutto per bene, anche il fatto che una società era un impegno notevole, ma onestamente ci piaceva il fatto di ritornare alla nostra città.
Diamo la notizia ai nostri, che erano entusiasti, e poi ci organizziamo per fare ritorno a casa.
Intanto la sera parliamo, pianifichiamo tutto, ognuno avrà i suoi compiti, insomma sicuramente era un impegno notevole, ma in due, avremmo avuto le nostre libertà e riposi.
Dopo otto giorni ritorniamo al paese, prendiamo contatto con il proprietario del tabacchino, con l'aiuto di un ragioniere, amico della mia famiglia, organizziamo la vendita, affidiamo a lui la gestione contabile al momento, successivamente l'avrei fatta io stesso.
Ci sono dei tempi da rispettare per la burocrazia, comunque dopo circa 40 giorni facciamo ingresso in quella che sarebbe stata la nostra attività, nelle quale in questo periodo avevamo fatto un po di apprendimento.
Ora lasciamo da parte tutto e torniamo invece al nostro racconto.
Di fronte alla nostra attività c'era una lavanderia, gestita da un pezzo di figa superlativa, che già conoscevamo, ma mai avevamo avuto a che fare.
Io ero perso per lei, ma lei non mi considerava, era fidanzata, e lo stesso fidanzato era descritto come molto geloso.
Insieme a lei lavorava un altra ragazza, bella, ma non come lei.
Piano piano cominciamo a conoscerci meglio, visto che andavamo tutti allo stesso bar, in prossimità dei nostri negozi.
Lei non mi dava confidenza per nulla, non sapevo perché il suo fidanzato era geloso, oppure non le piacevo.
Io ero libero a quel tempo, ed anche il mio amico.
Comunque giorno dopo giorno, caffè dopo caffè, iniziavo a scalfire la sua diffidenza.
A casa oramai sapevano che la roba da lavare in lavanderia la portavo io, hanno impiegato un po di tempo a capire il perché, dato che io non facevo nulla a casa.
Portavo la roba da lavare, lei a volte veniva da noi, insomma, era un lungo, lento, tentativo di approccio.
Un giorno vado in lavanderia, era sola, e decido di affondare il colpo.
"Caspita Marisa", cosi si chiamava, "non mi guardi neppure, non ti mangio mica".
"Cosa vuoi, che ti culli?", mi risponde.
"Magari mi cullassi, sarei più vicino al paradiso".
"Sono fidanzata, voglio bene al mio ragazzo, prima o poi ci sposeremo, quindi dati una calmata e lasciami perdere, trovati una ragazza".
"Allora non ho nessuna speranza?", insisto io.
"Si ti devi mettere l'anima in pace, anche perché non vorrei mai andasse all'orecchio del mio ragazzo che mi corteggi".
Accenno di sì con la testa, ma dentro di me sono sicuro che la farò mia.
Caffè dopo caffè, sorriso dopo sorriso, un bel giorno...
Ero da lei con dei capi da lavare, era sola, oramai sapevo quando era sola, la corteggio assiduamente, senza sosta, ed alla fine gli dico: "dammi un bacio, solamente un bacio".
"Però mi prometti che poi mi lasci perdere?".
"Si, si, tranquilla, un bacio e poi nulla più".
Bugiardo come una moneta falsa.
Ci scostiamo dalla vista, un po di lato, e finalmente nelle mie braccia la bacio.
Mi sembrava di essere in cielo. Un bacio a mille, la testa confusa, non capivo più nulla.
ma la cosa meravigliosa era che lei, che diceva di liquidarmi con un bacio, mi strabaciava, mi mangiava tutto.
In preda all'eccitazione allungo le mani, tocco le gambe, il seno, poi scendo più in giù, e con una mossa repentina, arrivo alle mutande, infilo le dita dentro e scopro che è bagnatissima.
Dopo un po mi sposta e mi dice: "no, no, qua ci può vedere qualcuno".
"Qua no, ma allora dimmi dove".
"Dove? ma da nessuna parte".
Cercava di resistere, ma avevo capito che oramai era quasi fatta.
La incalzo, la bacio nuovamente.
Ora si lascia proprio andare.
Finiamo di baciarci e mi dice: "ci scriviamo e ti dico dove vederci".
Esco dalla lavanderia tutto euforico, cerco di mantenere un contegno, torno in tabaccheria, il mio amico mi sgama subito: "ci scommetto che mi nascondi qualcosa".
Gli racconto tutto, eravamo due libri aperti, e rimango in attesa di un suo scritto.
Poco più tardi mi arriva un messaggio, "chiamami alle 2 precise, mi raccomando".
Puntuale come un orologio svizzero la chiamo, e mi dice poche frasi.
"Se vuoi vieni domani sera alle 8 in via Pascoli n. 8 interno 20, ti aspetto li, e mi raccomando, la macchina mettila più lontana".
Nessuna spiegazione, niente di niente, ma era tutto quello che volevo sapere.
Ero tutto un calore, un pensiero che forse il mio desiderio si sarebbe avverato.
Ne parlo con il mio amico, mi dice che mi avrebbe accompagnato lui cosi macchine in giro non ne rimanevano.
Non vedevo l'ora.
Non sapevo che pensare, chi abitava li? lei aveva la disponibilità?
Lascio da parte tutte queste domande ed aspetto impaziente l'ora stabilita.
Mi accompagna il mio socio, ed io preciso alle 8 suono al citofono.
Mi risponde una voce femminile indicandomi il piano, ma non era la sua voce, era di un altra donna.
Sempre più incuriosito salgo e sorpresa delle sorprese mi apre la porta la commessa della lavandaia.
Rimango di sasso.
Mi fanno entrare, e mi spiegano.
Insieme alla lavandaia c'era la sua lavorante, e così tutte due mi spiegano che loro erano amiche da sempre, e che quindi non avevano segreti tra di loro.
La sua amica rimaneva in casa per ogni evenienza, soprattutto per il fidanzato, caso mai chiamasse.
Era comunque normale per loro due, trascorrere delle serate e nottate assieme sin da ragazze.
Detto questo io friggevo per rimanere solo con Lia, così si chiamava la bella lavandaia.
Finiti i convenevoli, preso un caffè, andiamo in un'altra stanza, naturalmente con un letto.
"Mi hai fatto penare per arrivare oggi qui", dico io.
Si avvicina, mi bacia, mi travolge con passione.
"Mi sei sempre piaciuto, ma ero è sono impegnata, ed alla fine la voglia di averti è stata più forte del mio essere fedele".
Era un libero tutti.
In un attimo comincio a spogliarla, man mano scoprivo una bellezza esaltante, una donna bellissima.
Era curata, faceva palestra, e il corpo era statuario.
Ma lei voleva dirigere i giochi. Mi butta sul letto, mi comincia a spogliare e mi intima di non fare niente, ci avrebbe pensato lei,
In un attimo mi ritrovo nudo, con il cazzo in completa erezione, bello, svettante.
"Sei un maialino, hai già il cazzo in tiro, peccato per le misure".
Mi sfotteva, avevo un cazzo da urlo, un bel 20 centimetri.
Lei era ancora in mutande e reggiseno.
MI sposta sul bordo del letto, si inginocchia sul tappeto e mi prende il cazzo in bocca.
Comincia a farmi un pompino, bello. molto bello, era bravissima.
Con le mani mi accarezzava da tutte le parti, sul culo, sino ad arrivare al buco.
Mi pompa per un bel pezzo, io ero eccitato, non so quanto potevo resistere.
Lei se ne accorge, rallenta un po.
Si alza, si toglie tutto, il seno esce spavaldo dal reggiseno, duro, impettito, bello bello.
Mi fa andare bene sul letto, si posiziona sopra con la figa sulla mia faccia, aveva pochi peli, penso si depilasse.
Naturalmente comincio a succhiare, a sentire come farla godere, non impiego molto, e gode, per la prima volta.
Più gode più spinge la figa sulla mia faccia.
Naturalmente mentre io mi occupavo della sua figa lei faceva altrettanto con il mio
cazzo.
Ero al limite oramai, la tocco per farle capire che stavo per godere, non sapevo se lei gradiva farsi sborrare in bocca, lei aumenta il pompino, ed io le scarico una bordata di sborra liberatoria, ed anche lei gode per la seconda volta.
Come primo approccio niente male.
Ci alziamo, ci asciughiamo con delle salviette che lei aveva preparato.
"Sei meravigliosa", gli dico, e l'abbraccio.
Mi bacia, sento il sapore del mio sperma, mi piace.
Era passata quasi un ora della mia entrata in casa.
Mi dice che alle dieci devo andare via, perché il suo ragazzo potrebbe passare verso le 11.
Finiva di lavorare ed a volte passava a salutarla.
"Bene, mi rimane il tempo di scoparti, quello che ho sempre sognato da quando ti ho vista".
Eravamo affamati e curiosi tutti e due, ci mettiamo nuovamente sul letto, ci facciamo le coccole sinchè il mio cazzo si erge nuovamente.
"Ora sei pronta per farti chiavare", le dico io.
"Si, si, ma la posizione la scelgo io".
Si mette sulle ginocchia, mi dice che adora essere presa alla pecorina per un po, e poi a cucchiaio dopo.
Non me lo faccio ripetere, non faccio fatica ad entrare, era tutta bagnata, la chiavo a mille all'ora, mi incita a spingere più forte.
La martello per buoni venti minuti, eravamo vicino a godere, esco da dietro, lei si impala sul mio cazzo, mi abbraccia, mi bacia, e comincia ad andare su e giù.
Prima piano poi sempre più forte per finire con un orgasmo unico.
Ho tribolato per resistere ma volevo godere assieme a lei.
Stiamo ancora un po nel letto, poi ci alziamo, mi porta in bagno, ci ripuliamo per bene, ed io riprendo la porta.
Questa era la prima chiavata di una lunga serie, e già pensavo se magari, la sua amica, magari volesse scopare con il mio socio.
Ma questa naturalmente sarà un'eventuale seconda parte.





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