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Matilde 06-19 - E anche la mattina da sola (marzo 2004)


di Alex46
27.08.2019    |    700    |    0 6.0
"O sono le parole che scrivo o è la fantasia che sia il tuo cazzo a percorrermi o è semplicemente la brama di godere..."
La mattina è fredda. Non ho voglia di alzarmi. Bevuto un caffè me ne ritorno a letto, a rimeditare sulla sera precedente. Poi decido di andare al computer e di scrivere una lettera erotica a Debra e Michele.
«Cara Debra, mi sono appena alzata e il primo pensiero sei tu. M’immagino che mi guardi e intanto sento il calore che mi si costruisce tra le gambe. Sono qui seduta al pc, nuda e con le gambe ben larghe. Mi accarezzo i seni con le mani, immaginando che tu le veda. I capezzoli rispondono subito, diventando duri. Me li accarezzo pretendendo che sia tu a farlo.
Non riesco a pensare a quanto bene ti voglio senza che i primi umori m’inumidiscano, e allora ppian piano scendo con una mano all’addome e poi più giù fino alla fessurina. Mi infilo un dito e stringo le cosce, mi agito sui fianchi e voglio sempre di più da questa finzione.
Con la mano sento il bagnato della figa, me la lecco pensando che sia tu a farlo, a leccarmi la mia eccitazione bagnata.
- Mormoro anche il tuo nome, più di una volta, una specie di litania amorosa: - Debra... Debra... Debra...
Quanto vorrei che tu fossi qui a farmi tu quello che mi sto facendo io! Ti sto offrendo me stessa, ti sto comunicando quanto ti ho desiderata, quanto abbia bisogno della tua presenza, del tuo contatto, del tuo sorriso... con te sono una donna, senza di te sono solo una fighetta che gode.
Sono così eccitata al pensiero che tu mi stia scorrendo con le dita! Non è il mio dito quello che vedo entrare e uscire, accarezzare il clitoride e poi rientrare per bagnarsi di nuovo... mi manca la tua lingua.
Ora mi sto accarezzando il bottone con due dita di due mani, sento l’orgasmo arrivare, puntuale: e nel momento in cui sta arrivando, affondo di nuovo il dito nella figa, scuotendo il bacino su e giù, sgroppando mentre me lo scopo. Mugolo, gemo forte quando arriva il picco del godimento.
Quante volte ho descritto questo momento, o meglio, ho tentato di descriverlo? Quante volte ho detto che è sempre diverso e sempre meraviglioso?
Per il momento sono soddisfatta, scrivo ciò che ho appena provato, ma mentre scrivo sento che non è finita e che ne ho ancora voglia. Ed è qui che entri in gioco tu, Michele. Qual è l’uomo che ha il potere di farmi sciogliere anche solo se lo penso? Tu.
Sento le tue labbra sulle mie, sento che ci scambiamo la saliva, che le nostre lingue si toccano, si solleticano, strisciano sui denti l’uno dell’altra.
Sento tutto il tuo calore, la tua frenesia di trasmettermelo, anche perché ora stai scendendo al seno, stai leccandomi i capezzoli e torturandoli appena. Mi stai costruendo la mia eccitazione, solo con il pensiero, amore. Io gemo con un capezzolo tra le dita che s’indurisce e pretende di contare in questo processo.
Con l’altra mano scendo a toccarmi il clitoride, poi a raccogliere un po’ di bagnato della precedente venuta e della nuova eccitazione, quel tanto che basta per inumidire il bottone e carezzarlo. Poi però mi voglio bagnare le dita per poi leccarmele, sentire il sapore del mio sesso pensando sia il tuo. E alla fine di tutte queste manovre c’è solo una soluzione: venire ancora, quindi masturbarsi.
Con due dita dentro inizio il solito via vai, stavolto rumoroso per l’abbondante infradiciamento dei preliminari. Ogni tanto interrompo per scriverti di questo... ma ogni volta ritorno a me stessa sempre più eccitata. O sono le parole che scrivo o è la fantasia che sia il tuo cazzo a percorrermi o è semplicemente la brama di godere. Non posso immaginare che tu mi stia scopando perché mai le mie dita potrebbero somigliare, però che tu mi stia leccando sì. Ed è così che vengo ancora, pensando che la tua lingua su di me mi fa sciogliere e mi manda ancora una volta in paradiso.
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