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Matilde 03-20 - In montagna assieme


di Alex46
24.04.2019    |    4.520    |    0 9.7
"Michele interrompe la leccata per guardarmi: - Sei pazza..."
Questa sera, niente sesso. Verso le 22.30 usciamo invitati da amici e quando torniamo a casa, alle due di notte, siamo troppo stanchi. Ci mettiamo a letto, nel nostro bel lettone attrezzato a tre piazze. Facciamo un pompino a Michele, ma poi abbiamo solo voglia di dormire. Debra ha le mestruazioni. Le sue per fortuna coincidono quasi con le mie, pertanto per qualche giorno tutti stanno buoni e tranquilli.
Il pomeriggio del giorno dopo ricevo un’e-mail da Debra (per conoscenza sempre anche a Michele) in cui ci racconta che ha dovuto risentire Roberto, per alcune cose che lui aveva lasciato a casa di lei. Debra deve liberare l’appartamento che non le serve più.
Sono felice per loro e anche per me, che si amino in pace e che ci amiamo in pace, ma che sia finita. Più ci penso, più sono terrorizzata che succeda ancora qualcosa al nostro rapporto, che s’incrini non so in quale smagliatura debole.
E poi sono gelosa di Debra, di quello che ha fatto e temo il pericolo che lei si lasci ancora prendere dalle sue smanie, che voglia rifarlo. Io so che le mie fantasie rimarranno sempre tali, ho un po’ paura di quelle dei due miei compagni, che però mi affascinano così tanto che non saprei alla fin fine sopportare la loro perdita. Ho anche paura che a un certo punto mi allontanino, come un’intrusa.
Se volessero per esempio un figlio? O se un giorno sentissi io l’esigenza di fare un figlio?
Insomma, un vero casino, in cui io non devo fare altro che fidarmi, di me stessa e di loro. Ne sarò capace?
Nei momenti davvero miei, quelli non determinati dalla compagnia degli altri o dal desiderio sessuale o dall’ammirazione che ho per loro, amore nel vero senso della parola, o almeno credo, in quei momenti scopro di avere paura.
Non possiamo vivere facendo continuamente sesso senza un piano, senza un progetto, dentro di me so che non potrebbe durare a lungo. Già la situazione a tre è del tutto anomala, quasi inconfessabile alla maggior parte degli amici, o dei parenti: se in più aggiungiamo la mancanza di interessi in comune, il pericolo diventa tangibile.
Non so come la pensino loro al proposito, francamente non abbiamo mai parlato di progetti, al di là della serata o del weekend passato assieme o no.
Un weekend passato assieme ha significato per ora solo sesso. Qualche volta siamo andati fuori Milano, ma quando eravamo solo Michele e io, Alassio, Bologna, per esempio: quindi in situazione normale, una coppia di innamorati come tanti.
In tre, sempre a casa, o in giro per locali o ristoranti, o a feste. Ho 28 anni, Debra altrettanti, Michele 30. Io sento che qualcosa deve evolvere.
La sera Debra ci racconta del suo fugace incontro con Roberto, ottimi rapporti formali ma freddezza. Tutto risolto. Questa sera è venerdì. Michele, dopo aver guardato le previsioni meteo, annuncia che il tempo sarà bello stabile fino ad almeno lunedì prossimo.
Dopodiché mi guarda e mi annuncia: - Sarebbe bello fare qualcosa assieme in montagna! Matilde, non hai voglia di provare?
Non è la prima volta che me lo chiede, ma ho sempre declinato l’invito. Forse per la pigrizia, forse per la paura delle “vertigini”, forse semplicemente perché non voglio fare brutta figura, da completa novizia, nei confronti di Debra che invece con lui è andata un numero discreto di volte.
Ma questa sera sono a caccia di qualcosa che ci leghi e improvvisamente sento un interesse, mai prima provato, per queste fatiche, per quei panorami tanto decantati, per quelle fotografie che più di una volta mi hanno fatto vedere.
- Sì, dai. Forse ho voglia di provare... ma dove pensavi di portarci e soprattutto portarmi?
- Guarda che io ho fatto ben poco – interviene Debra, e quel poco l’ho anche un po’ dimenticato...
- Non dire scemenze, è come andare in bicicletta, non te lo puoi dimenticare come si fa... se mi parli di allenamento, allora il discorso è diverso, ma altrimenti quello che sai lo sai.
- Beh, ma io in ogni caso non vorrei frenarvi, ostacolarvi, o qualcosa del genere – osservo timidamente.
- Non ti voglio certo portare chissà dove... andiamo in qualche posto alla tua altezza, sta tranquilla. Adesso ci penso un po’, poi ne parliamo.
Mentre rigoverno la cucina, Debra è in bagno. Sono contenta di questo invito. La montagna mi sembra una cosa pura. Non che il sesso sia sporco, però francamente qualche volta mi spaventa. La volta per esempio che l’abbiamo fatto di fronte a delle coppie, quindi in pubblico... Dio come ho goduto! Lo rifarei? Certo che lo rifarei, però ho voglia anche di qualcosa d’altro, qualche emozione che mi prenda i sentimenti più profondi, che abbia a che fare con qualche parte di me stessa un po’ meno legata alla figa con annessi e connessi.
Non credo che questa sia insoddisfazione. Tutti noi amiamo un po’ completarci. La montagna potrebbe essere la serie di mattoni giusti, di tasselli alla costruzione della mia personalità e del mio essere individuo donna. Il lavoro può fare questo? Forse, ma non il mio e comunque non ora. Avere un uomo, un fidanzato, un marito e magari figli? Forse, però non sono ancora pronta.
- Ok, direi di andare sulla Grignetta per la Cresta Segantini. Anche Debra non c’è mai stata, dovrebbe piacervi ed è un bell’ambiente, vicino, ma di montagna quasi selvaggia.
- Ma, quando partiamo?
- Io direi domattina con comodo. Forse dovremo procurarci qualcosa per il tuo equipaggiamento, e possiamo farlo andando a Lecco. Dunque vediamo, puoi tranquillamente prendere la tua tuta da ginnastica azzurra e un pile. La giacca vento te la presta Debra.
- Ci vogliono gli scarponi?
- Un paio di pedule di Debra dovrebbero andarti bene...
- Sì, abbiamo lo stesso numero.
- Beh, dopo le provi. Allo zaino ci penso io. Prendi anche un paio di guanti e un berretto.
- Per il sole, ci penso io – interviene Debra appena uscita dal bagno in accappatoio e a piedi nudi – se dai retta a lui ti trovi la faccia disintegrata...
- Va bene, quindi domani ti compriamo solo un’imbragatura e così dovresti essere a posto.
- Ma, scusa, dove dormiamo?
- Al Rifugio Rosalba, ci arriveremo domani sera.
- E domenica sera?
- Staremo al Rifugio Porta, al Pian dei Resinelli, se ne abbiamo voglia, se no torniamo a casa. Se stiamo lì, poi lunedì si può fare ancora qualcosa, sempre che ti vada...
- Ma... come sono questi rifugi? Intendo dire, come sono i servizi?
- Tu vuoi sapere dei ricambi, ecc... Dunque, portati due paia di slip di ricambio, non troppo sottili se no ti segano la passera. E poi tre magliette di cotone, in modo da averne sempre almeno una da mettere asciutta. Poi saponetta e dentifricio. Di più è del tutto inutile.
Non sono preoccupata per questa gita che promette di essere assai spartana, anzi mi eccita l’idea di fare qualcosa di fuori dell’ordinario. Così chiedo a Debra di provare i suoi scarponcini, ne ha due paia, uno almeno dovrebbe andarmi.
Lei me li porta, assieme a un paio di calze di cotone un po’ spesse. Mi tolgo le scarpe e infilo il piede nudo nei calzini, poi nella pedula. Il colore azzurrino mi viene descritto come la tomaia di gore-tex, i rinforzi sono di pelle scamosciata.
Mi va a pennello, e mi sorprendo a rigirare il piede, cercando di immaginare come sarà la mia figura con la tuta azzurra.
- Sarai come al solito uno schianto!
Poi s’inginocchia davanti a me e con grande cura mi allaccia entrambe le pedule, mi fa alzare, mi fa camminare qualche passo per la stanza, finché non si sente soddisfatto del test. Poi mi fa risedere e mi slaccia, facendomi provare l’altro paio, che però sento subito un pochino più stretto. Lui non si dà per vinto, insiste ad allacciarmi e a farmi fare lo stesso giretto di prima. Anche Debra mi osserva.
Sono felice di queste loro attenzioni. È una cosa semplice, ma la sento importante, fatta apposta per me e per il mio benessere di domani.
Poi Michele finisce il servizio, da buon commesso di negozio di scarpe, e mi toglie anche il secondo paio con la stessa delicatezza.
È a questo punto che io sento il bisogno irrefrenabile di attirarmi la sua testa tra le gambe. Nel frattempo mi allungo, scendendo con la schiena sul divano e sporgendo il bacino, ancora inguainato dai pantaloni.
Entrambi capiscono al volo le mie intenzioni e in un attimo mi sono addosso: Michele mi sta tirando giù la cerniera e le mutandine, io lo aiuto come posso alzando un poco il sedere dal divano; Debra si avvicina, è bella anche in accappatoio e capelli tirati su. E quando Michele riesce a raggiungere con la lingua la mia intimità, lei mi ha già tirato su la maglietta e mi sta accarezzando le tette.
Sono qui, slungata sul divano, discinta ancora una volta per i miei amanti. Lo desidero perché sono stati amorevoli con me, lo desidero perché vorrei godere pensando a domani e a tutte le attenzioni che vorranno darmi.
- Domani non potremo fare l’amore, vero? – dico già eccitata dalla lingua di Michele e dalle carezze di Debra.
- Mah, io non porrei limiti alla provvidenza... – commenta sornione Michele, mentre Debra si limita a guardarmi con lo sguardo di chi la sa lunga.
Il mio piacere sta montando, ho le gambe ormai larghe e sollevate, perché Michele mi ha sfilato dalle caviglie pantaloni e slip. Anche le calzine di cotone mi ha tolto. Gli offro la figa con tutta me stessa. Le sue leccate hanno il preciso scopo di provocarmi il primo orgasmo della serata, di quelli blandi ma dolci, senza penetrazione, senza suzione del clitoride.
- Domani, vedrai, avrai un po’ di paura, ci saranno sicuramente dei passaggi esposti – mi sussurra Debra – ti guarderemo muoverti, ti penseremo come sei adesso, vogliosa di venire.
- Non c’è nulla di più eccitante di vedere una donna muoversi in montagna... la vedi respirare profondo con il seno su e giù... a me capita di pensare alla figa, come sarebbe bello poterla toccare quando fa un passaggio impegnativo...
- O magari leccarmi, come stai facendo ora – ansimo io – aahh, ti piacerebbe mettermi un dito nella figa, sotto la tuta, aahh, mi fai godere, Michele.
- Non vedo l’ora di vederti impegnata, un po’ preoccupata, però salire leggera. In cima mi piacerebbe leccarti la figa sudata, mentre ti riposi sdraiata su un masso. Sarebbe il mio modo di dirti brava! – aggiunge Debra, che non cessa un secondo di carezzarmi i capezzoli ormai durissimi.
- Adesso fatemi venire, dai, sììì. Così Michele, lo sai quanto mi piace che mi lecchi lì, non ho solo la figa, c’è anche un buchino sotto che non vuole essere dimenticato, sììì, aahh, che bello, aahh, vengo, Debra, vengo, gli vengo in faccia, aahhh!!!
Lei ha approfittato del mio orgasmo per togliersi l’accappatoio e rimanere completamente nuda. Ora si è sdraiata sul tappeto e aspetta che Michele la lecchi come ha fatto prima con me.
- Vieni qui, Michele. Fallo anche a me, leccami, dai che sono già fradicia – dice, e intanto allarga le gambe per terra in un chiaro invito, un ordine direi.
Michele non si fa pregare. Mi bacia teneramente sulla pancia, poi si sposta per appoggiare le labbra sul pube di Debra.
Per un po’ mi godo la scena, poi mi alzo per andare a prendere due vibratori. Quando torno Debra è già su di giri e mi prega di dargliene uno acceso. Io m’inginocchio di fronte a loro, porgo a Michele un vibratore che dolcemente lui poi infila nella figa di Debra.
Intanto io mi penetro in faccia a Debra, che mi guarda mentre comincia a godere.
- Sì, così, masturbati, amore. Sei bellissima, sei figa, sei qualcosa di unico...
- Visto che domani e dopodomani non potremo fare sesso, si potrebbe... – m’inserisco io.
- Cosa amore, cosa?
- Ahhh, si potrebbe, aahh... potremmo portarceli con noi questi due cosi...
Michele interrompe la leccata per guardarmi: - Sei pazza... però è vero, io mi esalterei un casino.
- Ci sarà pure un posto dove poterlo fare...
- Certo che c’è, e non vedo l’ora di vedervi, masturbarvi sulla Segantini... questa sì che è un’idea.
- Portarli non ci costa niente... però tu adesso lecca, continua a leccarmi – interviene Debra che nel frattempo non ha smesso neppure un secondo di strofinarsi il vibratore in zona clitoride.
È chiaro che sta per venire, e anch’io non sono distante. Succede presto, succede a entrambe, bello, dolce e prolungato. Poi, sempre assieme, ci dedichiamo al cazzo di Michele, fino a che lui non c’innaffia la faccia con un’abbondante sborrata, generosa come lui.
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