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Benvenuti a Villa Mary


di quartofederico
22.05.2020    |    6.113    |    8 9.7
""Quindi si inaugura?" chiese con evidente gioia..."
Finalmente ero riuscito ad inaugurare la villa in Toscana; però occorre fare qualche passo indietro nel tempo, al fine di procedere con ordine.
Più di tre anni fa, avevo acquistato un casolare, dalle parti delle Alpi Apuane. Si trattava di un rudere abbastanza grande, circondato da aia e circa mille metri di terreno.
Era in condizioni pietose, ma il posto mi aveva colpito per la sua amenità: avevo pensato di farne un resort. Abbastanza fuori mano, si affacciava su una vallata con poche abitazioni e tanto verde.
L'iter burocratico cominciò subito: pratiche al comune, poi alla soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici; poi comunità montana, forestale e chi più ne ha più ne metta, ma, infine, la mia tenacia ebbe la meglio.
Con tutti i permessi in regola, cominciarono i lavori.
Durarono due anni, e, finalmente, con il mio solito entusiasmo, inaugurai "Villa Mary".
Maria è mia moglie e avremmo gestito assieme questa nuova attività ed ero certo che sarebbe stata una bella avventura.
Al primo piano del casolare, avevamo ricavato sei camere da letto, arredate in modo molto elegante, ma allo stesso tempo funzionale, ognuna con bagno.
Al piano di sopra un solarium, un vasto spogliatoio e un bagno con vasca idromassaggio e sauna.
Il piano terra, invece, era per metà a giorno: il vestibolo, con guardaroba e sala comandi, immetteva in un grande salone con un banco bar sulla parete più piccola e, sulle altre tre, divanetti e poltroncine con i relativi tavolini.
La parete che dava all'esterno aveva due grandi balconi che, di giorno, illuminavano la sala, e, di notte, offrivano lo spettacolo del giardino illuminato. In fondo alla sala, due bagni uno per le signore e l'altro per gli uomini.
Una porta, con su scritto "Privato", immetteva in una ampia stanza rettangolare con le quattro pareti rivestite di specchi e, poggiato sulla parete più stretta, un letto immenso, separato dal resto della sala, da tre pareti di cristallo. Al letto si accedeva da una porta sempre di cristallo.
L'accesso alla villa avveniva attraverso un alto cancello, superato il quale un viale carrabile portava alla struttura principale, sulla cui destra era stato ricavato un ampio parcheggio.
Sul retro del casolare era stata creata una zona relax, con un'ampia piscina attrezzata con ombrelloni, lettini e tavolini.
Ero riuscito anche ad avere in concessione dal demanio, il boschetto confinante: esso, una volta ripulito e messo in sicurezza, permetteva, attraverso un vialetto già esistente, di arrivare ad una terrazza con vista sulla vallata sottostante.
L'idea era quella di utilizzare la struttura, dalla domenica mattina al venerdì pomeriggio, come "Agriturismo", con cucina e pernottamento, e, poi, dal venerdì sera al sabato notte, come Club Privato.
Data la location gli ospiti per il Privè sarebbero stati selezionati con cura sia da me che da mia moglie.
La notizia sulla creazione di una raffinata ed elegante location si diffuse ben presto in tutta la vallata e zone limitrofe.
Poi, attraverso annunci su siti specializzati, ci trovammo a fronteggiare da subito un lavoro abbastanza consistente.
Dopo soli tre mesi, avevamo già un nutrito numero di clienti per l'agriturismo.
Dovevamo partire con il privè e aspettavamo l'occasione buona, che non poteva tardare ad arrivare.
Un pomeriggio ricevetti una telefonata di una persona che chiedeva di visitare la struttura per un evento privato: il compleanno della moglie, e voleva esser certo che la location fosse all'altezza delle proprie aspettative.
"Le dico subito, a scanso di equivoci, che per questo fine settimana siamo già al completo, per cui..." non finii la frase che l'altro aggiunse:
"No, dovrebbe essere per l'altro venerdì"
Gli fissai un appuntamento per il giorno successivo verso le sedici, massimo sedici e trenta.
Eravamo in pieno fermento per organizzare al meglio un altro evento: si laureava la figlia di una persona molto importante del posto e avevano scelto proprio la nostra villa per festeggiarla.
Informai subito Maria della telefonata e vidi i suoi occhi brillare.
Sì brillare!
Maria aveva occhi che parlavano da soli e spesso un suo sguardo era più esplicito di un discorso.
All'epoca, poco più che cinquantenne, un metro e settanta per sessantacinque chili, capelli castano chiari a caschetto che sulla fronte disegnavano una frangetta sempre ben curata. Sapeva come mantenersi in forma: un po' con la ginnastica, un po' con la dieta, un po' con il suo modo di vestire, sempre impeccabile e il pochissimo trucco che metteva in risalto lo splendore di quegli occhi, neri e profondi, che a volte dolcemente ti portavano in cielo, ma, in altre, potevano fulminarti.
Labbra carnose, su una bocca perfetta, sia per i denti che per la lingua, che sapeva usare con gran maestria.
Una quarta abbondante di seno, due areole scure che contrastavano il candore della pelle circostante, grandi come una margherita aperta, sovrastati da due capezzoli bruni, piatti e quasi tutt'uno con l'areola, ma che s'impuntavano di brutto al solo tocco di una carezza.
Un pancino appena appena accennato, al cui centro si apriva la cicatrice ombelicale, tonda e perfetta come la "O" di Giotto.
Ma è scendendo più giù che il quadretto dimostrava la perfetta opera della natura.
Il Monte di Venere, rialzato quel tanto per celare una vagina con due grandi labbra che sporgevano e che disegnavano un ingresso ancora stretto, nonostante due gravidanze.
Un ciuffetto di serici peluzzi partiva dalla parte alta e saliva verso il ventre per quattro o cinque centimetri.
Poi il culo, autentica perfezione della natura, ricordava davvero la cassa di risonanza di un mandolino: due natiche dure, sormontate da due fossette, che tracciavano un solco bellissimo nella fattura, ma che nascondevano alla vista, come uno scrigno, il buchino roseo simile ad una boccuccia da baciare.
Decisamente mostrava meno dei suoi anni.
"Quindi si inaugura?" chiese con evidente gioia.
Io e mia moglie avevamo avute diverse esperienze di prive'.
Questo mondo l'affascinava e non era la sola.
Amavamo le cose raffinate, fatte senza volgarità e con persone motivate a vivere la trasgressione, e la location da noi creata sarebbe stata l'ideale per incontri di quel tipo. Pertanto eravamo determinati a farla frequentare, solo da coppie veramente fini e di classe.
Nel corso degli anni la nostra libertà ci aveva portato ad avere rapporti con scambio di coppia totale e diversi incontri a tre, dove la mia lei dimostrava la sua dimestichezza sia con il mio cazzo che con quello
dell'amante di turno.
Era lei a sceglierli, ma, ultimamente, aveva un particolare trasporto per Niccolò, un mio compagno d'armi, incontrato assieme alla moglie Cristina, in uno dei diversi prive' allora frequentati.
Credo che quella volta, per noi, sia stato il nostro primo scambio di coppia, poi tra lui e mia moglie si era cementata una vera storia, non di amore ma di solo sesso.
Cristina, invece, si era quasi innamorata di me, per cui, dopo un discorso aperto e diretto, le dissi che non era giusto distruggere due famiglie per un puro e semplice rapporto di sesso.
Mostrò di esser fortemente delusa, per cui a pagarne lo scotto fu Niccolò, che dovette allontanarsi dalla mia/sua Mary.
I due, Cristina e Niccolò, si separarono dopo qualche anno ed egli, un giorno, incontrata mia moglie, si propose per ritornare a frequentarci.
Lei saggiamente si prese un po’ di tempo, e me ne parlò.
Al termine di ogni opportuna valutazione, decidemmo che poteva far di nuovo parte del nostro menage.
Le argomentazioni di mia moglie furono formulate nel modo che segue:
"Sicuramente Niccolò deve essere dei nostri; glielo abbiamo promesso" cui risposi:
"Mary, tesoro, ancora non sappiamo se non ci sarà d'impaccio al nostro progetto; domani sentiamo che dice il nostro primo cliente e poi decideremo. Per ora l'importante è partire."
Con uno sguardo di disappunto e, senza replicare, mi allontanò, sbattendo la porta dell'ufficio.
I preparativi per la festa dovevano andare avanti, per cui fino a sera non ritornammo sull'argomento.
La sera, a letto, prese a fare la gattina, per strapparmi qualche concessione.
Quando si comporta così mi fa impazzire per cui fu deciso che, in ogni caso il suo "birbante", così lo chiama lei, sarebbe stato nostro ospite, fuori o dentro il privè. Poi il patto fu sancito da ore d'amore infuocato.
Mancavano due giorni alla festa di laurea e i preparativi andavano avanti.
Scesi in paese per ritirare tovaglie e tovaglioli rossi, che non avevamo e che erano stati espressamente richiesti dai "notabili" e colsi l'occasione per ricordare al fioraio gli addobbi per la festa.
Ritornai per l'ora di pranzo e subito dopo mi recai in giardino, dove mi stava aspettando l'operaio che doveva sistemare lo steccato danneggiato dal vento dei giorni precedenti.
Erano le tre e mezza, e mentre rientravo per darmi una pulita, vidi una Mercedes grigia che stava entrando.
Capii che si trattava del signore della telefonata.
Corsi dentro e avvertii Maria di intrattenerlo, mentre mi davo una sistemata.
Fui da loro in cinque minuti.
Mia moglie li aveva fatti accomodare, nel nostro studio, nel salottino a fianco della sua scrivania.
"Mio marito" disse e stesi la mano prima alla signora e poi all'uomo.
"Piacere, mi chiamo Giorgio e lei - indicandomi la donna che l'accompagnava - è Ester"
"Molto lieto, Federico; la signora è la festeggiata?" chiesi
"No Ester è la migliore amica di mia moglie Elena, e sta aiutandomi ad organizzare la festa. Mia moglie non sa nulla e deve essere una sorpresa".
Tutti e due indossavano occhiali scuri, quasi a mascherare il viso, forse per lasciare una sensazione di incognito.
Lui un bell'uomo, sulla cinquantina, sul metro e ottanta. Un sottile e curato filo di barba, ingentiliva il viso, fisico asciutto e forse pure leggermente palestrato, vestiva sobrio ma elegante, un jeans stretto ma di marca, che metteva in risalto un bel pacco tra le gambe, che mia moglie aveva subito notato, camicia a righini stretti, senza cravatta, mocassini.
La signora Ester doveva avere una cinquantina di anni, bel viso con poco trucco e con un filo di rossetto sulle labbra, capelli castani molto ben pettinati, lunghi fin sulle spalle. Alta, al "naturale", un metro e sessanta, o giù di lì, ma con i tacchi, che slanciavano il personale, munito di belle gambe, superava il metro e settanta, una quarta abbondante di seno, che celava quasi un pancino appena prospiciente. Tutto sommato era anche un tantino rotondetta.
Indossava un vestito giallo pallido con una gran bella scollatura.
Per metterli a proprio agio proposi subito il tu, che entrambi accettarono come una condizione amicale.
Per prima cosa chiesero di vedere la struttura e, cominciando dal solarium, che fu molto apprezzato, scendemmo alle camere da letto.
"Sono tutte libere?" chiese la Ester
"Generalmente sì, perché?" domandai.
"Anche la centrale?" chiese ancora.
In effetti quella era la camera nostra: era la più bella e luminosa, ma siccome i clienti hanno diritto di scelta, guardando negli occhi Mary e interpretando un suo cenno di assenso, proseguii:
"Sì, certo, ma perché? Volete anche pernottare?" mi sbilanciai.
"Certamente!" decisa.
Poi passammo al parco ed alla piscina e, infine, li introdussi nel privè.
Rimasero favorevolmente colpiti, letteralmente senza parole, e proprio Giorgio, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, disse :
"Sì, è giusto quello che fa per noi, vero? - rivolto all'amica - Vogliamo ritornare in ufficio?"
Passando davanti al bar, mi diressi dietro al bancone e stappai una bottiglia di prosecco, riempiendo quattro calici.
"Stuzzichini?" chiesi e, alla risposta negativa, li guidai nel mio studio.
"Congratulazioni! Una location elegantissima e raffinata, ma veniamo ai dettagli. E' una sorpresa, mia moglie non saprà nulla fino a venerdì sera.
Da premettere che già abbiamo esperienze di trasgressione, ma mai in un privè. Non vorremmo una sala affollatissima, per cui prendo il locale per la sera del venerdì e per tutto il giorno del sabato. Saremo io, la nostra amica e mia moglie. Sta a voi trovare un po' di partecipanti a nostro livello."
Mary, che non vedeva l'ora di intervenire, disse:
"Io e mio marito, insieme ad un nostro amico più che intimo, potremmo essere della partita, ma credo che siamo ancora in pochi. Voi avete qualche idea in proposito? Pure noi non siamo nuovi di questi giochi, ma dateci almeno un'idea di quelli che possono essere i "desiderata" di Elena".
"Penso che voi tre donne bastiate, ma occorreranno perlomeno un paio di uomini per ognuna di voi. Uomini di classe, educati, raffinati, diciamo dai trentacinque fino ai cinquanta, cinquantacinque anni, pronti a soddisfare i desideri di ognuna di voi. Elena gradisce anche attenzioni femminili, ma solo da passiva. Pensate di poterci accontentare?"
Avrei detto di sì a qualunque richiesta, pur di avviare quella attività perciò:
"Si può fare; già da domattina io e Mary ci metteremo all'opera. Un'ultima cosa: volete mantenere l'anonimato o va bene anche conoscersi de visu?"
"Per la prima volta, meglio rimanere anonimi" rispose
Tirai dal cassetto della scrivania delle mascherine personalizzate e glie le porsi.
Pattuimmo il prezzo del tutto e ci sentimmo in obbligo di offrire noi il buffet e la torta.
Una stretta di mano e li accompagnammo alla loro auto.

"Non gli hai tolto gli occhi di dosso" dissi a Mary, stuzzicandola nel suo io.
"Decisamente un bell'uomo; me lo farò di sicuro" confermò.
"E Niccolò?" chiesi
"Non ti preoccupare: io sono disponibile da tutti i punti di vista" - disse sorridendo - Inoltre anche la signora Ester mi è sembrata parecchio interessata al mio maritino, non l'hai notato?"
"Dai mettiamoci a lavoro; hai qualche idea di chi potrebbe essere dei nostri?"
"Ci devo pensare; comunque occorrerebbe una guardarobiera, giovane e carina che, all'occorrenza, potrebbe integrare il numero di presenti, e tre baldi giovani, pronti e capaci di farci divertire."
Mary contattò telefonicamente Niccolò, che accettò subito l'invito. Fu egli stesso a proporsi per darci una mano.
"Passami Federico, voglio chiedergli alcune cose" le disse.
"Non le puoi dire a me?" fu la risposta un po' indispettita di mia moglie.
"Cose da uomini" aggiunse con piglio scherzoso, e incassato un vaffanculo da mia moglie, lo ebbi al telefono.
"Ciao Niccolò, dimmi"
"Fede, conosco una coppia che potrebbe fare al caso vostro: lei sulla trentina, lui di poco più grande. Li ho conosciuti l'estate scorsa a Fuerteventura. Entrambi "factotum" in un Resort, che aveva un prive' come il tuo.
Lei è uno schianto e fa di tutto; lui, gran porcellone, ben dotato e le donne facevano a botte per averlo. Garantisco sulla loro professionalità e soprattutto signorilità. Se vuoi li chiamo subito, poi ti faccio sapere."
"Certo, fallo subito, ma tu, quando potresti raggiungerci?" chiesi
"Dai... vedrò di venire domenica, così ne parliamo da vicino."
Misi al corrente Mary che al di là di ritenersi soddisfatta, sbraitò contro Niccolò e promise di fargliela pagare.
Avevamo la guardarobiera ed il barman, ovviamente sia l'una che l'altro tuttofare.
Bisognava reclutare ancora un paio di maschi da coinvolgere nella mischia.
"Una cosa alla volta" mi dissi e ritornai di là per ultimare i preparativi per la festa della laureanda.
Mattinata movimentatissima: il cuoco sembrava uno di quegli chef stellati che si vedono in TV; urlava con il suo aiutante, dandogli dell'incompetente.
La guardarobiera, quella vera, piangeva perché mia moglie l'aveva sgridata per non so cosa.
Solo i due camerieri, senza tener conto di tutto quel baccano, stavano ultimando di apparecchiare i tavoli.
Erano le undici e mezzo, cosa sarebbe successo fino alle diciannove, orario in cui sarebbero arrivati gli invitati? La situazione migliorò; la festa iniziò all'orario previsto e fini poco prima dell'una, con grande soddisfazione di tutti.
Io e Mary riuscimmo ad andare a letto alle tre passate e stanchissimi ci abbandonammo tutti e due tra le braccia di "Morfeo".
Ci svegliò il trillo del telefono.
Guardai l'orologio che avevo sul comodino. Erano le dieci e quaranta.
"Pronto: chi rompe all'alba?" risposi
"Sveglia pigrone: sono quasi le undici" era Niccolò.
In effetti aveva ragione.
"Scusami dimmi tutto"
"Volevo avvertirvi che la coppietta maliziosa ha accettato; se volete li porto domani con me" comunicò
"Ottimo lavoro Niccolò, abbiamo bisogno di altri due maschietti, hai qualche altra idea?" chiesi
"Ora non mi viene in mente nessuno; lasciami fare un paio di telefonate".
"Comunque due che sanno il fatto loro: abbiamo quattro femmine da soddisfare alla grande"
"Ghe pensi mi" rispose in milanese, tanto per ricordarci da dove veniva.
Maria aveva aperto gli occhi, ma aveva capito chi era il mio interlocutore.
Le feci cenno, come a voler dire "gli vuoi parlare?".
Ancora arrabbiata con lui, mi rispose che voleva affogarlo in piscina e si girò dall'altro lato.
Non le era andato proprio giù l'atteggiamento del suo amante dell'altro giorno.
Quel sabato non avevamo accettato prenotazioni per riposarci un po’: era stata una bella festa, ma eravamo distrutti.
Avevamo anche dato la giornata libera al personale e aspettavamo l'impresa di pulizie per dopo pranzo.
In totale relax ci alzammo e facemmo colazione.
Maria era bellissima: tutta scarmigliata, in mini slip e canotta senza reggiseno. Le andai da dietro e la strinsi a me.
Cercò di divincolarsi, ma poi, come le baciai il collo e le orecchie, si piegò sulle ginocchia e mi fu facile spingerla verso il tavolo.
La presi in braccio, la feci sedere sullo stesso e le sfilai le mutandine.
Mentre lei si toglieva la canottiera mi abbassai e misi il viso tra le sue cosce.
Come sentì il contatto della lingua sul suo clitoride, fece un balzo all'indietro e tenendomi la testa con le mani, mormorò:
"Sporcaccione, ma che fai, non mi sono ancora lavata, non sono profumatissima…. ma non permetterti di fermarti"
L'odore acre e pungente mi stordiva, ma era di un afrodisiaco naturale, di quelli che creano dipendenza, per cui, se non mi avesse tirato lei su e chiesto il mio cazzo, sarei rimasto lì fino all'ora di pranzo.
Ce l'avevo durissimo, e lei, quasi per prenderne atto, me lo prese in mano e lo menò con violenza. Poi con una abilità che solo lei possedeva, se lo cacciò nella figa e cominciai a scoparla. Quando cominciò a godere, si piegò in due quasi a cercare di farselo entrare ancora di più dentro; comunque mi artigliò le gambe dietro la schiena, imprigionandomi nel suo ventre.
Mi mollò solo quando venne e, solo allora, cominciai a chiavarla per raggiungere il mio piacere. Difatti appena allentò i muscoli perineali, io entrai ed uscii sempre più velocemente ed eruttai nel suo delizioso pancino quattro o cinque schizzi di caldo sperma.









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