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Prime Esperienze

"Un bull per mia moglie 7" (Ovvero: Un'avventura fantastica in villa, parte seconda)


di quartofederico
16.11.2021    |    10.433    |    8 9.9
"Sotto i sessanta, ma ancora molto tonica e procace, non molto alta, forse meno di un metro e sessanta, ma che slanciava la sua figura con un tacco dodici, ..."
Silvio si stava riprendendo e, alzatosi, cominciò a rivestirsi.
Chi era ancora in azione era Mario, che scopava la moglie con colpi potenti e quasi violenti. Crollò pure lui nel giro di un paio di minuti, riversando sulla pancia di sua moglie una schizzata di caldo sperma.
Lia allungò la mano e prese dalla borsa un pacchetto di fazzolettini e li usò per ripulirsi ancora la figa aperta a dismisura.
Il nostro bull, rivolgendosi principalmente a noi maschietti:
"Vi aspetto fuori - disse in tono perentorio - per un ultimo brindisi"
Era palese che voleva consolidare, ulteriormente, l'amicizia che si era creata.
Indossai i pantaloni, abbottonai la camicia e, mentre aspettavo che gli altri si ricomponessero, mi soffermai a guardare sia Anna che Mario.
Lei, una bella cinquantenne alta più di Lia, sul metro e settanta, snella con un bel culetto tondo e pieno, sorretto da due gambe ben tornite, aveva un po' di pancetta che davvero non guastava. Depilata, completamente, quando apriva le gambe mostrava una vagina con grandi labbra, che protendevano esternamente, nascondendo, a differenza di Lia, il clitoride. Era dotata di una terza di seno con areola proporzionata, da cui facevano capolino dei capezzoli sempre turgidi.
Inoltre, un bel viso con labbra tumide e due occhioni neri, che ti squadravano dall'alto in basso, completavano l'aspetto di una bionda dai capelli a caschetto e fila su un lato. Era davvero una gran bella donna.
Anche Mario non era affatto male: sotto i sessanta, alto circa un metro e settantacinque, leggermente stempiato, ma dai capelli neri trafilati d'argento che, tutto sommato, arricchivano di un certo fascino.
Niente barba, né baffi e con un cazzo non mostruoso, ma abbastanza ben proporzionato.
Pensai che io e lui, tranne per i capelli, ci assomigliavamo sia per l'altezza che per l'attrezzo.
Una volta vestiti lasciammo il piccolo ambiente, dove l'aria si era fatta pesante.
Si percepiva un intenso odore di sudore e di sesso.
L'aria fresca della sera mi colpì le narici con una benefica sferzata sul viso, congestionato da tutto quel godere. Incamminandoci, io con Lia sotto braccio, e Mario ed Anna mano nella mano, sembravamo due coppie che tornavano da una passeggiata. Il primo sguardo che incrociai fu quello di Elisa, la cameriera, che, regalandomi un sorriso rassicurante, sembrò comunicarmi:
"Ha visto che è andato tutto bene! Che le avevo detto? La sua dolce mogliettina sarebbe tornata da lei felice e soddisfatta."
Silvio ci vide e, venendoci incontro, ci invitò al suo tavolo, dove aveva fatto portare una bottiglia di champagne e cinque bicchieri a tulipano.
Stappò lui la bottiglia e versò nei nostri calici il profumatissimo liquido e alzato il suo e sottovoce, per la necessaria discrezione rispetto agli altri partecipanti:
"Brindo a voi, miei amatissimi ospiti, che avete saputo donarmi questo meraviglioso intermezzo in una stupenda serata di settembre.
In particolare a voi signori, che sapete davvero amare le vostre meravigliose regine".
"Anche sfottuto, no, questo è troppo - pensai - mancava poco che ci chiedesse il permesso di poter passare il resto della notte con le nostre due donne".
Ed invece? Per quella notte non fu così, anche perché, era pure lui abbastanza provato, però qualcosa in mente doveva, di sicuro, già averla.
Fu chiamato in direzione e, salutando Lia e Anna con un leggerissimo baciamano, e noi con una vigorosa stretta, ci augurò un buon prosieguo ed una felice notte.
Finimmo di scolarci la bottiglia, poi, tutti d'accordo, ci dirigemmo verso le rispettive camere.
Lui non lo incrociammo e, sul pianerottolo del primo piano, ci scambiammo la buona notte.
Lia, una volta in camera, scappò in bagno e, stranamente, si chiuse dentro.
Ebbi la tentazione di andare ad origliare, ma mi trattenni e mi rassicurai solo quando sentii lo scroscio della doccia e lei che, come al solito, canticchiava.
Io pure, nell'altro bagno, feci una doccia veloce e quando la raggiunsi lei era ancora intenta ad asciugarsi.
Mi stesi nudo sul letto.
Pensai che l'unico, che non aveva fisicamente goduto, ero io, ma stranamente non ne avevo voglia.
Lia mi si distese accanto pure lei nuda e, vedendomi assorto:
"Dai, verbalizza, dimmi che stai pensando?" chiese quasi aggredendomi.
"Niente, diciamo che son contento per te; finalmente abbiamo trovato un uomo che ti ha fatto godere. Credimi, son felice di questo, perché lo meritavi!"
"Non è vero, ho tanto goduto anche con te" disse mentendo.
Scossi la testa e, solo allora, lei girandosi verso di me, mi baciò e continuò:
"Grazie, sei il miglior marito che potesse capitarmi. Ti amo e ti amerò sempre di più. Hai ragione, stasera è successo una cosa che non credevo potesse mai succedermi. Ho goduto con tutta me stessa ed ho provato uno scombussolamento, uno scompiglio, sia mentale che fisico. Mi sentivo annullata, in balia di un uomo che, perdonami, mi ha saputo prendere e, facendomi sua, mi ha portato ad un orgasmo dolce e violento, allo stesso tempo"
Non risposi e, solo allora, quel suo parlare mi fece veramente eccitare e senza chiederlo mi girai verso di lei sul fianco e ponendo le mani sul suo corpo le feci sentire la mia eccitazione.
"Non è come quello di Silvio, ma voglio che stasera sii anche mia" sussurrai, mentre lei si girò verso di me e si lasciò penetrare senza irruenza, ma con il sano desiderio di una brava moglie, che si offre a suo marito.
Ero troppo eccitato, ma cercai di trattenermi il più possibile e sicuramente venni nel suo grembo insieme a lei, che continuava a baciarmi e carezzarmi.
Ci addormentammo così, come due teneri e maturi sposini.
Questa volta il cicalino del telefono che ci dava la sveglia lo sentimmo e fui io a rispondere per farlo smettere.
Erano le otto in punto e Lia dormiva ancora.
Mi alzai silenziosamente e andai in bagno a far la pipì.
Era troppo presto per svegliarci, per cui mi rimisi a letto e cercai di riprendere sonno.
Ad occhi chiusi, cercai di far ordine nel mio cervello.
Avevo iniziato io con quella chat con il professore, che mi convinse sull'astinenza forzata, per poi continuare con il bull calabrese, che fece una corte spietata e spregiudicata a Lia, tanto da eccitarla e, in chat, prima la fece spogliare e poi masturbare, fino a farla venire. La conoscenza con Luigi in spiaggia fu la goccia che fece traboccare il vaso, passando dalle attenzioni in spiaggia, alla cena con loro da soli ed annessi incontri intriganti.
Ora c'era Silvio e, questa volta, avevo davvero paura che la situazione, a Lia, potesse sfuggir di mano.
I miei pensieri furono interrotti dallo stiracchiarsi della mia dolce metà, che mi comunicò, così, il suo risveglio.
"Buongiorno tesoro - mi disse - già sveglio, ma che ore sono?"
Erano le otto e mezza e, ancora assonnata, si alzò, cercò le sue pantofoline e scappò in bagno.
Al ritorno, mi trovò sempre a letto, che leggevo le ultime notizie postate sul cellulare.
"Ti va di scendere subito? O preferisci che ci facciamo portare la colazione in camera?" chiese.
Allungai la mano, presi la cornetta e, dopo aver consultato i vari numeri di telefono, composi quello del bar ed ordinai.
"Dormito bene?" chiesi, mentre, appoggiato sul gomito, la fissavo.
"Sì, come un ghiro; ero proprio stanca, anche se mi vergogno un po'..." e non finì la frase.
"E di cosa, di esserti lasciata andare? Di aver provato sensazioni mai provate? Già te l'ho detto ed ora te lo ripeto; voglio la tua felicità, il tuo benessere, e se godi tu, godo pure io. Ti prego non voglio ritornare più sull'argomento" la rimproverai
"Credi che non me ne sia accorta che soffrivi? Mi è sembrato di vederti anche, mordere le labbra dalla gelosia o, forse, dal dolore, perché non eri tu a scoparmi" rispose incazzata.
Era vero, dovevo cercare di esser più cauto e di celare meglio le mie emozioni.
"Ti va di dirmi cosa hai provato" aggiunsi, ma mentre lei pensava cosa rispondermi, il discreto bussare alla porta, frenò le nostre emozioni.
Era la cameriera del bar, la moglie del cuoco che, con un enorme vassoio in mano, varcò la soglia e, poggiatolo sul tavolo, ci augurò il buongiorno.
Tra le brioche ed i bricchi del latte e del caffè, c'era anche una rosa rossa ed un biglietto.
Rimasi di stucco!
Il mittente? Era chiaro, non poteva che essere il direttore. Comunque, finsi di non aver notato il bigliettino e, mentre lei si alzava per venire a sedersi, le porsi la rosa.
Là per là non disse nulla, poi, vedendo la busta, mi guardò con occhi che brillavano, ma si era bloccata.
"Leggila - le dissi porgendogliela - vedi che vuole!" in tono amareggiato.
Ancora una volta c'ero cascato, ma il bello di questo gioco era proprio la gelosia e mi resi conto della difficoltà di nasconderla.
La prese e, sfilato il foglio dalla busta, velocemente scorse lo scritto.
Non parlai più e, quando lei me lo porse, scossi il capo ed esclamai:
"Non voglio leggerla, se vuoi, fammene un sunto".
Insistette, minacciando di strapparla e, per calmare la mia curiosità piuttosto che per la sua minaccia, presi gli occhiali dal comodino e presi a scorrere lo scritto.
In effetti era un invito a partecipare ad una mostra d'arte contemporanea nel salone delle feste del vicino palazzo ducale.
Comunque, oltre al "tesoro mio", ovviamente rivolto a Lia, ed un anonimo "Lui", destinato a me, c'era il ringraziamento per la splendida serata trascorsa assieme.
L'invito vero e proprio era disponibile giù nel bureau.
Stizzita e in silenzio, mia moglie consumò la sua colazione, mentre io presi solo il caffè.
"Ho voglia di sole: me ne vado in piscina - mi disse, mentre indossava il bikini - vieni con me o resti qua a rimuginare?" domandò polemica e, non vedendomi prendere una posizione, si strinse nel pareo e, con la sua inseparabile borsa di paglia, si avviò.
Scesi quasi subito dietro di lei e la trovai ancora alla reception, che parlava con il portiere di giorno.
Ritirammo l'invito e, mentre stavamo per uscire, incrociammo gli sposini che uscivano dalla direzione.
"Ancora? Ma non mollano proprio?"
Mi ritrovai a sorridere sotto i baffi e Lia:
"Che hai da ridere?" sempre più incavolata.
"Non è come credi, se mi dai un attimo di udienza, ti spiego tutto" proposi.
Ci sedemmo su una panchina all'ombra di un castagno e le raccontai quello che avevo saputo da Elisa.
"Addirittura - commentò - chissà chi potevano essere gli altri due" chiese curiosa.
Mia moglie, invece di meravigliarsi per la follia perpetrata, si chiedeva chi fossero gli altri due stalloni.
"Cerca di informarti: sono proprio incuriosita" affermò.
"Fallo tu: chiedilo direttamente a Silvio" proposi.
"Mi vergogno e poi, tu sei o non sei lo "Sherlock Holmes" della casa?"
"Elementare Watson" mi venne da sussurrare, strappandole un sorriso.
Dovevo farlo, in primis per riappacificarmi con lei, e poi perché avevo percepito quella richiesta come un ordine, che andava eseguito con immediatezza.
Dovevo avvicinare il mio gancio, la mia camerierina spia, ma dovevo anche approfittare dell'occasione propizia.
E questa capitò di lì a poco, quando ritornai da solo in camera, a prendere la protezione solare che avevamo dimenticato.
Elisa la trovai seduta alla sua postazione sul pianerottolo e, vedendomi, mi venne incontro, mostrando la sua completa disponibilità.
"Posso essere d'aiuto?" chiese.
"Grazie, lei è sempre così gentile e disponibile, vado un secondo in camera e ritorno"
"La signora ha dimenticato qualcosa, vero? Se posso, lei la accontenta in tutto, forse troppo" disse quasi rimproverandomi.
"Ha ragione, ma è l'unico mio amore e scopo della mia vita. Vederla allegra e sorridente mi mette una gioia infinita nel cuore".
"Siamo stati invitati alla mostra di palazzo ducale, ma ci andremo nel tardo pomeriggio. Silvio ci teneva molto a farcela visitare" dissi, mentre mi avviavo seguito da lei verso la nostra camera.
"In effetti uno degli espositori è un carissimo e, molto intimo, amico del direttore e, a detta di molti, è davvero talentuoso" tenne a precisare.
"Carissimo e molto intimo - chiesi rimarcando - mica è uno dei tre..." affermai, senza finire la frase di proposito.
"Ci ha azzeccato, spesso anche lui è presente nei party libertini del nostro padrone e, sembra essere uno dei più attivi nelle prestazioni, diciamo, dilettevoli"
"E l'altro?" chiesi curioso, ma abbassando lo sguardo e la voce.
Ci pensò un attimo, poi convinta di potersi fidare:
"E' un medico, fa il ginecologo ed ha l'ambulatorio in un paese vicino, ed è anche uno specialista in massaggi "Tantra", con tecniche tutte sue".
Avrei voluto chiedere se avesse sperimentato personalmente, ma non mi sembrò il caso di approfondire.
Era una donna da tenersi buona, poteva sempre tornarmi utile.
Presi la crema dal beauty case di Lia e, con Elisa che mi accompagnò fino alle scale, ripresi la strada del ritorno.
Era stesa sul lettino a bordo piscina e, avvicinatomi non visto, da dietro la baciai sul collo e la feci sussultare.
"Scemo, mi hai fatto prendere uno spavento" disse scherzando e, vedendomi sorridente, chiese
"Devi dirmi qualcosa, vero?"
"Allora, anche il pittore fa parte della combriccola, ed il terzo, indovina un po' chi è? - spiegai - un medico specializzato in ginecologia e massaggi Tantra"
"Waoo! Dobbiamo assolutamente conoscerli: hai sempre saputo che queste dottrine filosofiche orientali mi affascinano e ora, ancor di più, il Tantra, che, associato a quelle, si dice produca un benessere sessuale sconfinato.
Era e rimase allegra per tutto il pomeriggio.
A pranzo, seduti con Mario e Anna, facemmo un programma per pomeriggio e sera.
Sarebbero venuti anche loro al palazzo ducale, ma alle otto avevano preso appuntamento con il ballerino che Anna aveva adocchiato.
"Perché non vi accompagnate a noi - propose la signora e rivolta a Lia - potresti ricambiarmi il favore"
Vidi mia moglie esitare, ma pur non prendendo ancora una decisione:
"Dai, Anna, poi vediamo - ma poi riflettendoci su - se non succede altro, perché no?!"
Dopo pranzo avemmo giusto il tempo di rilassarci un po' in camera e cambiarci, che il portiere ci comunicò telefonicamente di trovarsi pronti fra mezz'ora per servirsi del pulmino-navetta della struttura.
"Sai - esordì Lia - credo che debba superare ancora un paio di tabù e poi sarò diventata la vera cortigiana che desideri divenga".
E ora che altro le stava passando per la testa, quali tabù e che programmi aveva la mia donna?
Scendemmo giù e, nella hall, trovammo Mario che aspettava Anna ancora indecisa su cosa indossare.
Il pulmino aveva già caricato una coppia ed aspettava noi per partire.
Sopraggiunse di corsa e, messasi sotto braccio al marito:
"Eccomi! Come sto?" chiese a noi tre.
Era pure lei uno schianto, stretta in una gonna corta e con una camicia elegante; fece un giro su sé stessa per farsi ammirare. Lia invece, altrettanto elegante, vestiva un pantalone blue a vita bassa e una maglia sblusata rosa fantasia e, per maggior comodità, a differenza dell'amica, calzava scarpe basse di corda, colore nero.
Stavamo salendo sul bus quando:
"Un momento" sentimmo strillare e, giratici scorgemmo gli sposini che correvano verso il mezzo.
L'autista, dopo aver aiutato Lia e Anna a salire, aspettò la coppia e aiutò pure l'altra donna, per poi permettere a noi maschi di farci accomodare.
Impiegammo una ventina di minuti per giungere al palazzo e, durante il tragitto, fu proprio mia moglie a rompere il ghiaccio.
Si chiamava Rosetta e lui Luigi, giovanissimi rispetto a noi, lei solo trentadue anni e lui trentacinque. Originari della provincia di Foggia e trapiantati in Friuli, ma per lavoro vivevano in Germania.
Ovviamente, non dissero nulla sul vero motivo della loro presenza alla villa e nulla trapelò da Lia.
Arrivammo e l'autista aiutò prima le signore a scendere e poi anche noi sortimmo fuori.
Fui io a rifilare dieci euro all'uomo che, contento, intascò la mancia e si offrì di venirci a riprendere in qualunque momento.
Il salone del palazzo era stupendo. Grandi arazzi alle pareti e tendaggi sfarzosi ai balconi.
La mostra si sviluppava sui due lati lunghi della stanza e i dipinti erano posizionati su cavalletti posti uno accanto all'altro, per non danneggiare le pareti arredate.
Al centro della sala, scorgemmo il nostro direttore vicino al suo amico pittore, che stava illustrando i suoi quadri ad un'altra coppia.
Ci vide e, venutoci incontro, salutò affettuosamente le signore e strinse cordialmente le nostre mani.
Ci intrattenne meno di un minuto, poi, appena il pittore fu libero, ci diresse verso di lui e ci presentò.
Il suo nome era Filippo, su per giù della sua stessa età, ma era un omone grande e grosso con due mani altrettanto grandi e grosse.
Mi sovrastava di almeno quindici centimetri e doveva pesare non meno di cento chili.
Dalla camicia, aperta sul petto, fuoriusciva un cespuglio di peli scuri ed altri venivano fuori dalle maniche tirate su dell'indumento.
Un viso bello e pulito, con due occhi neri che sembravano penetrarti ed una chioma folta, ma alquanto brizzolata, completava il suo aspetto.
Non osai abbassare lo sguardo, anche perché già lo stavano facendo sia Anna che Lia.
Pensandoci bene, quella era proprio la tipologia di maschio che mia moglie preferiva.
Fu gentilissimo, in specie con le donne e, sia mia moglie che quella di Mario, ricevettero infinite attenzioni, tanto da farmi pensare ad una sponsorizzazione esagerata da parte di Silvio.
Rosetta fu l'unica che si tenne fuori, dando spazio alle altre; del resto lei aveva già dato, ma, soprattutto, ricevuto.
Lia, Anna e Filippo si stavano allontanando per andare al buffet, ignorandoci completamente, per cui io e Mario cominciammo a girare per la sala, con fare indifferente, ma ben consci di essere ormai fuori dai giochi attivi.
Silvio aveva, sicuramente, raccontato all'amico la serata trascorsa e ora l'artista si stava, di certo, proponendo.
Incrociai lo sguardo preoccupato di Mario; il mio non doveva essere da meno, poi fui io a prendere le redini in mano e, senza nessun permesso, mi avviai verso il terzetto, che era diventato quartetto.
E chi era il quarto? Il ginecologo, filosofo Tantra, massaggiatore Yoni.
Silvio, da lontano, cercava di tenere sotto controllo la situazione, ma vedendoci avvicinare ai quattro, ci venne incontro insieme a Rosetta.
Fu lui a presentarci al nuovo amico.
"Lui è Cristiano, detto anche Dottor Stranamore", che strinse prima la mano a Rosetta e poi le nostre.
Ma io l'avevo già visto! Sicuramente la sera precedente; era sicuramente tra gli invitati, ma perché mi era rimasta così impressa la sua fisionomia?
L'avvicinarsi, poi, di una donna al nostro gruppetto, mi fece accendere la lampadina: Era una delle coppie che stava giocando in uno dei salottini del prive', dove avevo sbirciato.
Se era la moglie, anch'essa non era niente male. Sotto i sessanta, ma ancora molto tonica e procace, non molto alta, forse meno di un metro e sessanta, ma che slanciava la sua figura con un tacco dodici, magnificamente portato.
Capelli biondi e viso carino, ben truccato, oltre le labbra, che esprimevano tanta sensualità, i suoi occhi chiari risplendevano su quel volto abbronzato. Completavano il quadro, un seno abbastanza prosperoso e un bel culetto sporgente che risaltava contro la stoffa della gonna. Si presentò da sola:
"Sono Gisella" disse, mettendosi al fianco di suo marito, che quasi sfigurava vicino a lei.
Difatti era meno alto di me e presentava un viso paffuto per niente aggraziato, due folte sopracciglia incolte ed una bocca con le labbra sottili e quasi invisibili.
Poteva avere una sessantina d'anni, ma, nonostante tutto, aveva un qualcosa che attirava, ammaliava.
Lia lo guardava a bocca aperta ed era tutta presa da un qualche discorso che, né io né Mario, avevamo avuto modo di seguire.
Il nostro arrivo dovette, in qualche modo, aver rotto l'incantesimo, per cui, mentre il pittore ritornava ai suoi quadri e il dottore con la moglie si misero a parlare con il direttore e la sposina, noi quattro riprendemmo la visita nella sala.
"Scusate, abbiamo interrotto qualcosa di interessante, che vi si stava raccontando?" chiesi alle donne.
Lia fece cenno di no con la testa, ma, di sicuro, al nocciolo del discorso il Dottor Stranamore non c'era ancora arrivato.
"Mi sa che qua ci vuole un supplemento d'indagine - dissi tra me e me - dovevo ricorrere al mio informatore".
L'interesse di mia moglie stava man mano scemando, per cui, presomi in disparte:
"Sono stanca, torniamo alla villa" esclamò in tono supplichevole.
Chiamai l'autista del minibus, che arrivò dopo poco, ed a noi si aggiunsero Anna e Mario.
Durante il percorso, scambiammo pochissime parole sulla mostra, anche perché non presentava niente di eccezionale. Certo, non è che ci aspettavamo chissà cosa, ma la visita fu, comunque foriera, per Lia ed Anna, della conoscenza di Filippo e Cristiano, senza minimamente immaginare che la migliore novità si sarebbe rivelata la Gisella.
Ci fermammo al bar della villa e Mario volle offrirci qualcosa di fresco.
Presi un'acqua tonica, mentre gli altri, compreso Mario, optarono per un, secondo me, caffè freddo.
Salimmo insieme le scale e ci salutammo al primo piano.
"Sarebbe bello avere una stanza attigua alla vostra - esordì Anna - dobbiamo chiedere se c'è disponibilità"
Elisa, sempre pronta e con le orecchie ben tese, quando si allontanò la coppia nostra amica, si avvicinò.
"Se ho capito bene, ai signori potrebbe interessare la stanza vicina alla vostra. Mi risulta che è libera ed è una delle poche che sono anche comunicanti. Parlatene con il direttore: potrebbe accontentarvi".
"Certo non sarebbe male - disse Lia regalandole un sorriso malizioso - siamo diventate tanto amiche" aggiunse quasi a provocarla.
"Vi è piaciuta la mostra?" chiese aprendo la nostra camera con il suo passepartout.
Questa volta risposi io con un tono molto amichevole.
"Più dei quadri, ci sono piaciute le persone che abbiamo conosciuto, anzi, se possibile, desidereremmo qualche delucidazione", esclamai entrando senza tanti preamboli nel problema.
"Quando vuole" fu la risposta, carica di una femminile curiosità; noi entrammo in camera e lei ritornò alla sua scrivania.
Cenammo tutti e quattro allo stesso tavolo. Gli ospiti erano la metà della sera precedente, ancora tutti a palazzo ducale, per cui tutto fu rimandato di qualche ora. Ci godemmo, così, un dopo cena tranquillo a bordo della piscina.
"Vi va di passeggiare un po'?- chiese Anna, spronando il marito ad alzarsi - Avanti pigroni!"
L'invito fu accolto, subito da Mario e da Lia, mentre io, riottoso, continuai a tergiversare.
Ancora una volta, mi venne in aiuto Elisa, la bella cameriera che mi stava servendo, senza averglielo richiesto, il mio brandy liscio.
Mia moglie capì le mie intenzioni e senza borbottare si allontanò con la coppia.
"Allora, signor Federico - era la prima volta che si rivolgeva a me in tono così confidenziale - voleva sapere qualcosa su chi?" chiese, più interessata di me.
"Oggi, come le dicevo" mi fermò con un gesto della mano, senza farmi finire la frase:
"Posso chiederle di darmi del tu, mi sembra più consono ai nostri rispettivi ruoli". Sorrisi, anche se, pensai, che la tattica messa in campo da Elisa, era veramente molto sottile e scaltra.
"Allora, come ti dicevo, oggi abbiamo conosciuto Filippo, il pittore e Cristiano, il dottore, ma non mi avevi parlato di Gisella, la moglie. Mi è sembrata una donna veramente molto preparata e colta, sbaglio?"
"Non sbaglia affatto, non è la moglie, è la sua compagna da oltre dieci anni. Ha anche una moglie, ma quella sta sempre due passi dietro di loro. Gisella è una psicoterapeuta e sessuologa; è lei che ha creato la scuola di Tantra e il dottore è stato suo allievo. Insieme hanno sviluppato nuove tecniche e oggi annoverano, tra i loro "pazienti", personaggi illustri del mondo Vip. Spesso operano assieme e, mi creda, sanno veramente il fatto loro".
"Hai provato?" osai chiedere sfacciatamente.
Arrossendo, fece di sì con il capo.
"Per la cronaca, il dottor Cristiano è un grande amico del vecchio proprietario.
Comunque, se desidera contattarli, chieda a Silvio che, senz'altro, spenderà una buona parola per lei e... per la sua signora. Qua non si prestano, però al loro studio..."
Certo che volevo conoscerli e, più che per me, volevo che si interessassero di mia moglie.
"Se posso darle un consiglio - continuò - non si fidi molto di Filippo, bravissima persona, ma molto farfallone e non sa mai tenere un cece in bocca!"
"Da che pulpito vien la predica" pensai, sorridendole.
Raggiunsi il mio gruppetto, mentre un vociare dietro di noi ci fece capire che la struttura, era tornata al completo.
Il ballerino che aveva appuntamento con Anna sopraggiunse e, avvicinatosi con un sorriso smagliante, prese sotto braccio Anna e l'invitò nel prive'. Un attimo di esitazione, poi con un cenno del capo fece intendere a Lia di seguirla, lasciando me e Mario lì impalati a seguirli con gli occhi.
"Che fai non vai con loro?" chiesi curioso
"Non mi vogliono, Anna è stata chiara" e mentre completava la frase, vedemmo uscire anche Lia dalla piscina coperta.
"Vogliono stare soli, il ballerino ha deciso così. Anche se leggermente contrariata, Anna ha acconsentito - riferì delusa e rivolgendosi al marito - Tua moglie mi ha fatto capire di andare a dare uno sguardo, fra una decina di minuti".
Ci fermammo al bar e guardammo l'inizio dello spettacolo della danzatrice di lap.
Mario, impaziente, guardò l'orologio per lo meno dieci volte, poi si decise e si allontanò.
"Che ne pensi?" chiesi a Lia curioso di conoscere la sua opinione.
"Non so cosa dire, e poi, lo sai come la penso sulla trasgressione. Certe cose o si fanno con l'accordo e la complicità di tutti, oppure sono corna punto e basta" sentenziò mia moglie.
Non risposi; rimasi perplesso e non mi accorsi dell'arrivo di Silvio, che chiamò a sé, con un gesto della mano, mia moglie.
"Scusa" mi disse e si allontanò.
L'uomo l'abbracciò e, cingendola alla vita, si allontanarono lungo il viale illuminato che portava al belvedere.
Mi bastò spostarmi di un paio di metri e potei scorgerli seduti sull'ultima panchina, che si sbaciucchiavano come due fidanzatini.
Nonostante il caldo soffocante della serata, mi scossero dei brividi lungo la schiena.
Ero eccitato e nervoso allo stesso tempo, ma rimasi inchiodato al mio posto, guardando la scena del loro film.
In quel preciso istante, mi resi conto del coinvolgimento di Lia e della sua vera natura.
Anche se convintissimo che con me non avesse mai finto, solo ora compresi che, per la prima volta, la mia donna stava assaporando il vero piacere dei sensi.
Mi allontanai dal viale, quando loro, alzatisi, stavano tornando verso di me.
Silvio, nel vero senso della parola, me la riconsegnò e Lia, tirandomi in disparte:
"Stanotte vuole che dormiamo con lui!" annunciò.
Sorpreso e ammutolito, mentre lei si sedeva sul dondolo e mi faceva segno di accomodarmi:
"Ha voluto lui pure me, oppure...e come mai?" dissi una volta, ripresomi.
Non rispose subito, poi, guardandomi negli occhi:
"Ha detto che saremo più sereni e poi, in camera ci sarebbero più comodità. Temo che voglia osare di più".
"Cioè vorrebbe...?"
"Credo proprio di sì" affermò tra il preoccupato e l'eccitato.
Vederla pensierosa mi provocò una certa inquietudine nell'animo.
Come poterla aiutare? Che consiglio darle?
Pur non interrompendo i suoi pensieri, mi tornarono in mente le sue parole e quel "Sai, credo che debba superare ancora un paio di tabù e poi sarò diventata la vera cortigiana che desideri divenga" mi risuonarono nel cervello come i rintocchi di una campana. Era questo uno dei suoi tabù? Come avrebbe affrontato questa complicazione: lei, sempre così restia a farsi possedere analmente, si sarebbe piegata
volentieri ad desiderio del suo amante? Ma poi, dal sorriso che comparve sulle sue labbra, capii che quei rintocchi erano senz'altro di campane a festa.
"Mi accompagni in camera?" più che chiedere, fu un'imposizione e, alzatasi, mi tirò per la mano
"Allora, hai deciso?" chiesi
"Sì, sempre se tu sei d'accordo e mi aiuti"
Vedendola così decisa, mi sentii spiazzato e
"Cosa dovrei fare, precisamente" chiesi timoroso
"Non mi hai detto che la tua bella Elisa per queste cose collabora: prima, durante e dopo? Contattala e dille che mi serve, per adesso, solo prima. Niente durante e, spero, nemmeno per il dopo. Voglio giocare di anticipo!"
Rimasi basito, ma capii che non mi restava che eseguire.
Facemmo le scale quattro a quattro e mentre Lia entrava in camera, mi diressi verso la cameriera che sembrava aspettarmi.
Un dubbio mi assalì.
"Vuoi vedere che era stata già avvertita dal direttore?" pensai, invece:
"Ha bisogno di me?" chiese.
"Veramente è mia moglie che ha bisogno del tuo aiuto - mi fermai per cercare le parole giuste e poi - Silvio ci ha invitati a passare la notte in camera sua e.." non finii la frase
"Ho capito! Dica alla signora che vengo subito con l'occorrente e sono subito a sua completa disposizione" rispose con un sorriso carico di malizia, ma a me sembrò anche pieno di preoccupazione.
Entrai in camera e trovai Lia che si stava denudando.
Elisa sopraggiunse dopo un paio di minuti con tutto l'armamentario.
Nella mano destra reggeva un borsone di tela e con la sinistra reggeva un tubo di alluminio poggiato su un carrellino dello stesso materiale.
Io e mia moglie, guardavamo incuriositi l'esperta cameriera.
Dal borsone tirò fuori prima un telo di plastica. che stese sul letto a modo di traversa e poi il kit che doveva servire per il clistere.
Versò il contenuto di una sacchetta di liquido nel recipiente, fece uscire l'aria in eccesso e poi:
"Venga signora, si stenda qui sul letto" le disse, aiutandola anche a togliersi la camicia. Nuda si distese sul fianco sinistro con la gamba destra piegata sull'addome.
Era completamente offerta e non aspettava altro che l'introduzione della cannula. Elisa prima lubrificò il buchino e poi anche il primo tratto dell'ano, introducendo un dito pieno di gel.
Lia si irrigidì e la cameriera, carezzandole le natiche:
"Si rilassi, vedrà che non sentirà alcun dolore" rassicurò.
La cannula entrò senza problemi per una decina di centimetri e, solo allora, fu aperto il rubinetto.
Il liquido lentamente cominciò a fuoriuscire, invadendo l'intestino di mia moglie.
La sua immagine riflessa nello specchio permetteva a noi di vedere la smorfia di fastidio sul suo volto ed a lei di guardare la sacca che si svuotava.
"Ma quanto ne hai messa in quel cazzo di contenitore - disse rivolta a Elisa - mica vuoi farmi scoppiare? Dai, toglila via, non ce la faccio più: quando finisce questo supplizio?" protestò.
"Ancora un poco e poi potrà liberarsi. Aspetti" e, sedutasi sul letto, prese a massaggiare leggermente la pancia di Lia.
"Fermati! Così me la faccio addosso" ormai senza più pudore.
Ma inesorabilmente la sacca si era quasi svuotata e la solerte cameriera, stringendo tra le mani il contenitore fece zampillare nelle viscere di mia moglie gli ultimi fiotti di quel liquido biancastro.
"E' finito - disse sfilandole la canna dal retto - ora si sdrai a pancia sopra, per un paio di minuti".
Lia si girò e, supina, aspettò pazientemente che il clistere facesse il suo effetto.
Il massaggio sulla pancia di Elisa continuò per ancora cinque minuti, poi la mia donna strinse le gambe e, alzatasi di scatto scappò in bagno.
Ero eccitatissimo, avevo il cazzo duro che si notava esageratamente sotto i miei pantaloni leggeri.
Elisa, con gli occhi pieni di libidine:
"Vuole una mano?" offrendosi ad aiutarmi.
Il mio no con il capo la fece desistere.
Il suo lavoro era finito e prima raggiunse Lia, che le confermò che andava tutto bene, poi raccolse le sue cose e, come se nulla fosse successo, prima di uscire:
"Per qualsiasi cosa, non trattenetevi dal chiamarmi".
Mancava poco alla mezzanotte e Lia era ancora in bagno a prepararsi.
Prima lo scrosciare dell'acqua nella doccia, poi di nuovo lo sciacquone del wc, mi fecero capire che stava per venir fuori.
Lo squillo del telefono mi fece sobbalzare; "Pronto", dissi.
Dall'altro capo del filo, c'era Silvio.
"A che punto è la mia regina - disse riferendosi a mia moglie - Ti ha detto che stanotte la vorrei con me?"
"Certo, ma evidentemente non ti ha precisato che vuole anche la mia presenza" aggiunsi con un pizzico di ironia.
"Se te la senti, vieni pure - quasi snobbandomi - Elisa è passata vero?" quasi a sottolineare quelli che erano i suoi progetti.
Il mio sì coincise con l'uscita dal bagno di Lia, che mi fece un gesto per sapere chi era.
"Ok, Silvio, fra poco saremo giù" e chiusi la comunicazione.
Fece in fretta, indossò un vestitino corto, senza slip e senza reggiseno.
Appena fuori Elisa:
"Ah, signora! Tenga, potrebbe tornarle comodo" porgendole un tubetto di crema che già conoscevamo. Una crema leggermente anestetizzante e lenitiva.
Fu sempre Elisa a controllare che non ci fosse nessuno nella hall e così, senza nemmeno bussare, entrammo nell'ufficio del direttore.
Altro che studio: era un appartamento vero e proprio. Una scrivania stile ottocento con una poltrona in pelle nera, che sembrava un trono e due sedie con schienale alto di identica fattura. Tra il terrazzino e la finestra, vi era un divano in pelle ed un tavolino mobile bar, molto ben assortito.
Sul lato opposto si aprivano due porte: sicuramente una doveva portare in bagno e l'altra in camera da letto.
Ci venne incontro e, con le braccia tese, accolse Lia e l'abbracciò. Mi fu rivolto un sorriso e, solo dopo che se l'era stretta e palpata, mi stese la mano.
"Benvenuti, stasera spero di offrirvi il meglio di me" disse con un tono di voce sensualissimo.
"Elisa è stata brava?" chiese a mia moglie, ribadendo le sue intenzioni. Ripresala tra le braccia, la baciò sulle sue labbra incurante della mia presenza.
Ero platealmente escluso da quelle effusioni, ma, felice ed eccitato, pensavo solo a come calarmi nel mio ruolo, cercando di far pesare la mia presenza il meno possibile.
"Servitevi pure - disse - Pochi minuti e torno" ed uscì dal suo studio.
L'attesa durò solo un paio di minuti! Lo sguardo interrogativo di mia moglie, mi stava forse suggerendo di andar via, ma non facemmo in tempo a scambiare una sola parola che la porta si riaprì e l'uomo rientrò.
Si sedette sul divano e attirò a sé Lia, che gli si sedette sulle gambe.
La mano destra cominciò a carezzarle una gamba, mentre l'altra sfiorava il suo seno, i suoi capezzoli.
"Brava, così mi piaci, spogliati lentamente" disse, facendola alzare dalle sue ginocchia.
C'era poco da togliere, per cui, anche se gradualmente, prima alzò il vestito fino al bacino mostrando la figa nuda, poi si fece scivolare le spalline mostrando anche le tette nude. Il vestito, avvoltolato sul ventre, fu fatto scivolare ai suoi piedi, rimanendo nuda e magnifica nella sua sensualità.
In un attimo di pudicizia, guardandomi, cercò di nascondere con una mano il pube e, con l'altro braccio, il petto. Invece di esser irritato, ero eccitato ed ammirato, mi sembrava la "Venere di Botticelli", ulteriormente aggraziata da quel pancino appena appena prominente.
Silvio si alzò e cingendola per i fianchi la guidò verso la camera da letto.
Li seguii con lo sguardo, poi senza attendere oltre, presi, da terra, il vestito e la borsa di Lia e li raggiunsi.
Mia moglie si era seduta sul letto e guardava in silenzio il suo uomo che si stava spogliando. Con una meticolosità unica, ripose la camicia ed i pantaloni sull'omino di legno accanto al letto, poi si stava avvicinando alla donna, quando
"Spogliati, stasera sarai tu ad aiutare tua moglie a gustarselo" disse rivolto a me, mostrando l'enorme cazzo che teneva tra le mani.
Impiegai un attimo a svestirmi e mentre loro due amoreggiavano senza un minimo di pudore, mi avvicinai mettendomi a loro disposizione.
L'atteggiamento perentorio di Silvio mi stava mettendo in uno stato di sudditanza che, invece di ferirmi, mi eccitava.
Stava venendo fuori il lato docile e sottomesso che davvero stavo cercando e quando lui, presala di peso, la mise sul letto a pecora, mi ordinò:
"Dai, ora devi esser tu a prepararmela".
Sul comodino c'era in bella mostra un grosso contenitore di gel lubrificante e, accanto, una confezione di preservativi.
Vedendo il mio sguardo interrogativo:
"Dopo valuto il buon esito della pulizia interna e decido" disse e sorridendo a mia moglie, che l'interrogava con gli occhi, continuò:
"Non ti preoccupare, sarà solo godimento".
Vedere la mia donna in ginocchio sul letto e con il culo offerto che lei stessa spalancava, ebbe a provocarmi un'erezione degna dei bei tempi.
Mi portai dietro di lei e mentre stavo per far scendere il gel nel solco delle sue chiappe, la mano di Silvio mi fermò
"Aspetta - disse tuffando il volto tra quelle due mezze lune - usiamo prima un lubrificante naturale" e cominciò a baciare il bocciolo del suo culo.
Lo scatto in avanti di Lia, fece intendere il suo partecipe apprezzamento, anche se troppo energico.
La lingua dello stallone, frullava letteralmente e le prime avvisaglie di godimento, cominciavano a bagnare la sua figa aperta e invitante. Mentre da spettatore passivo cominciavo a massaggiarmi il cazzo, lei reggendosi in quella posizione con il braccio sinistro, allungò l'altro braccio e diede fondo ad un ditalino vigoroso, energico, potrei dire, violento.
Gli occhi sbarrati ed un urlo di piacere, accompagnarono una sua, se pur non completa, venuta!
Gli umori colavano e, ritenendoli uno spreco, volli approfittarne. Misi una mano tra le sue gambe e raccolsi quelle stille profumate, che leccai a bocca aperta.
"Ora tocca a te" disse Silvio, più allupato che mai, e il mio viso, la mia bocca, presero il posto che, fin ad un attimo prima, era occupato.
Il sapore della sua saliva, unito al profumo di quell'ano aperto, mi pervase il cervello facendomi perdere ogni altro ritegno, tanto che, quando il maschio si avvicinò con il cazzo ritto e completamente scappellato, non potei fare a meno di avvicinare la mia lingua che, un istante prima, roteava dentro il buco del culo di mia moglie e...
Incredibile! Sotto lo sguardo attonito di mia moglie, aprii la bocca e permisi a Silvio di far entrare il suo glande che spingeva sulle mie labbra.
Succhiavo per la prima volta un cazzo. Quell'uomo ci aveva stregati e, ancora di più, mi aveva sottomesso.
Durò una manciata di secondi, poi spingendomi via e ritirandosi:
"Ora basta, non voglio sborrare nella tua bocca" disse con tono irritato.
Ripresi il flacone del gel e, alzatomi ne versai un'abbondante dose nel solco dei glutei: vidi quella sostanza scivolare verso l'ano che presto sarebbe stato violato.
Cedetti il posto al direttore che, con un moto circolare dell'indice e del pollice, cominciò a lubrificare il buchetto di mia moglie.
"Ora rilassati" le disse e, piano piano, fece entrare il medio fino in fondo.
Un lungo respiro e il tutto fu agevolato.
Lo tenne fermo un paio di secondi, poi usò quel dito per stuzzicare il culo ancora abbastanza chiuso della sua preda. Gli occhi serrati, il respiro, via via, sempre più regolare, fece intendere che la masturbazione anale stava dando i suoi frutti: le era davvero molto gradita e, quando Silvio si rese conto che anche i muscoli erano ben rilassati, sfilò il dito, lo guardò, quasi ad accertare la pulizia interna, ed appoggiò la cappella al buco del culo di Lia.
Il contatto fece ritrarre mia moglie che, con quel gesto esternò, l'ultimo blando tentativo di sottrarsi, ma una pacca sulla natica destra, la riportò all'ordine.
"Aiutami, tienile il culo aperto" mi ordinò.
Allora, salito anch'io sul letto, mi posi in ginocchio al suo fianco e con entrambe le mani lo tenni spalancato.
Il buchetto roseo si presentò come il bocciolo di un fiore semiaperto e Silvio ne approfittò per violare quel bocciolo così delizioso.
La cappella violacea e grossa forzò lo sfintere e cominciò a farsi largo nel retto di Lia, che emise un urlò di dolore.
"Il più è fatto, amore!" e, senza tener conto di quel grido di protesta, spinse metà dell'asta nelle viscere di mia moglie.
Lasciò che respirasse profondamente e si abituasse all'invasione di quel corpo estraneo per quella pratica, poi, con vera maestria, glielo affondò tutto nel culo.
Si accasciò sui due cuscini, che, previdentemente, avevo messo sotto di lei, per cui lo stallone poté continuare a scoparla senza cambiare posizione.
La teneva per i fianchi e quei colpi forti e ben assestati producevano un rumore simile a schiaffi sulle natiche.
Una sola volta uscì completamente da lei, ma, senza dar tempo all'ano di richiudersi, lo infilò di nuovo all'interno.
Urlò di nuovo, ma questa volta con poca convinzione.
Era eccitata ed agitata. Assomigliava ad un'anguilla. Sembrava ne volesse di più, lo incitava con i suoi mugolii, accompagnava con tutto il corpo l'entrata e l'uscita del cazzo che era dentro di lei.
Una mano di Silvio le accarezzava la figa ed erano evidenti le dita che, frenetiche, saltavano dal clitoride alle labbra, per poi infilarvisi dentro, quasi a toccare il cazzo che l'inculava.
"Basta, basta, non ce la faccio più! Non resisto" bagnando il cuscino sotto di lei, venne.
Lo spasmo della vagina trasmise inesorabili sensazioni al maschio che, stramazzando su di lei, riversò nella sua pancia il balsamo della vita.
L'intervenuta immobilità dei due durò una manciata di secondi, che a me sembrarono un'eternità. Non volevo distoglierli dal loro piacere e, zitto, immobile, rimasi seduto sul letto.
Poi fu Lia a toglierselo di dosso; si alzò di scatto e, saltellando con le gambe serrate, corse in bagno.
Silvio, evidentemente soddisfatto, sorrideva e:
"Che culo! Gliel'ho sfondato per bene!! E' piena di sborra" mi disse beffardo, umiliandomi ulteriormente.
Erano più di cinque minuti che mia moglie stava chiusa in bagno e alzatomi:
"Vado a vedere come sta!" quasi chiedendo permesso.
Aprii la porta socchiusa e trovai mia moglie seduta sul bidet, ferma con il culo nell'acqua fredda.
"E' diventato una voragine" affermò riferendosi al buco del culo e, alzatasi e piagatasi in avanti, me lo mostrò.
"Rivestiti e andiamo via" dissi, prendendola per mano.
Insieme ritornammo in camera da letto e, in silenzio ci rivestimmo, mentre lui, con un ghigno di soddisfazione sulle labbra, si era addormentato beatamente.
"Stronzo!" fu l'unica parola che pronunciò, mentre raccoglieva la sua borsa e, mano nella mano, uscimmo dalla direzione.
Sul corridoio dov'era ubicata la nostra camera, ci imbattemmo nella solerte Elisa; sembrava aspettarci.
"Tutto bene?" chiese, guardandoci con una certa apprensione.
Non rispondemmo e lei, comprensiva, ci lasciò soli.
(continua)

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