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Gay & Bisex

“Galeotto fu il….giornale”


di quartofederico
11.12.2020    |    19.943    |    29 9.7
", vengo a piedi hai l'auto?" "Sì, certo..."


Finalmente l'altro ieri l'ho accontentata.
Era un mese che mia moglie mi affliggeva: dovevo pulire la soffitta.
Mi sono armato, oltre che di immensa pazienza, anche di bustoni della spazzatura e mi sono avventurato in tuta e mascherina nei locali polverosi del sottotetto della nostra casa.
Ho cominciato dal fondo, dal mobile più polveroso, quello che conteneva i miei vecchi libri di scuola e vecchi giornali ingialliti dal tempo. Come per incanto si è aperto, nel mio cervello, il cassetto dei ricordi.
Era un giornale di annunci, per lo più annunci economici, ma c'era pure una rubrica di "Annunci Personali".
Una volta, per cercare amici, amiche o coppie, non esistendo il web, si rispondeva a quegli annunci e si aspettava la risposta al fermo posta.
Con quel polveroso settimanale tra le mani, seduto su una vecchia panchetta, chiusi gli occhi e tornai indietro nel tempo.
Avevo circa trentacinque anni, sposato, e aspettavamo il nostro secondo figlio.
Mia moglie al terzo mese di gravidanza ebbe una minaccia di aborto e il ginecologo le impose riposo assoluto. Assoluto in tutti i sensi.
Sua madre non volle sentire ragioni e lei con il piccolo si trasferì a casa dei suoi.
Ovviamente, per me non c'era posto, per cui la sera cenavo con loro, poi ritornavo a casa nostra.
Solo nel lettone e spesso, per accendere ancor più l'eccitazione, mi ritrovavo a sfogliare giornali erotici, oppure qualche video cassetta hard, finendo inevitabilmente con una sborrosa sega.
Una sera noleggiai una video cassetta con un titolo un tantino ambiguo, ma non pensavo che l'argomento principale fosse l'omosessualità.
E così quella sera dopo aver visto due o più uomini fare sesso, la mia curiosità esplose e mi trovai a calarmi nel ruolo non di chi lo dava, ma...
E mi venne voglia di provare!
Il giornale di annunci usciva il giovedì e dovetti aspettare un paio di giorni per acquistarlo.
Quel giovedì mattina lo presi in edicola sotto casa, insieme al solito quotidiano. In ufficio non fu possibile nemmeno dargli uno sguardo, tale la mole di lavoro che avevo da sbrigare e solo la sera, al mio rientro a casa, seduto in salotto, cominciai a scorrere i vari annunci.
Erano davvero tanti, ma tra tutte quelle inserzioni uno ebbe ad attrarre subito la mia attenzione.
Era di un uomo di circa quarantacinque anni, che si dichiarava versatile attivo e che cercava appunto uno più giovane di lui con tendenze opposte.
Chiusi il giornale e gli occhi, e cominciai a pensare, a fantasticare.
Dovevo battere il ferro finché era caldo. mi alzai dal divano e presi carta e penna.
Risposi a quell'annuncio in modo conciso, ma allo stesso tempo esauriente, spiegando che per me, era la prima volta e che mi sarebbe piaciuto molto conoscerlo.
Ero eccitato e quella sera mi masturbai, pensando come poteva essere quell'uomo e cosa poteva chiedermi per farlo godere.
Sicuramente sarei andato per step, una cosa alla volta, e solo se lui era davvero di mio gradimento.
Imbucai la lettera e ora mi toccava aspettare. Decisi che sarei passato per l'ufficio postale non prima di una settimana e quei sette giorni mi sembrarono interminabili.
Il giovedì successivo feci un tentativo, ma al fermo posta non c'era nulla .
Troppo bello per essere vero, rimuginai! Rassegnato, pensai alla solita sola e ritornai in edicola per acquistare una nuova copia del giornale.
Esaurito! Dovevo proprio farmi benedire.
Ma qualcosa in cuor mio mi incoraggiava ad aspettare ancora qualche giorno, e fu così che il lunedì successivo trovai una lettera per me.
Allo sportello del fermo posta ebbi l'impressione che tutti mi guardassero, misi la lettera in tasca e mi allontanai.
L'aprii in macchina e la lessi tutta d'un fiato.
"Gentilissimo Federico, ho letto con molto piacere la tua e subito mi sono apprestato a risponderti.
Come sicuramente avrai appreso dall'annuncio, ho quarantacinque anni, alto un metro e settantacinque circa, sposato con figli grandicelli. Premesso che in gioventù ho già provato l'amore fra uomini, ma poi, con il fidanzamento e il successivo matrimonio, ho messo da parte tali pratiche.
Ma da qualche anno è rinata la voglia di un’ esperienza con un maschio.
Dalle poche righe che mi hai scritto, credo proprio che potremmo essere fatti l'uno per l'altro. Comunque, sarebbe meglio chiarirci le idee "de visu", per cui ti accludo il numero di telefono del mio ufficio, ma devi contattarmi dal lunedì al venerdì dalle undici alle quattordici e chiedere di Gigi.
Ti saluto affettuosamente e aspetto con ansia una tua telefonata.
Ciao Luigi"
Ero ancora in tempo per chiamarlo, e mi fermai davanti la cabina telefonica fuori il mio ufficio.
Ero agitato, mi tremavano le mani, tanto da fare fatica ad introdurre la scheda nella fessura.
Composi il numero e al terzo o quarto squillo una voce d'uomo rispose:
"Pronto, agenzia immobiliare.... - e disse il nome - Sono Gigi come posso esserle utile?"
"Buongiorno Luigi, sono Federico, ho risposto al tuo annuncio"
"Ciao dove sei?" mi chiese
"In una cabina vicino al mio ufficio, debbo rientrare e finisco di lavorare alle quindici e trenta" risposi
"Io alle quattro potrei avere una oretta libera, ti va di incontrarci?" propose.
"Dove?" chiesi con il cuore in gola.
"Alla stazione della metro di...,vengo a piedi hai l'auto?"
"Sì, certo. Ci sarò! - riferii il tipo di macchina ed il colore - Come ti riconosco?"
"Indosso abito scuro, camicia bianca e cravatta, metti in evidenza il giornale di annunci per non incorrere in errori".
"Ok, a dopo" e chiusi la comunicazione.
Ero frastornato, entrai in macchina e mi ripresi solo dopo aver fatto un bel respiro profondo.
Manco a dirlo non combinai niente in ufficio; la mia mente era altrove, con mille domande che occupavano il mio cervello.
Avevo fatto bene ad accettare? Che persona poteva essere? Sicuramente, dato il lavoro che svolgeva, non poteva rappresentare un pericolo. Se qualcosa non mi avesse convinto, avrei sempre potuto andare via.
Senza accorgermene il tempo stava velocemente passando e mi ritrovai che erano già le tre e un quarto.
Chiusi il fascicolo che avevo da tre ore fra le mani, presi la giacca dall'attaccapanni e mi avviai verso il marcatempo. Forse l'ansia, forse l'eccitazione, ma dovetti tornare indietro e andare in bagno a fare la pipì.
Mi misi in macchina e raggiunsi la stazione della metro con un anticipo, sull'orario stabilito, di una decina di minuti.
Parcheggiai proprio davanti l'ingresso principale e aspettai, con il giornale tra le mani, l'arrivo di Luigi.
Lo vidi sbucare da dietro un bus fermo nella sua corsia e, mentre si avvicinava, ebbi modo di fotografarlo nella mia mente.
L'altezza corrispondeva a quella dichiarata, gradevolmente sovrappeso e un bel viso pulito.
Capì subito chi lo aspettava e venne a passo svelto verso la mia auto.
Scesi per accoglierlo e gli tesi la mano.
Ci guardammo un attimo, ma molto intensamente negli occhi: io, perlomeno, capii che poteva essere la persona giusta.
Salì in macchina e, sempre guardandomi, mi sorrise e mi disse:
"Dai, spostiamoci di qua!"
Misi in moto e mi allontanai dal marciapiedi.
"Dove vado?" chiesi appena uscito dal piazzale.
"Gira a sinistra e vai sempre dritto."
Prendemmo la strada che porta verso il mare e mentre guidavo lo guardavo di sottecchi.
Fu lui a rompere il silenzio e sempre con un timbro di voce caldo e pacato mi chiese:
"Cosa ti aspetti da questo incontro? Vedi, io mi sono proposto come versatile attivo, nel senso che non mi da noia toccarti il cazzo mentre tu ti doni a me, ma non più di questo. Te lo dico prima, allo scopo di evitare equivoci, quindi, se non sei d'accordo, fermiamoci, prendiamo un caffè e piacere di averti conosciuto. Se, invece, concordi con quello che ti ho detto, sappi che mi piaci e possiamo proseguire"
Emisi un “sì” sussurrato, che lo fece sorridere e mi donò una carezza sulla gamba destra.
Il contatto con la sua mano mi procurò un brivido nella schiena; se ne accorse e sorridendomi mi consigliò di rilassarmi.
Arrivammo a ridosso dell'arenile e mi fece parcheggiare nello spazio antistante uno stabilimento balneare, ancora chiuso in quel periodo.
"Allora - chiese di nuovo - Che ti aspetti da questo incontro, ovvero a cosa saresti veramente interessato"
La sua domanda non mi aveva colto impreparato; era da quando l'ho visto arrivare che stavo riflettendo su cosa volevo provare.
Rimasi ancora un attimo in silenzio, poi stringendo la sua mano:
"E' la prima volta che mi capita, credimi, non è facile, vorrei provare ad arrivare ad un rapporto completo, ma passo dopo passo, prendendo man mano confidenza con qualcosa che davvero è nuovo per me. Comunque, se sai guidarmi credo di poterci riuscire."
E fu lui a prendere la mia mano destra e se la portò sulla patta dei suoi pantaloni. Poi la lasciò e mi chiese:
"Dai, carezzalo e dimmi cosa senti"
Era duro e grosso, e lo sentivo pulsare sotto la stoffa dei suoi calzoni e solo quando la mia carezza fu più sicura e decisa lui si abbassò la zip e spostandosi le mutande lo fece scattare fuori.
Era bello, maestoso, sicuramente più doppio del mio, la cappella ancora coperta dalla pelle del prepuzio faceva intravedere solo la boccuccia bagnata. "Dai, toccalo è tuo."
La mia mano scattò da sola e lo avvinghiò, cingendo con le dita strette l'asta dura. Dovetti essere stato piuttosto rude, lo feci sobbalzare e questo mi fece mollare la presa.
Lo ripresi in mano e lo scappellai, pulsava e la sensazione al tatto era più che piacevole. Lo guardavo in viso, aveva gli occhi chiusi, se la stava godendo.
Un piacere sottile cominciò ad invadermi: piacere nel dargli piacere, nel soddisfarlo.
Luigi carezzava la mano che lo stava masturbando, quasi a dare una specie di ritmo a quella sega.
Ad un certo punto mi fece fermare, si abbassò i pantaloni e gli slip a mezza coscia e, solo allora, me lo riaffidò.
Continuai, questa volta girandomi completamente verso di lui e a due mani arrivai anche a carezzare le sue palle durissime.
Avevo pure io il cazzo duro, lui avendolo immaginato, lo raggiunse e prima da sopra la stoffa e subito dopo, estrattolo, mi ricambiò il piacere delle sue mani.
Eravamo viso a viso, senza avere nessuno dei due il coraggio di baciarci. Venimmo quasi insieme, io nella sua mano e lui nella mia fino all'ultima goccia.
Mi passò un fazzolettino di carta e mi pulii la mano, lo stesso fece lui. Luigi mi porse un altro fazzolettino e volle che gli asciugassi il cazzo.
Si stava afflosciando e mi colpì, stavolta, la sua morbidezza e la rugosità del glande.
Ci ricomponemmo e misi in moto per ritornare al punto di partenza.
"Allora, che ne pensi? - mi chiese - ti va di proseguire?
Presi tempo, anche se avevo deciso di sì.
"Ti chiamo domani - dissi - ma sempre in macchina?"
"Se decidi e vuoi fare qualcosa di più, mi procuro le chiavi di un appartamento che l'agenzia ha in carico e ti porto là".
Quel "ti porto" era molto intrigante. In effetti era il primo passo di quello che davvero mi aspettavo: Essere guidato.
Quella sera non passai nemmeno per casa dei miei suoceri, per evitare di riconsiderare gli avvenimenti del pomeriggio; volevo tutto il tempo per metabolizzare quello che era successo. In effetti mi era piaciuto e anche parecchio, ma dovevo considerare l'eventualità di un incontro molto più incisivo. Che poteva chiedermi? Sicuramente avrebbe voluto che glie lo prendessi in bocca, ma doveva sapermelo chiedere, come si fa con una donna. Mi addormentai con il pensiero di quello che avevamo fatto e la mattina, al mio risveglio, ebbi l'impressione che potesse essere stato solo un sogno.
In ufficio aspettai che arrivasse l'ora giusta per chiamarlo e dalla stessa cabina del giorno precedente gli telefonai.
La stessa voce e lo stesso dire dell'altra telefonata e quando gli dissi chi ero:
"Un attimo, prendo la sua pratica"
Non doveva essere solo, ma dopo un minuto circa
"Dimmi tutto, come va?"
"Bene e a te" risposi con un filo di voce
"C'hai pensato, vuoi vedere la casa?"
La mia risposta arrivò dopo aver fatto un lungo respiro:
"Ok, quando?"
"Oggi alle quattro, aspettami allo stesso posto di ieri"
Per evitare qualche mia obiezione chiuse la telefonata, lasciandomi così senza nessuna alternativa.
Avrei potuto richiamare, ma non lo feci e ritornai in ufficio.
Quelle ore volarono. Prima una riunione con il capo, poi, dopo pranzo, chiusi due pratiche e alle quindici mi preparai per l'appuntamento.
Arrivai in anticipo e bene fu, in quanto lo trovai già là.
Salì in macchina e mi strinse calorosamente la mano e mi guidò verso la meta stabilita.
"Ti sei rilassato? Stamattina mi sembravi un tantino agitato" chiese.
"Hai ragione, ora credo che vada meglio, anche se non so ancora cosa mi aspetta" dissi sorridendo.
"Facciamo solo quello che desideri, senza nessuna forzatura; poi non ti preoccupare, possiamo fermarci quando vuoi" aggiunse,
Allora una idea già l'aveva e con le farfalle nello stomaco chiesi:
"Quindi, un programma per oggi ce l'hai già?"
"Credo di sì e penso che ti piacerà".
"Ossia?" insistetti.
E Luigi mi mise un dito sulle labbra e me lo spinse in bocca.
Avevo visto giusto e, forse, era proprio quello a cui anelavo.
Arrivammo in cinque minuti e trovai, pure, subito parcheggio.
Chiusi l'auto e, fianco a fianco, ci avviammo verso la casa da visitare.
Sereno sicuramente non ero, ma la curiosità di quello che volevo provare era talmente forte che proseguii con una apparente calma fino all'uscio dell'appartamento.
Luigi mi diede un altro sguardo, quasi a dirmi che il dado era tratto e, non notando nessuna mia esitazione, fece girare la chiave nella serratura e mi precedette in casa.
Chiuse la porta alle nostre spalle, mentre, guidato dalla luce che filtrava da una tapparella semi abbassata, raggiunse il quadro elettrico e attivò l'interruttore.
La camera si illuminò e uno spoglio arredamento mi riportò alla realtà.
C'era solo un tavolo al centro con un paio di sedie e, in un angolo, una poltroncina coperta da un lenzuolo che una volta doveva essere bianco.
Certo per una mia prima volta non era certamente questa la location desiderata.
Ma questo passava il convento, per cui mentalmente mi convinsi che fossimo al grand hotel e mi spinsi a dare uno sguardo al bagno.
"Stamattina son venuto a dargli una veloce pulita; ci dobbiamo accontentare" disse, mentre con una mano mi attirò a sè.
Il contatto fisico e gli occhi che penetravano nei miei, mi fecero scordare il resto.
Ormai eravamo attaccati l'uno all'altro. Sentivo il suo ventre spingere il mio e così facendo mi fece indietreggiare fino al tavolo.
Mi aiutò a sfilare la giacca e mi sbottonò i primi tre o quattro bottoni della camicia.
Si tolse pure lui la giacca e si slacciò la cravatta.
"Vieni siediti sulla poltroncina" ed io lo assecondai senza fiatare.
Tolsi quel lenzuolo e mi sedetti, mentre lui si toglieva il pantalone.
Era in slip e dal bozzo si intuiva che il cazzo era duro.
Si sedette sul bracciolo e con la mano destra mi carezzò il petto.
Quel contatto mi fece trasalire, i capezzolini divennero duri ed irti, li prese, prima l'uno poi l'altro, tra due dita e me li strizzò con una certa forza.
Credo di essermi lamentato, ma intuì che la cosa mi era gradita per cui continuò a torturarmeli.
Se me lo avesse chiesto, forse lo avrei baciato in bocca, ma non lo fece. Continuò ancora per qualche minuto, poi si stacco dal torace e raggiunse con la mano il mio capo.
Carezze che partivano dal collo per poi proseguire fino alla cima dei capelli e scendere verso le orecchie.
Mi sentivo venir meno, le gambe leggere, tanto che se non fossi stato seduto, credo sarei caduto per terra.
Si fermò e si mise dritto davanti a me.
Me lo chiese con gli occhi ed io ubbidii e gli tirai fuori il cazzo dalle sue mutande.
Lo carezzai con i polpastrelli delle quattro dita della mano.
Lui si tolse lo slip completamente e mi apparve nudo dalla cintura in giù.
Il cazzo svettava su due testicoli turgidi e raccolti nello scroto rugoso, che avevo accolto nel palmo della mano.
Le carezze lo fecero sussultare, ma contemporaneamente e con un fare abbastanza deciso, guidò la mia testa verso il suo membro. Non feci altro che aprire la bocca e cacciare la punta della lingua: vi appoggiò su il glande, che era ancora incappucciato nella sua pelle, e fui io a farlo scivolare per metà in bocca. Cominciai prima a leccarlo e poi lo ributtai di nuovo fuori, lo scappellai e questa volta la cappella nuda me la sentii prima sulla lingua e poi strofinarsi sul palato. e sull'interno delle guance.
Ero eccitato più mentalmente che fisicamente: il sapore, l'odore, lo spessore di quel duro fallo, mi stavano facendo provare nuove emozioni. Mi sentivo sottomesso al maschio virile e questo mi stava facendo davvero scombussolare.
Continuava a carezzare il mio capo e a dare il ritmo al pompino.
Lo tenevo stretto a me cingendo, con una mano, il suo culo nudo e con l'altra il suo cazzo duro.
La saliva si stava mescolando al suo liquido prostatico che era dolciastro e molto gradevole. Non riuscivo a pensare ad altro che al suo piacere.
Ad un tratto si fermò e tentò di farmelo uscire dalla bocca, ma non fece in tempo, per cui dalla cappella eruttò una spruzzata davvero notevole di sperma nella mia bocca.
Lo tirò fuori e masturbandosi continuò a buttare sul mio viso altra sborra, mentre io sputavo in un fazzolettino la crema che avevo abbondantemente assaggiato.
Era soddisfatto.
"Davvero è la prima volta che succhi un cazzo?" chiese incredulo mentre recuperava i suoi indumenti.
Non risposi, ma aggiustandomi la camicia nei pantaloni mi resi conto che dentro le mutande il mio pene era parecchio bagnato.

(continua)
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