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"Iniziazione di un cuckold"


di quartofederico
09.02.2021    |    25.212    |    37 9.9
"Fu un attimo e le nostre bocche si incontrarono..."


Erano passati più di due anni dall'ultimo congresso cui avevo partecipato.
Sì, quello a Monaco, in Germania, dove avevo incontrato Massimo, il mio ex allievo. La sua storia l'ho narrata nei due racconti "Come salvare un matrimonio" e, un po' per merito suo, un po' con il passa parola, di matrimoni ne avevo salvati tanti altri.
Avevo pubblicato diversi lavori sulla metodologia impiegata e sui risultati ottenuti, per cui uno di questi fu scelto dall'agenzia con cui collaboravo, e fu presentato e sottoposto ad una commissione scientifica, a livello europeo.
Il saggio fu molto apprezzato dal gruppo di esperti e fui invitato, per la sua presentazione, al congresso che si sarebbe tenuto a Parigi.
Il mio capo, felicissimo, sia per il buon nome dell'impresa, che avrebbe ottenuto buone sponsorizzazioni, sia per il lavoro che avevo svolto, avvalendomi dei mezzi messi a disposizione della stessa azienda, mi offrì gratuitamente il viaggio ed il soggiorno a Parigi per l'intera durata della manifestazione.
E così, un sabato di metà giugno, presi un volo per Parigi.
Imbarcai la valigia e portai con me la ventiquattrore come bagaglio a mano.
Arrivai al check-in in perfetto orario e fui uno dei primi a salire a bordo.
L'aereo si riempì in breve tempo e in perfetto orario si staccò dalla pista.
Facemmo scalo a Genova, e tutti i passeggeri furono fatti scendere e accompagnati nella sala attesa partenze. Il nuovo imbarco ci sarebbe stato dopo circa mezz'ora.
Ne approfittai per prendere un caffè, quindi mi recai al bar e, mentre ero in fila alla cassa, sentii una mano, da dietro, poggiarsi sulla mia spalla.
"Posso avere il piacere di offrire un caffè ad un mio valido allievo" sentii dirmi.
Mi girai e lo riconobbi subito.
"Professore, ma è proprio lei?"
Era stato un mio professore all'università, nonché relatore della mia tesi.
Erano passati più di venti anni dall'ultima volta che ci eravamo incontrati.
"Che piacere rivederla, sempre in perfetta forma, per non parlare della sua proverbiale eleganza - e senza farlo passare avanti - il caffè lo pago io;
per favore due caffè" dissi rivolto alla cassiera.
"Allora ne devi pagare tre, c'è anche mia moglie!"
Lui doveva avere una settantina d'anni, la moglie qualcuno di meno.
Al banco del bar, Amedeo, il mio professore, mi presentò Martina, sua moglie.
Sprizzava solarità da tutti i pori. Con un luminoso sorriso e, guardandomi negli occhi, mi stese la mano, che prontamente strinsi nella mia.
"Mio marito mi ha molto parlato di lei, specialmente dopo che ha letto il suo saggio e sono felicissima di fare la sua conoscenza" affermò.
Dovette cogliere nei miei occhi un certo imbarazzo e quasi a scusarsi, aggiunse: "Mi creda, l'ammiriamo davvero".
Sorbimmo il caffè e ci avviammo verso l'imbarco, lei sotto il braccio del marito ed io al suo fianco.
Attraversammo assieme il punto di controllo e, con il bus dell'aeroporto, in cinque minuti fummo alla scaletta.
I posti, ovviamente assegnati, ci separarono, ma in un'ora e mezzo atterrammo al Charles De Gaulle.
Recuperammo i nostri bagagli e, siccome eravamo ospiti nello stesso albergo, Amedeo insistette per utilizzare lo stesso taxi.
Non c'era molto traffico, per cui arrivammo al George V in una mezz'oretta.
La mia stanza era al terzo piano, mentre quella del professore e di sua moglie al primo, ma non so cosa disse all'addetto al bureau, per cui mi fu subito cambiata la camera, assegnandomene una nuova, accanto alla loro.
Sbalordito, ma contento, chiesi il perché e fu Martina che, sottovoce e dandomi del tu, affermò:
"Ormai, sei caduto nelle nostre grinfie; non riuscirai facilmente a liberarti di noi".
"Devo preoccuparmi?" risposi sorridendo.
Accompagnati dal lift, salimmo al primo piano e prendemmo possesso delle nostre camere. Erano attigue e comunicanti, separate all'interno da una porta chiusa a chiave.
"Che fai dopo: hai impegni?" chiese gentilmente Amedeo.
"Niente, se vi va potremmo cenare assieme" risposi.
"Certo che ci va - disse Martina, sfoggiando un bel sorriso - vero tesoro?"
Il marito non poté fare altro che acconsentire.
"Benissimo, sarete ospiti miei; alle diciannove, giù nella hall" ed entrai in camera, senza aspettare nessuna replica.
Avevo una buona mezz'ora per sistemare le mie cose e prepararmi.
Scesi giù una decina di minuti prima delle sette e chiesi consiglio all'addetto della reception per un buon ristorante.
Mentre mi consultavo con il portiere, vidi arrivare il professore e sua moglie.
Lui vestiva un abito di lino grigio scuro, camicia bianca senza cravatta e mocassini neri.
Lei era bellissima! Tubino nero, corto al ginocchio, che metteva in mostra un bel sederino e camicia bianca dalla cui scollatura si intravedeva un florido seno.
Scarpe basse e comode per percorrere a piedi la distanza che ci separava dal ristorante che ci fu consigliato.
Questa volta Martina, oltre a mettersi sotto il braccio di suo marito, si infilò anche sotto il mio braccio.
Camminammo così per una decina di minuti raggiungendo il locale che mi era stato indicato.
Il ristorante si trovava al terzo piano di un moderno palazzo, dove i primi due piani erano occupati da una concessionaria di auto francese.
Il cameriere che ci ricevette ci guidò fino al centro della sala e spostando la sedia di Martina, l'aiutò ad accomodarsi. Io e Amedeo prendemmo posto al suo fianco.
Venne prima il sommelier che, sentendoci parlare in italiano, si allontanò solo un attimo dal nostro tavolo, tornando con Giuseppe, un cameriere italiano che si mise subito a nostra disposizione, facendoci sentire un pochino a casa nostra.
Fu lui a consigliarci un antipasto a base di ostriche e gamberetti marinati e consigliato dall'esperto di vini, ci portò un Bordeaux bianco freddo al punto giusto.
Prima che arrivassero le pietanze, Amedeo si allontanò per recarsi in bagno.
Ebbi l'impressione che Martina non aspettasse altro per rimanere sola con me.
"Ci diamo del tu? - principiò - volevo dirti che l'ho letto pure io quel tuo saggio,
e non solo quello; penso che tanti potrebbero essere aiutati e giovarsi delle tue tecniche. Ne ho discusso con Amedeo, forse...." Si fermò vedendo ritornare il suo uomo.
Ci guardammo negli occhi e lei, con la malizia che contraddistingue una donna di classe come lei, disse:
"Ho proposto di darci del tu, non mi ha ancora risposto, aspetta sicuramente il permesso del suo professore, che dici glie lo permetti?"
"Se si comporta bene, specialmente con te" rispose ironizzando.
Nel mentre sopraggiunse il cameriere con il carrello dell'antipasto.
Fu una cena squisita, che proseguì con un favoloso passato di verdure e del roastbeef al forno con patate. Questa volta il nostro cameriere italiano, senza consultarsi con il sommelier, portò un "Chianti" e, strizzandoci l'occhio, disse sottovoce: "Offre la casa".
Avevamo trascorso un paio d'ore in allegria e tutti e tre, salutando cordialmente il nostro connazionale, riprendemmo la via dell'hotel.
A quell'ora l'Avenue des Champs Elysées, è piena di gente che passeggia, guarda le vetrine illuminate, ride e si diverte e i tavolini esterni dei vari bistrot sono affollati da clienti che prendono il loro aperitivo, guardando lo struscio di tutta quella folla gioiosa.
Era presto per andarcene a letto, per cui continuammo a passeggiare ancora per un po' e poi ci sedemmo anche noi al tavolo di un bistrot.
Passammo ancora una buona ora a parlare e commentare tutto quel viavai e poi, quando Amedeo si allontanò per pagare le consumazioni, Martina mi sussurrò, stringendosi al mio braccio:
"Appena possibile, mi daresti alcune delucidazioni su quelle tecniche che tu utilizzi per aiutare le coppie in difficoltà?"
"Certamente, specie se possono essere di aiuto per te e per tuo marito, o lui non deve sapere nulla?" chiesi sottovoce.
Non ebbe il tempo di rispondere, Amedeo ci aveva raggiunto, ma mi sembrò di leggere nei suoi occhi il desiderio di tenere nascosto il nostro parlare.
Arrivammo in albergo, e ci ritirammo nelle nostre camere.
Mi spogliai e mi stesi nudo sul letto. Spensi la luce e solo allora mi accorsi che da sotto la porta comunicante e dal buco della serratura filtrava una tenue luce.
il mio pensiero andò a Martina. Era una bella donna matura, avevo sbirciato la sua carta d'identità quel pomeriggio al bureau, e scoperto che aveva sessantotto anni, ma, nonostante l'età, mi intrigava molto.
E, molto probabilmente, anche io non dovevo esserle indifferente.
Mi chiesi se alla sua età la carica erotica era tale da spingerla nelle braccia di un altro uomo e provare così la trasgressione.
Rimasi pensieroso e forse anche un tantino eccitato.
Mi tornarono in mente le parole che un mio saggio amico spesso mi aveva ripetuto: " Nel sesso non ci sono limiti di anni. Anche in età matura finché c'è desiderio e fantasia, bisogna vivere la propria sessualità".
Non so cosa mi stava succedendo, e proprio come un curioso ragazzino andai a spiare dal buco della serratura.
Si riusciva a vedere ben poco; credo che fossero a letto e le loro sagome si distinguevano a mala pena.
Stavo per ritornare a letto, quando uno dei due si alzò e man mano che si avvicinava intravidi lei: indossava una camicia da notte trasparente e sotto solo lo slippino.
Volevo scappare, ma rimasi incollato al buco della serratura, sperando che si avvicinasse per poterla vedere meglio.
Credo che cercasse qualcosa nella valigia e, trovatala, ritornò a letto.
Deluso tornai a letto e, dopo essermi girato e rigirato, finalmente presi sonno.
L'indomani alle otto e mezzo ero già in sala pranzo, per fare colazione.
Alle undici c'era l'apertura del congresso con il discorso del presidente e con l'insediamento della segreteria e dei commissari.
Mentre aspettavo che il cameriere mi portasse il latte ed il caffè, sopraggiunse Amedeo. Mi alzai e lo salutai, porgendogli la mano e lo feci accomodare al mio tavolo.
"Martina? - chiesi - non viene all'inaugurazione?"
"Si sta preparando, ho preferito lasciarla sola, non aveva ancora deciso cosa mettere. Vedremo. Comunque, l'hai veramente coinvolta, figurati che ieri sera, mentre eravamo già a letto, si è alzata per prendere il tuo saggio e rileggere alcune pagine che di più l'avevano colpita. Anche a me è piaciuto molto."
"Mi fa molto piacere, mi interesserebbe sapere quale capitolo ha riletto Martina" chiesi
Abbassò gli occhi e, prendendo tra le mani la tazza del latte e quasi bisbigliando, aggiunse:
"Il capitolo dove tratti del "Cuckoldismo". Quando lo lessi, rimasi affascinato da come trattavi l'argomento e, dopo averci pensato e ripensato, chiesi a mia moglie di dargli una scorsa per sapere che ne pensasse. Si concentrò talmente nella lettura che lo rilesse e, restituendomelo, mi disse, senza guardarmi negli occhi, che era molto interessante."
Stava per concludere quando apparve, sulla soglia della sala da pranzo, Martina, elegantemente vestita e ora, dopo quello che Amedeo mi aveva detto, la osservai sotto una nuova luce.
Chiesi al bureau di chiamare un taxi per andare al centro congressi.
Inaspettatamente, mentre aprivo la portiera a Martina, Amedeo si sedette davanti, lasciandomi libero il posto accanto a sua moglie.
Era lo sviluppo di quanto ci eravamo detti poco prima nel bar dell'albergo, oppure solo un gesto di cortesia nei miei confronti?
Comunque, la sensazione che qualcosa stava cambiando da parte di loro due nei miei confronti, la percepivo a pelle.
Anche il contatto, in auto, del suo braccio con il mio, mi sembrò più intenso e prolungato, tanto che, in uno scossone dell'auto, me la trovai addosso e le nostre gambe rimasero attaccate fino al fine del viaggio.
Dovevo fare io il primo passo, dovevo trovare il modo di rimanere da solo con la donna per allargare, poi, il discorso a tutti e due.
Arrivammo con un certo anticipo, per cui, prima di entrare, ci concedemmo un altro caffè e, in quel momento di confidenziale familiarità, fu proprio lui, Amedeo, ad aprire il discorso.
"Tesoro - rivolto alla moglie - ho accennato al nostro amico il tuo interessamento per l'articolo che stanotte hai riletto; sarebbe, davvero, il caso che ti facessi chiarire quei dubbi che l'argomento ti ha suscitato e, solo dopo, ne discutiamo tutti e tre".
Martina guardò prima suo marito e poi, sorridendo e rivolta a me, non senza un pizzico di ironia, disse:
"Quando il professore mi concederà un poco del suo preziosissimo tempo, sarò ben lieta di chiedere lumi".
Mentre Amedeo era impegnato, Martina mi tirò da parte e ci rifugiammo in una saletta laterale alla sala convegno.
"Che baraonda! Qui si sta un po' più tranquilli; dai sediamoci là"; mi prese per mano portandomi al centro, dove c'erano dei tavolini e delle sedie.
"Volevi chiedere chiarimenti, dai sono pronto... aspetto le tue domande" dissi.
Mi fissò con lo sguardo curioso tipico delle donne, poi chiese:
"Chi è il cuckold?"
" Praticamente è un uomo che incoraggia, favorisce incontri tra sua moglie, o compagna, ed altri uomini. Generalmente, tra il cuckold e la sua donna, c'è sempre un grande coinvolgimento emotivo ed amoroso, e spesso è proprio il partner maschio a cercare quello che deve renderlo cornuto (?), oppure, meglio, un tradimento programmato".
"Secondo te, cosa spinge una coppia a provare questa esperienza ed a trasgredire?"
"Spesso è il calo del desiderio prodotto dall'abitudinarietà o trantran quotidiano. In questa nuova dimensione, invece, la donna si ritrova di nuovo desiderata e al centro dell'attenzione, questa volta di due uomini, cosa che aumenta in lei l'eccitazione e la soddisfazione, sia fisica che mentale.
Alle prime esperienze, il cuckoldismo può esser considerato, per la coppia, come il perfezionamento della loro normale attività sessuale, e, man mano, specie per il cuckold, può diventare l'unico modo per sentirsi soddisfatto.
Poi, spesso, subentra una specie di "piacere umiliante", che lo spinge a voler conoscere e divenire amico del bull di sua moglie, in modo da stabilire una certa complicità tra maschi".
"C'è una età particolare, in cui può subentrare questo desiderio di trasgressione, in seno alla coppia?" chiese
"Anche se alcune coppie, già da subito, dopo il matrimonio, si ritrovano a sperimentare questa pratica, generalmente quel desiderio si rivela dopo alcuni anni. I figli grandi, maggiore libertà nella coppia, fantasie nascoste a sé stessi ed al proprio partner, il grande amore tra di loro, non avulso dalla paura di perdere, rispettivamente, il proprio uomo o la propria donna, sprona la coppia a provare. Poi, specie nell'uomo, c'è il superamento del vincolo alla fedeltà, sottoscritto nel matrimonio, e l'affidare la moglie ad un altro uomo è, alla fine, come annullare quella promessa".
Mi sembrò abbastanza convinta e, forse, voleva sapere qualcos'altro, ma sopraggiunse Amedeo, che si avvicinò al nostro tavolino. Si erano fatte le tredici e
"Il mio l'ho fatto - disse - ho preso tre buoni pasto per il ristorante convenzionato; se vi va, possiamo andarci a piedi, o avete qualche altra idea?"
Fu Martina a decidere
"Ottimo, ho un po' di appetito" e, alzatasi si mise sotto braccio al marito e, poi, guardandomi strizzò l'occhio.
Il locale fu raggiunto in meno di cinque minuti e fummo accolti da un cameriere che ci fece accomodare il fondo alla sala.
Fui io a far accomodare la signora e lei mi ringraziò con molta enfasi.
"Allora mi raccontate cosa avete fatto?" disse Amedeo
"Abbiamo parlato e mi son fatta chiarire parecchie cose sull'argomento che ci interessava" affermò Martina.
Avevo capito bene? "CHE CI INTERESSAVA?" Allora non era solo la donna ad avere interesse sul cuckoldismo, quell'argomento incuriosiva pure lui?
Quell'attimo di mia riflessione, evidentemente fu colto da entrambi e Amedeo, per togliermi dall'imbarazzo, fece cenno al cameriere di avvicinarsi.
Il menù era alquanto spartano, comunque mangiammo abbastanza bene e abbondante.
Rifiutammo il dessert, perché Martina aveva notato, lungo il percorso, una gelateria e gradiva un sorbetto al limone.
Mentre la moglie se lo faceva servire, Amedeo, guardandomi
"Che dici, ci vuoi accontentare?"
Rimasi un attimo interdetto, ma dal mio sguardo e ancor di più dal mio sorriso, capì che sarei stato certamente felice di soddisfare quel loro desiderio. E pure lui mi sorrise, stringendomi la mano che gli avevo teso.
"Hai idea di come realizzare il tutto?" chiesi
"Sì! Una mezza idea ce l'ho" mi disse, mentre ci raggiungeva sua moglie con il suo gelato.
Camminammo in silenzio fino alla vicina fermata della metro e, mentre io mi fermavo alla erogatrice dei biglietti, sott'occhio notai che i due parlottavano tra loro.
Quando tornai, ci incamminammo verso la scala mobile che ci portò al treno.
In albergo, mentre loro si ritirarono nella loro camera, mi fermai nella hall a parlare con il portiere dell'albergo. Chiesi notizie per trovare una farmacia e lui, in un italiano quasi perfetto, mi indicò, su una cartina, il percorso per arrivarci.
A piedi ci vollero venti minuti e, lì giunto, presi da uno scaffale una confezione di profilattici e un gel lubrificante: non potevo, sicuramente, farmi trovare sprovvisto.
Il tempo era stupendo e passeggiare per gli Champs Elysées era davvero molto appagante, per cui mi attardai a tornare in albergo, godendomi quella marea di gente che passeggiava.
In albergo, il portiere vedendomi tornare con lo shopper della farmacia mi sorrise e mi porse la chiave della camera.
Appena in camera, mi tolsi la giacca e girandomi ebbi una inaspettata sorpresa: la porta che comunicava con la camera di Martina e Amedeo era socchiusa.
Dall'altra stanza non giungeva nessun rumore, ma una fioca luce trapelava dallo spiraglio.
Spinsi la porta e guardai. Il leggero cigolio fece voltare Amedeo. che era seduto alla piccola scrivania posta sotto la finestra.
"Entra, stavo riordinando alcune cose, un attimo solo e sono da te" e mi indicò la sedia che era accanto al letto.
Appena ebbe finito, si tolse gli occhiali e riprese:
"Dove sei stato? Ho chiesto alla cameriera del piano di aprire la porta, ti dispiace?"
"Affatto, credo che questo faceva parte di quella tua mezza idea, vero?
Martina?"
"E' andata a fare un po' shopping, fa sempre così quando deve riflettere.
Abbiamo parlato a lungo e anche lei è d'accordo; vuole dare una svolta alla quotidianità. Entrambi abbiamo un po'di timore, ma se non vogliamo, per l'età, chiudere con il sesso, dobbiamo provarci e soprattutto fidarci di te."
Sorrisi, quasi a rassicurarlo. Aveva uno sguardo turbato e anche sottomesso, sguardo che già parecchie volte avevo riscontrato negli uomini che si erano affidati alla mia terapia.
"Cosa ti preoccupa? - chiesi - la prima volta sarete voi a dirigere l'orchestra.
Vuoi essere presente?"
"Tu che dici, potrei tenerla per mano, mentre voi..."
"Credo che sarebbe una cosa buona; lei, certamente, si sentirebbe più protetta e tranquilla; magari, oltre la mano, potresti offrirle qualcos'altro."
" Magari, ormai le mie erezioni non sono più quelle di una volta, faccio fatica a penetrarla e la frustrazione mi fa sentire un vecchio rincoglionito.
Ma lei, invece, si eccita e si bagna ancora" mi confidò
"Le piace tutto?" mi informai
"In linea di massima sì, forse in bocca non lo gradisce tanto, anche se negli ultimi tempi, per eccitarmi...."
"Anche dietro?"
"Sì, a volte lo preferisce".
"Ceniamo assieme?" chiesi
"Meglio di no, ho pensato, per stasera, una cena romantica io e lei da soli; poi ci vediamo qua. Adesso vai... non voglio che ti trovi qui, la porta aperta doveva essere una sorpresa per stasera".
Mi allontanai richiudendomi la porta alle spalle.
Aveva escogitato proprio un bel piano!
Mi spogliai e mi stesi sul letto a fare un po' di esercizi di respirazione.
Mi rilassai a tal punto che presi sonno.
Mi destai che erano quasi le sette. Avevo dormito profondamente; mi sentivo davvero molto bene.
Dall'altra parte, silenzio assoluto e non filtrava nessuna luce. Dovevano essere già usciti!
Cercai di fare il punto della situazione, e mi convinsi, ancora di più, come fosse stato lui, l'artefice di questa "verifica".
Martina, nonostante la sua età, era una donna bella ed affascinante, minuta ma con un bel seno e un culetto niente male. Anche il viso ti ammaliava: due occhi neri che sapevano scrutarti, e, soprattutto, un magnifico sorriso; era quello che mi aveva conquistato subito, appena Amedeo me l'aveva presentata in aeroporto. Non vedevo l'ora che quella cosa succedesse.
Sempre meditabondo mi alzai dal letto. Avevo fame, ma non avevo voglia di allontanarmi dalla camera.
Chiamai il bar e mi feci portare due toast e un boccale di birra chiara.
Li divorai letteralmente e quella birra fresca fece il resto. Comunque, il solo pensiero di quella femmina mi provocava eccitazione. Avevo il cazzo duro e per calmare i bollenti spiriti mi buttai sotto la doccia. Fu davvero un ristoro e dopo, per essere ancor più presentabile, mi rifeci la barba, uno spruzzo di deodorante e.....Ora bisognava aspettare il loro ritorno.
Per ingannare l'attesa provai a rileggere la mia relazione per il congresso.
Dico "provai", perché la mente era altrove; avevo i sensi tesi per percepire ogni piccolo rumore che facesse intuire il loro ritorno.
Erano passate un paio di ore da quando avevo cenato ed ora erano le ventidue e trenta.
Mentre ero così assorto, sentii distintamente i loro passi e poi le loro voci.
"Fidati di me - diceva lui - chiudi gli occhi e vedrai la sorpresa" rivolta a Martina
Accesi la luce grande e aspettai.
Erano ormai in camera e, sicuramente, Amedeo, precedendola, azionò la maniglia ed aprì la porta comunicante.
"Allora, posso aprire gli occhi?" disse Martina, rivolta al marito.
"Sì, dai" rispose, accendendo la luce.
"Mah, come l'hai aperta? Sei un vero porcello ed è per questo che ti amo" e lo baciò sulle labbra.
"Allora - dissi mostrandomi sull'uscio - ci sono pure io?!"
E fu proprio il marito a staccarsi dalla sua stretta e spingerla verso di me.
Allungai le braccia e la strinsi forte in vita.
Da quel momento fu un crescendo rossiniano.
Lei guardò il marito che si era seduto sulla poltroncina accanto al letto e, vedendolo euforico e sereno, prese a lasciarsi andare.
Si strinse a me e mise la sua guancia sulla mia; quel contatto ci fece trasalire, entrambi avemmo come una scossa.
Fu un attimo e le nostre bocche si incontrarono.
Prima labbra contro labbra, poi lei socchiuse la bocca e la mia lingua saettò cercando la sua.
Avevo un bozzo imponente tra le gambe e lei se lo sentiva bene sul suo ventre ed il suo spingere, per meglio percepirlo, mi fece osare di più.
Allungai la mano e cominciai a palpare, carezzare e sbottonare.
Fu un attimo e la sua camicetta volò per terra.
Indietreggiò fino al letto e si sedette sulla sponda. Le tirai le tette fuori dal reggiseno e riuscii a stringere i suoi capezzoli tra le mie dita, mentre lei, freneticamente, mi abbassò la lampo dei pantaloni e lo tirò giù, assieme allo slip. Il pene svettò dritto, ad un palmo dalle sue tette.
Girò lo sguardo velocemente verso suo marito, quasi a ricercare un ulteriore consenso ed egli, con gli occhi lucidi, le sorrise e le indirizzò un bacio con la mano.
Martina mi attirò a sé e si strinse il cazzo tra le tette.
Il contatto ci provocò un nuovo brivido di piacere, poi lei si staccò giusto il tempo per sfilarsi la gonna.
Fui io a prenderla da sotto le ascelle e la adagiai sul letto.
Alzò il bacino e mi permise di toglierle gli slip. Ora era completamente nuda, e pure io, in poche mosse, mi tolsi quel poco che ancora avevo addosso.
Mi guardava, mentre mi spogliavo e, quando mi misi con la faccia tra le sue cosce, le allargò completamente per offrire alla mia bocca il suo profumato fiore.
Fu a questo punto che Amedeo si alzò dalla poltroncina e, spogliandosi del tutto, si stese dall'altra parte del letto.
Il profumo, e poi il sapore leggermente amaro della sua vagina, mi fece intendere che aveva da poco pisciato, ma bastò che la mia lingua raggiungesse il suo clitoride che cominciò a spasimare. Prima un grido soffocato, poi dei profondi respiri, la stavano portando al piacere e il gusto amarognolo di prima fu coperto dal sapore dolce delle sue secrezioni. Riuscii ad addentrarmi in lei con la lingua e lei, alzando il bacino e comprimendo la mia testa sul suo sesso, facilitò questa penetrazione.
Amedeo era rannicchiato e guardava con eccitazione la sua femmina, e lei, alzando lo sguardo, incrociò quello del marito. Era sconvolta dal piacere e, quasi per farsi perdonare, allungò un braccio, stringendogli la mano.
Era in un lago di liquido benessere ed il culmine lo raggiunse allorché la mia lingua ebbe a percorrere il perineo e raggiunse la sua rosellina posteriore.
Questa volta gridò davvero e spingendomi via la testa dal suo basso ventre, mi guardò come una gatta in calore e supplicando:
"Fai presto chiavami, non ce la faccio più"
Salii anch'io sul letto e, dopo averle strofinato il mio cazzo lungo tutta l'apertura della sua vagina, entrai in lei in un solo colpo.
Ebbe un sospiro lungo e profondo, e poi, fu lei a cominciare a muoversi sotto di me. Aveva alzato le gambe e, con i piedi, mi aveva arpionato la schiena.
Ero tutto dentro di lei e, chinatomi sul suo viso, le offrii le mie labbra che sapevano ancora delle sue intimità.
Più che baciare, prese a mordermi; la sua lingua era in fermento nella mia bocca.
"Voglio venire... fammi godere" piagnucolava e, dopo un'altra decina di spinte, venne in un orgasmo violento.
Sentivo le contrazioni della vagina e quell'intenso pulsare mi portarono ben presto ad inondarla di calda e densa sborra.
Era soddisfatta... il suo viso esprimeva l'estasi, era evidente dai suoi lineamenti non più contratti e dagli occhi privi di movimento. Aveva lasciato la mano del marito e si era abbandonata supina, in uno stato di semi incoscienza.
Io mi ero steso di lato e mentre le accarezzavo il volto, vidi Amedeo alzarsi e girare intorno al letto. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo, quando lui esclamò: "Devo completare l'opera" e, da bravo cuckold, si inginocchiò e con la lingua ripulì la vulva di sua moglie.
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